martedì 31 agosto 2021

L'ultima (forse) menzogna da Kabul

 

Presto si esauriranno le notizie provenienti da Kabul, quelle che alimentano provvidenzialmente da settimane la stampa, in particolare Repubblica, giornale che anche per questo evento spettacolare ha creato una propria task-force con l’elmetto, come già per il Covid, le vaccinazioni e gli Ufo (non è una battuta di spirito). Finita la pacchia Kabul, dovranno attendere ad altri spettacoli, tipo complotti e minacce di crisi di governo, inventarsi asteroidi in arrivo, nuovo boom di appestati Covid, eccetera.

Infatti, gli Stati Uniti hanno ritirato le ultime truppe dall’Afghanistan, salite a bordo di un aereo da trasporto militare C-17 un minuto prima della mezzanotte, ora di Kabul, ieri, prima della scadenza del 31 agosto che Washington aveva negoziato con i talebani. Con la partenza dell’aereo si è consumata la débâcle degli Stati Uniti di una guerra durata 20 anni, la più lunga nella storia americana.

Le condizioni in cui è avvenuto questo ritiro sono conseguenza dall’occupazione americana, che non è riuscita a creare un regime fantoccio accettabile e ha provocato odio e rabbia in una popolazione sottoposta a bombardamenti, attacchi di droni, incursioni notturne, detenzione e tortura. Sono stati vent’anni di guerra in un territorio devastato e su una popolazione già martoriata.

Washington lascia l’Afghanistan sotto il dominio dei talebani, dopo aver perso 2.461 soldati e civili statunitensi e 1.144 delle forze NATO e alleate, insieme al massacro di oltre 100.000 afgani e la spesa di almeno 2.000 miliardi di dollari.

L’evacuazione di due settimane ha visto il trasporto di 122.000 persone fuori dal paese, tra cui 5.400 cittadini americani, insieme ad afgani che avevano collaborato con l’occupazione della NATO e le loro famiglie. Sempre ieri è stato evacuato anche l’ultimo nucleo di personale diplomatico statunitense, lasciando vuota quella che era stata una delle più grandi ambasciate statunitensi del mondo, costruita al costo di centinaia di milioni di dollari.

Il carattere caotico (eufemismo) dell’evacuazione degli Stati Uniti è stato segnato da un attentato suicida giovedì scorso, rivendicato dallo Stato Islamico-Khorasan (ISIS-K), che ha provocato l’uccisione di 13 militari americani (bassa forza, proletariato in divisa). Circa 170 afgani sono rimasti uccisi, dei quali un numero imprecisato dal fuoco di reazione delle truppe Usa.

La sanguinosa eredità dei 20 anni d’intervento degli Stati Uniti è stata sottolineata alla vigilia della fine dell’evacuazione con un attacco “preventivo” di droni contro quella che l’esercito americano aveva affermato essere un’auto con a bordo un attentatore suicida. Ha spazzato via 10 civili afgani, nove dei quali della stessa famiglia. Le vittime includevano sette bambini di età compresa tra 2 e 12 anni insieme al padre e allo zio, uno studente di 19 anni e un vicino.

Il missile ha colpito proprio mentre il padre dei bambini tornava dal lavoro e loro correvano alla sua macchina per salutarlo. Il padre, Zemarai, aveva lavorato per l’agenzia umanitaria Nutrition and Education International, ottenendo così un visto speciale per gli immigrati negli Stati Uniti. Avevano fatto le valigie e stavano aspettando una chiamata che dicesse loro di andare all’aeroporto di Kabul. L’altro adulto ucciso era un ex membro dell’esercito nazionale afghano.

A differenza della stragrande maggioranza degli attacchi dei droni statunitensi, iniziati il primo giorno dell’invasione statunitense dell’ottobre 2001, l’attacco terroristico amercano di domenica ha avuto luogo in un quartiere affollato nel centro di Kabul, e non in un remoto villaggio rurale. Cio ha impedito al Pentagono di emettere una delle sue consuete smentite sulle vittime civili.

Repubblica ha titolato così:

Il Fatto ha dato la notizia in questo modo:

«Nuove esplosioni gettano nuovamente Kabul nel terrore degli attentati. I media locali hanno riferito che un razzo lanciato [da chi ?????] in direzione dell’aeroporto ha colpito un’abitazione a 5 chilometri dallo scalo, uccidendo almeno 6 persone, tra cui 3 o 4 bambini, e ferendone altre tre. Poi [?? non poi, ma lo stesso missile!] funzionari Usa hanno riferito di un nuovo raid con drone compiuto da Washington contro un’autobomba sulla quale viaggiavano “diversi kamikaze” dello Stato Islamico nella provincia del Khorasan, sempre nella capitale».


Gli schiaffi del generale

 

Si racconta che presso la stazione ferroviaria di Mukden (oggi Shnyáng), in Manciuria, nel 1905 s’incontrarono due generali russi: Paul von Rennenkampff (†1918) e Aleksandr Samsonow (†1914). Era in atto la guerra russo-giapponese e i due generali, dopo la battaglia di Mukden, litigarono. Samsonov accusò il suo collega di non averlo assistito durante i combattimenti. Il litigio si concluse con Samsonov che schiaffeggiava con rabbia Rennenkampff. “Non lo dimenticherò, Samsonov”, pare sia stata la risposta dello schiaffeggiato (non è difficile crederlo).

lunedì 30 agosto 2021

Fino a quando il bluff reggerà


Ieri, il Sole 24ore apriva titolando: «Debito record: bond al 75% del Pil mondiale». Si perdoni la propedeutica spiccia: i bond non sono solo obbligazioni societarie (corporate), ma soprattutto titoli governativi, par excellence.

Di là degli aspetti speculativi, il debito pubblico è dato da un motivo molto semplice: gli Stati ricorrono a prestiti, fanno debiti, firmano cambiali per il futuro perché spendono di più di quanto incassano. Il disavanzo tra entrate e uscite è reso insanabile dalla dinamica della spesa pubblica.

È proprio attraverso la tendenza alla crescita del disavanzo dello Stato che s’instaura uno dei meccanismi mediante il quale la borghesia esercita il suo potere indirettamente, laddove la differenza di censo, ossia di “possesso”, non ha più come un tempo effetto ufficiale, essendo tutti i cittadini dichiarati “uguali”. Lo Stato può dunque apparire indipendente e autonomo, tanto dalla classe dominante che dalle altre classi, simulare d’essere portatore dell’interesse generale.

domenica 29 agosto 2021

La contessa


In attesa di un post sul debito pubblico, dedicato a pochi selezionati lettori e che vedrà la luce all’alba di domani tra le brume prealpine, di seguito propongo la lettura di un breve passo tratto da un libro che sto leggendo e che mi rimanda con la memoria assassina agli anni Settanta, ovviamente del secolo scorso, precisamente a un mitico film del Fantozzi ragionier Ugo (il gemello di quello reso celebre dalla performance sulla poltrona a sacco pouf), che vidi a mia volta in tarda ora da una poltroncina consunta ma comoda in quello che fu il Malibran, a soli trenta passi dalla Fiaschetteria toscana, che aveva il buon gusto di non chiudere prima delle due e mezzo del mattino, pur tra qualche malumore dei clienti più affezionati.

Nel film citato compare estasiata nel ruolo assegnatole, tra un cardinale benedicente e un “capo varo” accondiscendente, l’ineffabile contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, azionista della cantieristica genovese, della quale ebbi occasione di conoscere, nello stesso torno di tempo e in un’indimenticabile e grandiosa serata alcolica, un suo inconsapevole alter ego, ossia una giovane nobildonna distintamente collocata “più a sinistra che al centro”. Di quella serata, confesso, non ricordo, oltre ai primi flûte Baccarad, null’altro che una successiva telefonata che mi chiedeva di andare a riprendere alcune cose che mi appartenevano e avevo maldestramente dimenticate in una piccola stanza.

Leggo, dunque: “Morì all’improvviso per un colpo apoplettico la sera del 30 maggio 1867 mentre si recava in carrozza con i principi reali Amedeo e Maria Vittoria dell’Acqua dal Pozzo della Cisterna, freschi sposi, al Castello di Stupinigi”. 

sabato 28 agosto 2021

Come dice la canzone del Guccini

 


Pare già di sentirli, quando sarà data loro nuovamente voce al rientro degli esponenti del grande giornalismo militante: «Vi è andata di culo, ma vedrete a settembre con la riapertura delle scuole, altrimenti a ottobre o novembre». Gli esperti di queste cose sono come gli orologi rotti: basta aspettare e due volte il giorno azzeccano l’ora esatta.

La campagna vaccinale a livello mondiale assomiglia molto al ritiro della NATO dall’Afghanistan: ognuno fa e va per conto suo (salvo il tentativo di scaricare i profughi agli altri). Per i vaccini sarebbe stato necessario un impegno e coordinamento internazionale per la produzione e la distribuzione. Solo così sarebbe stato possibile raggiungere, in tempi non biblici, certi obiettivi che ora paiono miraggi nella situazione attuale.

La variante “delta” sta per variante “indiana”. Quanti sono i non vaccinati in India? Nel resto dell’Asia, in Africa o in Sudamerica? Guai a rimuovere i brevetti sui vaccini. Del resto, siora mia, non è come fare la pasta in casa. Possono fabbricare missili balistici, far atterrare macchine sofisticatissime su Marte, ma ci vogliono le centrifughe adatte per impastare i “cosi” del vaccino. E “loro” non sono in grado. E poi, cristo santo, bisogna remunerare gli investimenti profusi dalle società farmaceutiche nella ricerca! I miliardi di profitti non bastano mai per tirare avanti, questo si sa.

Il programma “nuovi leader” seleziona ogni anno i migliori candidati.

E così ci vorrà la “terza dose”, poi la quarta, poi “ogni anno uguale”, come dice la canzone del Guccini. Vaccini, tamponi, mascherine, detergenti, guanti, eccetera. L’affare ormai è troppo grosso, lunga la catena degli interessi in gioco, l’esposizione mediatica in overdose e un dispensario di “esperti” da gestire, marchette per stringere legami, sedurre e convincere.

Non c’è stato nemmeno il classico “delitto dell’estate”, ma per fortuna è arrivata in soccorso la grana dell’Afghanistan, se no che scherzi vocali potevano inventarsi da qui alla riapparizione televisiva dalle stelle del firmamento, posto che Salvini regge Draghi e poi ormai puzza di rancido?

A proposito ancora di Afghanistan, prima che venga a noia mortale, vale la pena osservare che nel gennaio scorso a Washington si respirava un’aria più democratica. E non ci voleva molto. Il 46° presidente degli Stati Uniti si era proposto bene, ha eliminato con un tratto di penna le misure di punta del suo predecessore firmando 20 decreti presidenziali in tre giorni, quindi aveva lanciato tre grandi piani per aiutare i più fragili: tassare i più ricchi, rilanciare l’economia e ripristinare le infrastrutture. Insomma, dare all’America un volto umano, o quantomeno passabile. Un piano per una cifra stratosferica di 6 trilioni di dollari. Dove trovarli? Eh, un po’ si potrebbe portarli a casa da quel posto laggiù. Un’idea che era già venuta al suo predecessore.

venerdì 27 agosto 2021

Quanto è labile la memoria storica quando è contraria a certi interessi

 

Che cosa dovevamo aspettarci dai dei tagliagole sulle cui bandiere sono iscritti versetti del Corano che certo non incitano alla pace e alla concordia? Abbiamo già dimenticato che solo all’inizio di maggio più di 90 persone sono state uccise nel triplice attacco a una scuola femminile a Kabul. Come in altri casi, le vittime appartenevano all’etnia sciita, gli Hazara. Contrariamente ad al-Qaeda e in gran parte ai talebani, l’IS sunnita, più precisamente lo “Stato Islamico - Provincia del Khorasan” (ISKP o ISIS-K), e le sue propaggini prendono di mira gli sciiti.

Pertanto gli attentati all’aeroporto di Kabul non sono diretti contro gli Usa, ma fanno parte della guerra tra fazioni islamiche e interessi divergenti. È nel sangue delle vittime che tutti inzuppano il loro pane, non parliamo poi della stampa italiana nell’insieme.

*

Di là dei casi di cronaca e dei soliti interessati pasticci comunicativi, per troppo tempo l’Occidente ha eluso che lo stato di diritto e la democrazia hanno una storia spesso difficile e drammatica che risale a molti secoli fa. Non voglio storicizzare l’attualità, ma è fondamentale conoscere il passato per comprendere ciò che siamo o non siamo “noi” oggi e ciò che sono e non possono essere gli “altri”.

giovedì 26 agosto 2021

Débâcle strategica americana: dall'Afghanistan all'Ucraina

 

Se la Cina fosse in grado di estendere la Belt-and-Road dal Pakistan fino all’Afghanistan, ad esempio con un’autostrada da Peshawar a Kabul, aprirebbe una via di terra più breve per accedere ai mercati del Medio Oriente. È questo uno degli esempi della débâcle storica e strategica statunitense (ed Europea) in Asia centrale.

Altro esempio: con il ritiro degli Stati Uniti, Pechino può offrire ciò di cui Kabul ha più bisogno, vale a dire non ingerenza politica e investimenti economici. L’Afghanistan a sua volta otterrebbe costruzione d’infrastrutture e industrie, settori in cui le capacità della Cina sono in questo momento probabilmente ineguagliate, e l’accesso a giacimenti minerari non sfruttati, inclusi litio, ferro, rame e cobalto (litio e cobalto sono indispensabili per fabbricare le batterie per auto elettriche).

L’Afghanistan fino ad ora è stato un pezzo attraente ma mancante dell’enorme puzzle cinese. Agli Usa e all’Europa resterebbe, dopo vent’anni di occupazione, la gestione dei profughi afghani, già 80.000 gli evacuati. Si tratta in maggioranza di mussulmani, solo in parte impiegabili come forza-lavoro e peraltro non qualificata.

mercoledì 25 agosto 2021

Il limite non è tecnologico

 

Questa estate il caldo non è stato opprimente dove abito, ma al Sud, a giudicare da una certa foto che ho visto su FB (102,56 gradi Fahrenheit), il calore è stato quello di un ferro da stiro rovente. Un’ondata di caldo record anche in Grecia, dove la temperatura ha toccato in alcune zone i 116,8 gradi Fahrenheit (47,11° C.), innescando numerosi incendi in tutto il paese, con morti, decine di feriti e migliaia di evacuati, bruciate diverse case e circa 800 km quadrati interessati dalle fiamme.

Le montagne della regione algerina di Tizi Ouzou sono state interessate da più di 100 incendi boschivi nelle ultime due settimane, causando più danni di tutti gli incendi dal 2008 al 2020 messi insieme. Sono state ridotte in cenere le cittadine di Larbaâ Nath Irathen, Beni Douala e Aït Mesbah. Finora 90 persone sono morte.

In Bolivia sono bruciati circa 1.000 km quadrati nelle regioni dell’Amazzonia e del Chaco.

I più grandi incendi sono attualmente attivi in Siberia, che hanno interessato dall’inizio dell’anno più di 100.000 km quadrati (pari a un terzo del territorio italiano). Sono stati di un’entità paragonabile alla catastrofica stagione degli incendi boschivi australiani 2019-‘20. Gli incendi sono stati in parte favoriti da temperature record che hanno raggiunto i 47,7 gradi durante l’estate. Il fumo degli incendi ha coperto il cielo per oltre 3.000 km da est a ovest e 4.000 da nord a sud, arrivando fino a Ulan Bator, la capitale della Mongolia, e raggiungendo per la prima volta il Polo Nord.

martedì 24 agosto 2021

Tenerlo a mente


Tutte le descrizioni della peste, da Lucrezio a Defoe, da Manzoni a Camus, sono state influenzate dalla narrazione di Tucidide della cosiddetta “peste di Atene”. Tuttavia è certo che la “peste di Atene” non ha nulla a che fare con la peste causata dal batterio Yersinia pestis che colpì in varie fasi gran parte dell’Europa e dell’Asia nella tarda antichità, nel tardo medioevo e in età moderna. L’epidemia descritta da Tucidide ha finora provocato molte spiegazioni diverse, ma la sua vera causa non è stata ancora chiarita.

L’epidemia colpì Atene in un momento estremamente inopportuno. Per anni era stato chiaro agli osservatori lungimiranti che la rivalità tra la potenza terrestre di Sparta e quella marittima di Atene avrebbe condotto a una lotta per la supremazia, che gli storici descrivono come una lotta di potere tra diversi sistemi politici. Sparta era un’oligarchia che divenne partner naturale dei regimi aristocratici, mentre Atene era a capo di una lega che mutò nel corso degli anni da un’alleanza di democrazie abbastanza simili in un impero dominante.

Nulla di veramente nuovo avvenne in seguito sotto il sole, verrebbe da dire.

Pericle avvertì i suoi concittadini “che la guerra è necessaria”. Le cospicue risorse che Atene drenava dalla Lega furono usate non solo per costruire i templi sull’Acropoli, ma anche le lunghe e imponenti mura che collegavano Atene al porto del Pireo. Ciò creava una massiccia difesa nel caso in cui gli spartani invadessero l’Attica.

Nel 431 ebbe inizio la seconda guerra del Peloponneso. Le guerre peloponnesiache, la cui intricata vicenda storica ci dava tanta noia a scuola, furono, nel loro contesto storico, l’equivalente dei conflitti mondiali del XX secolo: causarono immense perdite di vite umane ed enormi rovine, esacerbarono l’ostilità di classe e di fazione, divisero gli Stati greci e ne destabilizzarono i rapporti, minando la loro capacità di resistere a una conquista dall’esterno.

I primi a muovere, nel marzo di quell’anno, furono i tebani, potenti alleati di Sparta. Guidati da Nauclide s’infiltrarono a Platea, e però mal gliene incolse: le donne plateesi, comprese le schiave, ebbero un ruolo decisivo nella loro disfatta scagliando tegole e pietre contro gli invasori. I tebani arresisi furono trucidati. L’attacco dei tebani a Platea costituiva una palese violazione della pace tanto faticosamente raggiunta dopo la prima guerra del Peloponneso.

L’esercito professionista spartano invece devastò la campagna dell’Attica e i raccolti, ma fu incapace di assaltare le mura di Atene. Per contro, le truppe della flotta ateniese attaccarono le pianure costiere degli alleati di Sparta nel Peloponneso. Dopo alcune settimane di saccheggio, le truppe si ritirarono per dedicarsi alla mietitura. Pericle volle perseguire in questa strategia l’anno dopo, nel 430, ma oltre agli spartani arrivò la “peste”.

Il “morbo” dapprima comparve nel porto del Pireo, poi si fece strada attraverso il groviglio di tende e capanne che i contadini sfollati avevano eretto tra le lunghe mura. Alla fine raggiunse i quartieri migliori ai piedi dell’Acropoli.

Si diceva che questa peste avesse avuto origine in Etiopia, da dove si era diffusa in Egitto, in Libia e in gran parte dell’Impero persiano, prima di fare la sua comparsa in Attica. Tucidide, che ne fu colpito, ne descrive dettagliatamente i sintomi: simili a quelli della peste polmonare, del morbillo, della febbre tifoidea e di numerose altre malattie, ma non precisamente identificabile.

Le persone «prima di tutto soffrivano di un intenso calore alla testa e di arrossamento e infiammazione degli occhi, e subito tutto dentro, gola e lingua, era rosso sangue, e l’alito era strano e puzzolente». Seguono starnuti e raucedine, forte tosse, ulcere e vomito: «La maggior parte di loro perì il settimo o il nono giorno del calore interno».

L’opinione pubblica giocava un ruolo importante in questo frangente, controllarne gli umori era fondamentale. Con l’infuriare della peste di ateniesi si rivoltarono contro Pericle. Non avevano mai vissuto niente di simile a quell’epidemia, e lo sconforto in cui essa li aveva gettati aveva ormai gravemente minato la posizione del loro generale, la loro fiducia nella sua strategia nel proseguimento di una guerra che addebitavano alla sua intransigenza.

È evidente che le condizioni in cui vivevano gli ateniesi, asserragliati e accalcati con i profughi invece di essere sparsi per tutta l’Attica, rendevano gli effetti della peste molto più terribili.

Non potendo fare nulla di concreto per proteggersi dall’epidemia, la natura fece il suo corso. Prima di esaurirsi nel 427, l’epidemia uccise 4.400 opliti, 300 cavalieri e un numero imprecisato di cittadini delle classi inferiori, falcidiando fosse un terzo della popolazione della città.

Oggi sono disponibili farmaci efficaci per affrontare questo tipo di epidemie, ma in quantità adeguata solo per una minoranza della popolazione mondiale, quella appartenente ai paesi economicamente più ricchi, che possono pagare prezzi elevati. Le leggi di natura non c’entrano, ci si ammala e si può morire perché è fatta prevalere la logica del mercato, sostenuta mediaticamente dai più realisti del reame. Non è una novità, ma è bene tenerlo a mente.


lunedì 23 agosto 2021

Ricordiamoci chi sono i veri teppisti

 

I salari italiani sono tra i più bassi d’Europa, tanto che il cosiddetto reddito di cittadinanza, mediamente di circa 4-500 euro pro capite, può diventare concorrenziale. Essere sfruttati e trattati come schiavi per poco di più di quelle cifre non vale la pena. Questo sembra essere il motivo per il quale i padroni lamentano di non trovare nuovi schiavi da spremere.

Camerieri per 1.000 euro netti il mese (“stagisti” a 500-800 euro) per 8 ore di lavoro il giorno che diventano immancabilmente 10 o 12. Leggo dal CCNL: cuoco, quinto livello, C3 (Ex 5): 1.453,07 euro lordi. Lavapiatti, ex 7° livello, 1.200 euro, lordi naturalmente. Si comincia al mattino e si finisce, con breve pausa, alla sera alle 11 o anche dopo.

sabato 21 agosto 2021

Un semplice calcolo aritmetico

 

Nel quadro sociale e politico inquieto di questa fase, pandemica e anarchica, ci sarebbe bisogno di un rinnovamento radicale di tutto ciò che, dalle istituzioni alle persone, non è più del nostro tempo.

Bisognerebbe uscire dall’alveo delle utopie, non solo quelle infantili e minoritarie, ma anche e prima ancora dalle utopie di una politica onusta di verbalismi dichiarativi che si scontrano con la realtà sociale ed economica effettiva.

L’alternativa non è con la destra o con la sinistra, semplicemente non esiste un’alternativa. Non può essere un caso che in meno di tre decenni s’è ricorsi più volte a personalità esterne al Parlamento per trovare un presidente del consiglio: Dini, Ciampi, Monti, Renzi, Conte e da ultimo Draghi. A rigore anche Berlusconi era e si dichiarava outsider della politica, e Prodi aveva origini e formazione diversa da quella della militanza di partito.

Che cosa significa questo? Che il sistema è bloccato, che i partiti camminano nel vuoto e l’inettitudine del sistema parlamentare è un dato di fatto, come s’è visto palesemente anche nel giugno del 2018 nello psicodramma della formazione del nuovo governo, con scritture e riscritture di programmi di cui si sono perse le tracce.

Tutto ha inizio da molto lontano. Il “crollo del Muro” e la “fine delle ideologie” sono solo modi per dire che quel tempo, durato quasi un secolo, era scaduto. L’Unione Sovietica ai tempi di Internet sarebbe stata un anacronismo, e lo era già prima l’ortodossia stalinista. I cinesi se ne avvidero per tempo e fecero i conti con quella maoista.

Pieno di cose orribili, il comunismo che abbiamo conosciuto è stato tutt’altra cosa dal nucleo del pensiero rivoluzionario di Marx. E non poteva essere diversamente, poiché Marx ci ha lasciato una critica scientifica del capitalismo, ma nulla poté dirci sul comunismo.

Il Partito comunista italiano, crociano e stalinista, di lotta (per il potere) e di governo (dell’esistente), si dissolse aggregandosi con i democristiani (anche i peggiori). E poi avanti, fino all’implosione del Partito democratico, le cui cause sono note. È stata così lasciata scoperta e non rappresentata una zona ampia del corpo sociale, che si è rivolta in massa al movimento grillino, consentendogli di conquistare un terzo dell’elettorato e la maggioranza alla Camera.

Il M5s non riconosceva più alla classe politica tradizionale né la capacità né la legittimità di governare, contestandone anche l’assetto sociale che essa rappresentava. Sosteneva di non avere un’ideologia, e ciò in gran parte era vero e ha funto da catalizzatore elettorale, e vantava un programma politico alternativo che aveva a che fare più con l’immaginazione che con la realtà, poiché si trattava perlopiù d’intuizioni e di velleità, tipo la famosa apertura della “scatoletta di tonno”, di porre “fine alla povertà” e altre suggestioni vagamente rousseauiane.

Com’è finita? Quando la componente parlamentare ha visto minacciata la propria nuova posizione sociale, da movimento “rivoluzionario” il M5s è diventato in breve tempo, abiura dopo abiura, un movimento conservatore dedito al cabotaggio politico, incapace di darsi perfino un leader proveniente dal suo interno.

La destra, berlusconiana, leghista e neofascista ha governato per lustri, la Lega anche negli ultimi due governi, Berlusconi è con Draghi. Non mi pare si sia risolta la tradizionale ingovernabilità italiana, e nemmeno superata nell’azione di governo irrazionalità e inefficienza (per tacere delle leggi ad personam e a tante altre ad capocchiam).

Il partito cripto fascista è da solo all’opposizione, cosa che consente alla Meloni di sparare ad alzo zero senza preoccupazioni, fino a farsi interprete di qualunque cosa, idiozie comprese.

Dica invece cosa intende fare a riguardo dell’ipoteca più grossa nel destino del Paese, quella costituita dal debito pubblico, sempre che la cosa susciti un qualche interesse. Per numeri e quote sociali, a chi intende far pagare e come, una volta al governo, la riduzione di quel debito? Perché al prossimo scossone finanziario, pandemia o no, ci chiederanno conto di quella libbrona di carne.

Personalmente qualche idea in proposito l’avrei. Guardando in questi giorni ciò che ormeggia in porti e porticcioli della penisola e delle isole. Non si tratta d’invidia sociale, figuriamoci, e nemmeno di velleitaria e patetica voglia di far piangere i ricchi (categoria sociologica assai variegata). Non mi sollecita nemmeno un senso di giustizia sociale, bensì m’ispira un semplice calcolo aritmetico.

giovedì 19 agosto 2021

Giochi degli specchi


Ci sono avvisaglie di turbolenza a Wall Street. A noi frega nulla perché siamo in una botte di ferro. Come Attilio Regolo.

La Federal Reserve, secondo il verbale della sua riunione del 27-28 luglio, pubblicato ieri (i verbali del Comitato sono messi a disposizione ordinariamente tre settimane dopo il giorno della riunione programmata), si sta muovendo, con cautela, verso una riduzione del suo programma di acquisto di asset da 120 miliardi di dollari il mese (80+40). Ciò avverrà verso la fine dell’anno o all’inizio del prossimo.

Saranno fuochi artificiali perché il mercato finanziario è drogato. Non puoi ridurgli la dose senza che dia di matto. Lo sanno anche le pescivendole che quando le condizioni monetarie si restringono, anche in misura minima, la bolla speculativa scoppia, con conseguenze di vasta portata per l’economia nel suo insieme.

E perciò Wall Street non l’ha presa bene, gli indici sono scesi di un “cicinin” sia ieri e anche oggi. È solo un venticello, per ora. Tutto dipende dalla velocità con la quale avverrà il tapering e il rialzo del tasso d’interesse di base, che oggi è praticamente a zero.

L’orientamento della Fed è motivato da due timori: la continuazione dello stimolo alimenta l’inflazione (con minaccia di richiesta di salari più alti), e la continua offerta di denaro a buon mercato (tassi bassi incoraggiano leva finanziaria) potrebbero ulteriormente gonfiare una bolla che alla fine inevitabilmente scoppierà.

L’escalation del debito di bassa qualità è a livelli record e la faccenda immobiliare avrà anche questa volta la sua parte con livelli elevati di default. Bisogna sempre tener presente che ciò che è gestibile oggi, potrebbe diventare insostenibile in un ambiente ad alto costo del denaro e a bassa crescita. Tuttavia tranquilli, il capitalismo non “crollerà” per motivi borsistici, anzi, ma non è escluso che seppellisca noi poveracci con il suo fall out.

Riporto la chiusa di una recensione di Mauro Campus al libro di Tobias Straumann: 1931. Debt, Crisis, and the Rise of Hitler:

«I giochi degli specchi non sono mai utili se non come provocazione intellettuale, ma le conseguenze della “crisi del debito” che nell’ultimo nostro decennio hanno raggiunto il centro del sistema capitalistico riecheggiano sinistramente il sonnambulismo della classe politica fra le due guerre. Il contesto economico internazionale è evidentemente diverso, ma l’entità del problema e la fragilità delle democrazie occidentali lo sono assai meno

Lotta comunista? No, un foglio che dichiara qualche copia venduta in più: Il Sole 24ore. 

Groviglio afghano

 


Combattenti (??) talebani ripuliti e vestiti a festa posano per la foto ricordo.

Il generale Kenneth Franklin McKenzie Jr., capo del Comando centrale degli Stati Uniti (uno degli undici comandi operativi), domenica ha negoziato il protocollo di evacuazione con i leader talebani a Doha, in Qatar, e martedì è volato segretamente a Kabul per supervisionarlo. McKenzie non ha rilasciato interviste né ha avuto incontri pubblicizzati con i talebani durante la sua visita.

Lo spettacolo del comandante americano che si intrufolata nellaeroporto con il permesso del vittorioso movimento di guerriglia contro il quale stava combattendo, è una chiara dimostrazione della debacle subita dagli Usa in Afghanistan.

Nessuna quantità di merda gettata sul governo fantoccio afghano da parte della Casa Bianca (Ghani sarebbe fuggito dal paese con 164 milioni di dollari, arrivando mercoledì negli Emirati Arabi Uniti, dove godrà di un esilio di lusso) può nascondere che è il governo degli Stati Uniti e l’amministrazione Biden ad aver subito una devastante sconfitta, non tanto o non solo per il ritiro delle truppe, ma per come sta avvenendo.

Ieri, a riprova di questo fatto, durante una conferenza stampa al Pentagono, è stato chiesto al segretario alla Difesa Lloyd Austin e al capo di Stato Maggiore congiunto (Joint Chiefs), il generale Mark Milley, se avessero intenzione di estendere il perimetro militare allaeroporto di Kabul per stabilire vie di evacuazione per gli americani che potrebbero essere intrappolati in città, hanno ammesso categoricamente di non poterlo fare.

Non solo le truppe americane non avevano la “capacità” di espandersi in città, ha detto Milley, ma tentare di farlo avrebbe potuto indebolire la loro presa sull’aeroporto, l’unica ancora di salvezza non solo per coloro che cercano l’evacuazione, ma per le stesse truppe americane.

Il portavoce del Pentagono, l’ex contrammiraglio in pensione John Kirby, ha rivelato che i comandanti statunitensi stavano parlando con i comandanti talebani “più volte al giorno” per evitare conflitti militari tra soldati statunitensi e talebani. Il ponte aereo dovrebbe continuare fino al 31 agosto, data fissata dal presidente Biden per il completamento dell’evacuazione da Kabul.

Il leader politico più di spicco dei talebani, Abdul Gani Baradar, che aveva guidato i negoziati in Qatar, è arrivato in Afghanistan martedì. Ha trascorso parecchi anni in carcere o agli arresti domiciliari in Pakistan prima di essere rilasciato nel 2018 su richiesta dell’amministrazione Trump per assumere un ruolo guida nei colloqui con gli Stati Uniti. Questo dà l’idea in quale groviglio sia avviluppata la transizione in Afghanistan.

Ora i talebani, che qualcuno qui in Italia ha definito alla stregua di meri trafficanti internazionali di eroina, potranno gestire non meno di un trilione di dollari di minerali: non solo ferro, rame e oro, ma anche terre rare e “forse quello che potrebbe essere uno dei più grandi giacimenti di litio del mondo” (CNN Business).

Il ministro degli Esteri italiano sta già disponendo l’invio di emissari per trattare lo scambio con arance e un programma di lotta alla povertà.


mercoledì 18 agosto 2021

Due più due in mandarino

 

Lunedì l’indice principale di Wall Street, l’S&P 500, ha raggiunto un livello doppio rispetto al minimo di marzo 2020 nonostante la debacle in Afghanistan, il forte calo della fiducia dei consumatori, il rallentamento della crescita in Cina e l’impatto della variante Delta.

Martedì i mercati sono scesi con l’S&P 500 che ha avuto il suo peggior giorno del mese, scendendo dello 0,7 percento e il Dow in calo di 500 punti in una seduta, sulla scia dei dati che hanno mostrato un calo dell’1,1 percento delle vendite al dettaglio a luglio rispetto a giugno.

Tuttavia con il denaro che continua a riversarsi nel sistema finanziario dalla Fed, il sentimento generale dice che l’impennata di Wall Street continuerà, nonostante il Michigan Consumer Sentiment Index sia sceso del 13,5% da luglio ad agosto, ossia di una percentuale superiore ad aprile 2020, quando ha registrato un calo del 19,4 per cento, e dell’ottobre 2008, durante la crisi finanziaria globale, quando scese del 18,1 percento.

Le politiche economiche dell’amministrazione Biden paiono andare allo stesso modo della situazione in Afghanistan.

La dipendenza di Wall Street dal flusso di denaro a buon mercato della Fed (e la montagna di debiti) fa sì che qualsiasi mossa per frenarlo al fine di contrastare l’inflazione scatenerà turbolenze finanziarie.

Nel 2018, quando il presidente della Fed, Powell, aveva fatto riferimento a ulteriori aumenti dei tassi nel 2019 dopo quattro rialzi nei 12 mesi precedenti, Wall Street rispose con un calo significativo, registrando il peggior dicembre dalla Depressione.

Ci aspetta un autunno-inverno molto interessante.

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martedì 17 agosto 2021

La sindrome del Vietnam

 

Ancora una volta l’imperialismo ha mostrato il suo vero volto. Si tratti di quello sovietico o statunitense, e ancor prima di quello inglese o francese. Se non altro i russi avevano il pretesto che l’Afghanistan si trova sull’uscio di casa loro.

Il crollo del regime fantoccio degli Stati Uniti in Afghanistan è un’umiliante debacle per l’imperialismo americano, sulla falsariga di quanto avvenuto in Vietnam nel 1975. Sotto il profilo emotivo e mediatico forse non avrà lo stesso duraturo impatto, ma sul piano strategico e nelle implicazioni e conseguenze politiche la fuga precipitosa dall’Afghanistan avrà conseguenze ancora più significative di quella da Saigon (dove peraltro nell’evacuazione avevano il supporto della marina militare).

Oggi il presidente Biden sostiene che gli USA stavano in Afghanistan per combattere il terrorismo. Dimentica che i gruppi ribelli che combattevano l’occupazione sovietica furono finanziati con miliardi di dollari dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita tramite l’Inter-Services Intelligence pakistano.

La vittoria degli Stati Uniti e dei suoi alleati nella prima guerra contro l’Iraq nel 1991, fu interpretata come la dimostrazione che “la forza funziona”. Il presidente George W. Bush dichiarò che l’imperialismo americano aveva “superato la sindrome del Vietnam una volta per tutte”.

Qual era lo scopo principale della guerra afghana? Il crollo dell’Unione Sovietica aveva creato un vuoto politico in Asia centrale. Instaurando un regime cliente e spostando vaste forze militari nella regione, gli Stati Uniti miravano a stabilire un nuovo quadro politico all’interno del quale esercitare un controllo egemonico.

Gli Stati Uniti godono d’un “vantaggio competitivo” nell’industria degli armamenti. Tuttavia né questo vantaggio né i prodotti di questa industria possono garantire il dominio mondiale. La sconfitta in Afghanistan, per mano di un movimento islamista armato solo di armi leggere in uno dei paesi più poveri e dilaniati dalla guerra, è una metafora della strategia americana, come lo fu il Vietnam mezzo secolo fa.

Nonostante la sofisticatezza delle sue armi, la quota statunitense nella produzione mondiale è diminuita drasticamente. Il suo deficit commerciale internazionale aumenta di miliardi di dollari ogni mese, ed è coperto stampando elettronicamente trilioni di dollari di capitale fittizio. La concezione che sta alla base del culto che la superiorità tecnologica delle proprie armi possa compensare questi indici economici fondamentali è un’illusione pericolosa.

Alla fine di giugno, le agenzie d’intelligence avevano stimato che se anche i talebani avessero guadagnato il potere in ampie zone dell’Afghanistan, ci sarebbe voluto almeno un anno e mezzo prima che Kabul fosse minacciata. Ora si è sbalorditi dal rapido collasso dell’esercito afghano. I diplomatici statunitensi hanno dovuto ammettere che Washington non controlla più nemmeno l’aeroporto di Kabul.

Se i circoli dirigenti americani erano impreparati all’improvviso crollo del regime che sostenevano con costi enormi, ciò è dipeso in larga misura dal fatto che hanno preso per buona la loro stessa propaganda. Nel corso di due decenni, nessun grande giornale, rete televisiva o media mainstream ha esaminato questa guerra di occupazione neocoloniale con un minimo di onestà.

A differenza del Vietnam, la classe dirigente americana non può incolpare della debacle in Afghanistan un movimento contro la guerra, e non si ritirerà dai suoi sforzi per controllare il mondo attraverso la forza militare, da cui dipende la sua ricchezza.


domenica 15 agosto 2021

Finché dura la fiducia

 

La data del 15 agosto 1971 segnò un cambio d’epoca: furono posti in mora gli accordi internazionali di Bretton Woods, vale a dire che finirono i cambi fissi tra le monete e la stabilità monetaria.

Gli accordi del 1944 avevano sancito la sostanziale continuazione del precedente sistema internazionale di cambi e pagamenti valutari denominato gold exchange standard, innovato con la creazione del Fondo monetario internazionale e, aspetto ancor più significativo, con la consacrazione del dollaro quale mediatore unico tra le valute nazionali e l’oro (35 dollari per un’oncia).

Il ferragosto di cinquant’anni fa il presidente Nixon annunciava la sospensione temporanea (in realtà definitiva), della convertibilità del dollaro in oro. Fino a quel giorno, per dirla in termini spicci, chiunque possedesse almeno 35 dollari poteva bussare a Fort Knox per farsi dare in cambio l’equivalente in oro.

sabato 14 agosto 2021

Il mese ideale

 

Agosto è il mese in cui abbiamo la testa altrove, un po’ perché ostaggi della dittatura delle vacanze, un po’ perché oppressi dal caldazzo (canicola), un po’ perché dimentichi delle mille molestie della vita e della difficoltà di essere semplici cittadini. Un mese in cui si sbevazza parecchio e un po’ di tutto, in cui non ci facciamo domande, nel quale non ci chiediamo cosa ne faremo del tempo che rimane, e non si fa troppo caso a certi insoliti avvenimenti. È il mese ideale per fotterci.

Nell’agosto del 1492, nessuno o quasi fece caso a quei poveri disgraziati che un giorno di agosto partirono da Palos per attraversare l’Atlantico su tre piccole imbarcazioni. Arrivati di là da qualche parte, a nessuno fu fatto il tampone, nessuna richiesta di green pass. Da ciò derivarono le tristi conseguenze che sappiamo, dapprima a carico delle popolazioni locali, poi anche qui nella vecchia Europa.

Stessa cosa secoli dopo, quando solo pochi fecero caso alla costruzione, giusto in agosto e nel pieno centro di Berlino, di un muro in cemento così spaventosamente brutto che un presidente degli Stati Uniti, di passaggio in città, rifiutò d’inaugurarlo. Solo in seguito i berlinesi decisero di demolire quell’obbrobrio.

Per quanto riguarda il giorno di ferragosto, basta chiedere un po’ in giro: che cosa successe cinquant’anni fa? Pochi ricordano l’annuncio televisivo del presidente Richard Nixon. Giurò che lui con quelle telefonate non c’entrava nulla, che l’iniziativa di registrarle era stata di Linda Tripp, e che comunque la signorina Monica Lewinsky s’era inventata tutto, che lui aveva perso lo scontrino della tintoria, ecc..

Sarà bene ricordare che, sempre a ferragosto, nella distrazione generale, nacque il primo presidente della repubblica italiana. Non era sardo e neanche siciliano.


venerdì 13 agosto 2021

Il grande caos

 

Il Pentagono ha annunciato ieri che gli Stati Uniti stanno inviando 3.000 soldati e marine in Afghanistan per proteggere le strutture diplomatiche statunitensi a Kabul e organizzare l’evacuazione dei civili americani. Le truppe speciali americane inviate in Afghanistan saranno schierate presso l’aeroporto internazionale di Kabul. Con circa 4.200 dipendenti, l’ambasciata degli Stati Uniti a Kabul è una delle più consistenti al mondo. Il dispiegamento delle truppe avviene mentre l’offensiva fulminea dei talebani – e la disfatta delle forze regolari afghane sostenute dagli Stati Uniti – ha stretto un cappio intorno alla capitale afghana.

Un’altra brigata dell’esercito composta di 3.500 - 4.000 soldati statunitensi è stata inviata in Kuwait in “attesa” di un possibile rapido dispiegamento in Afghanistan.

Nelle ultime ore è giunta la notizia della conquista da parte dei talebani della seconda città più grande dell’Afghanistan, Kandahar, nel sud e della caduta di Herat nell’ovest. Entrambe hanno una popolazione di circa 600.000 abitanti. Kandahar è il luogo di nascita storico dei talebani ed è stato un importante centro militare sia per l’occupazione guidata dagli Stati Uniti che per il regime afghano. Herat, una città prevalentemente di lingua persiana, è la porta strategica per l’Iran.

Nella provincia meridionale di Helmand, la capitale Lashkar Gah è sotto assedio, con i talebani che ieri hanno preso possesso del quartier generale della polizia. L’aviazione statunitense ha effettuato degli attacchi nel tentativo di fermare l’avanzata dei talebani, provocando vittime civili nella città.

Queste sconfitte lasciano al governo del presidente Ashraf Ghani un controllo precario di qualche lembo di territorio attorno a Kabul. Ghani si è recato a Mazar-i-Sharif, una città assediata di mezzo milione di abitanti nel nord, nel tentativo di mobilitare le forze fedeli ai signori della guerra afgani responsabili di alcuni dei peggiori crimini della sanguinosa guerra civile degli anni 1990.

In buona sostanza cosa sta avvenendo in questi giorni in Afghanistan? Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva inizialmente annunciato che tutte le truppe statunitensi sarebbero state ritirate dall’Afghanistan entro settembre 2021, in adempimento di un accordo negoziato tra l’amministrazione Trump e i talebani a Doha nel febbraio 2020.

La maggioranza delle truppe statunitensi e degli appaltatori militari ha già lasciato l’Afghanistan, e il giorno ufficiale per il completamento del ritiro è stato anticipato al 31 agosto. Washington ha dichiarato che avrebbe lasciato una forza di 650 soldati e marines a protezione dell’ambasciata americana e dell’aeroporto di Kabul. La situazione però sta precipitando, gli uomini delle forze regolari afghane si stanno arrendendo senza combattere o si sono semplicemente tolte le uniformi confondendosi tra la popolazione, per cui i nuovi schieramenti statunitensi sono volti non solo a evacuare il personale statunitense, ma a ritardare la caduta di Kabul ed evitare uno spettacolo umiliante come quello nel Vietnam del Sud nel 1975.

Washington sta cercando disperatamente di mediare un accordo con il movimento islamista. L’inviato permanente degli Stati Uniti in Afghanistan, Zalmay Khalilzad, già rappresentante degli interessi della compagnia petrolifera Unocal nel Paese, è stato inviato a Doha per colloqui che hanno coinvolto Cina, Russia, Pakistan, Unione Europea, Nazioni Unite e repubbliche dell’Uzbekistan e del Tagikistan. L’Iran ha rifiutato di prendere parte ai negoziati.

Era presente anche Abdullah Abdullah, presidente dell’Alto Consiglio afgano per la riconciliazione nazionale e rivale elettorale del presidente Ghani. I colloqui di Doha hanno prodotto un’offerta ai talebani di un accordo di condivisione temporanea del potere in cambio di un cessate il fuoco. Il primo ministro pakistano Imran Khan ha dichiarato che qualsiasi accordo del genere dipende dalla rimozione del presidente afghano Ghani. Il grande gioco, dopo vent’anni di guerra, si è trasformato in un grande caos. Un altro.


giovedì 12 agosto 2021

Sempre a favore di vento

 

Povero Durigon, con quella stazza e quel nome (veneto) è diventato un bersaglio ideale per gli antifascisti di un giorno solo. Chi avrebbe immaginato che un esponente di un partito che ha nel cuore e simbolo il richiamo a Mussolini potesse diventare sottosegretario di un governo Draghi?

Nel frattempo è successo anche di peggio: l’ex segretario della gioventù neofascista e poi segretario del partito neofascista italiano divenne vicepremier e ministro degli Esteri, poi presidente della camera dei deputati. Chissà, un giorno non lontano vedremo la prima donna presidente del consiglio dei ministri, per esempio la presidente del partito del nostalgico Durigon, la presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei, la quale sostiene di avere un rapporto “sereno” con il fascismo, alla stregua di un dispositivo intrauterino.

I nomi delle vie, dei luoghi, sono una pura indicazione geografica? Non pare proprio se sono passati solo tre anni da quando l’assemblea capitolina diede il via libera all’intitolazione di una strada per Almirante, votata anche dai consiglieri M5S. Il Pd era assente, come sempre in questi casi. Si era opposta la comunità ebraica esprimendo il proprio sdegno. La sindaca Raggi intervenne e annunciò una mozione che impediva l’intitolazione di strade ad esponenti del fascismo o persone che si siano esposte con idee antisemite o razziali. Lo scandalo è che ci sia voluta una mozione di tal genere!

Ci riproveranno, ce la faranno. Odonimi di fascisti sono dappertutto.

Ricordiamo che il sindaco di Salò l’anno scorso respinse una mozione che chiedeva di togliere la cittadinanza onoraria a tale Mussolini Benito con la seguente motivazione: “lunico modo per debellare l’ideologia sbagliata del fascismo è dimostrare con i fatti che la nostra idea di Stato, liberale e democratico, è quella giusta”, definendo la “mozione strumentale e anacronistica”. Forse la mozione era strumentale, ma liquidare l’ideologia fascista come “sbagliata”, da debellare come fosse la peronospora, rivela superficialità e una certa coda di paglia.

Il primo governo Mussolini piacque anche a Croce, che incoraggiò Gentile ad entrarvi, e ancora dopo il delitto Matteotti sarà sempre Croce in Senato a votare la fiducia al governo. In Italia il ripensamento circa l’adesione al fascismo verrà poi, per gradi, anche con molto ritardo, e con molti distinguo. Per molti, troppi, non è mai arrivato e non arriverà.

Nel dopoguerra sarebbe bastato un codicillo di poche righe perché dalla toponomastica sparissero i nomi di gerarchi e collaborazionisti fascisti. Non lo fece l’arti 4 della legge Scelba (circoscritto poi dalla decisione della corte cost. nel 1956), né fu fatto poi. Troppo presi a gonfiare il petto il 25 aprile.

Nel settembre 2017 fu approvato dalla Camera e poi passò al Senato il progetto di legge di iniziativa popolare che prevedeva l’introduzione dell’art. 293-bis del Codice penale, ossia della norma contro la propaganda e la diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti. Più saputo nulla.

Ci sono vie e perfino una piazza intestate a Italo Balbo, che non è stato solo un “trasvolatore”, bensì squadrista della prima ora e quadrumviro del Partito nazionale fascista. E vi sono ancora delle vie intitolate al criminale di guerra Rodolfo Graziani, e ad altri gerarchi e criminali fascisti. E a Mussolini stesso!

L’Italia è ancora divisa e alle prese con queste bagatelle. È l’Italia nostalgica, un po’ fascista ma anche un po’ antifascista, sempre secondo bisogno, sempre a favore di vento.


mercoledì 11 agosto 2021

Antifascisti per un giorno

 


I sondaggi elettorali sono un’istantanea, hanno un valore predittivo relativo, a volte incappano in clamorose smentite al momento in cui si contano i voti reali. E però se i sondaggi continuano a essere commissionati (e pagati) serviranno a qualcosa di diverso dalla lusinga del momento.

Cinque mesi dopo che l’ex capo della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha formato un “governo di unità nazionale”, il partito di Giorgia Meloni, all’opposizione, è in testa nei sondaggi.

Questo partito aveva ricevuto solo il 4% dei voti nelle ultime elezioni generali del 2018. Ora è dato da mesi e da diversi sondaggi sopra il 20 per cento.

Vero che le prossime elezioni politiche non avranno luogo fino al febbraio/marzo 2023, e che eventuali elezioni anticipate possono tenersi solo dopo le elezioni presidenziali del gennaio 2022, tuttavia non stiamo parlando di un futuro lontano.

martedì 10 agosto 2021

Bye Bye Afghanistan

 

Dopo decenni di occupazione da parte di truppe statunitensi e dei loro alleati, la disfatta delle forze regolari afghane per mano dei talebani sta provocando recriminazioni sempre più amare nei circoli dirigenti statunitensi sul tema: “Chi ha perso l’Afghanistan?” Il Wall Street Journal ieri ha pubblicato un editoriale che ha definito il ritiro degli Stati Uniti una “debacle” dovuta a “Biden, che ha ignorato i consigli dei militari e si è ritirato in modo così avventato e senza un piano per prevenire il disastro”.

Una catastrofe militare di questa portata non può essere attribuita alla mancanza di un “piano”. In realtà è un piano di ritiro, già annunciato, che dovrebbe concludersi alla data fatidica dell’11 settembre prossimo. Un piano d’abbandono di un regime che è una cleptocrazia corrotta, i cui esponenti si sono arricchiti con l’appropriazione indebita degli aiuti statunitensi. Come avvenne a suo tempo nel Vietnam del Sud e in altri casi “gestiti” dagli Usa. E fa parte di un nuovo piano strategico.

venerdì 6 agosto 2021

Una guerra per finta

 

Tutti ricordiamo la data del 6 agosto 1945 per un motivo ben preciso. Bisognerebbe anche ricordare che l’Italia il 15 luglio dello stesso anno aveva dichiarato guerra al Giappone. Poi il 15 agosto ci fu il famoso Rescritto dell’imperatore. Il 2 settembre la firma della resa ufficiale del Giappone a Tokio, presenti i giapponesi sconfitti e i rappresentanti delle potenze vincitrici. Non era presente un rappresentante italiano, col rischio di ritrovarsi, dopo la firma della pace avvenuta a bordo della “Missouri”, come l’unico paese ancora in guerra col Giappone.

giovedì 5 agosto 2021

In pro di Massimo Cacciari

 


Immagino che in quell’“ecc.” riferito ai fessi provenienti da ogni angolo
siano compresi medici e affini.
Per par condicio s’intende.


Il prof. Massimo Cacciari non ha disdegnato di occuparsi della questione del Covid-19 e dei vaccini, in ciò dimostrando di possedere in sommo grado la rara virtù di non disprezzare le piccole cose di questo mondo. Peraltro affiancandosi alle tesi di Giorgio Agamben, fatto che se non dà lustro al suo fiuto “trentennale” costituisce nondimeno una prova del suo ardimento intellettuale, del suo sprezzo per le convenzioni e contro le posizioni più volgari e anodine, le manifestazioni di piatta obbedienza.

Il professore veneziano, in qualunque altra causa, se non avesse vinto avrebbe puntato all’onore della maglia, e non dubito che anche in siffatta occasione abbia accuratamente soppesato le conseguenze alle quali andava incontro esponendo il suo nome e la sua reputazione ai sarcasmi e malignità di un vecchio mondo umanamente e culturalmente miserabile in cui tout se tient.

Insomma, tutto potrebbe finire qui, in questo elogio del suo anticonformismo anziché rinfacciargli di stare attento a ciò che scrive. Sennonché bisogna osservare che nessuna delle obiezioni che gli sono state rivolte ha colto la vera essenza di ciò che ha scritto e voluto sostenere, annoverandolo sic et simpliciter tra i no vax e no green pass, nemico della scienza e di tutto ciò che gli sta intorno e gli va dietro.

“Guai se il vaccino si trasforma in una sorta di simbolo politico-religioso. Ciò non solo rappresenterebbe una deriva anti-democratica intollerabile, ma contrasterebbe con la stessa evidenza scientifica. Nessuno invita a non vaccinarsi! Una cosa è sostenere l’utilità, comunque, del vaccino, altra, completamente diversa, tacere del fatto che ci troviamo tuttora in una fase di “sperimentazione di massa” e che su molti, fondamentali aspetti del problema il dibattito scientifico è del tutto aperto”.

Basterebbe leggere attentamente gli ultimi dati dell’EMA in tema di vaccinazioni, resi noti ieri, per rendersi conto che l’enfasi vaccinale contrasta con una doverosa cautela a fronte degli effetti collaterali potenzialmente gravi del farmaco, la cui percentuale di “avversità” non è trascurabile e la verifica dei “casi” è ben lungi dall’essere esaustiva e pacifica. Dunque, una cosa è sostenere l’utilità, comunque, del vaccino, come fa Cacciari, altra questione è di eccitare ad arte le “opposte fazioni” per ragioni di bottega (non pareva vero, piatto ricco mi ci ficco).

E sul fatto che il green pass non può diventare discrimine di diritti fondamentali della persona, penso che Cacciari abbia quantomeno motivo e ragione nel porre il problema.


Il prisma deformante

 


Questa foto un tempo divenne molto nota, la scattò W. Eugene Smith, si riferisce al disastro di Minamata.

Tra il 1951 e il 1968, l’industria chimica Chisso Corporation scaricò migliaia di tonnellate di acque reflue non trattate contenenti il metilmercurio, sostanza altamente tossica, nella baia di Minamata, nel sud-ovest del Giappone, avvelenando i pesci locali e altre forme di vita marina. E un villaggio di pescatori.

Gli abitanti della zona, avendo sempre mangiato pesce della baia, negli anni 1950 notarono strani comportamenti e malattie tra i gatti, e poi, nel 1956, comparvero i primi casi umani.

mercoledì 4 agosto 2021

Vaccinazioni, cosa dice il Rapporto dell'AIFA

 

È stato pubblicato il Rapporto dell’AIFA sulla Sorveglianza dei vaccini COVID19, per il periodo dal 27/12/2020 al 26/07/2021.

Premesso che un evento avverso è un qualsiasi episodio sfavorevole che si verifica dopo la somministrazione di un farmaco o di un vaccino, ma che non è necessariamente causato dallassunzione del farmaco o dall’aver ricevuto la vaccinazione, nel periodo considerato sono pervenute 84.322 segnalazioni su un totale di 65.926.591 dosi somministrate (tasso di segnalazione di 128 ogni 100.000 dosi).

Di tali segnalazioni, l’87,1% riferite a eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari. Le segnalazioni gravi corrispondono al 12,8% del totale, con un tasso di 16 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate.

«La maggior parte delle segnalazioni sono relative al vaccino Comirnaty (68%), finora il più utilizzato nella campagna vaccinale (71% delle dosi somministrate) e solo in minor misura al vaccino Vaxzevria (25% delle segnalazioni e 17% delle dosi somministrate), al vaccino Spikevax (6% delle segnalazioni e 10% delle dosi somministrare) e al vaccino COVID-19 Janssen (1% delle segnalazioni e 2% delle dosi somministrate).»

Non va trascurato che circa il 74% delle segnalazioni proviene da operatori sanitari, prevalentemente medici e farmacisti, mentre circa il 25% da paziente/cittadino, con un modesto incremento rispetto ai mesi precedenti. Il 96% circa di queste segnalazioni è di tipo spontaneo. Pertanto, è probabile che le persone che hanno presentato qualche problema, non grave, siano nettamente di più rispetto alle segnalazioni ufficiali ricevute.

Del 12,8% di casi gravi, il decesso interessa lo 0,6% e così il tasso d’invalidità. Il 58% circa delle segnalazioni gravi riporta come esito la “risoluzione completa” o “il miglioramento” dell’evento e il 25% risulta non ancora guarito al momento della segnalazione. La distribuzione per esito non presenta differenze significative fra i vaccini attualmente in uso.

Indipendentemente dalla tipologia di vaccino, dal numero di dose e dal nesso di causalità, 498 segnalazioni riportano l’esito “decesso” con un tasso di segnalazione di 0,75/100.000 dosi somministrate. Non sono segnalati decessi a seguito di shock anafilattico o reazioni allergiche importanti, mentre è frequente la correlazione con complicanze di patologie già presenti prima della vaccinazione.

La maggior percentuale di reazioni avverse si è registrata nelle fasce d’età dai 20 ai 59 anni, con un picco in quella 30-39, in netta prevalenza donne.

«A fronte di un’esposizione sovrapponibile fra i sessi (53% delle dosi somministrate nel sesso femminile e del 47% nel sesso maschile), il 72% delle segnalazioni riguarda le donne (175/100.000 dosi somministrate) e il 27% gli uomini (73/100.000 dosi somministrate), indipendentemente dal vaccino e dalla dose somministrati. Tale andamento è osservabile anche negli altri Paesi europei.»


Perversioni viennesi

 

Un malanno in particolare angustiava la vita della signorina Anna, di 21 anni. Lo raccontava nella sua autobiografia del 1921: soffriva di dispareunia, cioè di dolori genitali durante il rapporto sessuale. In premessa al libro della giovane, il medico e psicologo Wilhelm Stekel (1868 – 1940), scriveva che Anna «si lamentava di non aver mai conosciuto il piacere, malgrado tutte le sue relazioni d’amore. Giungeva all’orgasmo masturbandosi, mai nel coito.»