venerdì 15 aprile 2022

In attesa del default della Russia


Non è solo guerra di armi, ma anche guerra dell’oppio, sia intesa come propaganda e sia come guerra economica ad alta intensità che non si vedeva dalla seconda guerra mondiale.

Per quanto riguarda la propaganda, ieri sera ho sentito in tv un avventuroso e scaltro cittadino svizzero, con residenza anagrafica e domicilio fiscale a Sankt Moritz, affermare testualmente che non si conoscono le ragioni della guerra in Ucraina.

Sul fronte economico, invece, va osservato che pur in presenza di un’enorme bolla del debito, che comporta il potenziale per una deflazione su larga scala, si assiste a un aumento dell’inflazione, dovuta soprattutto all’impennata dei prezzi dell’energia, necessaria per tutte le attività economiche. 

L’inflazione funge de facto come una tassa soprattutto sui consumatori più deboli e smorza la crescita economica. Negli ultimi 75 anni, ogni volta che i prezzi del petrolio sono quasi raddoppiati, si è verificata una recessione.

Nel confronto strategico tra USA e Russia, che ha come teatro il conflitto bellico in Ucraina, si sovrappongono diversi piani, prioritariamente quello d’impedire l’interazione economica tra UE e Russia, basti ricordare a tale proposito l’ostinata e decisa opposizione statunitense alla realizzazione e poi al completamento e l’entrata in funzione del Nord Stream2.

Vale la pena segnalare che il gas russo a buon prezzo ha permesso per decenni all’Europa, alla Germania in primis, di far crescere ed espandere la propria economia.

Tale scopo, quello d’impedire la saldatura tra interessi europei e russi, non è ancora pienamente raggiunto, poiché il gas russo è tuttora importato in Europa occidentale e chi pensa di poterlo sostituire con il GLN americano deve tenere conto di alcuni fattori non proprio secondari.

Secondo le stime della US Energy Information Administration (EIA), le riserve statunitensi dei giacimenti non convenzionali, cioè di light tight oil e di shale gas, ammontano a circa 80 miliardi di barili di greggio e 18.000 miliardi di metri cubi di gas. Una quantità stimata davvero ragguardevole, tuttavia la metodologia con cui l’EIA ha realizzato le stime è stata contestata e giudicata eccessivamente generosa, e anche l’International Energy Agency (IEA) ha sollevato perplessità (*). Il punto fondamentale della questione non riguarda però solo le stime su capacità produttiva e riserve, bensì i costi.

Le tecniche di estrazione mediante perforazione orizzontale e idrofrattura (fracking) hanno un indubbio impatto ambientale e sono molto costose: negli strati porosi del giacimento in cui sono presenti il petrolio e il gas viene pompata ad alta pressione acqua e sostanze chimiche destinate a fratturare le argille e liberare gli idrocarburi contenuti verso la superficie.

Il gas così estratto deve essere trasportato verso impianti costieri o offshore per essere caricato sulle navi metaniere (il GLN è prevalentemente metano), ma ciò può avvenire solo dopo o nel corso di processi di depurazione (rimozione di anidride carbonica e acido solfidrico, disidratazione e rimozione mercurio) e successive fasi di raffreddamento (-162 C°) e condensazione (liquefazione), poiché il GLN non può essere convertito in liquido mediante la sola pressione.

Trasportato permanentemente a questa bassissima temperatura che si ottiene mediante un super isolamento in un sistema pressurizzato a doppio serbatoio, simile in linea di principio a un thermos, insieme a un sistema di sfiato per eliminare i vapori, il gas giunge dopo una lunga traversata nei porti di destinazione, dove è rigassificato per essere immesso nella rete nazionale del paese importatore.

Già da questa semplice descrizione dei processi di produzione, trattamento e trasporto di questo gas, si evince che, almeno per quanto riguarda l’esportazione, il prezzo medio di mercato deve raggiungere livelli molto elevati perché divengano convenienti gli investimenti d’estrazione e la vendita nei mercati esteri. Esattamente ciò che accade da molti mesi a questa parte, dunque già prima del conflitto bellico.

Il prezzo del gas in questo secolo ha raggiunto i suoi massimi dal 2006, poi con la crisi del 2008 e negli anni seguenti, mantenendo poi un trading range abbastanza stabile, subendo infine un netto calo già all’inizio del 2019, quando il prezzo tocca un minimo relativo già prima della pandemia. Il prezzo riprende a salire, come detto, dal 2021 con la ripresa della domanda e della speculazione.

Quanto incidano le ragioni speculative è difficile da quantificare, poiché il gas è sì sottoposto a logiche di domanda e offerta, per esempio aumenta negli inverni più rigidi quando c’è allarme per le scorte, ma anche per motivi difficilmente ascrivibili al mercato libero, per via dei particolari contratti stipulati tra paesi esportatori e quelli importatori.

C’è da chiedersi per esempio quale logica abbia seguito il prezzo del gas in Europa dall’autunno scorso se si considera che i contratti con le due maggiori società russe sono stati sottoscritti ben prima, pertanto se invece vi sia una regia speculativa di chi può manipolare in tal senso i prezzi dell’energia.

Uno dei fattori dell’alto prezzo del gas riguarda proprio la domanda di gas statunitense, la stagnante offerta di altri produttori, per cui nel breve-medio periodo non c’è da attendersi, nonostante il profilarsi di una stagnazione economica, una significativa flessione del suo prezzo. Al contrario, l’incertezza geopolitica continuerà a incidere in modo decisivo, e in ciò la speculazione sguazza.

Per i Paesi dell’Europa che il gas lo acquistano quasi tutto sul mercato estero e tendono ora, in concorrenza tra loro, a rivolgersi a fornitori diversi da quello russo, un prezzo così elevato del gas e di altre materie prime diventerà sempre più insostenibile.

Restiamo in attesa del default della Russia, annunciato fin da subito come imminente, quindi del crollo del rublo, dato come conseguenza immediata inevitabile, e cose di questo genere. Che, sia chiaro, potrebbero accadere domani, dopodomani o tra un mese o due. Non ho elementi per negare questa possibilità. Grande è la curiosità sotto il cielo, e però ancora nulla a confronto dei sogni.

(*) Come ha documentato il geologo David Hughes in una serie di studi dettagliati, solo il bacino del Permiano in Texas ha ancora un potenziale di crescita. La regione di Bakken nel North Dakota, un’enorme fonte di petro-ottimismo solo pochi anni fa, è già in declino terminale, così come la maggior parte degli altri siti di tight oil. La produzione statunitense potrebbe aumentare lentamente e solo leggermente rispetto ai livelli attuali, ma solo per un paio d’anni circa, fino a quando gli effetti dell’esaurimento non supereranno l’aumento della produzione nel Permiano. 

9 commenti:

  1. Ma i russi non possono resistere 1000 anni, secondo una affermazione da lei fatta?
    Ora scorgo qualche dubbio, sbaglio?

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    1. in un colloquio telefonico avuto ieri con il presidente Putin, lo steso non mi ha garantito i 1000 anni. S'è detto d'accordo con me sul fatto che possiamo avere una sola certezza nella vita.

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    2. Putin mi aveva raccontato una balla, come un Saviano qualsiasi

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  2. Dopo aver scaricato agli Elkann tutti i suoi periodici, attivi promotori di partiti progressisti, lo svizzero, aggiustandosi l'orologio sul polsino (proprio come Gianni Agnelli che da giovane era suo riferimento fin dal taglio di capelli), potrebbe persino farsi beffa dell'opportunismo degli ideologi alle sue dipendenze e con un mezzo ruttino vantarsi di non conoscere neppure le ragioni della guerra. D'altra parte: il lobbista, come il capo, avrebbe sempre ragione.

    Chi vincerà la guerra del gas
    https://phastidio.net/2022/04/13/chi-vincera-la-guerra-del-gas/

    (epico dietrofront del bocconiano Stefano Feltri fino ad ieri ferocemente contrario al reddito di cittadinanza proposto dal nemico populista, oggi con la crisi energetica strumento proposto addirittura come unico argine ai populismi.. ai populismi. oltre ogni immaginazione)

    MB

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    1. non ho ascoltato cosa si dicono quelli che si credono i più furbi dell'asilo nido
      ciao

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  3. PS

    Purtroppo in giro in TV c'è grande semplificazione e disonestà intellettuale, anche da parte dell'insospettabile REPORT: sempre sul mercato del gas argomentazione unilaterale calcando molto la mano sul venditore infido e prevaricatore e sul cliente 'bulimico' malaticcio ingenuotto, insinuando costantemente il complotto e non invece un ben rodato schema di scambio su scala mondiale chiamato globalizzazione, un libero scambio che era stato sacralizzato (fin quando conviene al santone petoman)

    L'opinione politica è legittima, ma a REPORT però hanno volontariamente commesso un gravissimo errore e non scusabile: parlando della transizione chiamata 'green new deal', omettere completamente l'altra energia (anche solo citare), cioè il nucleare. Non è infatti vero che nella transizione è stato inserito solo il gas: gas e nucleare. Omettere la seconda vuol dire essere in malafede perchè nel caso della Germania le due energie sono indissolubilmente legate e c'è una ragione stringente: l'abbandono del nucleare.

    La Germania, unico caso al mondo (considerata anche la portata finanziaria e tecnica), è riuscita ad uscire dal sistema energetico nucleare, unico esempio al mondo: per fermare i reattori (con enormi problemi tecnici sulle scorie, ricordate le miniere di sale) si è affidata al gas.
    E omettere questa prospettiva sistemica e strutturale significa cambiare senso presentando la Germania come una banda di corrotti raggirati e vittima di un complotto ber ordito dal signor satana.

    Avevo già avuto il presentimento dalla prima puntata e alla seconda ho avuto la conferma: REPORT si è unito al branco.

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  4. Ieri Biden è intervenuto nella Carolina del Nord, sulla crisi della catena di approvvigionamento. Dopo aver concluso il comizio si è voltato allungando la mano con l’intento di stringerla a qualcuno. Peccato che sul palco non ci fosse nessun altro a tendergliela, restando con il braccio proteso verso il nulla. Momenti di imbarazzo che portano Il presidente USA a pronunciare parole nel vuoto con il successivo passo disorientato nel lasciare il palco…

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