mercoledì 30 giugno 2021

Il carcere, specchio dei rapporti sociali

 

I media hanno scoperto che nelle carceri si praticano sevizie e tortura. Questione di un paio di giorni, dopodiché la questione passerà nelle pagine interne e poi più nulla.

Nel corso del tempo l’arte di punire s’è “addolcita” e affinata l’ideologia del controllo. S’è trasformato l’arcipelago carcerario, almeno apparentemente, superando certe situazioni descritte in film come Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy (gli intellettuali di sinistra svolgevano ancora una funzione sociale progressista).

Nella sostanza della realtà non è cambiato nulla, come del resto e da ultimo testimoniano le immagini provenienti dal carcere di Capua.

All’origine c’è una contraddizione sulla quale si sorvola: da un lato l’utopia del recupero del “deviante” per restituirlo al contesto sociale; dall’altro il pregiudizio di pericolosità che impedisce la reintegrazione.

Nel primo caso il carcere avrebbe una funzione terapeutica, ossia quella di curare per restituire il malato alla sanità della norma; nel secondo caso, la prigione si chiude nell’impermeabilità delle sue mura, nella separatezza e morte civile.

Queste due funzioni, quella sociale/terapeutica e quella disciplinare/repressiva, coesistono e s’influenzano a vicenda, ma la loro bivalenza non può emergere che in modo contraddittorio, prevalendo ora l’una ora l’altra tendenza.

Anche l’utopia riformatrice dei decenni scorsi, non ha fatto altro che riconfermare l’aporia originaria, della cui esistenza tali riforme sono il prodotto, come volontà di superare questa dicotomia. Che però è organica al modello carcerario stesso, il quale è specchio, in ogni epoca, dei rapporti sociali vigenti e delle relative forme di dominio.

1 commento:

  1. Credo che alla base di tutto ci sia una profonda ingiustizia dovuta alla farraginosa e manovrata macchina processuale. Questa "produce" potenziali delinquenti anziché curarne gli errori....e spesso garantisce la libertà ai veri colpevoli.....(mi chiedo per esempio quali pene abbia scontato un LADRO come il"celeste"....)
    Detto questo non approvo assolutamente la violenza fine a sé stessa perpetrata nelle carceri e mi domando dove mai possa arrivare lo smodato desiderio di fare male al proprio prossimo......
    Vorrei che ci fosse possibilità di recupero non certo per i vari "celeste" ma per le tante persone che finiscono ingiustamente a riempire le carceri e che molto raramente riescono a riappropriarsi della propria vita
    ...certo uno stato che oltre a non offrire un lavoro dignitoso che sta alla base di una sana vita, propone solo modelli irraggiungibili al comune mortale, n o n aiuta nel recupero....

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