martedì 8 febbraio 2022

Come Engels scongiurò un delitto d'onore


La tribolata vicenda umana di Pasquale Martignetti (1844 –1920), raccontata nella voce biografica che la Treccani gli dedica, offre uno spaccato delle vili condizioni esistenziali dei socialisti proletari nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento, e più in generale del precariato intellettuale del quale non siamo esenti neanche oggi. La corrispondenza che Martignetti intrattenne con Engels, fino alla sua scomparsa (1895), offre altresì una dimensione abbastanza misconosciuta ai più dello spessore umano del grande scienziato e amico fraterno di Marx.

L’allora più autorevole riferimento del movimento comunista internazionale non disdegnò di entrare in relazione e di aiutare in ogni modo questo modesto ma intelligente militante socialista, vessato oltre che per la sua attività politica, anche dai leader del partito tutti presi all’interno di una prassi politica contingente che privilegiava le strategie della lotta legale-parlamentare, con lo Stato borghese come interlocutore politico. Tutto ciò è antico quanto attuale, come ben sappiamo: il marxismo dei partiti parlamentari è rapidamente declinato in riformismo e ora in nulla.

Tra le diverse lettere che Martignetti scambiò con Engels, una in particolare mi ha colpito. La riporto integralmente ricavandola dal 40° volume delle Opere Complete. Per rendere pienamente intellegibile la lettera che Engels gli scrisse il 9 gennaio 1891, è necessario premettere, per quel poco che si sa, un cenno circa l’antefatto della vicenda oggetto della lettera stessa.

In una lettera del 2 gennaio 1891, Pasquale Martignetti aveva chiesto consiglio a Engels sul comportamento da tenere di fronte alla disavventura della propria sorella, sedotta da un commerciante e abbandonata poi incinta.

La lettera di Engels:

Caro amico, partecipo sinceramente al Suo dolore per la disgrazia toccata a Sua sorella. E comprendo bene l’indicibile agitazione in cui L’ha messa. Ma non perda la testa. Cosa gioverebbe a Sua sorella se anche Lei uccidesse quel cane infame? Egli porterebbe con sé nella tomba la soddisfazione di aver rovinato due famiglie invece di una. So bene che in una società come quella dell’Italia meridionale, dove permangono ancora tracce dei tempi della gens, il fratello è considerato protettore naturale e vendicatore della sorella. Ma il fratello è anche marito, ha moglie, figli e doveri verso di loro, e nella società attuale questi doveri valgono più di tutti gli altri. A mio parere, Lei ha dunque verso la Sua famiglia il dovere di non commettere un atto che necessariamente la condannerebbe a starle lontano per sempre.

Sua sorella appare ai miei occhi pura e degna di rispetto come prima. Ma se crede proprio di doversi vendicare, ci son pure altri mezzi con cui segnare il seduttore con il marchio dell’infamia gli occhi della società.

Qui un fratello costerebbe pubblicamente il mascalzone. In Francia e in Germania basterebbe schiaffeggiarlo in pubblico. Nella Polonia austriaca (Leopoli) un giornalista si era venduto alla Russia. Un gruppo di giovani polacchi lo fermò sulla pubblica passeggiata, lo stese su una panca e gli appioppò 25 potenti nerbate sulla schiena.

Anche in Italia avete un mezzo per marchiare pubblicamente un simile mascalzone e segnarlo al pubblico disprezzo senza ferirlo o ucciderlo.

Come Le ho detto sono ben lontano anche dal consigliarle questo. Ma se è fermamente convinto che una qualche vendetta debba esserci, allora è sempre meglio una vendetta che colpisca l’onore del seduttore, piuttosto che un’altra.

Cordiali saluti, Suo F. Engels. 

3 commenti:

  1. Engels, come dire... un Signore con una dirittura morale di prim'ordine.

    Grazie per il post.

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  2. una domanda: in che lingua corrispondevano?

    nick the old

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