sabato 30 gennaio 2021

Senza fretta

 

Se anche un ex banchiere e presidente della Repubblica francese in carica viene a dire pubblicamente che il capitalismo non funziona più, vuol dire che anche presso l’aristocrazia del denaro serpeggia una certa inquietudine sul presente e il domani. Resta da capire, a fronte all’affermazione del presidente francese, che cosa dovrebbero dire i francesi che non vivono all’Eliseo e la devono sfangare ogni giorno. Nonché ogni persona provvista di un disagio quasi fisico dinanzi alle scandalose disuguaglianze, che invece altri percepiscono come meri “effetti collaterali” che accompagnano il benessere raggiunto dalle classi subalterne.

Non è casuale che all’Eliseo ormai si regni solo per un mandato, che il Campidoglio sia preso d’assalto dalla folla, che al civico 10 di Downing Street abiti un cretino, che a Tokyo governino degli italiani e a palazzo Chigi resista l’ultimo dei giapponesi. Tutto sembra fuori tempo storico. Basti vedere quanto succede al Quirinale dove vanno in scena le “consultazioni”, l’esausto rito protocollare, consumato tra picchetti d’onore, arazzi e preziose porcellane, con compiaciuta scorreggia finale che l’eroicomico di turno immette nel circuito mediatico per la beffa a chi gli dà ancora corda.

Finché il debito consentirà di pagare puntualmente stipendi e pensioni, di evadere ed eludere, di fottersene di tutto. Dopodiché, esaurito il credito residuo, il “mostro” lascerà le postazioni di internet e scenderà nelle piazze, minacciando di sciamare per le stanze palatine romane tra gli arazzi e le porcellane. La necessità imporrà la sua legge, come sempre nella storia. La quale non ha fretta, non conta i giorni e gli anni, soprattutto non guarda in faccia a nessuno.


venerdì 29 gennaio 2021

Nel gioco delle parti

 

Sistema Imperialistico delle Multinazionali, un’espressione irrisa, come se non cogliesse uno dei nodi fondamentali della realtà contemporanea, come conferma, per esempio e da ultimo, la guerra sui vaccini o quella, non solo commerciale, dei semiconduttori, ecc.. Si conceda che, almeno in questo, l’analisi delle Brigate rosse fosse più lungimirante del chiacchiericcio sociologico-mediatico che accompagna da sempre l’intento di ricomporre le contraddizioni strutturali interne alla società borghese.

Come ribeccarsi il virus


Il presidente Macron ci viene a raccontare che “il capitalismo non funziona più”. Salvo il fatto che non lo possiamo togliere di torno come un paio di scarpe vecchie. E perché mai non funziona più? Rivelazione: «l’accelerazione» della finanza e della digitalizzazione hanno “spezzato” quel «compromesso» che legava il capitalismo «alla società democratica, alla libertà individuale e all’espansione della classe media». Porc ... !

Siamo immersi in un bagno di apatia, paralizzati dalla psicosi virale, sopraffatti da un senso continuo di colpa, dall’impotenza verso gli ignoranti e l’allarmismo degli “esperti”, imbelli verso le decisioni prese alle nostre spalle e però per il nostro bene, disponibili verso un potere benevolo che con i “ristori” ha finora comprato il silenzio di molti. E viene fuori questo tipo di gente che non solo ti dice che si stanno prendendo cura della tua salute, ma che il sistema capitalistico non funziona più.

A causa di questo tipo di dichiarazioni contraddittorie è ovvio che la confusione è nella testa di tutti.

Per dire cose così innovative non basta essere un ex primo ministro italiano e fare pompini a un principe saudita. Devi altresì essere in affari con Rothschild & Cie Banque, guadagnare con una sola transazione 3,3 milioni di euro e poi dichiarare che sei un nullatenente. Insomma, meglio se sei un presidente della repubblica francese.

Stavo quasi per persuadermi che l’anticapitalismo fosse vintage, e poi arrivano questi asintomatici e ti ribecchi la malattia. 

giovedì 28 gennaio 2021

Alla fine usciremo da un camino


L’autorità comunale può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere se vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica, e dunque anche se il de cuius avesse disposto diversamente il suo cadavere viene avviato d’ufficio alla cremazione.

Lasciando da parte la pietas e ragionando tecnicamente, la cremazione è un processo di mineralizzazione del cadavere ad alta temperatura, dove il feretro è posto nella camera di combustione primaria ad una temperatura tra 300 e 800° C..

Molti credono che la cremazione produca subito delle ceneri, in realtà non è così, poiché derivano dalla frantumazione, attuata in genere con procedimenti meccanici (rulli), dei frammenti ossei calcinati raccolti a processo avvenuto. La durata di una cremazione nei moderni impianti può durare da un minimo di 90 minuti a un massimo di 3 ore.

L’impianto di cremazione è costituito da: “camera di combustione primaria”, ossia dalla camera nella quale viene inserito il feretro per il processo di essiccazione pre-cremazione (i tessuti molli e i liquidi evaporano) e poi la cremazione vera e propria; “camera secondaria o di post-combustione”, destinata all’ossidazione dei prodotti della combustione provenienti dalla camera primaria; la zona di raffreddamento e mineralizzazione delle ceneri; la zona di scarico, triturazione delle ossa calcinate ed evacuazione delle “ceneri” (*).

Insomma, un processo abbastanza lungo e molto complesso, assai dispendioso in termini energetici (gas, energia elettrica, ecc.) che si compie in varie fasi, compresa quella del trattamento finale delle ossa.

Durante la fase acuta della prima ondata dell’epidemia di coronavirus hanno fatto il giro del mondo le immagini dei mezzi militari italiani, che trasportavano i feretri da una delle zone più colpite verso altre regioni, a causa dell’insufficienza di strutture crematorie disponibili, per l’eccezionale affluenza di salme.

Gli impianti italiani, nel 2019, erano 85, con mediamente un carico di lavoro per singola unità molto superiore a quelli di alcuni altri paesi europei. Questi impianti si trovano in genere nei cimiteri (vedi elenco). Esiste anche la possibilità del forno crematorio containerizzato, laddove la legislazione regionale lo permetta. C’è un’azienda italiana leader mondiale in questo settore (il made in Italy è anche trattamento post gastronomico).

Anche in Germania, per esempio, ultimamente si sono riscontrati problemi per l’alto numero di salme da cremare causa pandemia. Mi chiedo come facessero i nazisti nei campi di concentramento a cremare centinaia di migliaia di cadaveri, se non milioni, con un numero esiguo e assai rudimentale di forni crematori (a giudicare da ciò che ci viene mostrato), oltretutto con enormi dispendio energetico e problemi di tonnellate di ossa dapprima da frantumare e comunque da smaltire.

Non è di mia conoscenza alcun lavoro storico specifico su questo aspetto non certo trascurabile della pianificazione omicida messa in atto dai nazisti.

(*) Durante la cremazione nei forni si ha produzione di inquinanti atmosferici, in particolare: polvere, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti. Possono aggiungersi, inoltre, emissioni di mercurio (dall’amalgama presente nelle otturazioni dentarie), zinco (specialmente nel caso delle cremazione di tombe estumulate), diossine-furani e idrocarburi aromatici policiclici. Non rari problemi di emissioni di diossina oltre i limiti. In Italia non esiste una norma unitaria che disciplini l’installazione degli impianti di cremazione e le loro conseguenti emissioni; ogni regione o provincia stabilisce dei limiti specifici in relazione alla localizzazione dell’impianto ed alla tecnologia adottata.

Tra l’altro, va tenuto conto che nella cremazione non rientra l’esenzione IVA. In genere l’impresa funebre anticipa per conto del cliente le spese di cremazione (con IVA al 22%) e fattura intestata al cliente ed espone l’importo (e allega la fattura) a titolo di spesa eseguita per conto del cliente esente art. 15 del DPR 633/72. 

mercoledì 27 gennaio 2021

Auguri, Wolfgang

 



Kennedy e il lustrascarpe

 

Il nuovo rapporto pubblicato dall’ente benefico con sede nel Regno Unito Oxfam International, in occasione del Virtual World Economic Forum di questa settimana, mostra un’ulteriore e scontata concentrazione di ricchezza nelle mani dell’oligarchia finanziaria.

I rapporto rileva che per la prima volta dal 1870 “si prevede che i redditi pro capite diminuiranno in tutte i paesi”. Continua: “Questo significa che è probabile aumenti la disuguaglianza in quasi tutti i paesi contemporaneamente”. Non è solo probabile.

Gli autori del report scrivono: “Il numero totale di miliardari è quasi raddoppiato nei dieci anni successivi alla crisi finanziaria del 2008, e tra il 2017 e il 2018 è stato creato un nuovo miliardario ogni due giorni”. Nel frattempo, Oxfam stima che a livello globale il 56% della popolazione sopravvive potendo contare tra 2 e 10 dollari il giorno. Anche questo fa parte delle magnifiche e progressive sorti del capitalismo.

martedì 26 gennaio 2021

La crisi e il destino della democrazia

 

Negli ultimi cinquant’anni s’è assistito a un inesorabile declino degli Stati Uniti d’America. Il significato di questo declino può essere colto solo nel contesto storico e internazionale. La decisione del presidente Nixon, il 15 agosto 1971, di rimuovere la convertibilità in oro del dollaro USA, distruggendo in tal modo l’accordo di Bretton Woods del 1944, fu l’episodio rivelatore di tale declino.

Il pilastro di quell’accordo, che costituì la base per la stabilizzazione del capitalismo mondiale dopo 30 anni di turbolenze economiche e massacri bellici, prevedeva che il dollaro svolgesse a livello mondiale il ruolo di valuta di riserva, convertibile in oro con un rapporto di 35 dollari per oncia.

Il declino della posizione economica degli Stati Uniti, le spese folli nella corsa agli armamenti (allo spazio) e la guerra in Vietnam, l’emissione di enormi quantità di dollari, il deficit della bilancia commerciale e di quella dei pagamenti, rendevano sempre più oneroso convertire dollari in oro, con la prospettiva di un imminente disastro finanziario.

Lo shock dell’agosto 1971 fu l’espressione della fine del boom economico del dopoguerra e, per quella fase, dello sviluppo dell’economia capitalista globale, segnando un punto di svolta non solo nella posizione economica degli Stati Uniti, ma anche nel destino della democrazia americana.

Chi lo dice?

 


Circola voce che il vaccino di AstraZeneca per il Covid abbia un’efficacia dell’8 per cento e non sia efficace per gli over 65. Chi lo dice? Due quotidiani tedeschi, i quali citano non meglio precisate “fonti governative”. Ormai possiamo aspettarci di tutto nella follia generale che stiamo vivendo, ma va rilevato che a lanciare la “notizia” è stato il famigerato Bild, un tabloid scandalistico con molte foto e grandi titoli sensazionalistici, con attendibilità pari a zero. Ciò che scrive è generalmente spazzatura, da sempre. I giornali di destra italiani a confronto del Bild possono vantare lo stesso credito del NYT.

Ecco la definizione che ne dà Wikipedia (consiglio di leggere la “voce” per intero):

«Bild è stato descritto come noto per il suo mix di pettegolezzi, linguaggio provocatorio e sensazionalismo. Il suo equivalente stilistico e giornalistico in lingua inglese più vicino è spesso considerato il quotidiano nazionale britannico The Sun».

Non deve sorprendere che Bild abbia una straordinaria tiratura. A suo tempo ci furono dei tentativi qui da noi d’imitare questo genere di monnezza di successo, ma va detto a nostro credito che noi italiani anche in fatto di spazzatura a stampa ci dimostriamo più raffinati (almeno tempo fa, ora sono leciti dubbi).

L’altro quotidiano tedesco che da subito ha ripreso e rilanciato la “notizia” del Bild è l’Handelsblatt. Non importa quali improbabili e non verificate notizie diffondi, l’importante è che si vendano copie e inserzioni pubblicitarie. Con questi chiari di luna gli altri giornali si accoderanno per lo stesso motivo, sparando titoli acchiappa allocchi. Ad ogni modo non ci resta che attendere qualche giorno per verificare chi e come ha calcolato quell’8 per cento e perché un vaccino già testato avrebbe solo ora dimostrato un’efficacia praticamente nulla proprio sugli over 65.



lunedì 25 gennaio 2021

Alla ricerca delle coordinate perdute


C’è un curioso articolo nella penultima del “domenicale” di ieri: Alla ricerca di mete perdute. Dà conto di una guida scritta da un professore di geografia sociale dell’università di Newcastle.

La guida intende suggerire la visita di luoghi irraggiungibili, città morte, terre di nessuno e isole galleggianti, ovvero una mappa dei siti più inesplorati del mondo. E ci riesce benissimo.

Per esempio cita le coordinate (39° 59’ 35” N; 46° 55’ 50” E) per raggiungere la città di Agdam, ovvero la città morta più grande del mondo. Una città che un tempo contava 50.000 abitanti, meta turistica, celebre per i suoi bazar, per il suo museo del pane e per il cognac (?!). Si trova nel Nagorno-Karabakh, tra Azerbaijan e Armenia, ed è stata letteralmente rasa al suolo, diventando un posto per gente “avida di silenzio”, per dirla con il Vanesio di villa Cargnacco.

Un altro posticino ameno da visitare, sempre secondo la guida di Alastair Bonnett, sarebbe Hog’s Back. Nel 1813 Jane Austen descriveva la collina erbosa del Surrey in una lettera indirizzata alla sorella: “Non ho mai visto la campagna così godibile!”. Oggi la collina è diventata una piazzola di sosta, il luogo più frequentato d’Europa (dopo il Vomero, nota mia) per praticare il jogging, che non è, precisa il recensore del libro, la pratica di portare il proprio cane a fare i bisognini, muniti di autocertificazione, bensì quella di fare sesso in parcheggi e aree boschive.

Insomma, a me pare si tratti di una guida piuttosto umoristica. A proposito di humour inglese, di là della Manica si stanno accorgendo, causa Brexit, che non siamo più nel periodo delle carrozze e dei Tudor. 

Ma quanto ad humor insuperabili sono gli italiani: far causa a chi ti dà i vaccini. Manca solo che in attesa venga chiarita la controversia legale, le forniture siano sospese. Ma non vorrei suggerire. Vedo sempre più profilarsi lombra della Bastiglia. 

*

Ieri, il mio caustico correttore di bozze, verso il quale sono sempre in debito di gratitudine, non s’è fatto sentire, distratto altrove; eppure la faccenda si presentava gustosa: la digitalizzazione vocale aveva trascritto “empasse”, senza peraltro segnalarlo con la sottolineatura colorata (a suo tempo – ahimè assai – la prof. Venier - insuperata pedagogista – m’avrebbe scorticato dapprima i palmi e poi i dorsi). Me ne accorsi rileggendo solo stanotte. Con la digitalizzazione vocale possono capitare anche dei refusi divertenti, perfino salaci, a volte così strambi che possono fornire un buon suggerimento di scrittura. Provare per credere. 

domenica 24 gennaio 2021

L’aspirazione al reddito di cittadinanza al tempo della Bastiglia

 

Parigi alla vigilia della rivoluzione contava circa 700.000 abitanti, moltissimi dei quali vivevano in condizioni di povertà o di estrema miseria. Non solo molti operai erano poveri e sopravvivevano in situazioni di precarietà, ma anche tutto un sottoproletariato di emarginati, indigenti e delinquenti esprimeva una miseria ancora più profonda di quella dei mendicanti e dei vagabondi. Erano spesso dei ragazzi o giovani uomini provenienti soprattutto dalle campagne della regione parigina.

È in questo clima di aspre disuguaglianze, di povertà e di stenti in cui viveva gran parte del popolo minuto, e per contro di lusso sfrenato e scandalosa dissipazione di una classe aristocratica di parassiti, che prende piede la psicosi del complotto: non si arrivava a capire come un paese ritenuto ricco potesse essere oppresso dalle carestie e dalla fame.

A dominare per lungo tempo fu un’ossessione psicologica, un orizzonte mentale collettivo fatto della paura dei pericoli e delle minacce più svariate, ma che in definitiva rifletteva la rivendicazione del diritto alla vita, un’aspirazione verso una sussistenza comunitaria minimale, verso ciò che noi oggi chiamiamo reddito di cittadinanza.

Perversi meccanismi

 

Fanno molta specie le divisioni che interessano la sinistra, come se al centro e a destra non ci fossero fazioni di ogni tipo. La sinistra s’è divisa anzitutto tra riformisti e rivoluzionari. Oggi questi ultimi sono semiclandestini, mentre il riformismo è trascolorato in semplice gestione dell’esistente.

Ciò non riguarda solo la politica, ma è caratteristico per esempio anche delle religioni. L’islam è diviso in due grandi blocchi, poi in numerose altre correnti. Anche l’ebraismo non è un monolite dottrinario. Il cristianesimo è un pot-pourri. Ognuno ha le sue idee sia del mondo e sia dell’aldilà, cioè di che cosa sia meglio per tutti.

Non ci ricordiamo più di quando Bill Clinton entrò in carica e fu proclamata la fine dell’era di destra Reagan/Bush. Clinton ha posto fine al welfare “come lo conosciamo”, mentre all’estero ha fatto la guerra nei Balcani e ha devastato l’Iraq. Obama, il candidato di “speranza e cambiamento”, espanse le guerre iniziate da George W. Bush, mentre incanalava trilioni di dollari a Wall Street, supervisionando quello che è stato il più grande trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto della società.

Si è dato molto risalto alla raffica di ordini esecutivi firmati da Biden nei suoi primi giorni in carica, l’ordine di fermare la costruzione del muro di confine, annullare il divieto di entrata per i musulmani, il rientro formale nell’accordo sul clima di Parigi e simili. Tutti piccole cose che non avranno radicale incidenza sulle condizioni di vita di ampie masse della popolazione.

In una sola settimana le richieste d’indennità di disoccupazione sono aumentate di un milione. Nel frattempo c’è un’America che si è arricchita ancor più grazie a questa calamità. Ed è un’America che non rinuncerà alle posizioni acquisite, tanto più che è quella stessa America che ha votato in maggioranza per Biden e che fruirà, per via di perversi meccanismi sociali, di gran parte dei 1,9 trilioni di sostegni promessi.


venerdì 22 gennaio 2021

In erboristeria con Rasputin

 

Come si creano le cosiddette fake news? Ascoltando Rai Storia. Non sembri un paradosso e non sto parlando delle rievocazioni fantasiose relative alla costituzione del PCd’I, di cui s’è sentita ogni assurdità in questi ultimi giorni da parte dei nostri Toynbee, che in materia di (anti)comunismo possono vantare curricula ineguagliabili, soprattutto se da giovanotti hanno aderito alle dottrine più ortodosse. Secondo queste merde, per esempio, fu la scissione a favorire il fascismo; bastava aspettare che i Farinacci e i Balbo si stancassero di manganellare, uccidere e bruciare, che se ne tornassero a casa loro (suggerisco la lettura di questo vecchio post).  

Questa mattina ascoltavo la rubrica “I giorni e la storia”, quando, rievocando la nascita del famoso e famigerato Rasputin (21 gennaio 1869), sento dire che questi riuscì, grazie all’aiuto di due erboristi di Pietroburgo, che conoscevano “perfettamente la medicina tibetana”, a guarire o a far star meglio lo zarevic Aleksej, affetto da emofilia, cosa che non era riuscita “né alla medicina ufficiale, né ad altri pittoreschi maestri dell’occulto”.

Causa divieti coronavirus non possiamo andare a curarci in Tibet, ma è consentito recarsi in erboristeria, se situata nel nostro comune, assieme al senatore Ciampolillo.

La realtà storica è molto più semplice: Rasputin pretese di guarire il figlio dello zar con la preghiera e bandì i rimedi che i medici gli avevano prescritto. Tra questi, lo riporta anche Wikipedia, l’acido acetilsalicilico. Oggi tutti sappiamo che l’aspirina è un antiaggregante. La sospensione del farmaco portò un risultato immediato sulla salute del primogenito maschio. In seguito, durante la guerra civile scatenata dalla reazione monarchica e appoggiata dalle potenze occidentali, il ragazzo fu eliminato assieme alla sua famiglia. Non si poteva fare diversamente.


giovedì 21 gennaio 2021

Un evento collaterale


Nel plumbeo mattino del 21 gennaio del 1793, ebbe luogo, in Place de la Révolution, l’attuale Place de la Concorde, un evento per così dire collaterale a ciò che stava accadendo in Francia da qualche anno: fu decollato Luigi XVI, di anni 38.

Louis-Auguste, questo il suo nome, era figlio di Luigi Ferdinando, Delfino di Francia, il quale però morì nel 1765, regnante il padre, Luigi XV.

Louis-Auguste era il terzo di cinque figli maschi, dunque solo in terza posizione per la successione al nonno Luigi XV. Il primogenito era Luigi Giuseppe, che morì all’età di nove anni, caduto dal cavallo a dondolo (!). Il secondogenito, Saverio, morì di pochi mesi (1754). Per cui Louis-Auguste salì al trono nel 1774 con il nome di Luigi XVI. Gli altri suoi due fratelli, minori, divennero re dopo la Rivoluzione e il periodo napoleonico, rispettivamente come Luigi XVIII e Carlo X.

Louis Sébastien Mercier fu testimone dell’esecuzione di Luigi XVI:

«Son sang coule; les cris de joie de quatre-vingt mille hommes armés ont frappé les airs et mon oreille; ils se repetent le long des quais; je vois les écoliers des Quatre-Nations quie! élèvent leurs chapeaux en l’air: son sang coule; c’est a qui y trempera le bout de son doigt, une plume, un morceau de papier; l’un le goûte et dit: “Il est bougrement sale!” (*). Un bourreau, sur le bord de l’échafaud, vend et dis tribue de petits paquets de ses cheveux; on achète le cordon qui les retenait; chacun emporte un petit fragment de ses vétements ou un vestige sanglant de cette scène tragique. J’ai vu défiler tout le peuple se tenant sous le bras, riant, causant familièrement, comme lorsqu’on revient d’une féte» (Paris pendant la Révolution (1789-1798), ou Le Nouveau Paris, I, Paris, Poulet-Malassis, 1862, pp. 330-31) (*).

Succederà ancora, in altre forme ovviamente, forse non meno taglienti d’un tempo. La catastrofe cui si approssima questo sistema è ormai nelle cose, e non potrà esserci mutamento pacifico in una situazione sociale e globale irta di così divaricate ed esplosive contraddizioni. Il naufragio della borghesia è sotto gli occhi di tutti, e non dobbiamo trascurare che se essa da lungo tempo ha assunto un carattere nettamente conservatore e in gran parte reazionario (le differenze tra gli elementi avanzati e quegli arretrati sono ormai insignificanti), il modo di produzione capitalistico conserva immanente e irrinunciabile un carattere rivoluzionario: da un lato spinto incessantemente dalle sue stesse leggi e dall’altro perché il proletariato è il suo prodotto più specifico.

(*) L’autore allude probabilmente ai bovini allevati nelle paludi salmastre del sud della Francia (carne da gourmet!).

(*) La traduzione offerta da Antonio Spinosa in Luigi XVI: L’ultimo sole di Versailles, non è in alcun modo fedele rispetto al testo originale. 

Toscanini





 

Niente di nuovo

 

Se c’è chi pensa che con la nuova amministrazione i rapporti tra Usa e Cina cambieranno in meglio, probabilmente si sbaglia. Lo conferma l’ex presidente della Fed, Janet Yellen, come segretaria al Tesoro con il sostegno bipartisan (coadiuvata come vicesegretario da Adewale Adeyemo, afroamericano nato in Nigeria e presidente della Fondazione Obama: i favori vanno ricambiati), la quale martedì nella sua audizione in videoconferenza davanti alla Commissione Finanze del Senato, durata tre ore ma in parte secretata, ha ribadito non solo che l’aggressiva politica trumpiana nei confronti della Cina proseguirà, ma che anzi s’inasprirà, e non solo nei confronti di Pechino, ma anche, per esempio, nei confronti delle criptovalute e della relativa bolla, diventando queste valute un comodo capro espiatorio per colpire la hot money asiatica.

mercoledì 20 gennaio 2021

Il paese di Sonia

 

Mi resta precluso l’interesse che molti mostrano di avere per ciò che succede oggi da qualche parte. Può essere che ciò sia dovuto alla mia ostinata incapacità di sperare qualcosa di buono dalle classi dirigenti, che hanno come primo obiettivo quello di conservare lo status quo e cioè se stesse e il loro potere.

*

I panorami montani sono in genere molto belli, talvolta di una suggestione perfino eccessiva. Per quanto mi riguarda, stare tra i monti può provocarmi malinconia e finanche uno stato d’ansia. Già quando a suo tempo m’addentravo da Riva o Torbole verso Arco, in bici, il mio umore ne risentiva. Ho trascorso la mia infanzia e adolescenza tra barene lacustri e il mare, e mi sento a mio agio solo se tra me e l’orizzonte si estende un ampio spazio d’acqua.

Questa mia idiosincrasia per la montagna potrebbe spiegarsi in connessione con il mio ascendente zodiacale (pesci rossi), più verosimilmente con le mie vacanze estive tra i monti cadorini, esperienze non felici. L’esordio risale a quando avevo circa otto anni, poco prima del Vajont e non lontano da quel tragico sito. L’unica reminiscenza positiva è quella del “torrente” (in realtà il Piave!), abbastanza profondo da poterci sguazzare, pur se in acque gelide.

Sempre in tema di montagna, un po’ di anni or sono, in una serata di cielo straordinariamente limpido, stavamo girovagando sull’Altopiano dei sette comuni quando approdammo in una località da cui si poteva apprezzare la sottostante pianura veneta. Di lì si colgono distintamente le luci notturne di Bassano, a destra quelle di Vicenza, a sud Padova e gli Euganei, ad est Cittadella, Castelfranco e più in basso il bagliore di Mestre e forse di Venezia.

Ci sedemmo a tavola, fu servito un dimenticabile risotto ai finferli accompagnato da un nero troppo tannico. Gli amici mi raccontarono che molto tempo prima era giunta in quel paese una lunga teoria di grosse auto, da una delle quali scese una signora, una figura misteriosa in un sari color glicine. Cosa che non mi capita spesso, colsi subito il motivo di quella visita: sapevo che Sonia era originaria del vicentino, ma ignoravo fosse nata a Lusiana.

Sonia Maino nacque nel 1946, bambina si trasferì con la famiglia ad Orbassano. Il resto della storia è abbastanza noto: divenne la nuora di Indira. Forse meno noto è che tra Indira Gandhi e il Mahatma, non c’era alcun grado di parentela. Va tenuto presente che Gandhi, secondo diverse grafie, è un cognome molto comune in India, una specie di Rossi nostrano: Mario Gandhi!

Indira Gandhi fu l’unica figlia del Primo ministro indiano Jawaharlal Nehru, il quale da giovane, prima di diventare un acceso indipendentista e scontare molte pene detentive, aveva studiato al Trinity College di Cambridge. In seguito, tra Nehru e Edwina Ashley Mountbatten, moglie del viceré dell’India, venne a stabilirsi un’amicizia molto intima, forse anche sentimentale. Nehru mandò la fregata Trishul a presenziare alla cerimonia con cui il feretro di Edwina fu deposto in mare nel canale della Manica.

Anche Indira studiò in Inghilterra, a Oxford, da cui fu allontanata, non solo per cattiva condotta come dice Wikipedia, ma anche per i non brillanti risultati negli studi. Sposò il politico e giornalista Feroze Ghandy (dal quale si separò nel 1957 e rimase vedova nel 1960), che su richiesta del Mahtama mutò la grafia del cognome in quella di Gandhi. Uno dei due figli di Indira e Feroze, Rajiv Gandhi, nel 1968 sposò Sonia Maino, la quale in seguito occupò il seggio del collegio elettorale del defunto suocero nel 2004, 2009, 2014 e 2019.


L'erede

 


Così parlò l'erede di Craxi.


martedì 19 gennaio 2021

Davvero?

 

Si può pensare che quell’accolta di scioperati, costituita in gran parte da gente senza arte né parte, possa rinunciare a circa 350.000 euro netti di emolumenti fissi, garantiti per i prossimi due anni, e altri privilegi non trascurabili, per andare (o rischiare di andare) ad elezioni anticipate? I bei discorsi sui princìpi e robe così, non mettono il pane sulla tavola. Il resto sono stupidaggini per gli elettori. A fronte dela nuova legge sulla riduzione dei parlamentari, la legislatura è assicurata fino a scadenza naturale (2023), e ciò anche se per loro felice ipotesi tale scadenza fosse tra vent’anni. Sta a cuore a tutti i “peones”.


Una società di molluschi

 

Oltre al coronavirus e alle sue infinite varianti, della controversia sulla fornitura dei vaccini e la crisi di governo, mai formalizzata, sussistono altre realtà che riguardano decine di migliaia di posti di lavoro e l’economia in generale, ossia quella sfera d’interessi e attività che ci consente ogni giorno di fruire delle necessarie vettovaglie e di vari supplementi di ristoro” (*).

Sabato è entrata in vigore la fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e PSA Group, il produttore francese di Peugeot, Opel e altri importanti marchi automobilistici europei, dando vita al nuovo gigante automobilistico globale Stellantis NV, società per azioni di diritto olandese (chissà perché ...).

La fusione da 43 miliardi di euro, annunciata nel 2019, avrà conseguenze di vasta portata in tutto il settore automobilistico. Stellantis diventa la quarta casa automobilistica per volume di vendite, superando General Motors e Ford e dietro solo a Volkswagen, Toyota e l’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi. In termini di utili operativi, è al terzo posto. Stellantis impiega 409.500 dipendenti, con attività in 29 paesi di tutti i continenti.

John Elkann, erede della dinastia Agnelli, fungerà da presidente e l’ex CEO di Fiat Chrysler (FCA), Mike Manley, guiderà le operazioni dell’azienda in Nord America. L’ex CEO del gruppo PSA, Carlos Tavares, specialista di “turnaround” e taglio dei costi, sarà l’amministratore delegato di Stellantis.

La costituzione di Stellantis segue il processo di concentrazione (legge universale e fondamentale dello sviluppo del capitalismo) e d’integrazione globale industriale- finanziario (che garantisce, nella lotta concorrenziale e in termini di costi, una maggiore stabilità al saggio di profitto), ed è anche segno del prolungato declino del dominio industriale americano, e ciò non potrà che avere importanti implicazioni geopolitiche (**).

I ministri di Italia e Francia, Stefano Patuanelli e Bruno Le Maire, si sono congratulati per l’avvenuta fusione e il “rafforzamento della leadership industriale dell’Europa”. Con una differenza tra Francia e Italia: i tre maggiori proprietari di Stellantis saranno Exor, la holding della famiglia Agnelli (14,4 per cento), la famiglia francese Peugeot (7,2%) e lo stato francese (6,2%), Dongfeng Motor Corporation, azienda cinese con sede a Wuhan (5,6%). L’Italia, in quanto tale, non è azionista della nuova multinazionale, in attesa delle solite geremiadi in caso, probabile e non solo eventuale, di tagli alla produzione e all’occupazione.

(*) Per avere un’idea dei rapporti di forza nell’ambito di una società di molluschi come l’attuale, e per contro di un pugno di personaggi perlopiù anonimi che contano realmente (si parla tanto genericamente di élite), basta fare un esempio: quanti sanno chi è Fiona Clare Cicconi? Forse nemmeno molti lavoratori FCA lo sanno, figuriamoci gli altri. Già chief human resources officer di AstraZeneca fino al 2020 e da questo mese chief people officer di Google, è anche uno dei direttori di Stellantis, nonché la rappresentante dei lavoratori scelta da Elkann (senza consultare i sindacati, che contano nulla).

(**) Sia Ford che GM, da parte loro, sono state costrette a ritirarsi e ridimensionare la loro presenza globale negli ultimi anni, tagliando migliaia di posti di lavoro all’estero. Ford ha annunciato proprio questo mese che avrebbe staccato la spina ai suoi stabilimenti brasiliani, e s’ipotizza che potrebbe essere sul punto di lasciare l’India. GM ha annunciato l’anno scorso che stava uscendo da Australia, Nuova Zelanda e Thailandia.

lunedì 18 gennaio 2021

Louis van Beethoven

 

Anche in Italia, in occasione del 250esimo anniversario beethoveniano, e dopo che è stato dato dalla tv tedesca (con sottotitoli in inglese), anche Sky ha trasmesso il film biografico sul compositore: Louis van Beethoven.

Il film, scritto e diretto da Niki Stein, pur sollevando molti dei temi centrali della vita e dell’epoca di Beethoven, alla fine non riesce ad offrire al pubblico il pieno significato di Beethoven sia come genio musicale e anche come serio pensatore politico. Sono messi in scena due Beethoven, uno giovane e un compositore anziano e prossimo alla morte (interpretato da un ottimo Tobias Moretti). Un continuo flash-back tra questi due periodi della vita di Beethoven può infastidire e disorientare lo spettatore.

Figlio di un musicista poco talentuoso di Bonn, piccola città vicino ai confini belga e francese, il futuro compositore viene forzato giorno e notte dal padre, autoritario e forte bevitore, che spera di trasformarlo in un secondo precoce Mozart (il giovanissimo Beethoven è interpretato da Colin Pütz, uno dei più promettenti pianisti oggi in Germania.) In termini di posizione sociale della famiglia e di accrescimento musicale di Beethoven, quasi tutto dipende dalla buona volontà della corte dell’arciduca Maximilian Franz d’Asburgo- Lorena, ultimo principe-elettore di Colonia.

domenica 17 gennaio 2021

C’è differenza

 

Cesare Battisti, condannato in contumacia per quattro omicidi. Per lungo tempo latitante, ora sta scontando l’ergastolo nel carcere di Rossano Calabro, quello in cui sono rinchiusi esponenti di Al-Qaeda (“Guantanamo calabro”). In isolamento da due anni, ossia da quando è stato arrestato, monitorato 23 ore al giorno, la sua posta è censurata, senza contatti con il figlio di 6 anni, gli viene rifiutata la qualifica di scrittore e l’accesso a un computer nonostante i suoi quindici thriller pubblicati.

Un romanzo scritto prima del suo arresto in Bolivia ha raggiunto Parigi presso l’Editions du Seuil, che per il momento ne ha sospeso la pubblicazione dato il baccano mediatico sulla vicenda giudiziaria dell’autore; tuttavia l’editore ha inviato una lettera alle autorità italiane per certificare l’associazione del detenuto con un’importante società di letteratura francese. Nessun risultato.

Anche i carcerati hanno dei diritti, quali che siano i reati di cui si sono resi colpevoli. C’è differenza tra giustizia e vendetta di Stato.


Saper pensare

 

Oggi, per santificare degnamente la giornata del signore, vorrei proporre, a chi ne avesse voglia e curiosità, un’omelia scritta quasi otto anni fa, dal titolo: Saper pensare, Ateniesi. Credo sia ancora molto attuale (non ho mutato neanche una virgola), in riferimento a varie situazioni.


sabato 16 gennaio 2021

Costruttori o muratori?

 

Il partito si destò; il segretario riprese i sensi, gli sfuggì un sospiro. Nessuno ci badò.

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Costruttori o liberi muratori? Compasso o cazzuola fa lo stesso.

*

Le due allocche erano così dimesse che si compiacquero di stare zitte.

*

Lui si credette, e fu creduto da molti, ma poi non seppe distinguere il bene dal meglio, sicché ora ha finito per non distinguere il male dal peggio.

È uno di quelli che si vanta di aver capito tutto prima degli altri, ma non ha saputo fare né la pace né la guerra. Farà il callo alle ingiurie e alla disgrazia, che merita tutte.


venerdì 15 gennaio 2021

Il Leonardo egiziano

 

Il 15 gennaio 1971, il presidente egiziano Anwar Sadat e il capo di stato sovietico Nikolai Podgorny presenziarono la cerimonia ufficiale di inaugurazione della diga di Assuan, sul Nilo a sud dell’Egitto, la più grande opera del suo genere realizzata nel XX secolo era iniziata nel 1960.

Questa diga seguiva e affiancava, per così dire, quella costruita dagli inglesi tra 1898 e il 1902, cioè ai tempi del khedive Abbas Helmy II, su progetto di William Willcocks, poi sollevata due volte, tra il 1907 e il 1912 e di nuovo nel 1929-1933. Gli inglesi non la costruirono per gli interessi e lo sviluppo dell’Egitto, ma esclusivamente per aumentare la produzione di cotone esportato nelle loro fabbriche del Lancashire.

L’idea e il primo progetto della diga di Assuan fu di Adrian Daninos, che Wikipedia chiama “Danios”, il quale presentò il suo progetto elettrico nel 1937, ma gli inglesi vi si opposero tenacemente. Negli anni Cinquanta, dopo la rivoluzione nasseriana, Daninos ripresenta il suo progetto. Prima di morire fece in tempo di vedere la diga realizzata, ma poi fu dimenticato e di lui pare non esista nemmeno una fotografia.

La costruzione fu dunque una collaborazione tra il governo egiziano e l’Unione Sovietica, che fornì quasi tutti i finanziamenti e gli ingegneri per la diga (complessivamente furono necessari 1200 ingegneri e 34.000 lavoratori, molti anche gli italiani, compresi i cavatori di Carrara, per il taglio dei monumenti egizi). È bene sapere il perché fu l’Urss e non altri a finanziare il progetto e costruire l’imponente diga.

In un primo momento, la Banca Mondiale, accertata la solidità del progetto, decise di approvare circa 8 milioni di dollari come parte del finanziamento degli impianti infrastrutturali che circondano l’area della diga. I negoziati continuarono tra l’Egitto e diversi paesi per completare le procedure di finanziamento dell’opera: nel dicembre del 1955, gli Stati Uniti d’America annunciarono che si avrebbe assunti il compito di finanziare, con la Gran Bretagna e la Banca mondiale, un costo fino a 1,3 miliardi.

Dopo di che gli USA ritirarono il proprio finanziamento sostenendo che l’economia egiziana non poteva permettersi il progetto. Gamal Abdel Nasser, il presidente egiziano, nel luglio1956 decise di nazionalizzare la società internazionale del Canale di Suez per finanziare in proprio il progetto. Di qui la “crisi di Suez”, l’intervento anglo-francese-israeliano poi stoppato dagli Usa, che in tal modo ribadivano che solo loro erano gli arbitri della situazione mondiale.

Nasser si rivolse all’Unione Sovietica per ottenere aiuti e risorse per costruire la diga. La diga fu progettata da ingegneri sovietici presso l’Istituto Hydroproject, con la collaborazione di ingegneri egiziani guidati da Osman Ahmed Osman, proprietario della più grande impresa appaltatrice araba negli anni ‘60. L’URSS ha anche fornito i macchinari pesanti necessari per spostare le enormi quantità di roccia e argilla utilizzate nella diga.

Durante la cerimonia del taglio del nastro, il 15 gennaio 1971, Podgorny si è impegnato a continuare con l’assistenza sovietica nella costruzione delle reti necessarie per trasmettere l’energia elettrica prodotta dalla diga alla popolazione egiziana.

Lo sbarramento del Nilo serviva a due scopi fondamentali. In primo luogo, ha risolto un problema secolare d’inondazioni e siccità che risaliva alle prime civiltà egiziane conosciute. Gli agricoltori ora potevano regolare la quantità di acqua per allagare i campi, invece di vedere i raccolti distrutti da inondazioni irregolari o siccità. Ciò ha notevolmente migliorato la capacità e l’affidabilità dell’agricoltura egiziana.

In secondo luogo, la diga di Assuan diventava una centrale idroelettrica che per la prima volta rese disponibile l’elettricità a molti egiziani. Quando ha raggiunto la sua potenza massima di 2,1 gigawatt, la diga di Assuan ha prodotto circa la metà dell’energia elettrica per tutto l’Egitto (80 mil. ab).

La cerimonia originariamente era stata programmata per svolgersi alcuni prima (la diga era stata ultimata nell’estate). Fu riprogrammata per la morte inaspettata del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser nel settembre 1970. In omaggio al leader defunto, l’apertura della diga fu spostata alla data del suo compleanno, il 15 gennaio.


Italy Alive

 



Dopo 12 mesi di stato d'emergenza, ci sono non poche persone e famiglie che da 10 mesi non hanno reddito o l’hanno avuto solo per qualche settimana o mese.

«Oggi è il primo giorno che sono veramente preoccupato» (Romano Prodi, Radiouno).

«Il problema è peggiore di quanto sembri» (Mario Draghi).

Renzi ha scritto: «Decidiamo insieme qual è il posto dell'Italia nel nuovo mondo dell’America di Biden e della nuova Europa. E come ci posizioniamo davanti alle grandi sfide della Pace di Abramo e del secolo asiatico».

Non cerca poltrone nel governo,  ma una alla Nato. 

Non c’è che l’imbarazzo della scelta tra tanti s ... tatisti. 





giovedì 14 gennaio 2021

Le radici oggettive di ciò che accade

 

Che cosa si può dire di realmente sensato sul film comico proiettato ieri a Roma e ripreso dai media nazionali? Non bisognerà attendere gli annali del futuro per dirci come sarà classificato questo genere di ciarlataneria. Lo rivelerà ben presto, man mano che sarà smaltita l’anestesia generale, l’effetto prodotto dall’esplosione delle disuguaglianze sociali. Quando le opzioni disponibili nelle scelte di ciascuno saranno semplicemente ridotte ad un aut-aut.

Perciò, nella pausa tra un atto e l’altro di questa pantomima politica, vediamo cosa sta succedendo altrove.

La Fed ha già pompato 120 miliardi di dollari al mese e s’è impegnata a mantenere i tassi di interesse vicini allo zero per un futuro indefinito. Questo il principale motivo dell’impennata del mercato borsistico, da quando è precipitato a metà marzo scorso, ossia la consapevolezza che qualsiasi cosa accada la Fed interverrà con miliardi di dollari per sostenere la speculazione.

L’amministrazione Biden sarà obbligata dalla realtà a fornire ulteriori “pacchetti di stimolo” per aiutare le società. Se ce ne fosse bisogno, la nomina dell’ex capo della Fed Janet Yellen come segretaria al Tesoro, considerata amica di Wall Street, è una conferma che la politica monetaria americana, fatta di condizioni monetarie accomodanti e tassi reali pari a zero, non sarà diversa da quella odierna.

Tuttavia iniziano a farsi sentire le preoccupazioni per l’orgia di speculazioni, per esempio quelle di Jeremy Grantham, capo della società d’investimento GMO, il quale ha definito ciò che accade come “una vera e propria bolla epica” caratterizzata da un’estrema sopravvalutazione, con aumenti esplosivi dei prezzi, emissioni frenetiche e comportamenti d’investimento istericamente speculativi. Sostiene che questa vicenda sarà considerata come “una delle grandi bolle della storia finanziaria”.

Un tempo i mercati finanziari avevano qualche relazione con l’economia reale sottostante. Ora non è così, i profitti aziendali dipendono sempre più dal mantenimento di tassi d’interesse estremamente bassi per impedire un aumento del loro carico di debito e per finanziare operazioni sempre più speculative, come i riacquisti di azioni proprie.

L’enorme aumento del debito, sia privato che pubblico, ha fatto sì che i mercati finanziari siano estremamente sensibili anche a lievi aumenti dei tassi di interesse, e il rendimento dei titoli del Tesoro americano a 10 anni continua a salire, spingendo verso l’alto il costo del denaro in tutta l’economia. Chiaro che la Fed si muoverà per intervenire con ulteriori acquisti di obbligazioni, alzando il prezzo e mantenendo bassi i tassi di interesse.

L’unico modo per distribuire altro denaro alle società, senza provocare un aumento dei tassi d’interesse, è che la Fed riacquisti il nuovo debito pubblico non appena viene emesso: un’ulteriore statalizzazione dell’economia e del sistema finanziario a vantaggio degli speculatori. Dal 1980, il debito totale degli Stati Uniti è aumentato dal 142% del Pil al 254% nel 2019. Una situazione che s’avvita su se stessa sempre più.

Questo castello finanziario fatto di carta (anzi, neppure quella) è il risultato dell’istituzionalizzazione dei meccanismi finanziari attraverso i quali quantità crescenti della ricchezza della società sono trasferite nelle tasche di una ristretta minoranza. In ciò stanno le radici oggettive di ciò che accade politicamente negli Usa, non da oggi e non dall’elezione di Trump (termometro rivelatore).

La rivolta da parte della classe media, che si vede sempre più declassata e lacerata da contraddizioni sbalorditive, renderà sempre più difficile il mantenimento di una parvenza di democrazia.

mercoledì 13 gennaio 2021

L'albero dei bitcoin

 

Nel film C’eravamo tanto amati, Elide Catenacci (Giovanna Ralli), figlia di un palazzinaro e futura moglie di un fetente “de sinistra”, l’avv. Gianni Perego (V. Gassman), se ne viene con una perla come questa: sto facendo una dieta povera di “idrocarburi”. Ogni epoca coltiva le sue perle.

Negli anni Settanta, a fronte della stagflazione, vi fu la corsa agli investimenti che mettessero al riparo dall’inflazione (a due cifre). Nel mattone (con rapidi e consistenti profitti), in opere d’arte (vere e presunte), oppure, altro esempio, s’investiva nella filatelia, ossia nell’accumulo di francobolli. Ogni stagione si nutre delle sue illusioni.

Una sera di quaresima, in un salotto mondano, si stava chiacchierando di queste cose, quando il discorso cadde per l’appunto sulla filatelia. La padrona di casa, una signora arricchita (molto), per darsi un tono se ne venne con questa frase testuale: “Mio marito è un grande sifilitico”. Ovviamente la notizia percorse in fretta la città e ci tenne allegri fino a pasqua.

martedì 12 gennaio 2021

Il 2026 sarà inevitabilmente migliore

 

Come promemoria: il semplice acquisto di un pezzo di formaggio è tassato al 4%, i farmaci, la carne, i biscotti o l’aceto al 10%, un mobile o il pellet per scaldarsi al 22%.

Che lo Stato (governo e parlamento) favorisca in tutti i modi politiche economiche classiste è presto dimostrato: le migliaia di transazioni di negoziazione ad alta frequenza, derivati, mercato obbligazionario sono praticamente esenti da tassazione.

Non solo lo Stato, ma anche l’Unione Europea è sorda: ad oggi è all’ordine del giorno della Commissione Europea la Tassa europea sulle Transazioni Finanziarie (TTF), da non confondere con la Tobin tax, che promette di attuarla nel 2026 al ridicolo tasso dello 0,1% sugli acquisti di azioni e dello 0,01% sui derivati.

Veniamo all’Italia:

La legge di stabilità (governo Monti) per il 2013 (legge 228/2012), all’articolo 1, commi da 491 a 500, ha introdotto un’imposta sulle transazioni finanziarie, che si applica ai trasferimenti di proprietà di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi, alle operazioni su strumenti finanziari derivati e altri valori mobiliari e, infine, alle operazioni “ad alta frequenza”.

Sintetizzando:

- per quanto riguarda le operazioni su azioni, il trasferimento della proprietà di azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi, emessi da società residenti nel territorio dello Stato, nonché di titoli rappresentativi degli stessi, indipendentemente dalla residenza dell’emittente, è soggetto all’imposta con l'aliquota dello 0,2% sul valore della transazione.

- le operazioni in derivati, che abbiano come sottostante prevalente o il cui valore dipenda prevalentemente da strumenti finanziari e altri valori mobiliari, sono soggette a imposta in misura fissa, determinata con riferimento alla tipologia di strumento e al valore del contratto, secondo la tabella 3 allegata alla legge di stabilità. La tabella 3 specifica che fino a somme molto elevate la tassazione procede iniziando con uno zero virgola zero!

- per quanto riguarda le operazioni ad alta frequenza, effettuate sul mercato finanziario italiano, l'imposta si applica con l'aliquota dello 0,02%.

lunedì 11 gennaio 2021

Quand’erano i Democratici a dare l’assalto

 

Il celeberrimo film di Sergio Leone apre con un omicidio, quello di una giovane donna. Segue subito un pestaggio e poi un altro omicidio, quello dell’uomo che aveva assassinato la giovane donna. Racconta la storia di una delle tante gang dedite ad attività illegali, che infine si specializza nel contrabbando degli alcolici, il cui commercio la puritana America proibì fino a quando non scoprì quanto facessero agio per le finanze pubbliche le imposte sulla produzione di quelle bevande (il XXI emendamento, che aboliva il XVIII, vietava l’importazione).

Che si tratti di C’era una volta il West o di C’era una volta in America, questi film documentano come la violenza fosse (e resti) uno dei tratti dominanti della società americana. Ci sono molti altri film che fotografano gli aspetti violenti della realtà storica americana, per esempio I cancelli del cielo, un lavoro che ricevette recensioni negative e scosse la reputazione di Michael Cimino: va bene la critica al sistema nella finzione cinematografica, ma non bisogna esagerare con il realismo, come sapeva bene il sottosegretario Andreotti.

Prendiamo il caso di Wilmington, la città della Carolina del Nord (da non confondere con l’omonima città del Delaware, feudo di Biden). Verso la fine del XIX secolo, Wilmington era la più grande e prospera città dello Stato a maggioranza nera, ben integrata. Nel 1894, una coalizione, formata da “popolari” e dai Repubblicani in una cosiddetta lista “fusionista”, vinse le elezioni eleggendo il sindaco e riuscendo a piazzare i propri uomini in altre posizioni chiave dell’amministrazione cittadina. Anche i neri svolsero un ruolo di primo piano. In quel periodo, Wilmington fu descritta come “la città dell’America più libera per un negro”.

Nel 1898, i Democratici, facendo leva sulla demagogia della supremazia bianca, riuscirono a mobilitare anche i bianchi che non avevano mai votato e a scatenare il terrore contro gli elettori neri. Vinsero le elezioni nello Stato e sulla scia della vittoria elettorale solo due giorni dopo si sono mossi per rovesciare il governo multirazziale di Wilmington (*).

L’assalto alla città, da parte di circa 2.000 uomini bianchi armati, ebbe luogo il 10 novembre 1898, dapprima con l’incendio dell’edificio del Daily Recor, un influente quotidiano il cui direttore, nero, era già fuggito dalla città per evitare il linciaggio. Per il resto della giornata, folle di razzisti attaccarono la popolazione nera, distruggendo le proprietà e le attività, provocando la morte di centinaia di persone e costringendo intere famiglie a fuggire nelle paludi vicine.

Wikipedia dà notizia sull’origine di quei fatti: «Sebbene la stampa bianca di Wilmington abbia originariamente descritto l’evento come una rivolta razziale causata dai neri, man mano che più fatti sono stati pubblicizzati nel tempo, è stato visto come un colpo di stato, il rovesciamento violento di un governo regolarmente eletto da parte di un gruppo di suprematisti bianchi».

Ciò che politicamente è più significativo, Wikipedia lo riporta così: « È stato descritto come l’unico incidente del suo genere nella storia americana, perché altri episodi di violenza della tarda Era della Ricostruzione non hanno portato alla rimozione e alla sostituzione diretta di funzionari eletti con individui non eletti».

Dunque, non si è trattato dell’unico episodio (basterebbe citare a tale riguardo la Wihisky Ribellion).

La cosa che non dice Wikipedia: i principali suprematisti bianchi responsabili del golpe includevano Josephus Daniels, l’editore del News and Observer; il colonnello Alfred Waddell, ex ufficiale confederato ed ex sindaco di Wilmington; il presidente democratico di stato Furnifold Simmons e altre figure di spicco del mondo economico e militare. Alcuni avrebbero fatto carriere politiche per i decenni in cui i Democratici meridionali razzisti esercitarono un’enorme influenza all’interno del Partito Democratico. Simmons per 30 anni sedette al Senato degli Stati Uniti e Daniels fu nominato Segretario della Marina da Woodrow Wilson nel 1913 e ambasciatore in Messico nel 1933 da Franklin D. Roosevelt.

Quando i leader politici statunitensi (e europei) hanno sostenuto che gli eventi di mercoledì scorso non fanno parte della tradizione democratica americana, chi conosce un po’ di storia non ne è così convinto. Anche perché la guerra civile del 1861-65 non fu un episodio marginale. 

(*) Un esempio di chi aveva diritto di voto in alcuni Stati: tutti gli elettori dovevano dimostrare di essere alfabetizzati, ma coloro i cui padri o nonni avevano votato potevano votare anche se analfabeti. Questo significava che mentre la maggior parte dei bianchi analfabeti avrebbe potuto votare, i neri no, perché i loro padri e nonni erano stati schiavi.

Nel 1915, la Corte Suprema invalidò tale legge ma a quel punto i razzisti bianchi avevano già realizzato ciò che si erano proposti di fare, e del resto escogitarono altri sistemi per negare il diritto di voto ai neri, ma anche molti bianchi poveri rimasero effettivamente privi dei diritti civili.


domenica 10 gennaio 2021

La fiduciosa attesa di Angus Deaton

 

Quando ci imbattiamo nella definizione di un determinato concetto, facciamo male a trascurare il metodo dell’analisi meramente linguistica della stessa denominazione. Le parole che pronunciamo, talvolta, sono molto più “intelligenti” di noi.

Segrej M. Ejzenstein

*
Un vecchio amico mi segnala un articolo di Angus Deaton, economista scozzese e Nobel per l’economia, dal titolo: Repubblica degli ineguali.

Merita di essere letto fino in fondo, soprattutto da chi crede ancora in buona fede che gli Stati Uniti d’America siano il paese della libertà e delle opportunità, ignorando la situazione economica e sociale in cui vivono, non da oggi, centinaia di milioni di persone.

Gli Stati Uniti sono certamente il paese del progresso scientifico e tecnologico, ma intriso di aspre contraddizioni e campione di stridenti disuguaglianze tra le classi sociali, specie tra chi – e su ciò insiste Deaton – può far valere un titolo di studio universitario e chi invece deve accontentarsi di umili lavori e corrispondenti bassi salari, ossia quelle persone che l’algida Hillary Clinton definì come “the deplorables”.

sabato 9 gennaio 2021

Al cuore dell’Impero

 

Ho per le mani il libro, uscito il mese scorso, di Alessandra Necci, Al cuore dell’Impero, Napoleone e le sue donne fra sentimento e potere, Marsilio, 18.

Senza una presentazione, introduzione o altro, il libro si apre con 37 pagine stampate in corsivo, che riportano le parole dell’imperatore da Sant’Elena. In esse, con una prosa aulica e però con dettagli narrativi accattivanti, Napoleone racconta il recente viaggio in nave verso il suo Inferno. Il lettore troppo ingenuo potrebbe credere si tratti di un dettato autentico.

Seguono poi i capitoli dedicati alle singole donne la cui vicenda umana e storica s’intrecciò con quella di Napoleone. A cominciare ovviamente da sua madre, Letizia Ramolino Buonaparte, poi Madame Mère. Come il marito, aveva origini italiane, parlava il patois còrso e ovviamente l’italiano (la Corsica venne veduta alla Francia nel maggio 1768), come del resto il figlio suo più famoso, e solo in seguito imparerà il francese, con un accento che farà ridere i salotti parigini. Donna pratica ed energica, si farà tuttavia infinocchiare, durante la prigionia del figlio, dalle malìe esoteriche di una veggente, peraltro austriaca!

I capitoli successivi riguardano dapprima le sorelle di Napoleone, poi la prima moglie, la famosa Giuseppina de Beauharnais, donna che non si faceva scrupoli di cornificare il marito in modo plateale, in seguito ricambiata generosamente dal suo consorte. La rassegna di ritratti si chiude con quello della ragazzina inglese, Elizabeth (detta Betsy) Balcombe, che Napoleone incontrerà Sant’Elena e diventerà sua amica di giochi e facezie.

Il libro di Alessandra Necci non vuole essere con tutta evidenza un saggio storico, non ne ha il rigore e l’approccio critico alle fonti (nel testo non sono presenti richiami alla pur nutrita bibliografia, peraltro non puntualmente aggiornata per le traduzioni italiane, cito tra tutte quella delle Memorie di Talleyrand, edite da Aragno). Si tratta di un romanzo storico-sentimentale, tranquillo e scritto assai bene, che va ad alimentare il Mito. Un libro, in occasione del bicentenario, destinato al grosso pubblico, ai non specialisti che vogliono leggere qualcosa di tranquillo e di ben documentato su un argomento ammaliante e suggestivo, quale quello di un personaggio del calibro di Napoleone e le sue donne.


venerdì 8 gennaio 2021

Sulle "diversità culturali estreme"

 

L’omologia tra la crisi che portò al declino dell’impero romano d’occidente e quella attuale è uno dei leitmotiv storici più frequentati. Bisognerebbe discutere su quanto questo parallelismo storico sia aderente e fondato e per quali aspetti invece non lo sia, ma lascio volentieri il compito a chi molto meglio di me se ne intende, cioè agli storici. Tuttavia ognuno di noi qualche idea su certi confronti tra passato e presente se la fa, pertinente o meno che sia.

Per esempio sull’immigrazione e la crisi demografica, temi che offrono molti spunti di riflessione tra l’antico e l’attualità. Il carattere economico e sociale della società antica favoriva l’immigrazione, anzi, imponeva una vera e propria importazione coatta di braccia, di forza-lavoro, vale a dire di schiavi. Fenomeno, a dire il vero, che è continuato anche dopo, per millenni.

In epoca più recente e anche nei nostri anni non è più necessario ricorrere a certe pratiche per importare forza-lavoro. È sufficiente creare le condizioni economiche per favorire l’immigrazione, cioè per arruolare nuovi schiavi volontari, per status, istruzione, utilità d’impiego.

giovedì 7 gennaio 2021

Accade in America


Ci rendiamo conto di ciò che è successo ieri a Washington? L’assalto armato al Congresso degli Stati Uniti, la dispersione in preda al panico di senatori e membri della Camera terrorizzati, il ritardo della convalida ufficiale della maggioranza del collegio elettorale di Joseph Biden e persino l’occupazione della carica della presidente della Camera Nancy Pelosi sono fatti che costituiscono un punto di svolta nella storia politica degli Stati Uniti.

È stato il risultato di una cospirazione attentamente pianificata, istigata dal presidente in carica Trump, da suoi stretti collaboratori come Stephen Miller e numerosi altri che lavorano dietro le quinte all’interno dell’esercito, della guardia nazionale e della polizia, cospiratori strategicamente posizionati all’interno della Casa Bianca e di altre potenti istituzioni, dipartimenti e agenzie dello Stato.

I cospiratori hanno scelto come momento propizio per l’azione la seduta del Congresso per ratificare la maggioranza del collegio elettorale di Biden. L’assalto ha fatto seguito a una propedeutica di mesi fatta di menzognere da parte di Trump e dei suoi tirapiedi secondo cui le elezioni del 2020 erano state falsate. Il leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell ha perfino negato il riconoscimento repubblicano all’elezione di Biden per settimane, fornendo legittimità agli sforzi di Trump per screditare il risultato delle elezioni con accuse esplicite di frode elettorale.

La maggioranza dei membri repubblicani del Congresso e un numero considerevole di senatori repubblicani hanno orchestrato il dibattito politico di ieri contestando la legittimità del voto del Collegio elettorale per fornire il pretesto necessario alla rivolta. Il segnale finale per l’assalto al Campidoglio è stato dato dallo stesso Trump, che ha pronunciato un’arringa diretta ai suoi sostenitori con toni apertamente insurrezionali.

Certo, ci si è avvalsi di manovalanza, ma essa era diretta da elementi con addestramento militare e paramilitare, nell’insieme tutte persone che rappresentano un’anomalia nella misura in cui certe anomalie sono parte non trascurabile e anzi costitutiva della società statunitense: fanatici di tutti i tipi, politici, religiosi, razzisti, fascisti, eccetera.

Per contro, immaginiamoci una manifestazione convocata a Washington per protestare contro l’avvenuta ipotetica rielezione di Trump e per rovesciare i risultati delle elezioni. I manifestanti, pur non tentando un assalto al Congresso, avrebbero ricevuto una massiccia dimostrazione di forza da parte della polizia e della guardia nazionale. Ci sarebbero stati tiratori scelti strategicamente posizionati su ogni edificio, elicotteri e droni in sorvolo, e al minimo movimento non autorizzato della folla, per quanto pacifico, sarebbe stata immediatamente dispersa, quindi il lancio di raffiche di lacrimogeni, centinaia se non migliaia sarebbero stati i pestati e gli arrestati.

È già stato invece ampiamente notato che ieri gli assalitori non hanno incontrato particolare resistenza e nelle zone più critiche e vulnerabili del Campidoglio non si vedeva quasi la polizia.

Non solo si poteva preventivare che accadesse, ma è accaduto nel pomeriggio del 6 gennaio 2021. Anche se questo tentativo non ha raggiunto il suo obiettivo, nessuno può scartare l’ipotesi che in futuro non si possano creare le condizioni perché accada di nuovo. Le glorificazioni sulla stabilità e l’eternità della democrazia americana sono state smascherate e screditate come un vuoto mito.