domenica 31 luglio 2022

Quando lo capiranno?

 

Il giornale di Confindustria pubblica oggi a p. 16 un artcolo di Éric Sadin, “filosofo specializzato nel mondo digitale”. Come riporta il quotidiano giallo, l’articolo è ripreso da Le Monde del 19 luglio. In realtà quella italiana è una versione ridotta dell’articolo originale. A ogni modo si tratta di un articolo interessante.

Sadin prende avvio dalla notizia delle centinaia di migliaia di documenti interni, datati dal 2013 al 2017, che sono stati recentemente divulgati da Mark MacGann, ex capo delle attività di lobbying di Uber, rivelatori delle pratiche portate avanti da quella che allora era ancora una start-up, volte a esercitare pressioni su numerosi leader politici in tutto il mondo, non ultimo, soggiungo di mio, Emmanuel Macron. L’allora ministro dell’Economia di François Hollande, sostenne attivamente l’azienda americana, che realizzò una vasta operazione di lobbying per aggirare leggi a essa sfavorevoli.

Il filosofo francese rileva come “I documenti trasmessi testimoniano una strategia abilmente elaborata e aggressiva intesa – vista l’annunciata rabbia di coloro che potevano esserne le principali vittime, ossia i tassisti – a presentare questo modello di servizio al pubblico come una promessa economica tale che frenarne lo sviluppo sarebbe stato considerato un errore storico, una mancanza di lucidità” (questo e altri paragrafi sono, come detto, assenti nella versione italiana).

Scrive Sadin: “... è ormai nota la crudele costatazione che certi tipi di sviluppo tecnico hanno sistematicamente fatto rima con l’inizio della regressione sociale. Citiamo solo alcuni degli effetti deleteri provocati da questo tecno-liberalismo, apostolo di una rivoluzione perpetua. Sofisticati programmi di evasione fiscale; manodopera costretta a sottostare all’incerto regime del lavoro autonomo, soggetta una pressione permanente, a un’umiliante valutazione da parte degli utenti”.

Traduco: la strategia di Uber ha avuto due fasi. Uno: distruggere le regole esistenti, ossia “aprire il mercato alla concorrenza”, come dicono i “liberal-democratici”. Due: far credere che i driver di Uber siano “indipendenti”, in realtà falsi lavoratori autonomi che devono rispettare i codici aziendali fino al colore degli slip, essere totalmente dipendenti dalla sua applicazione, sanzionabili alla minima deviazione, ecc..

Se Uber ha potuto fare tutto ciò, è perché ha ottenuto il sostegno attivo dello Stato nelle diverse articolazioni dei suoi poteri a livello apicale. Questa è la definizione esatta di neoliberismo. Ricordiamoci che per combattere una legge (vuoi lo Statuto dei lavoratori, norme anti-inquinamento o altro), è necessaria un’altra legge. Per questo le grandi società hanno bisogno dei partiti e dei parlamentari che scrivono e approvano gli emendamenti (non importa a chi va il tuo voto, l’essenziale è che depositi la tua scheda nell’urna, al resto pensano loro).

Uber si chiama così perché, letteralmente, Uber è sopra a tutto. È la quintessenza tossica di tutto il resto. Il suo nome è intercambiabile con quello di qualsiasi altra multinazionale.

Lo dico per certe persone tristi: c’è poco da scherzarci, da sghignazzare, il sistema imperialistico delle multinazionali è un fatto storico. Storico significa: non solo da oggi.

Sadin, sul finire dell’articolo e nel suo linguaggio adatto a un pubblico critico e tuttavia integrato, scrive: “È giunto il momento di capire fino a che punto, negli ultimi vent’anni, un manipolo di migliaia di persone si è occupato di amministrare il corso delle nostre esistenze al solo fine d’interessi privati e di una visione strettamente utilitaristica del mondo”.

Quando lor signori l’avranno finalmente “capito”, ci faranno la grazia di comunicarcelo.

sabato 30 luglio 2022

Ciò che da lontano ci riguarda da vicino


La crisi finanziaria del 2008, innescata dagli oltre due decenni di follia speculativa, ha portato al più grande salvataggio aziendale e finanziario della storia. Il governo degli Stati Uniti ha distribuito centinaia di miliardi di dollari in pacchetti di salvataggio e la Fed ha iniettato denaro nel sistema finanziario in modo che la speculazione di Wall Street potesse continuare.

Nel marzo 2020, con la pandemia, Wall Street e i mercati finanziari sono stati a un passo dal tracollo. La Fed ha raddoppiato le sue disponibilità di attività finanziarie da 4.000 a 8.000 miliardi, spendendo a un certo punto un milione di dollari al secondo. Le altre banche centrali non sono state da meno.

Questa è l’origine della spirale inflazionistica globale, che si è accompagnata a una crisi delle catene di approvvigionamento. L’essenza della situazione attuale è questa: le banche centrali, custodi degli interessi delle grandi società e del capitale finanziario, hanno deciso un forte rallentamento e, se necessario, una contrazione economica.

L’attuale politica monetaria riprende quella del presidente della Fed Paul Volcker negli anni 1980, quando i tassi d’interesse furono portati a livelli record, provocando la più profonda recessione fino a quel momento dalla Grande Depressione.

Questa politica ritorna in auge attraverso l’aumento dei tassi d’interesse a una velocità inedita negli ultimi decenni e all’insegna della lotta all’inflazione. La decisione di provocare una contrazione dell’economica rendendo il denaro più caro, non farà però scendere i prezzi del gas né districherà l’impasse delle catene di approvvigionamento.

Per veder diminuire i prezzi è necessario che la domanda si contragga, ciò almeno in teoria, poiché anche in tal caso il rientro dell’inflazione potrebbe avvenire solo entro certi limiti e a determinate condizioni, e solo con effetto ritardato. Né va scordato che sugli idrocarburi vige un sistema di stretto oligopolio.

L’obiettivo è di “sterilizzare” le richieste salariali nelle condizioni in cui l’inflazione è salita al livello più alto degli ultimi quattro decenni (e resterà quantomeno stabilmente alta per un bel pezzo). Non dobbiamo trascurare che gli aumenti salariali vanno a incidere direttamente sul saggio del profitto, ossia in rapporto al capitale investito (*).

L’ex segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Lawrence Summers, ha insistito sul fatto che per contenere l’inflazione è necessario indurre livelli di disoccupazione più elevati per cinque anni o un tasso di disoccupazione del 10% per almeno un anno. Previsione ottimistica.

Giovedì, il Dipartimento del Commercio ha rilevato che l’economia statunitense si è ridotta per il secondo trimestre consecutivo, portandola in una “recessione tecnica”. Questo mese, nel solo settore tecnologico si sono verificati più di 30.000 licenziamenti. La scorsa settimana, la Ford ha annunciato 8.000 licenziamenti, e presto assisteremo a un bagno di sangue nell’industria automobilistica globale.

Per quanto ci riguarda da vicino (non perché le decisioni delle banche centrali ci riguardino da “lontano”), a latere delle chiacchiere e speculazioni demenziali della campagna elettorale, risento aleggiare certe frasi e proposte tipiche degli anni Settanta sulle “politiche dei prezzi”. In sistema capitalistico e in regime di oligopolio viene solo da sorridere. C’è chi propone di ridurre le imposte o di toglierle del tutto su certe merci, anche di mettere “tetti” ai prezzi. Ottima misura, se hai il controllo dei prezzi, altrimenti stai facendo un regalo a chi invece li controlla realmente.

Quanto a fissare dei prezzi politici per alcune merci, ci provò a suo tempo un imperatore romano con un suo famoso editto, dunque ben prima di chi oggi invoca un prezzo politico del gas. Nel caso di Diocleziano, che aveva strumenti impositivi alquanto autoritari per farsi obbedire, molte derrate, il cui prezzo era stato calmierato, sparirono dal mercato per ricomparire ancora più care nei retrobottega.

(*) Il saggio del profitto può aumentare in senso assoluto, però tende a diminuire in senso progressivo in rapporto al capitale investito. In altri termini, man mano che aumentano gli investimenti, il profitto aumenta ma non in rapporto diretto con l’investimento stesso, e anzi il saggio del profitto tende a calare. Marx scrive: “le stesse leggi producono per il capitale sociale un aumento della massa assoluta del profitto e una diminuzione del saggio del profitto”. Lo sviluppo tecnologico aumenta la forza produttiva del lavoro, quindi la massa del plusvalore e quindi la massa assoluta del profitto, malgrado diminuisca in via relativa il capitale variabile (forza-lavoro) nei confronti di quello costante (mezzi di produzione). Si chiede Marx: “In quale forma deve ora esprimersi questa legge a doppio taglio della diminuzione del saggio del profitto e del corrispondente aumento della massa assoluta del profitto, posto che entrambi i fenomeni hanno le stesse cause?”. 

venerdì 29 luglio 2022

Salva almeno l’onore


Che tristezza: i salariati non vogliono più lavorare per paghe e condizioni miserevoli. Persone che preferiscono il tempo libero al lavoro, non si rendono conto che “fanno male alla crescita”. Per rimediare, i padroni sono disposti a offrire qualche miglioramento. Non troppo, che sennò ci si abitua male e viene meno il senso del dovere.

Non deve sorprende che i lavori dove i “posti vacanti” (che bella espressione) sono più numerosi sono quelli che combinano stagionalità, orari prolungati oppure spezzati, cambi turno all’ultimo momento, sporcizia, rumore, stanchezza, pressione psicologica, in breve i lavori cosiddetti pesanti, che nei manuali di economia politica sono definiti shit jobs.

È necessario un dialogo sociale di qualità. Servono trasformazioni profonde nell’organizzazione del lavoro, soprattutto sulle condizioni e sugli orari. Un grande ritorno all’umano. Oh, yes.

Migliorare le condizioni di lavoro, aumentare i salari nella stessa misura dell’inflazione sarebbe necessario e auspicabile affinché le persone non sprofondino nella povertà. Inoltre, ciò supporterebbe i consumi, il che è positivo per gli affari. I padroni sono tutti d’accordo su questo, basta che tali misure riguardino i lavoratori altrui, non i propri schiavi. È una vecchia storia.

Per i propri salariati i padroni hanno in bocca solo la parola “libertà”. Libertà di licenziare, di trasferirsi dove gli pare, di sfruttare e speculare, ecc.. Insomma, sono le classiche libertà sancite dalle legislazioni sullo sfruttamento del lavoro più belle del mondo. Giocare con le parole è la loro specialità.

Quanto ai salari, se aumentano troppo, ad esempio nei settori in cui nessuno vuole lavorare, la Banca centrale europea si farà prendere dal panico all’idea di un ciclo di aumento di salari-prezzi-salari. Che poi quelli che chiamano manager guadagnino 400 volte l’operaio, non importa.

Leggevo ieri una considerazione: “nelle condizioni presenti la resistenza non può essere un’attività separata: essa non può che diventare una forma di vita. Vi sarà veramente resistenza, solo se e quando ciascuno saprà trarre da questa tesi le conseguenze che lo riguardano”.

È la stessa tesi che vado ripetendo da una dozzina d’anni in questo blog. Poi, immancabile, arriva il lettore che evidentemente non sa capire ciò che legge e chiede: “allora che cosa dobbiamo fare?”. Sempre in attesa di ordini.

Se gli rispondi: smetti di fare quello che ti dicono loro. Per prima cosa, non andare a votare. Il poveretto eccepisce: “anche se non andiamo a votare, loro se ne fregano”. Bravo, è proprio quello che vogliono farci credere. Per quale motivo farebbero tanta cagnara per avere il tuo voto (vedrai che gli appelli al voto si faranno sempre più pressanti)? Per potertelo poi mettere comodamente nel culo in tuo nome. Se al momento non puoi salvare il culo, salva almeno l’onore di non esserti prostituito al ricatto. 

giovedì 28 luglio 2022

Fake democracy

 

Post di Lorenzo

A settembre i votanti saranno ancora di meno della media delle ultime cinque elezioni. Lo suggerisce il popolo francese con le ultime presidenziali e lo dice, soprattutto, la logica sociale e storica che stiamo vivendo.

Le “democrazie” occidentali si sono trasformate in oligarchie con l’unica differenza che (ancora per poco) non sono apertamente autoritarie e violente. Perdita costante dei diritti, salari da fame, lavoro precario o assente e classe politica che non tenta nemmeno più di intercettare la più becera e banale istanza popolare.

Il sistema democratico si è avvitato su se stesso, tutti governano con tutti, a giro, rendendo inutile la scelta di voto dei cittadini. Chi ha votato M5S nel 2018 avrebbe pensato di governare con Lega, PD, Forza Italia in tre governi diversi e nella stessa legislatura?

Votiamo da decenni con sistemi elettorali differenti, ibridi, modificati per mantenere il magma parlamentare in cui generare governi mostruosi capeggiati da uomini della provvidenza (meglio se non eletti).

A settembre non avremo nemmeno più liste di partiti extra parlamentari visto l’obbligo di raccogliere 80 mila firme in agosto e da presentare nelle Corti d’Appello entro il 21 dello stesso mese. Una democrazia non si può più definire tale se solo pochi soggetti politici possono presentarsi alle elezioni.

Ogni cittadino dotato di un minimo di cervello e senso critico non può fare altro che non andare a votare per non essere più parte di questo sistema atto solo a conservare il potere delle forze economiche e politiche che lo sostengono.

Le prossime porcate legislative del “nuovo” governo non potranno essere certificate con il “bollino democratico” del voto dei tanti cittadini che si chiameranno fuori da questa “fake democracy”.


mercoledì 27 luglio 2022

“Risparmiare energia per un inverno sicuro”

 

Forse il bagnino non ve l’ha detto che l’Unione Europea ha impegnato i suoi Stati membri a ridurre il consumo di gas naturale del 15%, rispetto al consumo medio degli ultimi cinque anni, da agosto fino a marzo del prossimo anno. Ieri, i ministri dell’Energia dei 27 paesi dell'UE hanno adottato il piano della Commissione europea dal seducente titolo: “Risparmiare energia per un inverno sicuro”. Neanche Goebbles si sarebbe spinto a tanto. È vero che poi ogni paese farà come cazzo gli pare, ma questo è un ottimo punto di partenza.

Siccome la riduzione del 15% non può essere chiesta alle attività produttive, non più di tanto alle attività commerciali e ai servizi, la traduzione in lingua corrente dice che taglieranno le forniture domestiche. Solo un po’, perché ci pensano già per proprio conto le famiglie meno abbienti (si dice così?) a essere parsimoniose e a tagliare i propri consumi di energia e altro dati i prezzi correnti.

Tuttavia, in caso di emergenza, possono essere adottati obiettivi di risparmio obbligatori se almeno 15 Stati membri, che rappresentino il 65% della popolazione, sono d’accordo. In origine, la Commissione Ue voleva riservarsi il diritto di dichiarare l’emergenza energetica, ma non ha potuto far valere questa posizione.

Coloro che indossano l’elmetto della NATO concederanno di dire che la crisi energetica, che ha fatto esplodere i prezzi del gas e dei carburanti e rischia di portare a una devastante interruzione di energia durante il prossimo inverno, è una diretta conseguenza della guerra in Ucraina?

Mi pare il minimo di aderenza ai fatti. Ebbene, quali canali sono stati aperti, quali iniziative concrete sono state avviate per arrivare a una trattativa di pace? Invio di armi, questo si è fatto e si continua incuranti delle conseguenze. Lunedì, l’Ucraina ha ricevuto i suoi primi carri armati contraerei Gepard dalla Germania, che fanno seguito agli obici semoventi già consegnati a Kiev da Berlino.

A chi è favorevole all’invio di armi, chiedo: perché parallelamente non si opera per arrivare un armistizio? Per il grano s’è trovata la strada, s’è raggiunto un accordo, allora perché non si cerca una seria mediazione per arrivare a un cessate il fuoco e porre termine al conflitto?

Il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck ha accusato il presidente russo Vladimir Putin di fare un “gioco perfido” con il gas: ha cercato di indebolire il grande sostegno all’Ucraina e di creare divisioni nella società tedesca. Si può essere più ipocriti di così?

L’UE non vuole più importare combustibili fossili dalla Russia entro il 2027 al più tardi. Questa è la decisione ufficiale, e ciò conferma che all’Ue non interessa la sicurezza energetica, ma la strumentalizzazione della politica energetica come arma di ricatto e di guerra.

L’obiettivo delle decisioni è di consentire all’Europa di continuare la guerra per procura contro la Russia in Ucraina per mesi e anni, fino alla sconfitta militare della Russia. Se non si è ancora capito, si comprenderà meglio nei prossimi mesi.

Questa è tutta gentaglia eletta con il voto. Salvo alcuni, tipo Mario Draghi che con una manovra di palazzo è stato messo al comando, complici tutti i partiti che l’hanno sostenuto. Ha tirato dritto per la sua strada, preferendo far cadere il governo piuttosto che arretrare di un millimetro sulla guerra contro la Russia e l’invio di armi all’Ucraina. Insomma, tutti sottomessi a ciò che viene deciso da Washington, Bruxelles e da Berlino.

Gli alieni con i quali entreremo in contatto

 

Il virus della rabbia (rabies lyssavirus) uccide una persona ogni 9 minuti. Il colera colpisce da 1,3 a 4 milioni di persone nel mondo. La malaria ha ucciso 627.000 persone nel 2020, ma si arriva comodamente a 4-500.000 ogni anno. Domanda: quante persone sta uccidendo il cosiddetto vaiolo delle scimmie? E allora perché tanto allarme mediatico?

Abbiamo uno strano rapporto con i microbi e con la loro pericolosità. Dal paramecio visibile a occhio nudo, agli ematozoi che non superano qualche millesimo di millimetro e che hanno come forza d’attacco la malaria.

C’è un’altra categoria di batteri a livello micron che si accontentano di una singola cellula, ma fanno bene a tutto (vitamine, aiuti alla digestione, protezioni varie) oppure sono innocui. Catturiamo i primissimi batteri alla nascita, attraversando la vagina (un po’ meno se nasciamo con il cesareo). Chi l’avrebbe mai detto.

Il nostro intestino si è trasformato in un ambiente di straordinaria ospitalità: molte centinaia di specie diverse di batteri, una popolazione (chiamata microbiota) che in termini di peso può arrivare normalmente a due chili (più del cervello, e questo forse spiega molte cose).

Un microbiota impoverito aumenta il rischio di contrarre malattie. A forza di proteggerci troppo dai microbi cattivi, finiamo per non avere quelli buoni, per la gioia di farmacie & C., ma questa non è una ragione valida per non lavarsi e dichiarare la guerra chimica al mondo intorno a noi.

I microbi “buoni” sono più numerosi dei “cattivi”. Un’inesauribile forza-lavoro, praticamente gratis, il sogno di ogni “imprenditore”. Alcuni ritengono che i microbi siano le conquiste più vantaggiose dell’uomo: senza lieviti e batteri mangeremo solo caviale e neanche un goccio di sciampagna.

Il microbo può vantare d’imporsi per numero, diversità e adattabilità. Con un tale potere, non si preoccupa della moralità. Ovunque ha piantato le sue radici indipendentemente dalle conseguenze. Come noi “bianchi” quando abbiamo esportato la civiltà e poi la democrazia. L’elenco dei misfatti dei microbi non è dissimile e testimonia in entrambi i casi l’indifferenza per la sorte degli altri, soprattutto se si tratta di negri, asiatici e roba così.

Una prova è data dai virus (a DNA o RNA, come abbiamo imparato), in genere non proprio benevoli. Solo lo sviluppo del microscopio elettronico, nel 1935, ha permesso di renderli visibili. Non sono cellule, perché non hanno vita indipendente e la loro dimensione è insufficiente per garantire la loro stessa riproduzione. Devono aggregarsi a delle cellule per avere un futuro, come dimostra quello del Covid-19 che ci ha messo in ginocchio. Pensavamo di aver conquistato il pianeta è siamo incapaci di affrontare razionalmente un microbo.

Tutt’altra storia i protozoi, che furono i primi microbi osservati nel 1674. Incarnano la semplicità: un’unica cellula ma incredibilmente versatile. Respira, si muove, mangia, digerisce e tutto ciò che deve fare è farsi in due per dare la vita, a meno non si unisca con un’amica.

I microbi sono qui da prima di noi e ci saranno anche dopo. Si adattano al freddo nelle regioni polari, nelle sorgenti termali resistono a 100°, prosperano nei laghi dove la salinità raggiunge il 300%, e sono presenti sia nell’alta atmosfera e sia nelle profondità degli oceani. Un solo chilo di terriccio può contare su mille miliardi di batteri e cento miliardi di funghi, ai quali si possono aggiungere dieci milioni di protozoi.

Non siamo i soli esseri “intelligenti” nell’universo, ma date le distanze è come se lo fossimo. Con ogni probabilità gli unici extraterrestri con i quali entreremo in contatto da qualche parte nel nostro sistema solare saranno dei microbi. Facciamo fin d’ora scorta di mascherine, amuchina, farina e carta igienica?

martedì 26 luglio 2022

Cchiù pilu pe’ tutti

 


C’è chi si diletta a leggere e tradurre i programmi dei partiti, ossia le solite affabulazioni, quando basterebbe una sommaria analisi sulla composizione delle classi sociali e dei relativi rapporti di forza per accorgersi che le carte sono truccate. L’unica cosa che in definitiva conta e interessa alla borghesia, grande o piccola che sia, è l’estrazione di ricchezza dal lavoro altrui e mettere le mani sui contributi statali.

Per cogliere le contraddizioni fondamentali tale analisi è indispensabile, senza di essa è impossibile una visione realistica delle situazioni concrete. C’è ancora chi crede che le classi sociali rappresentino dei gruppi psico-sociali, di status; in realtà esse materializzano il modo in cui i soggetti vengono a trovarsi e si organizzano all’interno di ciascuna formazione economico-sociale. Ciò allude in primis ai rapporti di proprietà e di divisione sociale del lavoro, vale a dire alle forme di sfruttamento e alle quote di appropriazione della ricchezza socialmente prodotta.

La sovrastruttura “politica” (una regione incantata), i programmi dei partiti, composizione e azione dei governi, vanno dunque letti in connessione al movimento contraddittorio del capitale e alle fasi di sviluppo e di crisi che esso attraversa. In questi ultimi lustri abbiamo visto che le politiche sono incapaci di rilanciare l’economia, che il quantitative easing alimenta bolle finanziarie sostenendo artificialmente il prezzo delle azioni, a vantaggio dei più ricchi che le possiedono.

Perciò correre dietro alle dichiarazioni dei cosiddetti leader, gente perduta, è faccenda di giornalisti, grandi firme che armeggiano tra volgarità e infamia e non hanno altro reale interesse che difendere il livello di retribuzione e privilegio raggiunto all’interno della propria casta professionale.

A noi anime comuni che cosa resta? Le illusioni profuse a piene mani in campagna elettorale, la spinta incessante verso la competitività, l’individualismo e la solitudine nell’intrattenimento televisivo, la serietà burlesca di “esperti”, sciamani, semplici paesani nei talk show.

lunedì 25 luglio 2022

A che pro non votare?

Elezioni politiche, eccoci qui.

Anche con un parlamento più ristretto, i prossimi cinque anni prolungheranno inevitabilmente la politica attuata fin qui, con qualche distinguo più formale che di sostanza.

Nulla è mai cambiato davvero, poiché il sistema capitalista è l’unico che esiste e fa girare il mondo e nessuno, né a destra né a sinistra, ha la minima idea di sostituirlo. Possono aumentare qualche tassa sulla ricchezza, per convincerci che sono davvero di sinistra, ma neanche questo hanno fatto. La destra che si fa chiamare “sociale”, se vincerà, dovrà dimostrare che è capace, con le Nike ai piedi e Samsung in mano, delle solite porcherie, facendo credere che il pericolo è l’immigrato squattrinato piuttosto che il miliardario che ti ruba i soldi ogni giorno.

Quando li sento parlare, mi pongo una domanda: qual è, nelle loro parole, la quota di cinismo e la parte della stronzata? Quella del calcolo e la percentuale dell’ignoranza grossolana? La parte dell’elemento linguistico stereotipato e quella della nullità?

Sono degli specialisti nel sostituire le ragioni della tua rabbia, e nulla e nessuno mette in discussione questo sistema che alla fine fa comodo a tutti. Destra e sinistra sono un prodotto di questo sistema e non hanno altra prospettiva che mantenerlo in funzione.

Quanto agli altri equilibristi, il cui nome è sinonimo delle dimissioni del potere politico di fronte al potere economico, chiedo: da quando a dei servitori della finanza internazionale e del capitalismo è importato davvero qualcosa della plebe?

Lavorare di più, consumare di più, contribuire di più. I signori sanno cosa è bene per tutti gli altri e hanno il diritto di impartire loro degli ordini. Il loro bene è quello stesso del Paese.

Allora a che cosa serve votare? Contro-obiezione: a che cosa serve non votare? Risposta: quanto meno a non farsi prendere per il culo. Il minimo sindacale. Poi un giorno dirò anche dell’altro. Per il momento tenetevi questa: è difficile svegliare qualcuno che dorme, ma è impossibile svegliare qualcuno che finge.

domenica 24 luglio 2022

Una figura di merda

 

Mi è stato segnalato che alcuno ha irriso la tesi, che ahimè pare debba condividere con la presidente del consiglio in pectore e chissà con chi altri, secondo cui Mario Draghi si sarebbe servito dell’occasione propizia fornita dai suoi maldestri oppositori per abbandonare il campo prima del diluvio che, a detta di tutti gli “esperti”, ci attende nei prossimi mesi.

Può anche essere che la mia ipotesi sia del tutto sbagliata (ma in tal caso non tornano troppe cose), tuttavia insisto nel non sottovalutare l’aspetto personale e psicologico della decisione di far saltare il tavolo quando Draghi è salito per la prima volta al famoso Colle, poi insistendo sul “qui comando io, o ci state oppure sbatto la porta”.

Draghi ha 75 anni, una reputazione internazionale (qualunque significato i malevoli vogliano conferirgli) da difendere, ma soprattutto una ferita che non si rimargina e che risale al febbraio scorso, quando cadde rovinosamente nell’arrampicarsi sull’irto Colle. Sono cose che non si dimenticano e lasciano un segno profondo, basterebbe chiedere a Fanfani e altri per l’antico e a Prodi per questo secolo.

Sarebbe necessario arare con un vomere nel profondo del subconscio di quest’uomo per comprendere quale impatto (devastante) ha avuto la sua giubilazione, o per meglio dire la trombatura, a una carica che unanimemente era data per cosa fatta e pacifica, giusto riconoscimento di una carriera al servizio delle maggiori istituzioni economiche nazionali ed europee.

È stata un po’ anche una figuraccia di merda, diciamocelo almeno tra noi.

Ciò è accaduto a causa di quelle stesse forze politiche che con il loro voto contrario l’hanno invece inchiodato alla presidenza del consiglio. Da lì in poi tutto il resto deve essergli sembrato irrilevante, non più degno del suo lignaggio. Non si dovrebbe dunque pensare che sia stato ininfluente il dispetto che egli ha inteso ricambiare con le dimissioni?

Suvvia.

Inoltre, la prospettiva di rimanere alla guida di un governo ancora per pochi mesi, con il relativo rompimento di coglioni di tal ebete e di quell’altro stronzo, di dover affrontare politicamente e socialmente delle situazioni non certo lievi e di doverne portare il peso e le responsabilità a proprio nome, non ha forse pesato nella decisione di mollare tutto, oppure tale ipotesi motivazionale si mostra davvero così irrealistica e addirittura “comica”?

Al punto in cui siamo poco importa sapere come siano andate le cose realmente, tuttavia tale ipotesi non mi sembra così avventata da apparire come una vaccata di cospiratori convinti che la Terra sia piatta, checché ne possano dire quelli che ogni giorno ci raccontano di calcolare la circonferenza della Terra con il righello.


La donna più pericolosa d’America

 

Dopo aver rievocato la vicenda umana e politica dell’eroina cinese Qiu Jin, vorrei ricordare la figura intrepida di Emma Goldman, in eterna rivolta per la libertà. Nasce nel 1869 a Kowno, allora città polacca nell’impero russo, divenuta poi Kaunas, la seconda città della Lituania. Famiglia di ebrei ortodossi, il padre brandisce la frusta e lei non potrà che odiarlo; la madre la schiaffeggia il giorno in cui ha le mestruazioni, perché, dice, “quando una ragazza diventa donna, è necessario proteggerla dal disonore”.

A 15 anni lavorava in un laboratorio di corsetti – la famiglia si trasferì a San Pietroburgo – fece l’amore con “un bel giovane sulla ventina”. Rompe con l’ebraismo, la sua famiglia, il suo paese, s’imbarca a 16 anni per l’America, che molti in Europa vedono come la Mecca. Parla yiddish, tedesco, russo e si ritrova a New York, da sola, con 5 dollari in tasca e un piccolo bagaglio a mano.

Basterebbe questa breve nota biografica per rendercela simpatica e interessante (almeno a me).

In Russia aveva stretto legami con studenti anarchici, ma è negli Stati Uniti che tutto avrà inizio. Il 1° maggio 1886, i lavoratori di Chicago manifestano per la giornata di otto ore. Ci sono dei morti, una bomba uccide dei poliziotti. Otto anarchici, palesemente innocenti, sono condannati a morte e quattro di loro impiccati. Emma non dimenticherà mai.

Un incontro decide il suo destino. Una sera stava bevendo qualcosa in un bar dove s’incontravano anarchici e radicali, quando sente una voce urlare dietro di lei: “Una bistecca gigante e un’altra tazza di caffè!”. Era la voce di Alexander Berkman, che divenne il suo amore, poi suo amico per sempre.

Berkman – Sasha – ha 20 anni e, come sostiene, “vive solo per la causa”, ossia quella dell’anarchica. Emma, pur impegnata nella causa, non rinuncia al resto: “Perché non dovremmo amare la bellezza, per esempio i fiori, la musica, il teatro? Le cose belle non sono un lusso, ma una necessità. La vita sarebbe insopportabile senza di esse”. Emma non nasconderà mai nulla dei suoi impulsi e passioni, e per tutta la vita avrà molti compagni e amori.

Ma è la politica che decide. Nel 1892, Henry Clay Frick, magnate del carbone, ”l’uomo più odiato d’America”, assunse agenti privati dell’agenzia Pinkerton per interrompere uno sciopero. Nello scontro che ne seguì morirono nove operai, tra i quali un ragazzino. Berkman ha una sola idea: uccidere Frick. Emma lo aiuta in molti modi, ma Sasha riesce solo a ferire il bastardo, e si becca ventidue anni di prigione.

Inizia per lei una fantastica esistenza da militante anarchica, spesso braccata dalla polizia. Di città in città, di riunione in manifestazione, passando dallo yiddish al tedesco e poi all’inglese, scrive mille articoli in cento pubblicazioni semiclandestine. Passando per New York, affronta Johann Most a muso duro in pubblico perché osa attaccare Sasha, il suo amore imprigionato.

È l’America quasi invisibile, quella che Howard Zinn racconta nella sua Storia del popolo americano, quella degli hobos, i vagabondi di Jack London del suo La strada. Quella delle furiose lotte di classe.

Oratrice affascinate, i suoi comizi richiamano molta gente in ogni città. Emma finisce in prigione per un anno con l’accusa di “incitamento alla sovversione”. Come un turbine viaggia in Europa, poi nelle Americhe, incontra proprio Jack London, gli anarchici Errico Malatesta, Pëtr Kropotkin (da leggere il sui Memorie di un rivoluzionario e Il mutuo appoggio), l’ex comunarda Louise Michel, e molti altri.

Il suo femminismo diventa incandescente. Esige l’uguaglianza, quella vera. In un suo saggio, De la liberté des femmes (da poco è uscita una traduzione italiana con un titolo un po’ dverso), dice l’essenziale: «È passato ben più di un secolo da quando l’antica e biblica formula del matrimonio “finché morte non vi separi” è stata denunciata come un’istituzione che implica il dominio dell’uomo sulla donna, l’assoluta sottomissione di quest’ultima ai suoi capricci e ordini, la sua completa dipendenza sia per il nome sia per il mantenimento».

Con Berkman, uscito di prigione, si oppone alla coscrizione durante il primo conflitto mondiale. Emma, spesso presentata dalla polizia e dai media come “la donna più pericolosa d’America”, fu con Berkman privata della cittadinanza statunitense ed espulsa. Arrivarono a Pietrogrado nel dicembre 1919. La Russia era già un faro abbagliante per milioni di persone, anche per gli anarchici. Emma vede chiaramente quale fosse la china che stava prendendo la rivoluzione. Anche nel suo caso assistiamo a una furiosa battaglia tra idee e valori. Emma poteva rintuzzare sulle idee politiche, ma non certo sui suoi principi.

Il suo vicino d’alloggio è stato per un certo tempo Victor Serge (Memorie di un rivoluzionario, 1901-1941), che ammalato accompagna in ospedale. Scrive Emma: “Le condizioni erano terribili, non era tanto per la carente attrezzatura o la mancanza d’infermieri, ma per la macchina onnipresente del controllo, i sospetti e la sorveglianza continua”. Mentre Serge si adeguerà in qualche modo al nuovo regime, Emma s’interroga, discute e infine condanna. Il Paese è già nelle mani della repressione. Un funzionario bolscevico le disse che la libertà di espressione è una “superstizione borghese”.

Emma viaggia per il paese, scoprendone i retroscena, incontrando il deluso Maksim Gorky, ma anche il grande Pëtr Kropotkin, venerato in tutto il mondo. La rivolta di Kronstadt nel marzo 1921 segnò una rottura definitiva.

Emma e Berkman lasceranno questo paese che ora li disgusta. Emma andrà a Riga, a Stoccolma, poi sarà espulsa dalla Germania, divenne britannica – la sinistra inglese non le perdonò le sue critiche all’URSS –, riuscì a fare un salto anche a New York, poi definitivamente in Canada, ma prima è in Spagna nel luglio del 1936. È felicissima: la Confederación Nacional del Trabajo è il sindacato anarchico, il più importante del paese. Ma gli scagnozzi di Stalin erano anche lì.

Quando la CNT accetta di entrare in un governo di fatto dominato dagli stalinisti spagnoli, dirà: “È un peccato per i nostri compagni che sono morti nei campi di concentramento di Stalin”.

Morì nel 1940, indomita.


sabato 23 luglio 2022

Il primo governo fascista

 

Tranquilli, è in arrivo un vaccino anche contro il caldo.

*

È bastato poco per piantargli nella schiena tutti i coltelli che sono riusciti a trovare, ossia per mandare all’aria il governo di un uomo che ha dimostrato fino a che punto può arrivare il cinismo, l’indecisione e la spocchia, tanto da riuscire a far girare i genitali perfino all’apparentemente pacato presidente della repubblica.

Per quanto riguarda la ciurma social-liberale, sono lustri che il loro modello economico e sociale è Uber: pochi furbi strapagati, decine di migliaia di “collaboratori” subappaltati e sottopagati per eseguire e milioni di utenti intrappolati negli algoritmi delle app.

L’entità della disfatta politica e ideologica di tale accozzaglia priva di orientamenti politico-ideali, è mascherata nei sondaggi da quel 40 per cento degli intervistati che dichiara di mandare cordialmente a cagare tutti, in primis i social-liberali e i neodemocristiani.

Esploso e a pezzi quello che per due legislature fu il M5S, gli elettori si spostano prevalentemente a destra. Il “popolo” è stanco e brama l’uomo forte, accontentandosi anche di una donna che ogni mattina prova allo specchio l’aria granitica e truce.

Anche se dal suo curriculum pare che l’unico lavoro vero nella sua vita sia stato quello di baby-sitter, può reggere il confronto con molti altri parlamentari che nella loro di vita non hanno mai fatto un cazzo.

Le solite scimmie ammaestrate le chiedono di prendere le distanze dal noto retaggio. Pare non si rendano conto che è proprio puntando su quel retaggio, sulla scorta del truismo che “il fascismo ha fatto anche cose buone” e che le camice nere erano in definitiva dei “ragazzi turbolenti”, che coglie anche tra i moderati tanti suffragi elettorali.

Alcuni libri di storia (non quelli scolastici) ci ricordano che il primo governo fascista fu un esecutivo di unità nazionale, e fra coloro che votarono a favore ci furono: Giolitti, Salandra, Facta, Bonomi, Orlando, nonché Gronchi, futuro presidente della repubblica italiana, e un certo Alcide De Gasperi. Anche il presidente della camera, Enrico De Nicola, che diverrà in seguito il primo presidente della neonata repubblica italiana, diede il proprio voto favorevole al nuovo governo.

Come scrivevo qualche giorno or sono, trepido all’idea di vedere una neofascista alla presidenza del consiglio.


Vygotskij, “marxista eterodosso” sconosciuto a Corbellini


Nell’inserto culturale di domenica scorsa del quotidiano di Confindustria compare una recensione di Gilberto Corbellini dal titolo accattivante: “E Vygotskij mandò i bambini a giocare”. Il libro recensito raccoglie cinque articoli di Vygotskij inediti in italiano ed è curato da Luciano Mecacci (un’autorità in materia).

Lev SemënoviVygotskij (1896-1934) è stato un eminente psicologo russo, scomparso prematuramente per l’aggravarsi della tisi. La varietà dei suoi contributi spazia dall’estetica alla linguistica, dalla psicologia alla pedagogia, dalla psicopatologia alla neuropsicologia e a molto altro ancora. A leggere la recensione di Corbellini, Vygotskij è dato come un “materialista e monista, avendo come modello filosofico Spinoza” [sic!].

venerdì 22 luglio 2022

In attesa di scoprire

 

È estate, voglia di silenzio. Muoversi il meno possibile, stare zitti, emozioni rallentate, fare un pisolino. Questa è la scienza esatta delle estati: ripetere ogni giorno gli stessi gesti lenti porta alla beatitudine. L’amore per il proprio tempo di vita è rivelato dall’assenza di un orario, quando finalmente si riesce a non fare più nulla, quando si è completamente disponibili a questo nulla, senza alcun progetto, fosse pure la noia.

Esiste la felicità che dura e che niente e nessuno può interrompere? È questo l’approccio alla felicità negata di cui parla quell’uomo confuso e fatuo che passa per sociologo e gli pubblicano pure un libro?

E invece, causa elezioni anticipate, saremo sommersi, volenti o nolenti, di chiacchiere e maratone. Anche il calcio avrà inizio prima di ferragosto, per cui già dal mese prossimo sembrerà essere in autunno, quando tutto implode all’improvviso. Sempre più saranno quelli combattuti tra votare o astenersi e la povertà divorerà la vita dei ceti medi che invece nelle ferie estive sembrano molto felici.

Un dominante disinibito qual è il miliardario americano Warren Buffett: “C'è una guerra di classe, è un dato di fatto, ma è la mia classe, quella dei ricchi, che sta facendo questa guerra, e la stiamo vincendo”. Di là del suo compiacimento aristocratico, che è una forma particolarmente volgare d’impunità, come sa bene anche Mario Draghi, basterebbe questa frase per dirimere ogni dubbio sull’utilità del voto elettorale.

In attesa dei razionamenti e del prossimo crollo finanziario, del momento in cui la sabbia dorata sarà un rimpianto e ci resterà solo la polvere della realtà, in attesa di scoprire che il tempo non esiste senza di me e di voi, e ci sorride solo se lo vogliamo noi.

giovedì 21 luglio 2022

Non accadrà nulla di nuovo

 

“Usano il cuore”, però quello degli altri, perché sono sprovvisti del proprio (o se lo sono venduto).


Perché Mario Draghi ha fatto di tutto, ma proprio di tutto, per far affondare il governo da lui presieduto? Per non affrontare uno scenario economico e sociale da incubo quale si prospetta per il prossimo autunno/inverno. Quando mancherà il gas, quando dovessero esserci i previsti razionamenti, con l’inflazione in aumento, il paladino dell’atlantismo italiano, “colui che ha sempre voluto apparire come una specie di uomo provvidenziale” (secondo la stampa francese), sarebbe chiamato a rispondere delle sue scelte.

L’interessato ovviamente negherà, ma il motivo (o uno dei motivi principali) delle sue dimissioni, e in seguito la sua volontà di far naufragare il governo, non è molto lontano da questa ipotesi.

L’Italia sopporta quasi un quarto del debito della zona euro, circa 2.700 miliardi di euro, un nuovo record. Il livello del debito è del 150 per cento del Pil, tuttavia ciò non si traduce immediatamente in una nuova crisi valutaria, la sostenibilità del debito non è a rischio poiché i titoli di Stato hanno una durata media di sette anni. Salvo non ci mettano lo zampone Bruxelles e Francoforte. I tassi d’interesse sui titoli di Stato dei paesi meridionali più indebitati si discostano da quelli emessi dalle economie più forti del nord, e ciò, come sappiamo, non è senza conseguenze se qualcuno vuol giocarci qualche scherzo (oggi la banca centrale europea, per la prima volta in undici anni, dovrebbe annunciare un aumento dei suoi tassi d’interesse, probabilmente di 0,25 punti percentuali).

Che cosa succederà? Si andrà alle elezioni, vincerà il centrodestra, atlantista come solo il Pd, farà la voce grossa contro lo strapotere della Ue e della Germania, in nome del cosiddetto sovranismo, insomma la solita propaganda. In realtà, per beneficiare dei fondi del piano europeo di ripresa, ancora di circa 145 miliardi di euro entro il 2026, il prossimo esecutivo dovrà impegnarsi in un calendario di riforme. In buona sostanza non accadrà nulla di nuovo. Continueremo sulla stessa china, raggiunto il fondo cominceremo a scavare.

A ogni modo, personalmente trepido all’idea di vedere una neofascista alla presidenza del consiglio. Voi ci credete? Tutto è possibile in un paese meraviglioso. Ovviamente vi sarà un richiamo (il solito ricatto elettorale) perché ciò non accada. Inutile.

Spia contro spia


La settimana scorsa, il presidente Vladimir Putin ha firmato una legge che consente di etichettare qualsiasi organizzazione o persona come “agente straniero” sulla base del fatto che ricevono sostegno o sono anche solo influenzati da entità esterne ritenute ostili a Mosca.

La legge “Sul controllo delle attività delle persone sotto influenza straniera” entrerà in vigore il prossimo dicembre. Qualsiasi organizzazione, costituita come persona giuridica o no, con cittadinanza russa o no, può essere considerata come “agente straniero” se riceve finanziamenti, proprietà, supporto organizzativo-metodologico, consulenza scientifica o tecnica o “altra assistenza” da qualsiasi Stato, organizzazione, “struttura” o persona straniera o “persona giuridica russa o cittadino” che siano a loro volta intesi come aiutati dall’esterno.

L’etichetta “agente straniero” si applica quando queste persone o entità sono impegnate in “attività politiche in Russia”, “raccolga intenzionalmente informazioni nei settori delle attività militari, tecnico-militari della Federazione Russa” o “diffonda messaggi e materiali a un pubblico illimitato”.

Le definizioni così ampie comportano che chiunque e qualsiasi organizzazione che le autorità russe decidessero di prendere di mira potrebbe essere classificati come “agente straniero”. Questa fobia per tutto ciò che può essere interpretato come intelligenza con lo “straniero”, riporta la Russia indietro a epoche tragiche, al nazionalismo violento e reazionario della burocrazia sovietica.

In buona sostanza questa legge aumenta il potere repressivo dello Stato, una situazione a cui s’è giunti dopo che la Russia è stata trascinata dagli Stati Uniti e dalla NATO nella guerra in Ucraina.

La stessa cosa accade ormai un po’ dappertutto, inclusa la cosiddetta più grande democrazia del mondo, ossia gli Stati Uniti, laddove lo spionaggio statale è così capillare che nessuna persona entro e fuori i confini può sentirsi sicura di non essere spiata e sorvegliata.

Come si ricorderà, lo spionaggio statunitense sui suoi alleati non si è fermato nemmeno dopo le rivelazioni di Edward Snowden sulle attività della sua agenzia di intelligence di punta, la NSA, tanto che Angela Merkel e Emmanuel Macron avevano protestato con gli Stati Uniti e la Danimarca (i sistemi di spionaggio elettronico danesi a beneficio dell’NSA) per essere essi stessi intercettati. Salvo poi Parigi negare la richiesta di asilo politico a Edward Snowden.

Naturalmente le dichiarazioni dei leader politici sono di una ipocrisia assoluta. Tutti spiano tutti. Per esempio, il New York Times, l’agenzia di stampa Reuters, la BBC e molti altri media internazionali sono oggetto dello spionaggio tedesco, secondo le rivelazioni del settimanale Der Spiegel, e questo almeno dal 1999. A sua volta Berlino ha spiato i funzionari francesi ed europei della NSA (sì esistono funzionari europei al servizio dell’intelligence statunitense!).

La DGSE francese non è da meno, e perfino gli svizzeri con un referendum hanno promosso una legge che autorizza i servizi segreti a monitorare le comunicazioni telefoniche e le attività su Internet.

Il sito fondato da Julian Assange ha pubblicato decine di migliaia di documenti sullo spionaggio sistematico da parte statunitense, e dimostrato che la CIA e la NSA hanno sviluppato più di mille programmi per infiltrarsi e prendere il controllo dei dispositivi elettronici. Può trasformare la tua televisione in un dispositivo di ascolto, bypassare le app di crittografia e persino controllare il tuo veicolo.

Ricordiamoci che tutti i nostri dati sono trasferiti negli Stati Uniti. Così fa Facebook, e tutti gli altri gestori. Perfino in banca, con la scusa dell’antiriciclaggio si firma un modulo con i nostri dati esaudendo specifica richiesta degli ... Stati Uniti.

Il Long Lines Building, in codice Titanpointe, per esempio, è un grattacielo di 29 piani nel mezzo di New York, senza finestre, in grado di resistere a un’esplosione nucleare, ospita uno dei principali centri di spionaggio della NSA, nel cuore di Manhattan. È solo una delle centinaia di strutture di spionaggio statunitense sparse per il mondo.

Yahoo ha creato segretamente un software nel 2015 per spiare le e-mail dei suoi utenti, secondo Reuters. Google non si comporta diversamente “indirizzando” i suoi algoritmi (il mio bloggino negli ultimi mesi ne è un esempio), e persino Wikipedia non è esente da censure e rimozioni di pagine, come dimostrato anche recentemente in occasione della guerra USA-Russia in Ucraina.

E poi ci siamo noi, popolo sovrano, ben disposti ogni giorno a rinunciare alla nostra privacy (inesistente), di nostra spontanea (o estorta) volontà.

mercoledì 20 luglio 2022

Il fatto del giorno

 

Parliamo del fatto del giorno: il caldo. Qui da noi è un’ondata di caldo democratico, in Russia, invece, è un caldo dispotico. Dobbiamo imparare a convivere con il grande caldo e, ahimè, in prospettiva anche con il “grande freddo”. Ursula Gertrud Albrecht accusa la Russia di ricattare l’Europa. Perciò è pronta a varare l’ottavo pacchetto di sanzioni contro Mosca.

Qualcuno mi ha appena ricordato che quando eravamo giovani a volte faceva molto caldo in estate e quindi ha confutato in modo radicale le conclusioni dei climatologi. Tutta questa isteria sul riscaldamento globale è completamente ridicola! Quando avevamo 13 anni, in estate c’erano già 36 gradi, e andavamo a sguazzare nei canali fino alle ore serali. Scacco matto.

La scoperta della menzogna climatica non è il primo colpo di genio di questo mio vicino di casa che in questo momento sta annegando nel prosecco ghiacciato. Di recente è stato in grado di smentire definitivamente i presunti pericoli del consumo di tabacco perché suo padre, accanito fumatore, sta ancora invecchiando dopo i novant’anni.

Sarà, ma un caldo così bestiale per un periodo così prolungato non me lo ricordo. Il riscaldamento globale, quali siano le cause, sta diventando una realtà che cambierà la nostra vita quotidiana. A essere ottimisti, poiché l’innalzamento medio delle temperature sconvolgerà letteralmente le nostre vite e le nostre società.

Un allevatore mi raccontava che le sue mucche, a causa dal caldo eccessivo, producono meno latte. Poteva succedere anche in passato, ma ora è un fenomeno più frequente e dura più a lungo. Ciò significa minor produzione di latte e dei suoi derivati, ma per gli stessi motivi siccitosi anche di altre derrate. Una non lieve modificazione degli equilibri climatici è in grado di provocare disordini economici, sociali e politici ancora difficili da immaginare.

C’è anche un altro ecosistema sempre più sconvolto: il clima politico. Aspettiamoci vedere Trump di nuovo in corsa per la Casa Bianca. È appena emersa dagli scantinati Sarah Palin, che potrebbe diventare la sua vice. A suo tempo Sarah ha spiegato al colto e all’inclita che nella preistoria gli umani e i dinosauri erano vissuti contemporaneamente, peraltro senza specificare in quali rapporti.

Secondo Trump, se gli oceani si alzano, avremo più case vista mare. E anche questo è un fatto e non v’è motivo di dubitare che dagli attuali 93,7 msl mi troverò presto a raccogliere conchiglie davanti a casa. Non che ora la famosa valigetta nucleare sia in mani migliori rispetto a simili personaggi.

Le recenti decisioni della Corte Suprema americana non promettono bene. La democrazia americana, quella di Assange, Snowden e Manning, sta per esplodere in volo come lo Shuttle Challenger. Gorbaciov, almeno questo bisogna riconoscerglielo, aveva combattuto fino alla fine per mantenere unite le repubbliche sovietiche all’interno dell’URSS, ma Eltsin rese vani i suoi sforzi. Di quest’ultimo sappiamo che era un alcolizzato cronico, ma forse c’è dell’altro.

Fummo felici in quel momento di vedere l’URSS scomparire per sempre. E se succedesse la stessa cosa negli Stati Uniti? Gli statunitensi farebbero bene a porsi la stessa domanda su Trump: sarà un Eltsin americano?

Tutto sembra combinarsi per annientare in modo irreversibile il fragile pianeta in cui viviamo. Il clima continuerà a deteriorarsi, perché nessun potere politico al mondo è in grado di fermare l’impeto capitalistico, che fa dell’accumulazione la sola ragione economica. C’è da temere che i condizionatori d’aria, almeno fino a quando riceveranno l’energia necessaria per funzionare, non saranno sufficienti per salvarci dall’asfissia.

Gli epurati di Zelensky

 

LUcraina è passata in secondo o anche in terzo piano nei media, ritornerà in auge nel primo autunno, intanto giungono notizie inquietanti.

Ivan HennadiovyBakanov, fino a domenica scorsa, quando è stato silurato dal presidente Volodymyr Zelensky, è stato un agente segreto ucraino, direttore dei servizi segreti dellUcraina (SBU), membro del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell’Ucraina e della Stavka (Stato Maggiore) del Comando Supremo dell’Ucraina.

Bakanov è anche un caro amico d’infanzia di Zelensky, il suo ex consigliere ed ex leader del partito Servitore del popolo, durante la campagna elettorale ha diretto il quartier generale di Zelenskyi. Pertanto non una figura di secondo piano in Ucraina. Ora è accusato di “mancato adempimento ai doveri ufficiali, che hanno portato alla perdita di vite umane e ad altre gravi conseguenze o creando la minaccia di tali conseguenze”. In un paese in stato di guerra non è un’accusa da poco anche se Bakanov fosse un semplice cittadino.

Zelensky incolpa Bakanov e la SBU per alcune delle principali sconfitte dell’esercito ucraino, inclusa la caduta di Kherson. Ci sono stati anche diversi casi di defezione a favore della Russia da parte di funzionari della SBU, nonché arresti e accuse di alto tradimento contro funzionari della SBU.

Il precedente vice di Bakanov, Vasily Maliuk, un funzionario SBU di 39 anni, sarà ora il capo ad interim della SBU. Maliuk è stato coinvolto nell’arresto per tradimento del 16 luglio di Oleg Kulinich, capo della divisione della SBU per la Crimea e assistente di Bakanov. L’arresto sarebbe avvenuto senza il coinvolgimento di Bakanov ed è stato organizzato dall’Ufficio del Presidente.

In un paese con una popolazione prebellica di 40 milioni, la SBU ha 27.000 dipendenti, quasi quanto l’FBI, e più di qualsiasi altro servizio segreto in Europa. La SBU è stata responsabile di una violenta campagna di repressione interna, che ha comportato non solo la messa al bando del più grande partito di opposizione ucraino, ma anche l’arresto di massa di politici dell’opposizione, l’uccisione di membri della squadra negoziale ufficiale dell’Ucraina e la violenta persecuzione di chi si oppone alla guerra.

La SBU funge da snodo per le armi inviate in Ucraina dalle potenze della NATO per la guerra. Il Financial Times ha riferito la scorsa settimana che sia le agenzie dell’UE che quelle degli Stati Uniti sono sempre più preoccupate che molte di queste armi sono “scomparse” una volta attraversato il confine con l’Ucraina, e si teme che finiscano nelle mani di gruppi criminali organizzati. La SBU è nota per essere infiltrata da elementi di estrema destra e ammiratori del collaboratore nazista Stepan Bandera.

In un’intervista del 2019, Bakanov dichiarò che l’idea dell’ormai famosa serie televisiva che decretò il successo mediatico di Zelensky, era nata nel 2009. La serie fu poi girata nel 2015 e trasmessa nel 2017. Tuttavia, la terza stagione di Servants of the People, andata in onda durante la campagna elettorale, può essere considerata nient’altro che un film di promozione elettorale. Il personaggio principale non era Volodymyr Zelenskyi, bensì di Vasyl Holoborodko.

Zelensky ha promosso presso il Consiglio Supremo dell’Ucraina anche il siluramento del procuratore generale di Stato, Irina Venediktova, accusata anch’essa come Bakanov di consentire una “collaborazione” con la Russia da parte di funzionari alle sue dipendenze. Irina proviene da un’influente famiglia di giuristi ucraini, oltre a essere consulente legale di Zelensky e ad aver partecipato alla sua campagna elettorale per le presidenziali. È stata lei, in qualità si direttore ad interim dell’Ufficio investigativo statale a condurre le indagini sulla rivolta di Maidan.

Si può leggere su Wikipedia che fu Irina, il 17 settembre 2020, a ordinare l’arresto di Oleksandr Yurchenko, deputato e ex numero due del partito di Zelensky, sebbene il giorno prima avesse affermato in parlamento che non c’erano motivi sufficienti per firmare un mandato d’arresto contro di lui per corruzione.

Insomma, per gli innamorati di Zelensky e della cricca al potere in Ucraina, qualche preoccupazione dovrebbe destare la vasta epurazione in atto (non riguarda solo i due personaggi qui citati), che mette in luce una grave crisi del governo e gli aspri conflitti all’interno della opaca (eufemismo) classe dirigente e del mastodontico apparato statale. Rivela inoltre, di là della propaganda ufficiale, che questo Paese è tutt’altro che pronto per un ingresso nella UE.

martedì 19 luglio 2022

Con la mano nel ... cuore

 

Davvero c’è chi crede che se Draghi resterà al potere fino al prossimo anno e in prospettiva anche dopo le elezioni politiche, i gravi e per molti aspetti atavici problemi di questo nostro meraviglioso Paese saranno risolti o quantomeno avviati a soluzione?

Davvero ci aspettiamo che con Draghi al potere, oppure Meloni e qualsiasi altro demagogo o deficiente dell’ultimo minuto, avremo lavoro e salari decenti, contratti non infami, prezzi dell’energia non meramente speculativi e inflazione sotto controllo, corruzione nel limite del tollerabile, un fisco più equo e meno oppressivo, risanamento del gigantesco debito, un’informazione un po’ meno asservita, una magistratura che non prevarichi sugli altri poteri, concessionari pubblici che non mettono in pericolo la vita di altri, una concorrenza che non sia monopolio e che non ricatti in termini di occupazione, stop dei bonus a pioggia e alla politica folle di donazioni alle imprese, cura dei territori e città pulite, regioni libere da mafia-camorra-’ndrangheta, eccetera?

Vi lascio cantare l’inno di Mameli, poi riprendo.

Nessun voto politico, governo ordinario o anche straordinario, riuscirà non solo a risolvere ma anche solo a migliorare questa situazione. Che è di non ritorno. La forbice tra ricchezza e povertà si divaricherà ancora di più, e il degrado accompagnato da improvvisazione e passività proseguirà la sua marcia. Del resto, non si riesce dopo decenni di vane promesse a tenere passabilmente pulita la capitale della nazione, a organizzare una raccolta dei rifiuti che non sia semplicemente una presa in giro, figuriamoci se vi può essere interesse ad avere cura del resto.

Sono decenni che ci aggrappiamo all’illusione che le doti taumaturgiche e salvifiche di un Berlusconi, di un Dini, di un Prodi, di un Monti, perfino di uno come Renzi, poi di un personaggio come Grillo, di nullità come Salvini e Di Maio, possano mutare la nostra disperata condizione di Paese. E ora Draghi; poi ancora lui o Meloni? E così si tira avanti ancora per qualche anno, forse un po’ di più, sempre convinti che la questione si possa giocare tutta in termini di leadership, di partito politico, di schieramenti, nel tentativo di convincere la UE di farsi carico delle nostre contraddizioni e dello sperpero.

Allora quale potrebbe essere la soluzione? Non c’è. Non entro le coordinate politiche, economiche e sociali di questo sistema. Mi pare di un’evidenza perfino sfacciata. Ma voi che ancora ci credete, continuate a cantare l’inno di Mameli, anzi, The star-spangled banner, con la mano nel cuore.

L'attesa

 

Tutto il mondo è col fiato sospeso in attesa della decisione di Mario Draghi. Chissà un giorno come sarà raccontato questo periodo ai nostri pronipoti.

Chi non ha vissuto questi tempi difficilmente potrà immaginarsi che cosa accadde realmente: con voce tremante, il nonno Achille racconta ai suoi nipoti, che ascoltano incantati, il periodo movimentato intorno all’anno 2020-21, quando la maggiore preoccupazione dell’Italia e del mondo fu concentrata sull’epidemia virale.

Tutto il Paese guardava con preoccupazione alle previsioni degli esperti, che avvertivano che presto l’Italia sarebbe stata colpita in modo devastante, con almeno un milione di morti. Il nonno mostrò come prova un ritaglio ingiallito di un giornale.

Il piccolo Emilio vuole sapere: “La gente aveva molta paura, vero nonno?” Con gli occhi lucidi nonno Achille risponde: “Oh, allora le persone dai terrazzini e dalle finestre cantava, suonava, manifestava con delle scritte il proprio ottimismo, la propria fiducia: andrà tutto bene, era una delle frasi più ricorrenti, almeno all’inizio”.

“La gente aveva molta più paura di una guerra nucleare, vero?”, intervenne di nuovo Emilio. “Guerra nucleare?”, rispose il nonno, “All’epoca nessuno ci pensava seriamente. Avevamo solo paura, uscendo di casa, di dimenticarci la mascherina e si guardava con sospetto chi starnutiva”.

“Dunque è vero, chiese Lara, sorella di Emilio, che l’acqua e il gas non erano ancora razionati, che ci si poteva lavare e guardare la tv quando si voleva e in casa si poteva stare con un solo maglioncino?”.

Asciugandosi le lacrime, il nonno riprese: “Allora avevamo benzina in abbondanza, non sapevamo nemmeno cosa farcene, ci facevamo la doccia tutti i giorni, seppure ci fosse già chi la disertava per diversi giorni. Anche l’energia elettrica, bastava premere l’interruttore e la casa s’illuminava, soprattutto non mancò mai il riscaldamento d’inverno!”.

“Ma l’inflazione deve essere stata davvero brutta, vero?”, osservò ancora Lara, suscitando una risata stanca del nonno: “L’inflazione era così piccola che anzi si parlava del problema opposto, della deflazione, ossia di come portare l’inflazione al due per cento”. I due nipoti risero: “Ma nonno, cosa dici, l’inflazione al due per cento, impossibile”.

Il nonno volse lo sguardo verso l’alto: “Ah, voi non potete capire, oggi le cose sono completamente diverse, i prezzi non si aggiornavano continuamente, in tempo reale, come avviene oggi. Quando al supermercato s’iniziava con la spesa, si sapeva già quanto si sarebbe poi pagato alla cassa un prodotto. Non c’erano sorprese”.

“È pazzesco”, si meravigliò Lara. “Com’è stato possibile che poi tutto sia cambiato?” Il nonno s’alzò, guardò fuori dalla finestra fissando lo sguardo in un punto indefinito e con un filo di voce disse: “Presero il sopravvento gli statisti, e con loro la guerra, le sanzioni, i razionamenti, l’inflazione, tutto in una volta”.

Entrò nella stanza la nonna e disse: “È tornato il gas, se mi sbrigo riesco a cucinare la pasta prima che lo tolgano di nuovo”.

lunedì 18 luglio 2022

Ci trascineranno a fondo con loro

 

Biden ha concluso la sua visita in Medio Oriente dopo una serie di incontri con i leader della monarchia petrolifera. Sebbene gli incontri abbiano ricucito le relazioni tra Riyadh e Washington dopo i noti “dissapori” per via dell’omicidio Khashoggi (quelle cose si fanno con maggior discrezione), non vi sono stati annunci di rilievo, e dunque Biden ha mediaticamente pagato un alto prezzo ottenendo uno scarso riscontro.

Quando il presidente degli Stati Uniti ha sollevato il caso dell’omicidio Khashoggi con bin Salman, venerdì pomeriggio, il principe ha accusato Washington di ipocrisia per aver consentito la tortura dei detenuti nella prigione di Abu Ghraib nel 2004 e di non aver fatto nulla a seguito dell’uccisione della giornalista palestinese-americano Shireen Abu Akleh, uccisa dai soldati israeliani mentre copriva un raid israeliano nella città di Jenin in Cisgiordania lo scorso maggio (neanche la nostra Gruber ha speso una parola). Bin Salman avrebbe potuto citare un elenco molto più lungo di crimini commessi dall’imperialismo statunitense in Medio Oriente

Lo scopo della Casa Bianca era volto ad allineare alla posizione statunitense i dittatori della regione e schierarli per la guerra di Washington contro la Russia in Ucraina. Una guerra che Biden ha cercato di giustificare per la democrazia e i diritti umani contro l’autocrazia (come parlare di corda in casa dell’impiccato), ma ha incontrato una risposta decisamente fredda da parte dei leader di tutta la regione, cioè dei sauditi e gli Emirati Arabi Uniti (UAE).

Biden sta anche cercando di cementare un’alleanza anti-Iran che collegherebbe i sistemi di difesa aerea in tutta la regione, basato sullo United States Central Command, il comando statunitense che ha una base in Qatar e che copre il Medio Oriente, parti dell’Asia centrale, l’Egitto e il Corno d’Africa e, dall’inizio del 2021, include Israele.

Le iniziative belliche di Washington non sono dirette solo contro la Russia o l’Iran. Fanno parte degli sforzi più ampi per limitare l’espansione economica e politica della Cina nel Medio Oriente, che come sappiamo non è ricco solo di datteri.

Pechino è diventata il maggior partner commerciale e d’investimento della regione, superando sia gli Stati Uniti che l’Europa. Il China Global Investment Tracker dell’American Enterprise Institute, una voce non certo partigiana della Cina, evidenzia il costante interesse degli investimenti cinesi nelle economie del Golfo. Negli ultimi 16 anni il totale degli investimenti cinesi e dei progetti di costruzione ha raggiunto i 43,47 miliardi di dollari in Arabia Saudita, 36,16 negli Emirati Arabi Uniti (UAE), 30,05 in Iraq, 11,75 in Kuwait, 7,8 in Qatar, 6,62 in Oman e 1,42 miliardi in Bahrain.

Secondo il The Arab Gulf States Institute di Washington, la domanda di energia cinese continua a costituire il fulcro delle partnership Cina-Golfo. L’Arabia Saudita è stata il principale fornitore cinese di greggio nel 2021, rappresentando il 17% delle importazioni cinesi di petrolio. La Cina rimane un mercato centrale per le esportazioni di petrolio dell’Oman (ha acquistato circa l’83% delle espotrtazioni totali di petrolio nella prima metà del 2021), dell’Iraq, degli Emirati e del Kuwait.

Il Qatar, uno dei principali fornitori di gas naturale in Cina, sta negoziando con essa lo sviluppo di quello che sarà il giacimento di gas più grande del mondo, e si è assicurato molteplici accordi a lungo termine con società cinesi nel dicembre 2021 e ha ordinato per la prima volta in ottobre navi cisterna cinesi di gas naturale liquefatto per un valore di 762 milioni di dollari. Il Qatar ha stretti rapporti economici anche con l’Iran.

Esistono forti complementarità tra la Cina e gli stati arabi del Golfo anche nei settori del turismo, telecomunicazioni, energie rinnovabili, città intelligenti, intelligenza artificiale e altre industrie orientate alla tecnologia. Nel dicembre 2021, il governo iracheno ha firmato accordi con due società cinesi per costruire 1.000 scuole in due anni. Gli sforzi cinesi per colmare le lacune nel sistema educativo iracheno – in cambio di un compenso in prodotti petroliferi – hanno il potenziale per plasmare ulteriormente le tendenze socioeconomiche regionali.

Allo stesso modo, l’Egitto ha ampi accordi con la Russia che ha iniziato a costruire un reattore nucleare da 25 miliardi di dollari, mentre la Cina sta giocando un ruolo importante nella costruzione della nuova capitale amministrativa dell’Egitto a 35 km dal Cairo e ha occupato gran parte della nuova zona industriale in costruzione lungo il Canale di Suez.

Al vertice della NATO di poche settimane fa, il nuovo “concetto strategico” ha riconosciuto la Cina come una “sfida” sistemica e ha descritto le sue politiche come coercitive e le sue operazioni informatiche in tutto il mondo come dannose. Insieme a Mosca, Pechino sta cercando di “sovvertire l’ordine internazionale basato sulle regole”. In altre parole, Washington è contraria a chiunque metta in discussione il suo dominio politico ed economico.

Sabato, in un incontro al vertice con i leader delle sei monarchie del Golfo e con quelli dell’Egitto, della Giordania e dell’Iraq nella città portuale occidentale di Jeddah, in Arabia Saudita, Biden ha dichiarato: “Non ce ne andremo e non lasceremo un vuoto da riempire da parte della Cina, Russia o l’Iran”.

I rapporti di forza sono cambiati e l’occidente non è più il baricentro del mondo. Come scrivo spesso, per gli USA è ormai una questione di vita o morte e ci trascineranno con loro, non senza averne tratto tutti i vantaggi possibili. Una politica estera, economica e militare autonoma lEuropa non se la può permettere stante una sua classe dirigente cialtrona e pusillanime. Non è un dramma da poco, come vedremo a breve.