venerdì 4 novembre 2022

È l'America che ce lo chiede

 

Una domanda non andrebbe elusa: come reagiranno Bruxelles, Berlino, Parigi, insomma come risponderà l’Europa quando (non è questione di “se”, ma di quando!) gli Stati Uniti chiederanno di adottare nei confronti della Cina sanzioni economiche analoghe a quelle imposte oggi contro la Russia?

Olaf Scholz è in visita da Xi Jinping. La questione delle “dipendenze” non cessa con il taglio del cordone ombelicale con la Russia per via del gas. Nella prima metà del 2022, gli investimenti diretti delle aziende tedesche in Cina hanno raggiunto un record, superando il livello di dieci miliardi di euro, una cifra destinata a crescere.

Secondo le statistiche del ministero del Commercio cinese, il tasso di crescita degli investimenti tedeschi in Cina è aumentato del 30,3% nei primi otto mesi del 2022. Basti pensare che Volkswagen ricava metà dei profitti dalle auto vendute alla Cina, nonostante un calo delle vendite del 14,1% nel 2021 (gran parte dei modelli venduti sono realizzati localmente attraverso due joint venture).

Il 6 settembre BASF ha inaugurato il primo stabilimento della sua sede di Zhanjiang Verbund nella provincia del Guangdong, nella Cina meridionale, con un investimento promesso di 10 miliardi di euro entro il 2030. Eccetera.

La Cina è partner commerciale fondamentale per la Germania, tanto più in un momento in cui l’Europa sconta uno svantaggio competitivo sui costi dell’energia, delle materie prime e dell’inflazione che già nel medio termine potrebbe rivelarsi esiziale. Non va trascurato il fatto, specie per quanto riguarda l’Italia, che la Germania, piaccia o no, è davvero la locomotiva economica della UE, e che gli interessi degli Stati Uniti sono in gran parte antitetici a quelli europei, come dimostra il prezzo del gas, che resterà comunque troppo elevato rispetto al passato.

*

Il potere economico è uno strumento importante della grande strategia di una nazione, ed è noto come vi sia una relazione strategica tra economia e obiettivi di politica estera, nel senso che l’economia e le relazioni economiche possono essere usate per influenzare il comportamento di altri Stati. In termini concreti, nella vasta gamma di strumenti economici a disposizione delle nazioni economicamente dominanti, troviamo mezzi come le restrizioni al commercio o agli investimenti, sanzioni finanziarie e sequestri di beni per costringere gli Stati bersaglio a cambiare comportamento.

Anche in quei casi in cui è assente un obiettivo economico dichiarato dalla potenza che agisce in tal senso, com’è accaduto con le sanzioni alle società impegnate alla realizzazione del Nord Streaming 2, vi è comunque sempre sottinteso un interesse economico. Uno degli obiettivi di Washington, pienamente raggiunto con la guerra in Ucraina e la distruzione dei gasdotti, è stato quello di sostituire con il proprio gas le forniture russe destinate all’Europa.

Pertanto, è evidente che il potere economico può tradursi con effetti di vasta portata sul comportamento di altri Stati, in modo che per fomentare un conflitto bellico non è necessario dichiarare guerra formalmente. Del resto è celebre l’adagio secondo cui la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi (*).

Questo tipo di strategia economica può essere schierata unilateralmente da un governo o multilateralmente in uno sforzo multinazionale. Ad esempio, il sistema di Bretton Woods del secondo dopoguerra – la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’assegnazione al dollaro del ruolo di moneta internazionale – è stato progettato da Washington per avvicinare economicamente i paesi capitalisti e per massimizzare l’influenza finanziaria globale degli Stati Uniti e della loro potenza militare.

Veniamo all’oggi. La Cina, da attore marginale isolato dall’Occidente, man mano che si sviluppava e cresceva ha riconquistato il suo status di grande potenza diventando un attore economico di primo piano. Anche la politica estera cinese si è evoluta, utilizzando a sua volta mezzi economici per raggiungere fini politici e strategici, specie in Africa, Sud-est asiatico e America Latina (si pensi al ruolo dell’Asian Infrastructure Investment Bank).

In tal senso va vista la reazione statunitense a fronte della decisione della Cina di assumere un ruolo di leadership internazionale in contesti multilaterali, ossia in quella che potrebbe essere una spinta a sostituire il sistema internazionale dominato dagli Stati Uniti. Infatti, le lamentele sull’instabilità finanziaria globale e la resistenza internazionale a riformare la governance economica globale aumentando la rappresentanza e la voce dei paesi in via di sviluppo, hanno spinto molte nazioni a seguire la guida economica globale della Cina.

Va da sé che il progetto cinese di stabilire nuove regole globali del gioco, costituisce ulteriore motivo di attrito tra Washington e Pechino, tanto più che i cinesi non rinunciano alle loro tradizionali rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale, il consolidamento del controllo su Hong Kong e la riunificazione con Taiwan.

La leadership cinese, sul piano strettamente economico, punta a riorientare il proprio modello di crescita economica finora basata sulle esportazioni e la crescita sempre più improduttiva guidata dagli investimenti, specie nel settore edilizio. La misura in cui la Cina avrà difficoltà a rimuovere la sua dipendenza dalle esportazioni, dipenderà da quanto riuscirà a incrementare i propri consumi interni come nuovo motore di crescita economica, fermo restando che non potrà rinunciare al commercio europeo quale alternativa allettante rispetto ai già difficili rapporti di scambio con gli Stati Uniti (e in tal senso alla capacità di rendersi sufficientemente autonoma tecnologicamente).

A fronte del consolidamento del potere di Xi Jinping, e tenuto conto che gli Stati Uniti sono paralizzati dalla polarizzazione della loro politica interna, anche più di quanto se ne parli, bisognerà vedere se la strategia di disaccoppiamento tra Europa e Russia attuata da Washington, riuscirà a imporsi anche nei rapporti economici tra la Cina e l’Europa, e tra la Cina e i paesi del sud-est asiatico o il Brasile.

Quanto alla guerra in corso in Ucraina, pur scontando l’assimilazione delle idee e della retorica “del mondo libero” che si oppone al cosiddetto dispotismo russo, è sufficiente avere uno sguardo aperto e onesto sulle circostanze reali che hanno condotto a una situazione di conflitto bellico assurda (in ogni senso) per comprendere che la Russia ha tollerato fin troppo a lungo una sistematica ingerenza e provocazione a ridosso dei propri confini territoriali, ossia una situazione che gli Stati Uniti non avrebbero tollerato per un attimo in prossimità dei propri.

(*) È quanto accadde per esempio in India nel XVIII secolo con la Compagnia britannica delle Indie orientali: distruzioni, carestie e milioni di morti. Allo stesso modo, verso la metà del XIX secolo, la Compagnia britannica delle Indie orientali impose alla Cina l’importazione dell’oppio coltivato nell’India britannica, in cambio del tè, argento e altre merci cinesi. Alle resistenze cinesi, si rispose con guerre che provocarono il dissesto della società cinese e decine di milioni di morti.

Alla aristocrazia Whig, fece seguito l’aristocrazia del denaro statunitense, la quale, basandosi su qualche lettura dei classici, si sentì incoraggiata a raffigurarsi nelle virtuose toghe degli antichi romani. Gli Stati Uniti aprirono una pretestuosa contesa con la Spagna alla fine del XIX secolo, che portò infine alla guerra e all’annessione delle Filippine e alla rinuncia spagnola su Cuba.

10 commenti:

  1. Nessun paese al mondo potrà essere realmente autonomo, fermo restando che tutti hanno assunto i rapporti di produzione capitalistici come sviluppo delle loro economie.
    Solo con il comunismo, si avrà la vera risoluzione agli antagonismi tra nazioni.

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    1. chissà come andranno d'accordo i comunisti cinesi e quelli americani. non parliamo poi dei comunisti svizzeri e di quelli italiani.

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    2. Ironia fuori luogo!

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  2. https://www.quinternalab.org/teleriunioni/2022/ottobre-2022/798-guerra-integrata?fbclid=IwAR3I4BPJ7qjL3QxVo0WlSHwWfkROiFQ8K7XI-yvD-LqmnGZnWN98KF_G7kc

    Mi sembra che i compagni internazionalisti di (autori del link sopra) affermano più o meno le stesse cose che leggo su questo blog da mesi.

    Saluti

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  3. Devo dire che leggo con maggiore attenzione le tue analisi geopolitiche. In passato mi parevano pessimistiche, oggi mi auguro che lo siano.

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  4. insomma Olimpia:
    sei pro putin, pro xi jinping, sarai mica pure satanista e cannibale ?

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  5. L'importante è non farsi condizionare da censure autoimposte. Questo sul quotidiano dei vescovi, firmato da Cacciari ma anche da gente di destra, è sacrosanto
    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/un-negoziato-credibile-per-fermare-la-guerra
    Io non storco il naso.

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