lunedì 31 gennaio 2022

Chi si ricorderà di Marchionne?

 

Lo stadio raggiunto dall’economia capitalistica ci mostra oggi in modo molto evidente ciò che stava sempre più diventando realtà già da molto tempo, ossia che anche la classe dei capitalisti è diventata superflua per il funzionamento della società. È sufficiente a tale riguardo prendere nota di che cosa fu lo sloanismo già un secolo fa.

Pertanto, è pacifico che l’impresa non è più una creatura del singolo capitalista, un’estensione della sua individualità: l’organizzazione dell’impresa capitalistica sottomette la singola individualità, mette fine all’imprenditore, che lascia il posto al management. È sull’esigenza di strutture formali oggettive, che si conservino indipendentemente dalle vicende personali dei proprietari di una società, che s’impone la figura del manager.

Marx l’aveva capito molto prima di chiunque altro (Il Capitale, III, V, 23), malgrado ciò che ne potesse poi pensare Simone Weil. Lo sviluppo delle società per azioni segna un mutamento strutturale del sistema capitalistico, da economia concorrenziale a economia monopolistica, e segnano “l’annullamento dell’industria privata capitalistica sulla base del sistema capitalistico stesso, e distruggono l’industria privata a misura che esse si ingrandiscono e invadono nuove sfere di produzione” (ibidem, V, 27).

Ancora: “Il capitalista industriale è, rispetto al capitalista monetario, un lavoratore, ma un lavoratore in quanto capitalista, ossia in quanto sfruttatore di lavoro altrui. Il salario che egli domanda e riceve per questo lavoro corrisponde esattamente alla quantità di lavoro altrui che egli si è appropriato e dipende direttamente [...] dal grado di sfruttamento di questo lavoro”.

Se sono i manager a dirigere, e però sempre meno sono loro a decidere la strategia delle società alle quali sono pro-tempore messi a capo, a prescindere da come percepiscono se stessi e il loro ruolo effettivo. Il manager di norma non possiede capitale sotto alcun titolo (altrettanto assurda è la frase fatta che fa derivare il capitale dal risparmio, poiché ciò che lo speculatore pretende è proprio che altri risparmino per lui), esercita tutte le funzioni effettive che competono al capitalista operante in quanto tale, ma rimane unicamente un funzionario del capitale stesso (banche, gruppi e fondi finanziari, ecc.).

Le forze produttive sono sociali, il potere decisionale è del capitale, che è impersonale e va per conto suo seguendo logiche e leggi proprie, ossia quelle del profitto, dell’accumulazione. Scrive Marx: “Nel sistema azionario è già presente il contrasto con la vecchia forma nella quale i mezzi di produzione sociale appaiono come proprietà individuale; ma la trasformazione in azioni rimane ancora chiusa entro le barriere capitalistiche; in luogo di annullare il contrasto fra il carattere sociale e il carattere privato della ricchezza, essa non fa che darle una nuova forma” (*).

Ciò vale anche in quei casi d’eccezione nei quali il capitalista industriale e quello monetario siano incarnati dalle stesse persone. Siedono sul trono fintantoché riscuotono il favore della corte. Se ne sono visti di re e reucci cadere e farsi male.

La vicenda della FIAT è una chiara dimostrazione che a decidere la strategia delle società non sono i vecchi capitalisti, ma nemmeno i manager, non se la loro strategia è svincolata e contraria alla logica del movimento reale del capitale. Il progetto di vettura mondiale (world car), che si articolava nei poli produttivi in Brasile, Argentina, Polonia e Turchia, fu messo in crisi dall’implosione del MERCOSUR (Mercado Común del Sur) e da ripetute crisi finanziarie in diversi Paesi. Viceversa, l’alleanza con Ford prima e poi la fusione con PSA, vanno nella direzione della logica della concentrazione e centralizzazione (sono due concetti omologhi ma diversi) dei capitali, ossia di una strategia di accordi mirati volti al raggiungimento di sinergie produttive, di economie di scala, di forte e diversificata presenza sui mercati.

Una figura come quella di Sergio Marchionne prima, di un Carlos Tavares ora, che altro significato assumono se non quella di funzionari del capitale? Figure intercambiabili, per scopi transeunti. Se i manager non s’attengano alle dinamiche intrinseche, immanenti, al processo di sviluppo del capitalismo, sarebbero subito tagliati fuori.

Posto che lo stadio attuale del capitalismo costituisce l’espressione storicamente più avanzata dell’organizzazione della produzione, è necessario porre mente al fatto che poiché scienza, tecnica e management sono forze produttive, mai come ora esse sono state subordinate ai rapporti di produzione vigenti.

L’esempio dell’automobile è calzante anche per altri aspetti. L’auto può essere venduta come espressione della personalità dell’acquirente, come simbolo del suo status sociale, non solo come un mezzo utile per il trasporto. Che differenza di utilità c’è tra una Ferrari rispetto a una Golf? Che cosa è utile, che cosa è superfluo? Nella produzione di merci ciò che conta è il prezzo; il vero limite è il reddito disponibile, quello necessario per acquistare il prodotto desiderato. Se non c’è la disponibilità immediata di denaro, interviene il credito al consumo: si afferma il concetto di Marx di feticismo della merce. Il metaverso, cosiddetto, non è altro che la sublimazione ultima di quel feticismo.

(*) Ecco perché ritengo stucchevole insistere a ogni piè sospinto sull’enorme sproporzione di ricchezza tra i pochi multimiliardari e tutti gli altri, così come sulla relativa redistribuzione che deriverebbe da una più equa (?) tassazione della ricchezza. Tutte cose sacrosante in linea di principio, che pure vanno dette poiché si tratta del più colossale sistema di gioco e d’imbroglio di coloro che sfruttano la ricchezza sociale. Tuttavia, alla fine, tale denuncia espressa sul piano etico, morale, sociologico, non intacca l’essenza e il riprodursi del sistema, degli stessi rapporti sociali fondamentali.

Il Corsaro

 

«La prima volta in cui sono entrato in una fabbrica avevo 13 anni. Era il 1961».

Lavoratore precoce, sfruttamento del lavoro minorile?

Non proprio. Il ragazzo, di sangue fortunato, entrò in fabbrica assieme al padre Silvio, che lo portò a visitare un impianto a Cividate al Piano, vicino a Bergamo.

Il pargolo frequentò l’Istituto Zaccaria, dei Barnabiti, dalle elementari al liceo classico (percorso blindato). In casa sua l’educazione era “molto severa, ma anche divertente”. Si parlava in francese: noblesse oblige. Poi di pragmatica venne la Bocconi, quindi assunse responsabilità manageriali di primo piano, per merito intrinseco naturalmente.

Oggi gode la sua villa di campagna del Quattrocento, dove “fanciulle in fiore e donne mature adornano le pareti, con una grazia e dei colori chiari che sembrano giocare con la luce delle finestre”. Chissà se tra quei ritratti c’è anche quello di un’ex modella tunisina, “colei che dà luce”, per la quale ebbe il classico coup de foudre e che poi acquisì come terza moglie.

La bella tunisina, naturalizzata italiana, a suo tempo sostenne il comitato Emma for President per la Bonino al Quirinale: le elezioni presidenziali costituiscono il climax della joie de vivre che il mondo intero invidia.

Prima ancora, il Nostro aveva sposato una giornalista, nota per aver pubblicato un manuale che sperimentò in prima persona: “Come sposare un miliardario”. Durò nove mesi, il tempo di maturare la liquidazione. Poi l’ex studente dei Barnabiti sposò Cecilia, “dalle gambe lunghe e nervose” , figlia di un noto industriale (per cui gli affibbiarono il soprannome “il genero”). Prima di incontrare la modella tunisina si consolerà con una fredda bellezza alto borghese di nome Barbara e dai cognomi illustri e cospicui.

Le belle donne per lui sono tutt’ora un lusso necessario, forse perciò piaceva a Gianni Agnelli, cosa che non depone certo a favore di chicchessia. Oggi, settantaquattro anni appena compiuti e portati non benissimo, conserva una quota di minoranza della società che ha messo in agili mani cinesi, a suo tempo sfilata al suocero Leopoldo Pirelli, assai indebitato per un colpo maldestro in casa altrui.

L’affascinante ex barnabita, con appena 155 milioni, s’impadronì del controllo della Telecom, riuscendo così a gestire 55,4 miliardi altrui, tanto da far scrivere a Scalfari nel 2006: “Il punto debole, anzi debolissimo e patologico, non sta dentro Telecom Italia ma a monte, nella lunga catena societaria al vertice della quale troviamo la finanziaria personale di Tronchetti Provera il quale, da quel puntino lontano lontano, controlla la più grande azienda italiana con soltanto l’1 per cento di capitale, attraverso Pirelli e Olimpia. [...] Si configura in tal modo una geometria non nuova nel capitalismo italiano, spinta in questo caso al suo limite estremo: il potere di comando che dal remoto puntino Tronchetti si irradia verso la base aziendale incatenandone le decisioni agli interessi dell’azionista di riferimento e il flusso di risorse finanziarie che quell’azionista confisca a proprio vantaggio depauperando l’azienda che le produce”.

Mi diverte e rilassa leggere sul Sole 24 Ore la rubrica domenicale “A tavola con”, firmata dal solito Paolo Bricco, un poeta prestato al giornalismo economico, che nella puntata di ieri intervista Tronchetti, ex presidente del giornale che gli paga lo stipendio (tout se tient, disse il boia a Luigi XVI). Non a caso delle notiziuole economico-matrimoniali qui sopra riportate non si trova cenno nell’articolo.

Veniamo al pranzetto tra il poeta/giornalista e il malinconico vecchio lupo di mare (ma anche pirata) che lo ospita: dopo il “risotto alla parmigiana, con gocce di aceto balsamico”, immagino servito in guanti bianchi e sussiego da domestici in livrea, è la volta di “arrosto, prosciutto crudo e mozzarella fior di latte”. Di sicuro il padrone di casa e l’ospite non sono vegetariani, nemmeno musulmani e neanche ebrei osservati: sembra un menù dalla rosticceria Tathagata.

Molte verdure di tipologia non specificata. Ahimè, si sottovaluta l’importanza dei contorni. Non sono indicati i vini, che a mio non modesto avviso sarebbe stata la nota di maggior interesse di tutto l’articolo. Dessert: “kiwi e mela tagliati a fette”. Nessun dolce, manco dei cantucci o biscotti tratti dalla cambusa. Sui Navigli, a cercare bene, si mangia meglio di così.

L’ospite, di solito molto riservato, alla fine della paginata ci delizia con una considerazione sorprendente, forse retaggio degli studi classici fruiti presso i barnabiti: “La ruota è l’unico punto di contatto fra la macchina e il terreno”. Forse avrebbe dovuto usare il plurale, comunque sia non si riferiva a quella di scorta.

domenica 30 gennaio 2022

[...]

 



Che charmant questa donna.


Il segreto della religione borghese

 

«[...] quando ci si vuole occupare di questioni scientifiche, si ha innanzitutto il dovere di imparare a leggere le opere che s’intende utilizzare, nei termini esatti in cui l’autore le ha scritte, senza vedervi cose che non vi si trovano» (F. Engels, Prefazione al III Libro).

*

Non c’è quasi economista, sociologo, politologo, scribacchino a vario titolo (penso da ultimo a Piketty, che con le sue robinsonate ha raggiunto notorietà universale e sicuro benessere economico), che prendendosi la briga di citare singole proposizioni teoriche o facendo l’epitome delle posizioni attribuite a Karl Marx, non dica delle sciocchezze, quando va bene delle inesattezze.

In un’intervista lo stesso Piketty ammette candidamente di non aver mai veramente letto Marx perché “difficile” e “poco interessante” (*). Viva la franchezza, se dal lato scientifico ci si accontenta di questa. Un po’ come dire: trovo L’origine delle specie “difficile” e “poco interessante”, preferisco il racconto biblico della creazione, di modo che le mie opinioni sull’origine del mondo e dell’uomo non contrastino con la religione.

Non sembri l’esempio adotto stiracchiato: se la critica dell’economia politica condotta da Marx nelle sue opere non andasse a toccare il nervo scoperto dell’economia politica borghese (l’appropriazione di lavoro non pagato da parte del capitalista), Marx sarebbe diventato davvero oggetto di serio studio a livello universitario e specialistico. Marx invece è trattato come un paria perché svela il segreto della religione borghese: l’origine del profitto.

sabato 29 gennaio 2022

Si va verso la riconferma

 

Il mondo ci ha osservato per giorni, ora l’accordo è stato finalmente raggiunto, si va verso la riconferma. Si tira un sospiro di sollievo dopo il lungo tira e molla che ha tenuto milioni di persone incollate al televisore. Anche Mentana è stato visto più rilassato dopo che ha avuto il tempo di cambiarsi il pannolone.

Viva soddisfazione è stata registrata in larghi settori dell’opinione pubblica. La Sicilia è in tripudio. L’interessato ha dichiarato: “Avevo altri programmi, ma se serve ci sono”. Poi ha aggiunto: “Da piccolo sognavo di diventare un supereroe, avevo abbastanza voglia e immaginazione per questo”. Ogni uomo fiorisce nel potere.

A Montecitorio, pur presenti le solite tensioni tra i giocatori di scopone, si respira aria di soddisfazione e ci si prepara all’evento, che sarà seguito dalla bouvette. Mario Draghi ha mantenuto il solito riserbo, ma fonti del suo gabinetto hanno riferito che avrebbe esclamato: “È dura, ma sarà solo per pochi giorni”. Bersani: “Ci avevo fatto un pensierino anch’io”. Massimo Cacciari: “Sono anni che dico che il passaggio all’orario invernale è stato un grosso errore”.

Voci dai social: Luigi Castaldi: “Duole dirlo: è vero”; Massimo Mantellini: “Un altro splendido oggetto morto”; Mario Seminerio: “Un paese morente ma che vuole divertirsi”. Vitalba Azzollini: “Aspetto di leggere le clausole del contratto”. Giuliano Ferrara: “Ho deciso di aspettare ancora un po’”.

Anche il comitato tecnico scientifico ha promesso che a febbraio saranno allentate le misure restrittive: davanti al televisore saranno ammessi anche i popcorn. La Gruber colta da malore e stata soccorsa da suor Viola. Non appena ricevuta formalmente la riconferma, Rosario Wind salirà verso la Liguria per l’investitura ufficiale.

Addotta un/una presidente (via app)

 

Circola l’idea, tra gli attori del metaverso parlamentare, di far eleggere alla prossima tornata il PdR direttamente dal “popolo”. Mi piace quando pronunciano questa parolona, sembra ti regalino 100 euro di tasca loro. Anche se la più esilarante locuzione di questi tossici perditempo è: “stiamo lavorando”.

venerdì 28 gennaio 2022

Un chicco, due chicchi, quattro chicchi, otto chicchi ...

 

700 licenziati alla Bosch di Bari, altri 550 “esuberi”alla Magneti Marelli, centinaia in Unicredit, e via di questo passo. Non potremmo reimpiegarli tutti come infermieri. Lo scrivevo solo ieri: il progresso delle tecniche capitalistiche di produzione non ha lo stesso significato per i salariati e per i loro sfruttatori. Mai sentito parlare di “esuberi” tra i padroni?

Un po’ di storia demografica. Quando, secondo il mito, è nato Gesù (un po’ prima del natale scorso), c’erano solo 200 milioni di anime da convertire al cristianesimo, equivalenti alla sola popolazione odierna della Nigeria. In duecento anni, grazie alla rivoluzione industriale e a un progresso tecnico-scientifico senza precedenti, la popolazione mondiale è passata da 1 miliardo agli inizi dell’Ottocento ai 7,8 miliardi di oggi. E dovrebbe continuare a salire ulteriormente, visto che nel 2064, ci dicono, sarà quasi di 10 miliardi. In quale stato si troveranno non è specificato, ma ci saranno, che è quello che conta.

Tuttavia l’Onu ha rifatto i calcoli ed è arrivata una notizia terribile: invece degli 11 miliardi previsti nell’anno di grazia 2100, saremo “solo” 9 miliardi, vale a dire 2 miliardi di pasti in meno da servire nelle tavole calde ogni mezzogiorno. Non solo, le proiezioni Onu indicano che il tasso di crescita della popolazione umana continuerà a diminuire ed entro la fine del secolo raggiungerà lo zero. Più che dimezzato il tasso di fertilità rispetto al 1960. In tutte le regioni del mondo. Si prevede che entro il 2050 la popolazione europea diminuirà a un tasso dello 0,3% l’anno. Solo lo 0,3 per cento?

La sapete la storiella dell’imperatore della Cina e del contadino inventore del gioco degli scacchi? Tutto cominciò con un chicco di riso nella prima casella, con il raddoppio nella seconda e così via. Dopo trentadue caselle, l’imperatore doveva all’inventore circa 4 miliardi di chicchi di riso. Ecco, in certo modo quel procedere del cosiddetto interesse composto si può adattare anche in demografia (in senso negativo).

Il calo demografico rappresenta una grave minaccia per il nostro meraviglioso modello di sviluppo basato sulla crescita. Beni e servizi, certo, ma anche consumatori per venderli. Nel 2050, 151 paesi su 195 si troveranno in una situazione di “declino demografico”. Chi l’avrebbe previsto? Anche la Cina è minacciata, non solo d’invecchiamento: entro la fine del secolo, a quanto pare, la sua popolazione si sarà dimezzata, rimarranno solo 730 milioni di cinesi a gestire la “fabbrica del mondo”, perlopiù anziani.

Anche in Italia, dove gli uomini non sanno più convincere le donne che un figlio è la cosa migliore che gli possa capitare. Ecco il motivo per cui ci viene trasmessa l’angoscia (un’altra) di rimanere a corto di servi per portare pizze e sushi a domicilio e svuotare le padelle ai vecchi.

Siamo già nel panico. Nel 2023, secondo uno studio dell'Università di Washington, la crescita della popolazione mondiale scenderà sotto l’1%, mentre alla fine degli anni 1960 superava il 2%. Un calo del 50% della crescita. Chiaro che ognuno si preoccupi dal punto di vista che gli sta più a cuore: io per esempio mi preoccupo per la tenuta del sistema pensionistico. Porca miseria, proprio adesso che tocca a me non alzarmi più alle 5.40 del mattino!

Parlando seriamente, la convinzione che gli esseri umani siano nati per “andare e moltiplicarsi” fino alla fine dei tempi è senza dubbio la più irrazionale. E però vai a dirlo a Bergoglio: “Chiunque vive e si sposa nel mondo deve ricordarsi di avere figli”. Lo dice lui che in vita sua non è riuscito a trovare la persona giusta per fare dei figli. Perfino gli ambientalisti, almeno quelli che dell’ambientalismo ne hanno fatto una professione, non mettono in discussione questa corsa frenetica alla deposizione delle uova.

Poi ci sono quelli che arrivano a promuovere la maternità surrogata, al punto di teorizzare un aberrante “diritto al figlio”. Che, tra l’altro, è soprattutto un diritto dei ricchi. Perché i poveri, soprattutto loro, in questo caso specifico hanno solo il diritto di fungere da utero surrogato nelle fabbriche per bambini. Il principio di produttività resta intangibile.

L’Italia, un Paese dell’Est

 

Spesso si è tratti in inganno dal nostro modo di osservare le cose, ossia dal nostro punto di vista. In un mappamondo è il tipo di proiezione utilizzata a darci la dimensione e collocazione di ciò che vi è raffigurato. Che non corrisponde alla realtà.


Oggi la proiezione è quella di van der Grinten, la quale grossomodo ricalca quella di Gerhard Kremer, che nel XVI secolo aveva l’inconveniente tecnico (che però diventava strumento politico) di rappresentare il Sud del mondo (100.260.000 Km2) come la metà del Nord (49.030.000 Km2). Dove la Groenlandia, 2.176.165 Km2, risulta uguale, se non più grande, del continente africano (30.258.010 Km2), il quale è quindici volte più esteso dell’isola artica.

Tuttavia la Groenlandia, l’isola più grande del globo, è ben più vasta di Francia (metropolitana), Spagna, Germania, Italia, Portogallo, Austria, Svizzera, Olanda, Belgio e Lussemburgo messe insieme. L’Europa, con i suoi 10.149.253 Km2, risulta nella proiezione di Mercatore della stessa dimensione del continente sudamericano, che però con i suoi 17.843.898 Km2 è quasi il doppio del nostro continente.

E a proposito di Sudamerica, forse non tutti sanno che il Brasile ha una superficie più vasta degli Stati Uniti (se si esclude il suo più grande frigorifero, cioè l’Alaska).

Anche riguardo l’Italia ci sono interessanti curiosità. Per esempio la Lombardia è solo la quarta regione italiana per estensione. Si dice Nord Est, ma non pochi napoletani si stupirebbero di sapere che la loro città si trova più a est di Trieste. Palermo non solo è più a est di Roma, ma anche di Venezia. Non diciamo poi ai baresi che sono più a est di Vienna!

Trieste (13°48’15”E); Napoli (14°15’0”E); Palermo (13°21’41”E); Venezia (12°19’55”E); Roma (12°28’58”E); Bari (16°52’0”E); Vienna (16°22’23”E).

*

L’Ucraina nel suo insieme possiede una superficie esattamente doppia rispetto all’Italia. Dopo la Russia europea, è il più grande Stato d’Europa. S’incunea per un bel tratto in territorio russo, con oltre 1500 chilometri di confine. Il 17% della sua popolazione è di etnia russa, mentre il 29,6% si dichiara di lingua russa (2001), in Crimea il 77%. La chiesa ortodossa ucraina è autonoma, sotto la giurisdizione ecclesiastica del Patriarcato di Mosca ed è l’unica in Ucraina ad avere il proprio status canonico riconosciuto da tutta la comunione ortodossa orientale.

Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, in riferimento all’Ucraina, alla Georgia e alla Moldavia ha insistito sul “diritto di ogni nazione di scegliere le proprie disposizioni di sicurezza”. Ha aggiunto: “Rimaniamo pienamente impegnati nel nostro trattato istitutivo e nel nostro impegno di difesa collettiva sancito dall’articolo 5”.

È palese che la NATO, vale a dire gli Stati Uniti che della NATO sono tutto, persegue una strategia sconsiderata e provocatoria. Se l’Ucraina si unisse alla NATO e se le milizie ucraine di estrema destra e anti-russe come il reggimento Azov provocassero incidenti bellici con la Russia, l’Ucraina potrebbe invocare l’articolo 5 del trattato NATO. I paesi aderenti all’alleanza, sulla base dell’inequivocabile disposto di quell’articolo, sarebbero obbligati a entrare in guerra con la Russia. Sembra un rischio lontano? Come diceva quel tale, basta una scintilla per dare fuoco a una prateria.

giovedì 27 gennaio 2022

La funzione dei critici laterali del capitalismo






Li ho ascoltati tutti i 138 minuti e 23 secondi dell’intervento del prof. Carlo Galli, con il più vivo interesse, come si suole dire. Che il capitalismo si sia impadronito del mondo per avidità, che viva solo per accumulare nelle tasche di pochi, è ovvio e tutto sommato banale ricordarlo dall’alto di una cattedra. Porre enfasi su questi fenomeni del capitalismo è tipico di un certo approccio al tema da parte dei critici laterali del sistema.

Se durante il periodo del boom economico e del welfare, i gloriosi trent’anni (1945-1975), il capitalismo ha mostrato il suo volto “buono” (mica gratis), ciò è avvenuto perché la situazione oggettiva (lo slancio della ricostruzione bellica, dei nuovi modelli di consumo e il confronto tra i blocchi) lo imponeva. Così come già prima il New Deal anticipò la formulazione teorica del Keynes. Dal canto suo, Hjalmar Horace Schacht non ebbe bisogno di leggere gli scritti del lord inglese per mettere in opera i suoi Mefo-Wechsel.

La ristrutturazione capitalistica che prese avvio alla fine degli anni Settanta, poi il passaggio al dominio reale del capitalismo pienamente sviluppato, laddove le forze produttive sono state poste sotto il dominio pieno della legge del valore (Galli impiega il concetto valore-lavoro, che Marx non ha mai usato, inventato invece da Böhm-Bawerk, suo oppositore [*]), trovano le loro ragioni d’essere molto più nei fatti oggettivi e immanenti del capitalismo piuttosto che nelle teorie neoliberiste, marginaliste e neomonetariste.

Insomma, la funzione di questo tipo d’intellettuali, critici laterali del capitalismo, è quella di indottrinare le giovani generazioni nella speranza e fiducia che questo sistema possa essere suscettibile di cambiamenti in senso positivo, per esempio tornando a far funzionare l’ascensore sociale di cui parla Galli stesso, per poter così ritrovare, nella scala gerarchica di direzione e comando (poiché di questo si tratta), una collocazione appropriata alle proprie aspirazioni e meriti. Tutto ciò, auspica Galli, si ottiene agendo con le “armi della critica”.

L’avesse saputo Marx non avrebbe sprecato una carriera e una vita.

[...]

 



Di tanto in tanto si finge di scoprire qualcosa di nuovo. Che ruolo ebbe il Comando FTASE di Verona nelle stragi, dunque la Nato? Era operativo un ufficio che aveva il compito, tra l’altro, di appoggiare logisticamente e finanziariamente le operazioni dei neofascisti. 



http://diciottobrumaio.blogspot.com/2018/08/i-depistatori-di-regime.html#more

Sono tutte cose risapute da decenni. Le sedicenti inchieste aggiungono solo nuova polvere. Di qualcosa devono pur scrivere questi poveracci per guadagnarsi lo stipendio. Non fanno altro che copiare le veline della procure. Questo Paese, più di altri, non è mai uscito da uno stato deccezione. E non ne uscirà.

martedì 25 gennaio 2022

Ridicoli ma pericolosi


È interessante notare che gli analisti del Center for Strategic and International Studies (CSIS) presentano l’invasione russa dell’Ucraina come un fatto così imminente da sembrare come già avvenuto: “È importante capire come la Russia potrebbe invadere l’Ucraina, come specifici obiettivi politici possono influenzare un piano d’invasione, le sfide che un’invasione può affrontare e con quali opzioni devono rispondere gli Stati Uniti e i suoi partner europei”.

Per questi fanatici la guerra è solo un gioco, come purtroppo sappiamo da numerose altre precedenti esperienze (Iraq, Afghanistan, ecc.). Che cos’altro sostengono questi ridicoli ma pericolosi analisti? “L’annessione russa di una parte o di tutta l’Ucraina aumenterebbe la forza lavoro russa, la capacità industriale e le risorse naturali a un livello tale da renderla una minaccia globale”. Eh già, la Russia punta all’Ucraina per diventare una potenza mondiale.

Lo stato maggiore russo leggerà con interesse il capitolo del report intitolato “Possibili rotte d’invasione”. A me ha fatto ridere dapprima questa locuzione: “una volta stabilita la superiorità aerea”, poi sganasciare quest’altra: “le forze logistiche dell’esercito russo non sono progettate per offensive di terra su larga scala lontane dalle ferrovie”. Senza freccia-rossa business non vanno da nessuna parte neanche i cucinieri russi e i carri armati resteranno a secco di vodka.

Nel bel mezzo del periodo dei saldi


Nonostante le acquisizioni su come si compone e scompone il pool genico, le strabilianti invenzioni della nostra epoca ipertecnologica e la propaganda dei totalizzatori di eventi, alla fine ci siamo dovuti arrendere all’evidenza: sia l’homo biologicus e sia l’homo societatis non cessano di essere precari (perdonate la fregola per il latinorum mazoniano).

Distruggiamo molto: la vita, la sua biodiversità, ma anche status e diritti deliquescenti. Del resto, la vertigine apocalittica è sempre stata contemporanea alla storia, ma oggi siamo al paradosso. Da un lato, come abbiamo visto, è vietato dichiarare alle tenebre la caducità delle nostre esistenze, tanto più allo scatenarsi dell’inferno, e dall’altro non troviamo mezzi e modi per contrastare la dannazione economica e la macchina burocratica che ci stanno uccidendo senza bisogno del Zyklon B.

Ancora non ci stiamo rendendo conto di quanto sia ridicola e aleatoria la scommessa su un principio regolatore che punta tutto sulla provvidenza di una “mano invisibile”, su una politica che manca di realtà e di scala, fatta di personaggi che sono un misto d’insolenza, capriccio e vanità (Rossini, Cenerentola), però incapaci di vedere oltre il destino fissato per noi dai veri padroni del mondo, ossia quelli che dichiarano la propria responsabilità “limitata” (limited company, limited liability company, public limited company).

Oligarchi dell’economia che agiscono perlopiù nell’ombra, che hanno il potere e la possibilità di deviare tutte le risorse planetarie verso un unico obiettivo: il profitto. Il profitto non è in sé cattivo e può funzionare da stimolo all’iniziativa, ma se è fine a se stesso diventa uno scopo totalitario micidiale e oltraggioso.

E poi l’evoluzione degli strumenti tecnologici, diventati così potenti e così perfettamente invischiati negli affari umani che il loro impiego dispotico sta portando la storia umana in una direzione inedita e assai pericolosa. Siamo a un crocevia, possiamo solo sperare che gli androidi mostrino più umanità degli umani.

In questa situazione ci pervade una sensazione di fatica, ed è impossibile far fronte alla disperazione del mondo, di un pianeta su cui stanno crollando tutte le finalità positive che a un certo punto l’umanità si era prefisse, cadendo sempre più in basso, verso l’impossibilità di una soluzione soddisfacente e razionale dei problemi.

In realtà in questo giorni il primato dell’evento è ben altro, mi rendo conto e quasi mi scuso, e pure nel bel mezzo del periodo dei saldi, cazzo.

lunedì 24 gennaio 2022

A Roma se ne infischiano


Il 3 gennaio il Nasdaq quotava 15.832 punti, oggi è sotto 13.500. Vero è che il 20 marzo 2020 aveva toccato le Marianne a 6.879, tuttavia a novembre scorso aveva superato 16.000 punti. Un bel tonfo, ed è solo l’inizio probabilmente. La faccenda dell’Ucraina non c’entra nulla, non date retta. Se vi fosse la prospettiva di denaro a costo zero potrebbe scoppiare anche una guerra mondiale e ciò nonostante Wall Street se ne fotterebbe. Kohls Corp (KSS), catena di negozi al dettaglio, oggi ha fissato un più 32,83% dopo che si è sparsa la notizia che l’azienda di private equity Sycamore Partners si sta preparando a fare un’offerta di acquisto.

Quello che fa la differenza è l’inasprimento della politica monetaria, aggravata dall’inflazione e dai timori di un’escalation salariale.

Guardando ai particolari vi è anche dell’altro, che però funge da campanello d’allarme di una situazione generale. Venerdì scorso il calo borsistico è stato guidato da Netflix, che è sceso del 22% dopo la notizia che la crescita degli abbonati avrebbe rallentato. È bastato questo perché Netflix perdesse il 22,74%, a 392,66 dollari, a 20 minuti dall’inizio delle contrattazioni sul Nasdaq. Il prezzo è così tornato ai livelli di circa 20 mesi fa con un calo di oltre il 40% dal record stabilito a novembre. Il gruppo ha perso 49 miliardi di dollari della sua valutazione di mercato.

Standard & Poor 500, l’indice azionario statunitense formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione, in un mese ha perso quasi il 10% del suo valore. I grandi investitori e speculatori hanno “comprato il calo”, fiduciosi che il flusso di denaro ultra-economico della Fed avrebbe assicurato la continuazione del rialzo del mercato azionario. Ed è stato così dopo l’abisso del marzo 2020, ma con l’inflazione negli Stati Uniti al 7%, la Fed ha deciso ridurre i suoi acquisti di attività a un ritmo accelerato, terminandoli completamente entro marzo, e si prepara ad alzare i tassi d’interesse forse fino a quattro aumenti quest’anno, ciascuno di 0,25 punti percentuali. Pochi mesi fa l’aspettativa era che ci sarebbe stato un solo aumento nel 2022.

Tutto sommato un aumento dei tassi dell’1 per cento non dovrebbe preoccupare eccessivamente, e però la Fed ha deciso di ridurre il suo impegno in attività finanziarie, esplose a 9.000 miliardi di dollari come risultato del supporto fornito ai mercati finanziari dal crollo del mercato di marzo 2020.

Nel Regno Unito il tasso di inflazione ha raggiunto il 5,4 per cento a dicembre, il livello più alto degli ultimi 30 anni, e ulteriori aumenti sono previsti fino al 7 per cento. Invece la Banca centrale europea sembra aver escluso aumenti dei tassi di interesse per l’immediato futuro. Non perché l’inflazione sia inferiore in Europa, poiché i dati di dicembre mostrano che viaggia al 5 per cento, il livello più alto dalla creazione dell’eurozona e sopra del tasso obiettivo della BCE del 2 per cento, ma perché un aumento dei tassi, favorito dai paesi dell’Europa settentrionale, potrebbe creare problemi seri per i membri della zona euro altamente indebitati. L’Italia è il principale Paese che ne risentirebbe.

A Roma in queste ore (ma sempre) se ne infischiano di preoccupazioni del genere, hanno cose di più gran momento a cui dedicarsi. 

Quelle altre vite dovevano solo essere diverse dalle nostre

 

Viviamo un momento debole della storia, non penso vi siano dubbi. In questi due anni si sono fatti passi decisivi, ora abbiamo la certezza che il mondo non tornerà più come prima, anche se dovessero essere ristabilite certe apparenze. Ci siamo abituati a una condizione totalizzante nella quale i singoli individui possono restarne “fuori” solo nell’idea, non nell’insieme delle pratiche concrete in cui si svolge la loro vita quotidiana.

Continue tensioni create ad arte fertilizzano la paura, che ci schiaccia. È un fatto che dire certe cose pubblicamente, o anche non aderire a una subdola imposizione, costa molto, anche il lavoro, che sembrava in astratto un diritto intangibile.

Laddove l’ipnosi non catturi adeguatamente le coscienze, disponendole in condizione gregaria e ripetitiva, subentra la minaccia, la sanzione, la repressione graduata secondo bisogno. Siamo arrivati al punto che la società tortura non appena non ci conformiamo a essa. Imposizioni abnormi sono fatte passare e al massimo si reagisce con un’alzata di sopracciglio. Insomma, noto che questa condizione di conformismo forzato non pesa su tutti, tantomeno su molte persone che si credono di sinistra, qualunque cosa ormai voglia dire tale parola.

Che si tratti del passaggio di un asteroide, la presenza di un vulcano sottomarino, fino alla concitata elezione del presidente della repubblica (sarebbe auspicabile che tutti i candidati espliciti e impliciti si ritirassero), in tutto ciò che è comunicato c’è la traccia del pericolo e dell’emergenza permanente.

Tutto ci parla di catastrofi e di malattie incombenti, di morte imminente. Almeno due film su tre hanno per oggetto situazioni di questo tipo. Nell’ultimo film con Di Caprio, Don't Look Up, siamo a un passo dall’estinzione causa impatto con cometa, invece nel romanzo di Michel Houellebecq, Anéantir, di cui si occupa anche la nostra libera stampa, i “personaggi sono disorientati, come noi, e cercano tutti una quiete sempre più difficile da raggiungere”.

Paul Raison, protagonista principale di Annientare, entra in ospedale per sottoporsi alla chemioterapia, pesante e senza troppe speranze. Ha un cancro alla mascella e alla lingua. Un chirurgo gli ha consigliato di leggere Le Lambeau, di Philippe Lançon. E di che cosa parla a sua volta questo libro? Di terrorismo islamico e della strage alla rivista francese di Charlie Hebdo, di cui Lançon è fortunosamente tra i sopravvissuti, sebbene ferito.

Anche lo zar Nicola II, prima di essere liquidato dai bolscevichi, lesse un libro, per la prima volta Guerra e pace. Anche in quel romanzo è presente la tragedia e la morte, ma vuoi mettere, per esempio, la differenza tra Borodino e Bataclan? In ospedale, Paul Raison infine decide di leggere per intero le avventure di Sherlock Holmes. Funziona, quella lettura gli permette di dimenticare quello che sta passando.

Leggendo le avventure di Sherlock Holmes, Paul si appassiona «alle inferenze del geniale detective e agli oscuri schemi del professor Moriarty: cos’altro se non un libro avrebbe potuto produrre un simile effetto? [...] era imperativo avere un’opera di finzione; altre vite oltre alla sua dovevano essere raccontate. E, in fondo, si diceva, quelle altre vite non avevano nemmeno bisogno di essere accattivanti [...]; dovevano solo essere diverse».

Ecco, torniamo ai libri, a Sherlock Holmes, Georges Simenon e se possibile a Guerra e pace, ai classici. Proprio ieri, sull’ultimo numero di Slavia, stavo leggendo una lettera inedita che Lev Tolstoj scrisse al poeta Afanasij Afanas'eviFet-enin:

«Voi avete detto che Schopenhauer ha scritto di argomenti filosofici alla bell’e meglio. Ma come? È tutto un mondo espresso in modo bello e incredibilmente chiaro. [...] Leggendolo, trovo incredibile che il suo nome, chissà come, sia rimasto sconosciuto. C’è una sola spiegazione, una cosa che lui ripete così spesso: che il mondo è fatto quasi solo di idioti».

domenica 23 gennaio 2022

L’Europa nel mezzo


Non 55, bensì 110 (55 x 2).

Ieri pomeriggio ascoltavo le scintillanti analisi di Mario Seminerio. Quelle di politica interna personalmente m’interessano poco, ma quelle di politica estera vertono su un oggetto che merita più seria considerazione. A un certo punto, a riguardo del gasdotto Nord Stream 2, ha esclamato:

«Prendete il caso della pipeline Nord Stream 2. La Germania deve ancora spiegarci per quale motivo hanno autorizzato e hanno perseguito il Nord Stream 2. Sarebbe interessante che le posizioni ufficiali tedesche ce lo facessero sapere».

Sono d’accordo col puntuale analista. Sarebbe ora che la “porosa Germania, infiltrata dagli interessi russi”, così sostiene col solito charme, chiarisse perché si è fatta arrivare quei grossi tubi in casa. Vorremmo dormire sonni tranquilli dopo che avremmo sistemato un paio di cosette qui da noi.

*

Nel 2020 la Russia ha consegnato all’Europa attraverso gasdotti un totale di circa 168 miliardi di metri cubi di gas naturale. La Germania è stata il più importante acquirente di gas naturale russo (costituisce più della metà del suo approvvigionamento di gas) all’interno dell’Unione Europea, con un totale di circa 56,3 miliardi di metri cubi di gas naturale importato tramite gasdotti. Altri fornitori della Germania sono Norvegia e Paesi Bassi.

Attualmente non ci sono terminali GNL (punti di trasbordo per gas liquido che utilizzano navi cisterna) in funzione in Germania, per cui le importazioni di gas naturale attraverso il gasdotto Nord Stream 1 del Mar Baltico e in futuro con il nuovo gasdotto Nord Stream 2 (già completato) sono chiaramente le principali fonti di trasporto.

venerdì 21 gennaio 2022

Rapporti di forza e aspirazioni europee di autonomia

 

Le crisi ucraina e taiwanese andrebbero lette in parallelo se vogliamo tentare di capire qualcosa dei giochi ai piani alti della diplomazia. Tuttavia nelle righe che seguono mi limito a offrire un punto di vista (parziale e criticabilissimo, per carità) della situazione creatasi ai confini con la Russia e sul ruolo dei vari attori, tenendo la questione della contesa Usa-Cina solo sullo sfondo.

Ritorsioni

 

La Serbia espelle due canguri dallo zoo di Belgrado.

Boonie e Kiki sono stati arrestati questa mattina nel loro recinto da funzionari doganali e posti in custodia in attesa dell’espulsione. Hanno cercato di difendersi con pugni e calci, ma la resistenza è stata di breve durata.

I due canguri sono stati considerati per anni aggressivi e non si sono integrati: non parlano ancora una parola di serbo. Si dice che si stia già pensando all’espulsione di altri due australiani: la coppia di koala Doudou e Nachos, considerati timidi e assonnati.

*

Francoforte (Ansia) - Il prossimo 3 febbraio scade il periodo transitorio ufficiale di due anni durante il quale sono valide le vecchie banconote firmate da Mario Draghi. Chi ha ancora le banconote di Draghi, dovrebbe cambiarle il prima possibile.

Da tale data saranno valide solo le banconote firmate dall’attuale capo della Bce, Christine Lagarde. La conferma arriva da un portavoce della Bce stessa: “Consigliamo a tutti di dare un’occhiata al portafoglio, sotto il materasso e dietro al mobiletto che voi ben sapete”.

Chi utilizza ancora banconote con la firma Draghi come mezzo di pagamento oltre il termine del 3 febbraio deve aspettarsi di essere multato per aver immesso sul mercato denaro fuori corso. Pertanto, nelle prossime settimane, dobbiamo assicurarci di non accettare accidentalmente tali banconote, ad esempio come resto alla cassa.

Dopo tale data e fino al 29 febbraio 2022 le banconote firmate da Draghi possono ancora essere scambiate presso la filiale principale della Banca Centrale Europea a Francoforte (sportello 14), previa esibizione del super green pass. 

giovedì 20 gennaio 2022

Perché pagare per quegli sconsiderati?

 

Poi mi dicono che non è il momento di fare ironia data la situazione, e però abbiamo fatto di tutto per infastidire l’antivax e anche il provax. Non parliamo dei protocolli kafkiani a scuola, che da soli meritano la palma della stupidità ministeriale. E tornando indietro di un paio d’anni c’è solo da sguazzare nel campionario delle ridicolaggini. C’è un punto su cui i talebani della democrazia televisiva sono concordi: rafforzare l’infantilizzazione permanente della società con la scusa della pandemia.

Un esempio da imitare ci viene dalla Francia, dove il ministro dei Trasporti, tale Jean- Baptiste Djebbari, secondo Le Figaro e altri giornali, ha dichiarato: «Sui mezzi pubblici è possibile mangiare e bere “velocemente” se necessario, anche se il consumo di cibi e bevande è formalmente vietato».

Sentiamo ancora cosa è uscito dalla boccuccia di questo comico d’oltralpe: «Se hai un imperativo bisogno di bere o mangiare in treno perché sei fragile o semplicemente perché hai questo bisogno fisiologico [sic!], puoi togliere la mascherina e bere o mangiare velocemente e rimetterla subito dopo. Quello che vogliamo evitare [...] sono i fenomeni, che sono marginali ma che esistono, della persona che si toglie la mascherina e mangia patatine per diversi minuti o anche per diverse ore. È questo tipo di abuso che vogliamo evitare».

Peccato che questo divieto sia limitato a un periodo. Ciò che serve è un divieto permanente di mangiare schifezze tipo le patatine fritte! Sentirli sgranocchiare è un disturbo acustico intollerabile. Inoltre, da ciò deriva anche un aggravio per la sanità pubblica quando la cattiva alimentazione produce inevitabilmente i suoi danni. E ciò vale anche per le bevande zuccherate. Per quale motivo dovremmo noi, che ci nutriamo in modo sano ed ecologicamente sostenibile, pagare per quegli sconsiderati?

Wannsee

 

Ottanta anni fa, il 20 gennaio 1942, in una villa al civico 56/58 del sobborgo di Zehlendorf, più precisamente in località Heckeshorn, che forma un rigonfiamento sull’isola di Wannsee, sulla riva del lago Großer Wannsee, oggi appena nella periferia a sud di Berlino, in una stanza di medie proporzioni con ampie finestre sul parco, si tenne una riunione tra 13 gerarchi nazisti.

Tale riunione, che ebbe la durata di 90 minuti, colazione compresa, è ricordata come la Wannseekonferenz. Attorno ad essa si è “diffuso un mito” secondo cui si decise lo sterminio degli ebrei. Non andò così, poiché tutti erano già d’accordo sulla “soluzione finale”.

Nel verbale di quella riunione, l’unico documento pervenutoci, costituito da un dattiloscritto di 15 pagine, si parla, già nell’oggetto, di “soluzione finale della questione ebraica”, ma non si dice nulla in dettaglio, nel senso che non sono citate modalità specifiche di uccisione, camere a gas o simili.

Preciso subito, a scanso di equivoci, che le formulazioni escogitate in quel verbale possono essere considerate l’epitome del linguaggio mimetico nazionalsocialista. Tuttavia, ripeto, in esso non si parla in modo dettagliato delle modalità di “soluzione finale della questione ebraica”, e non costituisce un resoconto letterale di quanto può esservi stato detto. È fantasia cinematografica la musica diegetica che prenderebbe spunto dal fatto del tutto immaginario che alla fine della riunione sia stato messo il disco con il quintetto per archi in do maggiore (D. 956, Op. post. 163) di Schubert.

Il documento, di cui non sono disponibili né una bozza di verbale né una stenografia, si apre con l’elenco dei partecipanti, tra questi non figura Reinhard Heydrich. In esso si ricostruisce brevemente le difficoltà incontrate dagli ebrei europei per emigrare, di varia natura, a cominciare dal fatto che non sempre trovavano accoglienza in altri Stati. Si passa poi a discutere della deportazione dell’intera popolazione ebraica d’Europa, dunque di organizzare e assicurare il necessario coordinamento.

A pagina 6, figura un dettagliato elenco dei paesi europei con indicate le cifre che riguardano il numero della popolazione ebraica. C’è pure l’Italia, comprese, si dice, la Sardegna e l’Albania (sic!). Si tratta di undici milioni di persone, anzi, di ebrei, per dar retta a tale delirio. Alla fine di pagina 7 e all’inizio della successiva vi è scritta la cosa forse più interessante e che non dovrebbe lasciare dubbi quantomeno sugli inquietanti propositi dei nazisti:

«Sotto la guida appropriata, gli ebrei nel corso della soluzione finale dovrebbero essere impiegati per il lavoro nell’Est in modo appropriato. Nelle grandi colonne del lavoro, divise per sesso, quegli ebrei adatti [normodotati] al lavoro saranno condotti in questi territori per costruire strade, per cui la maggior parte di loro sarà eliminata per cause naturali. Poiché si tratterà degli elementi più resistenti, qualsiasi residuo finale che potrebbe sopravvivere dovrà essere affrontato di conseguenza, perché loro, che rappresentano un’élite naturale, devono essere considerato in caso di risparmio come la cellula germinale di una nuova rinascita ebraica».

Furono prodotte in totale 30 copie del verbale. Ogni partecipante sembra averne ricevuto solo una copia, pertanto si può quindi presumere che anche altri destinatari non presenti alla riunione abbiano ricevuto copia del verbale, che fu scoperto due anni e mezzo dopo la fine della guerra in Europa, nell’autunno del 1947, nel corso de preparativi per il processo Wilhelmstrasse, uno degli ultimi processi di Norimberga (caso XI).

Alla riunione era presente Adolf Eichmann, capo della Sezione IV B 4 presso l’Ufficio principale della sicurezza del Reich. Si tratta di un ufficiale delle Ss di grado intermedio, Obersturmbannführer, vale a dire tenente colonnello. La sua segretaria, Ingeborg Wagner, al processo del 1962 a Francoforte sul Meno contro Otto Hunsche, ex dipendente di Eichmann, sostenne di aver stenografato la riunione di Wannsee, ma di non essere mai stata interpellata a tale riguardo dagli storici.

Le specificità del protocollo di Wannsee, sia nel suo significato documentario che nella sua dimensione simbolica, si adatta bene per farne da un lato la pietra angolare della soppressione degli ebrei, e dall’altro per fornire materiale polemico ai negazionisti. Il documento presenta delle singolarità indubbie, tuttavia le obiezioni opposte dai cosiddetti negazionisti sulla sua autenticità non mi hanno personalmente convinto. Del resto non è necessario questo documento per stabilire alcuni fatti, tantomeno, come ho già detto, per quanto riguarda i propositi di omicidio di massa. Tuttavia un alone di mistero circonda questo documento e le circostanze del suo ritrovamento, che ho attentamente esaminato, restano tutto sommato sconosciute.

Pertanto condivido quanto affermano degli storici che si sono occupati del caso, “ci sono ancora alcune cose da scoprire sulla storia della conferenza di Wannsee e sui suoi verbali”.

mercoledì 19 gennaio 2022

I sopravvissuti


Non appena compare un’innovazione tecnologica, devi stupirti obbligatoriamente. Non c’è spazio per domande stupide del tipo: “A che cosa serve, è davvero indispensabile, quanta energia ci vorrà per far funzionare i server che alimenteranno questo macchinario?”. Se ragioni così è perché non hai capito niente.

Ogni nuovo gadget è il futuro. E il nostro futuro non sta a noi deciderlo. Altri più intelligenti provvedono per noi. Per vendere un nuovo gadget, devono persuadere i riluttanti. E qual è il gadget del prossimo futuro? Un paio d’occhiali. Quali occhiali? Quelli pubblicizzati da Rai News: “Metaverso, cresce la voglia di visori, occhiali e smartwatch”. Tu paga il canone, sciocco, al resto pensiamo noi. Sottotitolo: “Secondo i dati della società Idc la spesa sarà di 542,8 milioni dollari entro il 2025”. Che squisita esattezza il numerino dopo la virgola. Il metaverso è il futuro, affrettatevi prima che inizi il prossimo lockdown.

Che cazzo è sta roba di metaverso? È un universo virtuale al quale si accede attraverso, come detto, strani e costosi occhiali “intelligenti”, dalla forma di quelle maschere che usavano gli uomini preistorici al mare per vedere il fondale. Indossandoli tagli fuori il mondo reale e davanti ai tuoi occhi scorrono immagini digitali che dovrebbero dare piacere anche a quelli affetti dalla più resistente anedonia, e puoi incontrare persone che sono collegate in qualsiasi parte del pianeta.

Quelli molto intelligenti descrivono la cosa in questi termini: il metaverso, qualcosa in più di un mondo virtuale, una realtà estesa, un cyberspazio comune in cui balzare da un’attività all’altra muniti solo di avatar. Capito? Non servirà più andare in fabbrica o in ufficio, puoi fare tutto seduto sul divano di casa, cosicché poi anche il salario ti sarà versato da un avatar.

Presto trasmetteranno nei telegiornali della sera un commovente servizio da una casa di riposo, dove anziani stremati e prigionieri saranno addobbati con quegli avveniristici occhiali. Basta con infermiere brutte e scontrose, pappe di semolino, l’anziano finalmente vivrà in una realtà estesa fatta solo di meraviglie. Quale bastardo oserà dire che il metaverso è una truffa e vorrà privare i nostri anziani di un viaggio virtuale in cui a 95 anni si faranno strada nella foresta amazzonica o nuoteranno nel mezzo della Grande Barriera Corallina?

Se la sequenza dei vecchietti con i caschi in testa non ti ha commosso, c’è un piano B. I media ci hanno mostrato recentemente un allevatore turco che aveva dotato le sue mucche rinchiuse in una stalla di occhiali per la realtà virtuale in modo da fargli credere di essere in un pascolo estivo all’aperto. Uno studio (ce n’è uno ad hoc per qualsiasi cosa e il suo opposto) ha suggerito che le scene piacevoli rendono le mucche più felici e ne aumentano la produzione di latte.

Se non sei stato sensibile all’argomento dell’aiuto agli anziani, non potrai non essere sensibile all’aspetto economico: poiché hanno il casco in testa, le vacche producono 5 litri di latte in più ogni giorno! Con la sua mandria di 100, l’allevatore deve acquistare due paia di occhiali per vacca, 200 occhiali a quasi 1.000 euro ciascuno, ovvero 200.000 euro (con il cambio attuale della lira turca!), che però si ripagheranno rapidamente grazie alla meravigliosa sovrapproduzione di latte.

Ci fosse stata questa meraviglia tecnologica ai tempi di Calisto Tanzi, il Parma avrebbe vinto la Champions League per anni di fila.

Gli anziani rinchiusi nelle cosiddette RSA saranno più felici con gli occhiali in testa e dimentichi dei pannoloni pieni di merda non cambiati. Tutto ciò non ci ricorda il film 2022: i sopravvissuti (Soylent Green) con la regia di Richard Fleischer? Era il 1973, roba di spericolata fantascienza; domani mattina non più.

Vale anche per i capezzoli delle mucche, che produrranno di più abbassando il prezzo del latte mettendo così fuori gioco migliaia di allevatori. Tutto ciò non interessa realmente a nessuno. L’unica cosa che conta per i grandi teppisti come Zuckerberg e i mascalzoni che gli stanno dietro è trovare nuovi sbocchi per le loro attività e creare bisogni totalmente inutili con i loro gadget ad alto consumo di energia.

Questa gentaglia sta distruggendo il pianeta e la vita di milioni di persone. L’importante è che il governo intervenga per calmierare la bolletta della luce. 

Secondo voi perché?

 

Secondo il Global status report on alcohol and health 2018 dell’OMS (*), circa 2,3 miliardi di persone sono bevitori di alcol. Il consumo totale di alcol procapite nella popolazione mondiale di età superiore ai 15 anni è passato da 5,5 litri di alcol puro nel 2005 a 6,4 litri nel 2010 ed era ancora al livello di 6,4 litri nel 2016. I livelli più alti di consumo procapite di alcol sono osservati nei paesi della regione europea dell’OMS.

Durante questa pandemia virale le cose su questo fronte (come in tanti altri) temo non siano migliorate, al contrario. Conosco poche persone disposte a confidare con franchezza la loro tendenza episodica o cronica ad affogare le loro serate, le loro notti, a volte le loro giornate sotto torrenti alcolici, fino a sognare a volte di voler fare i baristi. Tutto questo rimane invisibile, fluttuante, incerto, però si trinca di più eccome quando sei costretto in casa. Altri dati ufficiali qui sotto cliccando “continua a leggere”.

martedì 18 gennaio 2022

Esclusivo: le prime immagini dal telescopio James Webb

 

Washington (AP) – Dopo oltre 20 anni, la partecipazione di migliaia di scienziati e un costo di dieci miliardi di dollari, il James Webb Space Telescope, a raggi infrarossi, lanciato il 25 dicembre 2021, si è già posizionato è a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra dispiegando completamente il suo specchio primario rivestito d’oro da 21 piedi. e ha realizzato le prime immagini che sono superlative.

Come previsto, le foto sono scure, posto che sono riprese nello spazio. Ciò che potrebbe sorprendere dal punto di vista di un astronomo, tuttavia, è che nelle regioni esterne dell’universo, laddove è puntato il telescopio, si possono vedere delle luci che sembrano lettere alfabetiche e formare addirittura delle parole.

“Ci aspettavamo cose molto sorprendenti, ma non di questo tipo”, ammette il portavoce della NASA Neil Davis. “Non abbiamo mai visto formazioni stellari così bizzarre, perché questa è l’unica cosa di cui può trattarsi. L’universo è pieno di meraviglie, lo indagheremo molto da vicino nei prossimi mesi”.


La comunità scientifica è molto perplessa anche perché tutte le foto sembrano mostrare lo stesso soggetto prescindendo da quale che sia la direzione in cui il telescopio è puntato per fotografare. “Vediamo sempre la stessa misteriosa costellazione”, afferma Davis. La teoria della relatività di Einstein ora dovrebbe probabilmente essere ripensata.

Altre due immagini dal telescopio spaziale:



Il portavoce della NASA ha concluso: “Lavoreremo sodo per essere presto in grado di fornire al mondo una spiegazione scientifica per queste immagini mozzafiato. A ogni modo, la missione può essere considerata già ora un completo successo”.

Una nuova follia speculativa


Avete mai sentito parlare di un certo Neil Papworth? Mai filato un tizio con un nome così buffo, vero? Pare che il 3 dicembre 1992 Papworth sia stato il mittente del primo messaggio, quello che oggi chiamiamo comunemente sms. Lo inviò al collega Richard Jarvis, da un computer della compagnia di telefonia mobile britannica Vodafone, cliente di una società per la quale entrambi erano impiegati. Il messaggio diceva semplicemente “Buon Natale”.

Quel primo sms è stato appena venduto all’asta per la modica cifra di 107.000 euro. Che cosa s’è comprato l’acquirente? I ricchi sono annoiati dai loro soldi, da sempre. Quello che è stato venduto il 21 dicembre scorso è un documento digitale unico firmato per mano da Nick Read, attuale boss di Vodafone, che attribuisce all’acquirente la proprietà dell’sms.

Questa roba è chiamata NFT, che sta per “token non fungibile”. È una pura proprietà intellettuale di un bene (l’sms stesso) che tutti possono vedere, e anche utilizzare a piacimento: se riceviamo il famoso sms di Neil, nulla impedisce di registrarlo, di trasferirlo a chi ci pare il prossimo dicembre, ecc..

Ebbene, poiché tutto questo è un po’ troppo intangibile, l’acquirente ha ricevuto una foto del cellulare su cui è visualizzato questo sms, oltre alla stampa del codice del computer collegato al messaggio.

A febbraio 2021 è stato venduto (leggo da wikipedia) dalla casa d’aste Christie’s una cosiddetta opera d’arte di un cosiddetto artista digitale statunitense, la “cosa” è stata considerata la prima opera d’arte NFT.

A livello intellettuale la faccenda è affascinante: gli NFT, il cui reale significato nessuno capisce, sono proprietà unica di una persona che non può in alcun modo impedire agli altri di fare ciò che vogliono con l’oggetto corrispondente. La questione sta tutta nel fatto che su questo pianeta ci sono circa 56 milioni di milionari che non sanno cosa fare con i loro soldi, il che rende gli NFT un fenomeno economico.

È stato creato un universo parallelo al nostro, chiamato metaverso, dove avvengono transazioni reali, e non piccole. Così, sempre lo scorso dicembre, un superyacht è stato venduto per l’equivalente di quasi 600.000 euro su un sito di aste, pagati in criptovalute. È possibile “navigare” con esso in un gioco chiamato The Sandbox (vedere il link per credere), la grande barca, che è ormeggiata non lontano da un’isola privata, ovviamente acquistata.

Questo è solo l’inizio di una nuova follia speculativa, perché la buona vecchia speculazione borsistica e immobiliare, in realtà, non bastava più. Che volete che vi dica, ho vissuto la maggior parte della mia vita nel secolo scorso e già mi trovavo a disagio. Nel secolo presente, lo ammetto, sono proprio fuori posto, non ci capisco più nulla. Questa montagna di spazzatura aprirà gli occhi di alcune persone sulla realtà del capitalismo attuale? Passo la mano ai giovani, più scaltri e intelligenti di me. 

lunedì 17 gennaio 2022

Parliamo di soldi

 

Se c’è chi pensa il contrario, si metta tranquillo. Non c’è stato nessun complotto, né bisogno di un piano particolareggiato perché lo stato delle cose finisse per aderire perfettamente alle esigenze del capitale e di quei ceti sociali economicamente forti che vivono di profitti, di rendite e di speculazioni, la cui principale occupazione consiste nel mungere la mucca statale quanto più possono e però mostrando odio per tutto ciò che è pubblico.

La vecchia politica specializzata ha perso il suo tempo e deve confessare di essere finita in un fosso. Il riformismo, inteso come strategia fine a se stessa, aveva il proprio scacco garantito in anticipo, esattamente per le stesse ragioni dei riformismi del passato. E non si possono fare sconti nemmeno alla prospettiva della rivoluzione, che in Italia è sempre stata storicamente del tutto irrazionale rispetto ai rapporti di forza.

domenica 16 gennaio 2022

Non è libera una società dove ...

 

Sabato notte, dopo quarant’anni esatti, ho rivisto Fitzcarraldo. Lo vidi al Rossini o al Malibran? Peccato, non lo ricordo. Sicuramente vidi due spettacoli in successione con lo stesso biglietto. Da allora non l’ho più rivisto. La cosa è un po’ strana, vista la mia raccolta di DVD, seppur modesta. Da allora ho preferito sognarlo quel film, frequentemente.

Fatta eccezione per i pochi cinefili, abbonati a quei Cahiers du cinema ora caduti nelle mani di una squadra composta da una ventina di “personalità” eterogenee, tra banchieri e capi alla moda, i nuovi virgulti non hanno visto questo film straordinario, né è probabile la loro curiosità li spinga a vederlo, né penso lo apprezzerebbero come merita. Generazioni più a loro agio su altre visioni.

Non sto parlando dei lampioni a gas o delle carrozze trainate da cavalli, ma dell’altro ieri. Ogni città poteva contare almeno in una decina di cinema, che avevano l’odore della prima repubblica, quando non del “ventennio”. Poi prevalse la televisione, le reti pubbliche e private, i cinema declinarono lentamente ma inesorabilmente. Chiudeva l’Accademia, una sala dove molti anni prima avevo trascorso, a modico prezzo, tanti pomeriggi, nonostante il puzzo di fumo e di chissà che altro. Il teatro Italia si trasformava in un supermercato, e altre sale per breve tempo diventavano d’essai.

Altre sale ancora, tristemente e banalmente, subivano un declassamento peggiore per mera sopravvivenza (onanismo vintage, lo chiameremo oggi nell’era di quell’internet che ha fatto della pornografia la sua specialità). Entravano ormai prevalentemente persone mature e anzi vecchie, il passo strascicato, con serietà e silenzio, habitué in declino, dei sopravvissuti a un triste culto. Avrebbero potuto raccontare storie di fedeltà, coerenza e persino di devozione a quel tipo di cinema.

Oggi siamo travolti dal porno, fruibile da qualsiasi ragazzino col suo smartphone, ma per esempio film come Lolita di Kubrick, ispirato all’omonimo romanzo di Nabokov, che racconta la storia torrida e appassionata tra un uomo maturo e una di quelle che lui chiama ”ninfette ”, non si possono più realizzare poiché lo spettro dell’ostracismo smorzerebbe rapidamente gli entusiasmi di finanziatori e distributori. Ogni epoca coltiva le proprie idiosincrasie e soprattutto le ipocrisie.

Gli omicidi sono illegali e immorali quanto la pedofilia, eppure sono ammessi film di gangster o serial killer. Solo perché vedi un film di gangster o dell’orrore non significa che hai intenzione di rapinare una banca o comprare una motosega per fare a pezzi le ragazze. E qui, come per altri tabù odierni, si aprirebbe un lungo discorso.

Vorrei semplicemente ricordare il caso di David Hamilton, le cui fotografie erotiche di ragazze sono state pubblicate per decenni senza provocare scandalo, fino a quando una vedette televisiva l’ha accusato di averla violentata quando era minorenne, rivelazione di cui si può presumere non sia estraneo il suicidio del fotografo nel 2016. E molte altre vicende simili.

Ovvio che i pedofili siano perseguiti e puniti, ma non è libera una società in cui gli artisti non possono creare opere come Lolita, dipinti come quelli di Gauguin, Freud, Balthus o foto come quelle di Hamilton. Non è libera una società dove i cittadini non siano considerati persone responsabili, ossia in grado di giudicare e decidere, salvo che quando si recano alle urne con la testa riempita di cazzate.