lunedì 16 gennaio 2023

L'Italia una colonia? Troppo semplicistico.

 

Ci sono molte domande riguardanti “la più grande democrazia del mondo” che non avranno mai risposta. Tutta la storia degli Stati Uniti è punteggiata di “misteri” assai inquietanti. Si pensi che dopo 60anni dall’assassinio di Kennedy, la CIA si rifiuta ancora di chiarire i suoi legami con il presunto assassino, Lee Harvey Oswald, un ex marine che si trasferì in URSS al culmine della Guerra Fredda, sposò una donna russa, poi tornò negli Stati Uniti entrando a far parte del Comitato Fair Play for Cuba, un gruppo contrario al blocco statunitense che è stato manipolato dalle agenzie di intelligence statunitensi. Lo stesso vale per altri omicidi famosi, come quello di Martin King o di Malcolm X. E tanto altro.

Abbiamo notizia che gli ultimi due presidenti degli Stati Uniti, uno repubblicano e l’altro democratico, detenevano ingenti quantità di documenti segreti e riservati in luoghi privati. L’ultimo caso è quello del presidente in carica, Joseph Robinette Biden Jr., detto Joe. Documenti Top Secret o Sensitive Compartimented Information sono stati trovati in luoghi non protetti a Washington DC e Wilmington, nel Delaware, dove si dice siano stati portati dagli assistenti dell’allora vicepresidente Biden alla fine dei suoi otto anni in carica.

Le prime domande sono: perché ci sono così tanti segreti? Che cosa c’è in quei documenti e perché vengono nascosti? Quale uso volevano farne Trump e Biden? Non è escluso, a questo punto, che anche i Clinton e Obama possano detenere documenti di quel genere, per tacere di quelle figure opacissime di Dick Cheney e Donald Rumsfeld durante la presidenza Bush jr. (la guerra irachena è costata agli Stati Uniti 700 miliardi di dollari e 4400 morti statunitensi).

Ricordando il caso di Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, detenuto in una prigione britannica su mandato di estradizione degli Stati Uniti, è molto probabile che quei documenti sottratti e detenuti illegalmente da Biden contengano notizie e prove del coinvolgimento dei governi degli Stati Uniti nei crimini di guerra statunitensi in Iraq e Afghanistan, sulle torture a Guantanamo Bay, sulle cospirazioni per sovvertire, ricattare e intimidire i governi di tutto il mondo e tecniche della CIA per l’hacking e la sorveglianza.

Biden è stato senatore per 36 anni, eletto al suo primo mandato all’età di soli 29 anni. Ha trascorso gran parte di quel tempo nella commissione per le relazioni estere, sia come presidente che come membro di minoranza, con accesso a molti documenti e piani segreti. È stato poi vicepresidente per otto anni, con delega che comprendeva l’America Latina e l’Ucraina, tanto per dire.

È probabile che quando i suoi otto anni nell’amministrazione Obama giunsero al termine, avesse in suo possesso migliaia di pagine di documenti riservati ed era facile per gli assistenti “perderne” qualcuno. Una manciata di notizie di stampa suggerisce che alcune di esse riguardino proprio l’Ucraina e l’Iran, due delle aree più sensibili della sovversione statunitense.

È evidente che è in atto una guerra senza esclusione di colpi tra le due fazioni dell’establishment statunitense e che man mano che si avvicineranno le prossime elezioni presidenziali si farà ancora più aspra. Il Partito Democratico ha accusato Trump, mentre era in carica, suggerendo che fosse un agente o un tirapiedi del regime di Putin. Dopo che Trump ha lasciato l’incarico, i democratici hanno concentrato il fuoco accusando Trump di possesso di documenti Top Secret a Mar-a-Lago, e lo stesso Biden aveva suonato il tamburo sul “danno alla sicurezza nazionale”. La risposta repubblicana non s’è fatta attendere. Suggeriscono che spie cinesi potrebbero aver avuto accesso ai documenti non protetti e richiedono elenchi dettagliati dei visitatori per il Penn Biden Center di Washington e l’abitazione di Biden.

Il vero crimine in queste vicende non è la messa in pericolo di segreti, ma la loro esistenza. Il vero pericolo per il mondo intero è dato dall’imperialismo statunitense nel suo complesso e non solo da Biden, Trump o il massiccio apparato di intelligence militare. A titolo d’esempio, ossia per ricavarne la dimensione e portata sul piano globale, è sufficiente leggere l’inquietante intervista pubblicata ieri dal Sole 24 ore a Bradford Lee Smith, presidente di Microsoft-Italia. È troppo semplicistico definirci una colonia degli Stati Uniti.

3 commenti:

  1. Ecco, ora, dopo aver letto questo post, mi sono rilassato (faccio per dire eh!).

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  2. Eppure il termine colonia semplicistico non è almeno in termini di politica e economia globali. Se al posto degli USA metti la Cina oppure i paesi arabo islamici nel loro insieme l'accusa che esprimi verso gli americani potrebbe facilmente essere identica .Non voglio con questo confutare il tuo pensiero sulla politica USA, dico solo che è proprio di questa umanità considerare il potere e il suo ampliamento sul pianeta una necessità da nutrire a qualsiasi costo. Colorarla poi di messaggi ideologici o addirittura religiosi è solo una conseguenza che si ripete con stucchevole frequenza nell'ultimo millennio.

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  3. al cittadino non far sapere i crimini del Potere!

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