venerdì 9 ottobre 2020

Napoleone e la guerra delle Falkland


Ludovico de Varthema (1470 circa – 1517), è stato un viaggiatore bolognese che ci ha lasciato una straordinaria relazione del suoi viaggio che copre un itinerario tra il Cairo e il Borneo, con un eccezionale ritorno oltre l’Africa, attraverso l’isola di Sant’Elena e le Azzorre. Un percorso assolutamente eccezionale per quell’epoca.

Lasciò l’Europa verso la fine del 1502, raggiunse Alessandria d’Egitto e risalì il Nilo fino al Cairo. Dall’Egitto navigò a Beirut e da lì raggiunse Tripoli, Aleppo e Damasco. Fu il primo occidentale ad introdursi nella città vietata della Mecca. Arrivò in India, nel Borneo e si spinse fino alle Molucche.

Nota e registra i tratti salienti delle culture che incontra, sottolinea le specificità locali negli avvenimenti a cui gli capita di assistere. Parla l’arabo e dunque è in grado di comprendere perfettamente ciò a cui assiste, avvenimenti assolutamente esclusi agli occhi dei rarissimi viaggiatori occidentali.

Il suo resoconto, dettagliato e preciso, fu pubblicato a Roma nel 1510, fu tradotto in molte lingue, ebbe lettori attenti tra gli esploratori e gli antropologi inglesi. Richard Francis Burton, nella descrizione del suo viaggio incognito alla Mecca, dedicò a Varthema le sue annotazioni. Ancor prima i portoghesi utilizzarono la sua relazione per intraprendere le loro navigazioni di conquista.

In Italia fu presto dimenticato (nemo profeta in patria), e del resto l’economia italiana stava avviando verso un rapido declino e l’isolamento dal quadro economico internazionale. Tra le edizioni recenti, segnalo: Itinerario dallo Egypto alla India, a cura di Enrico Musacchio, Alice edizioni, 2015, da cui sono tratte le citazioni e l’immagine che riproduco.



Del passaggio nei pressi dell’isola di Sant’Elena purtroppo ci ha lasciato una scarna descrizione:

«Passammo presso un’altra isola chiamata a Sant’Elena, dove vedemmo due pesci uno dei quali era grande come una casa, di quali ogni volta che sono a galla alzano una cosa come una visiera larga [i fanoni delle balene], credo, tre passi, e la bassa quando vogliono procedere sott’acqua. Fummo tutti spaventati dall’impeto nel loro modo di andare avanti, di modo che scaricando tutta l’artiglieria».

Varthema ci ha lasciato anche una rapida descrizione di un’altra sperduta isola atlantica:

«E poi trovammo un’altra isola, chiamata l’Ascensione, nella quale trovammo certi uccelli grossi come anatre, che si posavano sopra la nave ed erano tanto semplice e innocenti che si lasciavano prendere in mano. E quando erano presi parevano selvaggi che feroci. E prima di essere presi ci guardavano come cose miracolose. E questo era perché non avevano mai visto esseri umani, in quest’isola non c’è altro che pesci e acqua e questi uccelli».

L’Isola di Ascensione, quando vi approdò Varthema, era stata scoperta da pochissimi anni. Rappresenta il punto di maggior vicinanza tra l’Africa e il Sud America, chiaro dunque il suo ruolo strategico nelle comunicazioni, ruolo che conserva nonostante risulti anche oggi quasi inaccessibile via mare. Infatti per arrivarci è necessario prendere un aereo della RAF che due volte la settimana si ferma sull’isola per fare rifornimento prima di ripartire per le Falkland.

Per venire ai fatti più recenti, il suo aeroporto, con una lunga pista asfaltata, fu uno di quelli allestiti per accogliere il ritorno degli Space Shuttle americani. Durante la guerra delle Falkland fu fondamentale per l’andirivieni dei bombardieri Vulcan.

In epoca più remota era stata assegnata una guarnigione agli ordini dell’ammiragliato britannico, perché era la località più vicina alla prigione di Napoleone. Il fatto che Sant’Elena si trovasse a oltre 1000 km di distanza dimostra i livelli di paranoia rispetto a eventuali missioni per liberare imperatore.

L’arcipelago delle Falkland, molto più a sud e a ovest, è sempre stato oggetto di conflitto tra le potenze, nonostante la loro estrema desolazione. Nel 1763, alla fine della guerra dei Sette anni, quando i francesi avevano perso gran gran parte le loro colonie in Nord America, in India e nelle Indie occidentali, cercarono disperatamente un modo per riaffermare globalmente il proprio potere.

Louis Antoine de Bougainville, nel 1764 battezzò le isole con il nome della città da cui provenivano i suoi marinari e carpentieri: Îles Malouines, che più tardi in spagnolo diventò Islas Malvinas. La capitale la chiamò Port Loius, oggi è invece Stanley (in passato Port Stanley, in spagnolo Puerto Argentino). Le sue prime impressioni non furono positive: “Un luogo privo di vita per mancanza di abitanti, un silenzio infinito infranto solo dal grido di un mostro marino, ovunque una strana e malinconica piattezza”.

La Francia non fu l’unico paese ad accampare dei diritti. Essendo sbarcati in altri punti delle isole, in seguito gli inglesi espressero il loro interesse, mentre gli spagnoli reclamarono la proprietà di tutte quante le isole in base al trattato di Tordesillas, quello che nel 1494 aveva ripartito il “nuovo mondo” tra la Spagna e il Portogallo. Con l’espansione dell’industria baleniera nell’Atlantico meridionale, anche gli statunitensi reclamarono i loro diritti. Infine, nel 1820, un nuovo paese, nato dal crollo dell’impero spagnolo, l’Argentina, annunciò formalmente la propria rivendicazione.

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