giovedì 3 marzo 2022

Non facciamo finta di nulla

 

In un programma globale di gestione delle armi senza precedenti nella storia del secondo dopoguerra, più di 20 paesi, inclusi membri della NATO e dell’Unione Europea, stanno incanalando armi, compresi aerei e missili, in Ucraina per usarle nella guerra per procura della NATO con la Russia.

«Migliaia di armi anticarro, centinaia di missili per la difesa aerea e migliaia di armi leggere e scorte di munizioni vengono inviate in Ucraina», afferma la NATO nel suo sito.

«Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Regno Unito e Stati Uniti hanno già inviato o stanno approvando consegne significative di equipaggiamento militare in Ucraina».

Funzionari statunitensi stanno apertamente confrontando l’attuale operazione con le “linee dei topi” utilizzate per armare i terroristi fondamentalisti islamici in Medio Oriente negli ultimi decenni.

«Sul territorio della NATO, dovremmo fare come il Pakistan», ha detto al New York Times Douglas Lute, ex luogotenente generale e ambasciatore americano presso la NATO, «fornendo gli ucraini così come il Pakistan riforniva i talebani in Afghanistan, accumulando materiale in Polonia e organizzando linee di alimentazione».

Le truppe d’assalto di quest’ultima guerra per procura guidata dagli Stati Uniti non saranno, come in Afghanistan, i combattenti fondamentalisti islamici, ma le forze neonaziste ucraine che hanno svolto un ruolo chiave nel colpo di stato del 2014.

«Ci sono state fornite così tante armi per svolgere i compiti stabiliti dall’Occidente, perché ci piace combattere e ci piace uccidere», dichiarò Yevhen Karas, leader dell’organizzazione terroristica neonazista C-14, a inizio febbraio, prima dell’inizio della guerra.

Un articolo di Steven Erlanger sul New York Times ha sottolineato l’entità dei trasferimenti di armi:

«Gli olandesi stanno inviando lanciarazzi per la difesa aerea. Gli estoni stanno inviando missili anticarro Javelin. I polacchi ei lettoni stanno inviando missili terra-aria Stinger. I cechi inviano mitragliatrici, fucili da cecchino, pistole e munizioni. Anche paesi precedentemente neutrali come Svezia e Finlandia stanno inviando armi. E la Germania, da tempo allergica all'invio di armi nelle zone di conflitto, sta inviando Stinger così come altri razzi lanciati dalle spalle.

La Svezia, non membro della NATO, ha annunciato che avrebbe inviato all’Ucraina 5.000 armi anticarro, 5.000 elmetti, 5.000 articoli di armatura e 135.000 razioni da campo, più circa 52 milioni di dollari per l’esercito ucraino. La Finlandia, allo stesso modo, ha dichiarato che consegnerà 2.500 fucili d’assalto e 150.000 munizioni, 1.500 armi anticarro e 70.000 razioni da combattimento».

Sempre il New York Times:

«In effetti, anche se nessun soldato della NATO entrasse mai in Ucraina, e anche se i convogli di materiale venissero condotti al confine da personale non in uniforme o appaltatori su camion semplici, è probabile che le forniture di armi europee siano viste a Mosca come un non- intervento così mascherato della NATO.

[...] Le guerre mondiali sono iniziate a causa di conflitti più piccoli e la vicinanza della guerra agli alleati della NATO comporta il pericolo che possa attirare altre parti in modi inaspettati.

[...] Per quanto Bruxelles sia orgogliosa del suo sforzo, è una strategia che rischia di incoraggiare una guerra più ampia e una possibile rappresaglia da parte di Putin. L’afflusso di aiuti militari letali in Ucraina dalla Polonia, membro della NATO, mira, dopo tutto, a uccidere i soldati russi».

Tutto ciò accade mentre sono in corso le trattative per giungere alla fine delle ostilità. Ovvio che non siano una cosa seria. L’Ucraina non ha chance di vittoria. La situazione, se non si trova un accordo, ma non vedo al momento come Mosca e Washington possano passare la mano, può solo incancrenirsi.

Purtroppo non c’è un mediatore credibile tra le parti, né la volontà di cedere di un millimetro. Dal Mar Giallo al Baltico, dall’Atlantico all’Indiano, dal Medio Oriente ai confini con la Russia, la presenza militare USA è ovunque. Portatori di democrazia dove non c’è. Sappiamo.

I profughi, da un milione, possono diventare diversi milioni, e la situazione bellica può scappare di mano, volutamente o casualmente. Gli Stati Uniti sono, al momento, lontani e al riparo da tutto ciò. Mandano “aiuti”, loro. Se Mosca dovesse vedersi costretta a far entrare in gioco i coscritti e annunciare la mobilitazione generale, nulla potrebbe più fermare l’escalation degli eventi. Chi spera in un golpe al Cremlino non ha capito nulla.

4 commenti:

  1. Dobbiamo rimpiangere Henry Kissinger?
    Mi sembra interessante rileggere quello che scrisse sul Washington Post nel 2014. Qui di seguito il link (https://tinyurl.com/bddv7h7r) ma voglio sottolineare tre frasi (mi dispiace di non aver il tempo di tradurre ma sono sicuro che Olympe, se lo riterrà opportuno, potrà farlo molto meglio di me):
    "Ukraine should not join NATO, a position I took seven years ago, when it last came up"
    "For the West, the demonization of Vladimir Putin is not a policy; it is an alibi for the absence of one"
    "The United States needs to avoid treating Russia as an aberrant to be patiently taught rules of conduct established by Washington. Putin is a serious strategist — on the premises of Russian history. Understanding U.S. values and psychology are not his strong suits. Nor has understanding Russian history and psychology been a strong point of U.S. policymakers".

    RispondiElimina
  2. Andando oltre le dichiarazioni di facciata per la pace, mi sembra sia in atto una campagna d'odio per promuovere la guerra e non per fermarla.
    AG

    RispondiElimina
  3. il clichè è quello della strategia della tensione

    RispondiElimina