sabato 24 aprile 2021

Come i Rothschild gabbarono Napoleone

 

Un tempo, ma anche oggi, il nome Rothschild fu sinonimo di banchieri e di un grande potere finanziario. I Rothschild rappresentavano una schiatta adusa a prestare denaro a interesse e a maneggiare commerci, dunque dei “perfidi giudei”. Vox populi, vox Dei, si diceva quando faceva comodo chiamare a testimone la plebe.

Per quanto mi riguarda, non do credito alla tesi su talune presunte attitudini che sarebbero “innate”, e ciò non vale solo per le “attitudini usuraie” e simili addossate agli ebrei, ma anche per altri tipi di attitudini, poiché esse, anche quando intese in senso positivo, rappresentano l’altra faccia di un pregiudizio.

Vorrei ricordare che a latere dei ricchi ebrei ne esistono molti di condizione economica più comune. Se, inoltre, scorrendo l’elenco dei nomi dei premi Nobel s’incontrano parecchi nomi ebrei, va tuttavia osservato che nello stesso elenco sono scarse le donne, pochi i “non bianchi” e per meriti scientifici non c’è alcun “nero”. Magari la faccenda è un po’ più complicata e non riguarda solo “talento” e “attitudini”.

Ricordo di aver letto, alcuni anni fa, un saggio sulla questione ebraica scritto da Carlo Cattaneo, che respingeva la tesi sull’innata propensione finanziaria degli ebrei, motivandola invece con ragioni storiche.

Oggi non ho sottomano il librone delle opere di Cattaneo che conteneva quel saggio, restituito alla biblioteca Bertoliana che in via di eccezione me lo aveva prestato. Ad ogni modo cito Cattaneo, nome rinverdito anni addietro per motivi di bottega politica, per rilevare che se l’antisemitismo ha radici profonde, tuttavia vi sono sempre state persone che nei giudizi si sono basate su dati storici fattuali e non sui più frusti truismi etnico- religiosi.

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Il ghetto ebraico di Venezia è famoso per essere l’antesignano di altri simili luoghi nelle città d’Europa, quartieri nei quali gli ebrei dovevano obbligatoriamente risiedere e sottostare a determinati vincoli.

Va però rilevato che tale tipo di confinamento, per quanto riguarda gli ebrei, non fu un fenomeno nuovo prima del suo esordio nella repubblica lagunare (ma anche, sia pure in diversa misura, per quanto attiene per esempio i commercianti tedeschi o turchi, di cui ai relativi fondaci; un rampollo dei Fugger, per esempio, racconta la sua esperienza a Venezia costretto a vivere confinato in una stanzetta promiscua all’interno di grandi magazzini commerciali).

Nella città di Francoforte sul Meno, nel 1462, fu decretato che gli ebrei dovessero sgombrare tutte le abitazioni fino allora occupate, stabilendosi in un rione apposito, la cosiddetta “città degli ebrei”.

Goethe descrive quel quartiere costituito da una strada stretta e oscura, “incastrato” tra le mura della città e il fossato. Nella seconda decade del 1700, l’unica insurrezione fino ad allora scoppiata a Francoforte ebbe luogo per la cacciata degli ebrei dalla città, con eccidi e saccheggi.

Non molto tempo dopo, gli ebrei tornarono in città, ma dovettero acquistare la protezione nelle proprie persone e dei propri averi per ottenere la qualifica di Schutzjuden, ossia di ebrei privilegiati.

Non potevano acquistare beni immobili, essere artigiani o agricoltori, non era loro consentito il commercio di molti prodotti, come frutta, armi, seta, né potevano uscire di notte o nei giorni festivi o far commercio di articoli fuori del quartiere, salvo che in tempo di fiera, né passeggiare in certi luoghi cittadini, compresi i giardini pubblici.

Evidenti i motivi per cui si sviluppassero certe attività economiche e non altre, come il dar denaro a prestito, e una scaltra capacità commerciale, che si accompagnava con l’avversione per i cristiani e le loro ignobili angherie. In tal modo fu naturale conseguenza che si creasse un’atmosfera di odio reciproco.

Fu in questa città di Francoforte, in quel ghetto, in tali anguste e promiscue condizioni, che vissero gli antenati dei famosi banchieri Rothschild, il cui nome deriva da una piccola targa rossa posta nel fabbricato dove la famiglia alloggiava e aveva bottega.

Nel 1785, Meyer Amschel Rothschild (1744-1812), già Bauer (contadino), acquistò una casa detta “alla targa verde”, cosa che in seguito ha creato qualche equivoco. In quella casa, in una stanzetta di non più di 10 metri quadri, ebbe la prima sede la banca Rothschild. Arredamento principale un capace cofano nero, ferrato e munito di un voluminoso lucchetto, che si apre in modo speciale e segreto. Vi si trovano anche ripostigli segreti, ricavati con grande abilità nel muro. Tale era il luogo dove Meyer Amschel e i suoi figli gettarono le basi dell’imponente sviluppo della loro casata (comunemente Meyer è trascritto oggi come Mayer, a mio avviso inappropriatamente).

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Il langraviato Federico era morto d’improvviso durante un pranzo non proprio frugale. Suo figlio, Guglielmo IX, ereditò il trono d’Assia-Kassel, ma anche un immenso patrimonio di diverse decine di milioni di talleri. Meyer Amschel si recò a Kassel con una sceltissima collezione di monete, medaglie e collane d’oro ingemmate, offrendo tutto ciò al principe a prezzo vantaggioso. L’affare fu concluso. Questo il primo contatto tra i due.

Giunsero gli anni della rivoluzione francese, che spazzando tutta l’Europa toccava direttamente o indirettamente tutti quanti. Era ovviamente una grave minaccia anzitutto per i principi tedeschi limitrofi della Francia, i quali provano a coalizzarsi, ma sono mal guidati e discordi.

Nel 1793, il generale francese Adam Philippe de Custine, si spinse oltre il Reno, fino a Francoforte, fatto che indusse Guglielmo, terrorizzato, a tornare precipitosamente a Kassel. L’Inghilterra, entrata nella coalizione contro la Francia, finanziò la costosissima riscossa dei principi tedeschi. Meyer Amschel fu tra quelli che si diedero un gran daffare per realizzare le lettere di cambio emesse all’uopo dall’Inghilterra.

Il de Custine, detto general moustache, subì in seguito numerose sconfitte, quindi fu condannato a morte il 27 agosto 1793 e ghigliottinato il giorno successivo. Erano tempi nei quali a saldo dei propri errori la giustizia arrivava rapida e tagliente, e non con prepensionamenti dorati. Dicono oggi a Roma: à la guerre comme à la guerre, ma sanno di farla franca e non temono conseguenze.

Meyer Amschel ampliò i propri affari finanziari e di forniture. La guerra offriva occasioni per profitti vertiginosi, e in ciò sta il nocciolo vero dell’immenso patrimonio di casa Rothschild. Tuttavia non era più possibile nascondere il proprio patrimonio al fisco. D’un tratto, nel 1795, le sue imposte raddoppiarono e venne classificato tra i maggiori contribuenti.

I suoi numerosi figli gli risparmiano di assumere estranei nella sua attività, di far conoscere i metodi con i quali è governata la sua azienda. La persecuzione degli ebrei impone alla comunità di serrare le fila. Tuttavia, infine, è costretto ad assumere anche contabili che conoscano le lingue, e non solo l’ebraico e un cattivo dialetto tedesco, per curare la forma della sua corrispondenza con personaggi altolocati di ogni dove.

Meyer Amschel attende che passino le burrasche della rivoluzione, risparmia e lesina comunque e dovunque quanto può, escogitando ogni espediente per investire in modo proficuo i contanti che si accumulano. C’è chi parla di avarizia e di ardente sete di possedere. Non può destare sorpresa che l’unico modo di sottrarsi alle meschine condizioni in cui erano costretti a vivere fosse quello di emanciparsi economicamente.

Il citato langravio Guglielmo d’Assia, con il suo immenso patrimonio, era diventato il banchiere di se stesso, dei principi suoi colleghi, così come dei piccoli commercianti ebrei e persino degli artigiani. Meyer Amschel non tarda a servire da intermediario in materia finanziaria tra il langravio e l’imperatore d’Austria. Inoltre, tra il 1803 e il 1806 cura sette prestiti concessi da Guglielmo IX alla Danimarca. Il suo patrimonio alla fine del Settecento è quasi di un milione di fiorini, cifra davvero cospicua per quel tempo.

Il rilascio di lettere di cambio, pagamenti in contanti, le importazioni di merci dall’Inghilterra, fornitrice principale della piazza di Francoforte, che a sua volta provvede tutta la Germania, fanno sorgere il bisogno di stabilire un rappresentante oltre Manica. Poiché questi deve essere una persona di assoluta fiducia, nulla di più ovvio che sia uno dei figli dell’anziano Rothschild.

Si chiama Nathan, si stabilisce dapprima a Manchester e poi a Londra, porta con sé quanto più denaro liquido può e altro gli venne spedito successivamente: circa ventimila sterline. Questa è la prima ramificazione della casa Rothschild, ed è il logico prodotto della situazione familiare e dei bisogni del traffico di mercanzie con l’Inghilterra, oltre che in operazioni sul debito pubblico degli Stati e nell’investment banking, loro precipue specialità.

Con la contesa tra l’Inghilterra e la Francia napoleonica in pieno svolgimento, il capostipite della casata si rende conto che un esatto e rapido orientamento, così come l’essere primo a ricevere notizie in tempo di guerra, è di somma importanza per un banchiere e per un uomo d’affari. Suo figlio Nathan è nella posizione migliore per osservare, giudicare e sfruttare il succedersi degli eventi da Londra.

Quando arriva Napoleone nell’Assia-Kassel, il langravio Guglielmo, nel frattempo diventato principe elettore, non sa dove nascondere l’immenso patrimonio, costituito non solo di contante, ma anche di vasellame d’oro e argento, antiquariato, collezioni di monete e medaglie, da numerose casse di obbligazioni e titoli di credito.

Decide di spedire l’ingente patrimonio in Inghilterra, ma è a questo punto che si assiste a una scena comica che rivela il carattere dell’uomo. Guglielmo non fa imbarcare tutte le sue casse e ciò, avaro com’è, per fare un’economia di appena 50 talleri sul trasporto. Una piccola parte di quella fortuna verrà custodita dai Rothschild, e in seguito restituita al principe.

Il generale Joseph Lagrange, inviato di Napoleone per il sequestro dei beni del principe, abbagliato dalle immense ricchezze rinvenute, pensa di approfittare anche per conto proprio. Quantunque Napoleone sappia che si tratta di cospicue fortune, non può aspettarsi una sostanza così immensa quale è scoperta effettivamente. Secondo Egon Corti, biografo dei Rothschild (ed. Dall’Oglio), contro un comodo compenso Lagrange restituisce al principe elettore, tramite funzionari assiani, 42 delle casse sequestrate (pp. 30-31).

Quando scatta il blocco continentale imposto da Napoleone, l’Inghilterra viene privata dei mercati sotto il controllo della Francia, ma liberata dalla concorrenza francese. L’Inghilterra si rifaceva a spese degli alleati e dei neutrali. Al principio del XIX secolo, il 72% delle importazioni britanniche provenivano dalla Russia e dalla Prussia; i tre quarti dei cereali dal porto di Danzica. Si capisce bene quale danno provocasse il blocco decretato Napoleone per i paesi occupati, alleati o neutrali.

I Rothschild presenti a Francoforte e Nathan stabilitosi a Londra, maritatosi con la figlia di un ricco commerciante ebreo, prendono parte al diffuso contrabbando di filati, tessuti di cotone, zucchero di canna, indaco e tabacco, ricavandone elevati profitti. La casa Rothschild tiene una doppia contabilità, una ufficiale per le autorità e il fisco, un’altra per gli affari più segreti e lucrosi.

Il fatto più incredibile riguarda il modo in cui, tramite i figli presenti in Francia e quello residente a Londra, i Rothschild riuscissero a finanziare Wellington, allora in Spagna, tramite la Francia, anzi ottenendo addirittura l’appoggio del governo francese per quelle operazioni finanziarie.

Wellington, che combatteva i francesi nella penisola iberica, aveva urgente necessità di provvedersi di grosse somme per il mantenimento e la paga delle sue truppe. Portare in Portogallo e Spagna, per mare, ingenti somme era pericolosissimo e soprattutto molto oneroso a causa degli ingenti premi di assicurazione. Wellington fu costretto a rimediare prendendo denari a prestito da cambiavalute e banchieri di Malta, Sicilia e Spagna, di dubbia fama, e a tassi da strozzini.

I provvedimenti del Tesoro britannico per l’esercito di Wellington restano inadeguati e il generale scrive indignato a Londra che il governo farebbe molto meglio a sospendere del tutto le operazioni in Portogallo e Spagna se non è in grado di pagare il prezzo. Al riguardo George Lefebvre scrive: “La prima causa di ciò fu l’incuria o l’incompetenza della Tesoreria. Nathan Rothschild raccontò che un giorno, avendo appreso che la Compagnia delle Indie cercava di disfarsi di una forte somma in argento, si affrettò ad acquistarla per venderla immediatamente al paymaster che non riusciva a trovarne; egli stesso si incaricò poi di inviarla a Wellington e, a tal fine, la fece passare in Francia, dove comprò delle tratte sulla Sicilia, Malta e perfino sulla Spagna (Napoleone, ed. Laterza, p. 420).

Nathan Rothschild acquistava a prezzo molto basso un gran numero di tratte emesse da Wellington e le riscuoteva dall’erario britannico. Il denaro liquido, tramite la Manica, veniva inviato in Francia a uno dei suoi fratelli, Giacomo, quindi inoltrato a diverse banche di Parigi. Queste, a loro volta, rilasciano in cambio tratte su banchi di Spagna, Sicilia e Malta, e le inerenti lettere di credito, che per il tramite di qualche commerciante, sono fatte pervenire a Wellington, il quale poi riscuote le somme da quei banchi.

Il ministro delle finanze di Napoleone, conte Mollien, venne informato di quel traffico e scrisse a Napoleone, il 26 maggio 1811: “Un francofortese, che si trova attualmente a Parigi e si chiama Rothschild, si occupa principalmente di trasportare contante inglese dalla costa d’Inghilterra a Dunkerque”.

Napoleone scagliò fulmini nel 1811 “contro gli scontisti del commercio inglese”; scrive Lefebvre, “nondimeno egli non li colpì.” Non si può spiegare questo comportamento se non col suo mercantilismo: “Se voleva impedire agli inglesi di vendere, non rinunciava però ad esportare presso di loro e a sottrarre loro numerario. [...] l’allettamento dell’oro e le considerazioni fiscali gli fecero anche trascurare le possibilità di affamare Inghilterra e lo spinsero a dare il grano di cui essa bisognava” (cit., p. 415).

Giacomo, per ottenere l’appoggio del governo francese all’operazione, face credere al ministro che in Inghilterra si vedeva di malocchio l’esodo di denaro contante, e si faceva di tutto per ostacolarlo. Naturalmente le autorità francesi non erano al corrente che il denaro proveniente da Londra verso Parigi era destinato per altre vie a giungere nelle mani del comandante delle forze britanniche in Spagna.

Scriveva il 25 gennaio 1808 il ministro olandese Valckenaer al re Luigi: “di tutti i manufatti inglesi che circolano sul continente, non ce n’è alcuno che sia più proficuo o più importante per gli inglesi della carta di banca [...]. È essa che, col suo potere magico, sostiene la gran mole del commercio inglese nelle quattro parti del mondo [...]; tale è l’effetto del sistema delle tratte e cambiali spiccate o direttamente dall’Inghilterra o indirettamente, ma per conto dei inglesi, in tutte le piazze commerciali del continente europeo”.

Un paio di cose, per ultimo, a proposito di Nathan: non è vero che avrebbe assistito personalmente alla vittoria di Wellington a Waterloo. Vero è che un suo corriere portò in Inghilterra per primo, il 20 giugno 1815, una gazzetta fresca di stampa con la notizia.

Nathan inoltrò la notizia al governo inglese il giorno dopo. Ha speculato in Borsa grazie a questa anteprima? È possibile, ma ciò non fu all’origine della sua fortuna perché già ricchissimo.

Nel 1824, Nathan e Moses Montefiore fondarono l’Alliance Assurance Company, che oggi fa parte del Gruppo RSA. Nel 1835, Nathan si assicurò i diritti sulle miniere di mercurio in Spagna, ottenendo un monopolio mondiale sull’elemento chimico, che è fondamentale per la raffinazione dell’oro e dell’argento. Questa fornitura si rivelò preziosa nel 1852, quando NM Rothschild & Sons iniziò a raffinare oro e argento per la Banca d’Inghilterra e la Royal Mint (Zecca Reale).

10 commenti:

  1. Eccellente post.
    Riguardo all'abilità finanziaria degli ebrei, dubito che si possa spiegare solo con lo stato di necessità indotto dalle limitazioni subite: una sorta di "disfunzione che crea l'organo". Dovrebbe allora valere per molte altre etnie tenute in posizione di inferiorità. Ritengo invece che ci siano motivi culturali. Curiosamente, non mi risultano studi paralleli a quello di Max Weber sui rapporti fra capitalismo e protestantesimo. Voglio dire, studi scevri da astio razzista. Tu ne conosci?

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    1. ma mi sembra ovvio che vi sono dei motivi d'ordine sociale e culturale, sennò quali?
      su Weber e certe coglionerie (scasa la presunzione, ma non se ne può più) è da tempo che vorrei scrivere due righe, lo farò.

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    2. Weber descrive bene lo spirito del capitalismo. Ciò che non dimostra bene è il collegamento con l'etica protestante, soprattutto per la presenza ingombrante della predestinazione.
      Però io non intendevo giudicare l'efficacia del ragionamento di Weber. Mi chiedevo solo se esistesse un parallelo studio che riguardasse i rapporti fra la cultura ebraica e l'abilità a muovere il denaro. Uno studio che non fosse pregiudizialmente ostile.

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    3. Oh bravo, l'etica protestante non c'entra, ma le nuove rotte commerciali. Amsterdam era e resta a maggioranza cattolica, per dire.
      No, non mi pare di conoscere nessun lavoro del genere, ma sicuramente ci sarà.

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    4. Amsterdam cattolica? A me risulta più protestante, se parliamo di etica. Che i cattolici siano oggi più praticanti è altro discorso.
      Ciao, buon 25 Aprile

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    5. no, semmai più laica, ma a maggioranza l'olanda è cattolica, seguono i protestanti, quindi gli islamici. ad amsterdam: cattolici, islamici, protestanti.

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  2. Cara Olympe, grazie per l'articolo,
    le segnalo qualche refuso:
    pranzo non proprio fugale
    provenivano dalla Russia e dalla Russia
    da solo porto di Danzica
    Si capisce bene quale danno provocarsse

    e una domanda:
    acquistò una casa detta “alla targa verde”, cosa che in seguito ha creato qualche equivoco

    sarei curioso di sapere quale...

    buona domenica
    maurix

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    1. grazie, assunto come correttore di bozze a titolo gratuito.
      se la targa è verde come fa a chiamarsi Rothschild?
      buona domenica a te.

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  3. Le "interdizioni Israelitiche" di Carlo Cattaneo furono stampate nel 1962 da Einaudi. Ho qui davanti la ristampa nella NUE del 1987.
    Probabilmente in qualche biblioteca si trova ancora.

    buon 25 aprile (se si usa ancora)

    nicola nicolis

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    1. non conoscevo l'edizione, grazie
      buon 25 aprile, eccome
      questa mattina, il sindaco, eletto forza italia, ma già ulivo e poi, d'un sol balzo, candidato alleanza nazionale per provincia (assieme a Paolo Rossi buonanima), oggi, senza vergogna, ha celebrato, tra inni alpini della 1^ GM e tale "canzone di Nassirya". bella ciao in quasi 40 anni mai sentita suonare in tale occasione. viva.

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