venerdì 20 novembre 2020

Quelli che le mani neanche possono lavarsele

 



Sono stimati in 2,5 milioni i morti l’anno nel mondo per mancanza di acqua o per la sua pessima qualità. I primi ad esserne colpiti sono i bambini sotto i 5 anni. Entro il 2050 metà della popolazione mondiale avrà problemi di scarsità d’acqua.

Eppure diversi studi dimostrano che c’è abbastanza acqua potabile. Perciò non è solo questione di scarsa e ineguale distribuzione geografica della risorsa: è il risultato della gestione più che delle quantità disponibili.

Nell’Africa subsahariana, dove la situazione idrica è grave, le falde acquifere non sono così povere come si potrebbe pensare. Ci sono poche risorse idriche a Las Vegas come a Khartoum, ma nella città del Nevada vi sono molte più risorse economiche. La soluzione, come spesso in questi casi, è una questione di soldi e di come gestirli.

A livello internazionale l’acqua è una potente arma di deterrenza. I paesi che hanno monopolizzato l’acqua non esitano a usarla puramente e semplicemente come un’arma di pressione. Quando c’è già una situazione di tensione, la gestione dell’acqua diventa un perfetto detonatore per esacerbare i conflitti.

Lo sa bene Israele, che tiene i palestinesi per la gola. La siccità in Palestina non ha nulla a che fare con la geografia. Tutta l’acqua viene deviata in territorio israeliano, le condotte la portano agli insediamenti. Inoltre, ai palestinesi è vietato scavare pozzi, devono richiedere un permesso speciale (*). Di conseguenza, sono costretti ad acquistare acqua da Israele a prezzi esorbitanti. A Gaza non hanno più pozzi e sono costretti a comprare l’acqua in bottiglia.

La Cina è in una posizione d’idroegemonia nella sua regione. Da un lato perché possiede il Tibet, soprannominato “la torre dell’acqua dell’Asia” e, dall’altro, grazie alle sue dighe, in particolare sul Mekong. Ciò le consente di esercitare pressioni sui paesi a valle (Thailandia, Vietnam, Cambogia e Birmania). Ma anche sull’India: la Cina controlla la sorgente del Brahmaputra (un fiume essenziale per l’India), situata in Tibet. Nel 2017, nonostante degli accordi, la Cina non ha fornito all’India i dati che aveva sul flusso del fiume a monte, che ha che ha causato inondazioni devastanti.

Il conflitto indo-cinese sui confini è anche questo. Il controllo delle fonti idriche permette a un paese di dimostrare di essere una potenza preponderante nella sua area geografica.

L’Egitto, storicamente aveva il controllo del Nilo, poiché era il paese più potente, anche se era a valle del fiume. Ora l’Etiopia, più a monte, mette in discussione questo status con la mega diga idroelettrica del Rinascimento, completata nel 2019.

Nel 2020, dopo anni di contese, la Turchia ha inghiottito dozzine di villaggi curdi nel sito scelto per fungere da serbatoio per la sua diga di Ilisu, costruita sul fiume Tigri, in territorio turco ma non lontano da quello iracheno. Tra i villaggi scomparsi c’è Hasankeyf, classificato come patrimonio mondiale dell’UNESCO, un gioiello costituito da abitazioni rupestri e siti archeologici, alcuni dei quali risalenti al periodo neolitico. Eppure la Turchia si è sempre rifiutata di cambiare i suoi piani, costringendo 70.000 curdi a trasferirsi.

Non c’è angolo di mondo dove non vi sia un qualche conflitto per lo sfruttamento e la gestione delle risorse naturali. Questo è il risultato, tra l’altro, di un mondo diviso in Stati-

nazione. Un mondo che precipita sempre più in una situazione di conflitto e di caos generale.

(*) I rapporti tra israeliani e palestinesi sono bene esemplificati nel famoso film Il giardino di limoni.


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