venerdì 27 novembre 2020

Friedrich Engels, violinista eccelso

 

Suggerisco la lettura dell’articolo dell’ottimo Marcello Musto in occasione del 200° anniversario, che cade domani, della nascita Friedrich Engels, senza il quale non avremmo avuto il Marx che conosciamo.

Pur apprezzando l’articolo, mi sento in disaccordo con Marcello Musto riguardo al suo giudizio, che considero abbastanza tranchant, secondo cui “il metodo dialettico utilizzato da Engels possa aver semplificato e ridotto la complessità teorica e metodologica di Marx”. Spiace dirlo per lAutore di eccellenti lavori, però mi pare un giudizio che ricalca certi insistiti e frettolosi stereotipi.

Inoltre intuisco una sottovalutazione della Dialettica della natura, che invece considero una pietra miliare nella storia del pensiero scientifico-filosofico, in quanto Engels esplicita il nesso dialettico tra il caso e la necessità e pone le basi per la soluzione di tale rapporto, superando il determinismo ottocentesco, ossia rilevando i limiti della connessione deterministica di causa ed effetto, a tutt’oggi una delle cause principali del fallimento della ricerca di leggi scientifiche fondate su singole connessioni causali. Engels vi si dedicò non al basso livello teorico dei naturalisti, ma all’alto livello teorico di un maestro della dialettica.

È attraverso il caso di una massa infinita di singoli fatti accidentali che si afferma la cieca necessità dei fenomeni e dei processi complessivi. La necessità, analizzabile scientificamente ricavandone leggi, è l’economia. La produzione e riproduzione della vita reale, in tutti i suoi nessi, è il processo complessivo che contiene le leggi essenziali dell’economica e le determinazioni storiche che riguardano le forme politiche, giuridiche, religiose, di costume, ecc..

Nell’alterno gioco di risultati delle forme politiche, giuridiche e ideologiche, e dall’azione reciproca tra queste forme e la produzione economica, il movimento economico si afferma come necessario.

Scrive Engels: “Noi stessi facciamo la nostra storia, ma innanzi tutto dietro premesse e in condizioni bel determinate. Tra di esse decidono, in ultima istanza, quelle economiche. Ma anche le condizioni politiche, ecc., anzi, persino la tradizione che ossessiona i cervelli degli uomini, esercitano una funzione, anche se non decisiva”.

Chiarito questo punto, Engels prosegue: “Ma la storia si fa in modo tale che il risultato finale balza sempre fuori da conflitti di molte volontà singole, di cui ciascuna viene determinata da una folla di condizioni speciali d’esistenza. Esistono dunque innumerevoli forze che s’incrociano, esiste un numero infinito di parallelogrammi di forza da cui nasce una risultante, l’avvenimento storico, che può essere considerato a sua volta come il prodotto di una forza che agisce come un tutto, in mondo incosciente e cieco. Perché ciò che risulta è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia procede in guisa d’un processo naturale ed è anche sottoposta sostanzialmente alle stesse leggi di sviluppo”.

Che la storia si comporti come un processo naturale, sottoposta alle stesse leggi di sviluppo, non mi pare in contrasto né con Marx né con la realtà effettuale. Che poi, a motivo di infinite singole volontà nel perseguire infiniti scopi, si ottengano risultati spesso non voluti e contraddittori, è un dato di fatto a riguardo del quale si potrebbe citare un ricco compendio di risultati storici non voluti da nessuno.

Tuttavia precisa Engels:

”La libertà non consiste nel sognare l’indipendenza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un piano per un fine determinato. Ciò vale in riferimento tanto alle leggi della natura esterna, quanto a quelle che regolano l'esistenza fisica e spirituale dell'uomo stesso: due classi di leggi che possiamo separare l'una dall'altra tutt’al più nell’idea, ma non nella realtà [...]. La libertà consiste dunque nel dominio di noi stessi e della natura esterna fondato sulla conoscenza delle necessità naturali: essa è perciò necessariamente un prodotto dello sviluppo storico”.

Personalmente, alla luce di quanto esposto in questo succinto post, non vedo come “il metodo dialettico da lui utilizzato possa aver semplificato e ridotto la complessità teorica e metodologica di Marx”.

Se non altro l’articolo di Marcello Musto non ha trovato spazio nel foglio più anticomunista, antimarxista e reazionario d’Italia, cioè la Repubblica.

8 commenti:

  1. Un grande plauso !

    Cq, vecchia storia quella della "presunta" non compatibilità, in certi casi, tra Marx ed Engels..

    caino

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  2. ...sempre grazie per i suoi post!
    maurix

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  3. Se la libertà è necessariamente un prodotto dello sviluppo storico, andrebbe definita la parola "sviluppo".
    Se lo "storico" viaggia su una linea continua, quella del tempo, lo sviluppo sembra invece adeguarsi ad una linea alquanto discontinua, che di volta in volta si interrompe, facendoci ricadere in passati abominevoli.
    Talvolta mi sono chiesto quanto, in relazione, ha influito, nel cosiddetto "sviluppo", il rispetto, l'adeguamento alle leggi che regolano l'esistenza fisica, contro il rifiuto, la ribellione, la contestazione a queste leggi.
    Sono in accordo al suo pensiero sull'importanza nella conoscenza delle leggi della natura e delle sue necessità, leggi che anch'esse variano al variare di quelle che regolano la nostra esistenza.
    Questo dovrebbe aiutarci a comprendere la necessità di cambiare velocemente rotta, come avrebbe voluto Langer, oppure a terminare anzitempo la nostra esistenza, come ha fatto lui, quando, anche e sopratutto nei singoli non si vede luce, nessun violinista, tanto meno eccelso quanto Engels. Grazie Olympe
    Stefano

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  4. “Il proletariato non può conquistare il potere politico, l’unica porta per entrare nella nuova società, senza una rivoluzione violenta. Perché il giorno decisivo il proletariato sia abbastanza forte per vincere è necessario – e questo Marx ed io l’abbiamo sostenuto fin dal 1847 – che si formi un partito specifico, separato da tutti gli altri ed a loro contrapposto, un partito di classe, cosciente di sé”.

    Federico Engels, lettera a G. Trier, 18 dicembre 1889

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  5. la necessita' di cambiare
    velocemente rotta e' nella comprensione della infinita interconnessione dei fenomeni della natura. Puo' "esistere" qualcosa che muta costantemente?
    Cioe, noi. Nel momento in cui si osserva, e' gia' cambiato. Appare in un modo, ma sostanzialmente non e' come appare.Credere nell'impossibilita' di cambiare, come ha fatto langer, e' prendere per "vero" un momentaneo stato depressivo. Che, se si lasciava andare, giusto un altro po' di tempo, avrebbe osservato, tristezza, solitudine, ma anche amore. L'errore sta nel dimenticarsi della interdipendenza, e' qui che si deve restare, in questa cognizione, condividiamo verso tutti. Compassione.
    Grazie stefano, grazie olimpe

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