martedì 2 novembre 2021

Speranze e illusioni del prof. Cacciari

 

Il prof. Massimo Cacciari ha affermato: «Abbiamo la strana abitudine di affrontare problemi che s’interconnettono come se fossero tanti capitoletti di un libro. Bisogna affrontare il problema del clima, insieme a quello economico, insieme a quello sociale».

Marx ha scritto che ogni epoca si pone solo i problemi che può risolvere, e questo è vero; e oggi siamo giunti precisamente al punto in cui non è più possibile risolverne nessuno senza affrontarli tutti. E insieme questi problemi fanno capo principalmente a una questione che si evita di nominare.

Dopo l’accurata propedeutica su come non vanno affrontati i problemi, il professore ha detto come va affrontata concretamente la situazione: «Occorre che al più presto sia messa a disposizione di tutti, con qualche sacrificio da parte dei Paesi più sviluppati, una tecnologia che sia adeguata a queste esigenze di conservazione del pianeta. Soltanto un salto tecnologico ci può salvare».

Solo su un punto sono d’accordo: “al più presto”. Per il resto, pensare che la tecnologia possa risolvere in radice il problema è semplice auspicio fondato sulla speranza. La tecnologia, le cosiddette fonti rinnovabili, i nuovi materiali e tutto il resto, possono sicuramente dare una mano nella riduzione delle emissioni di gas serra e per migliorare i processi di riciclo. Tuttavia per comprendere fenomeni come lo sfruttamento sconsiderato delle risorse e lo stravolgimento dei cicli naturali causa inquinamento, diventa preliminare e necessaria l’analisi delle categorie generali in cui si attua il processo produttivo sotto qualsiasi cielo e avvalendosi di qualsiasi tecnologia, vale a dire il processo di valorizzazione del capitale.

Come detto, qui non si tratta solo del processo di valorizzazione del capitale cinese, russo, indiano, brasiliano, turco, senegalese, eccetera, come credono in molti, ma del capitale nella sua dimensione e interconnessione globale. Né va trascurato che la scienza e la tecnologia non sono neutrali, che la loro incorporazione nel processo produttivo è un dato di fatto.

Pertanto bisognerebbe chiedersi innanzitutto perché certe produzioni, che trovano prevalentemente mercato nei paesi occidentali, hanno sede in certi Paesi e non in altri, e quindi che cosa succederebbe a livello di emissioni in atmosfera se tali attività produttive fossero trasferite negli Stati Uniti o in Europa. Sarebbero forse produzioni un po’ più pulite? Potrebbe essere così. Le volete vicino a casa vostra? Spesso è proprio a motivo del loro livello d’inquinamento e dei costi di produzione che sono state trasferite altrove.

A questo, il prof. Cacciari ha trovato soluzione: «Ma un salto tecnologico è costoso, quindi la parte del mondo che è in grado di realizzarlo deve metterlo a disposizione gratuitamente per l’altra parte del mondo che non è in grado di realizzarlo».

Forse il professor Cacciari si è distratto ultimamente, per esempio non ha visto che cosa sta succedendo a livello geopolitico, vale a dire lo scontro d’interessi, anzitutto economici e legati strettamente proprio alle nuove tecnologie, tra gli Stati Uniti e la Cina, per non citare lo scontro dai toni più politici e ideologici con la Russia.

2 commenti:

  1. Gli appelli degli Occidentali per una nuova economia "verde" mi ricordano le implorazioni dei Sovietici per fermare la corsa agli armamenti negli anni '80, con gli Americani che ridevano loro in faccia. Comunque a Taranto nessuno crede a questo Green New Deal, chissà perché.
    (Peppe)

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    1. carbone, petrolio, gas e altri combustibili fossili continueranno ad essere estratti e bruciati per decenni ancora, giganteschi interessi in gioco. ci stanno solo prendendo in giro.

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