martedì 6 ottobre 2020

Le conclusioni da trarre

 


Luciano Capone e Carlo Stagnaro in un articolo su il Foglio di ieri prendono di mira le posizioni di Beppe Grillo e di papa Bergoglio in tema di “decrescita”:

« “Una crescita esponenziale non può esistere, lo sa anche un bambino...”. Una visione analoga a quella del fondatore del M5s l’ha espressa più volte Papa Francesco, a cui non a caso Grillo dice di ispirarsi».

Grillo se la prende soprattutto con il PIL, che dice essere un parametro appartenente al passato e che comunque non misura il benessere. Bergoglio rileva che quando si dice che “il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale”.

Sono due tesi che fotografano la realtà, anche se a qualcuno dispiace sia la nostra.

Il PIL è un sistema di misurazione ad hoc che non ci dice nulla sui rapporti di produzione che stanno alla base di una data società e di quelli di distribuzione che gli corrispondono. Soprattutto non ci dice nulla sulle disuguaglianze e sui rapporti di sfruttamento. Quest’ultimo punto non è toccato da Grillo, ma glielo suggerisco di buon grado.

Quanto a papa Bergoglio, è un fatto che la povertà si deve misurare con i criteri della nostra epoca. Infatti, soggiungo, non avrebbe senso misurala con i criteri di quando si faceva fatica a raggiungere livelli produzione di mera sussistenza. Ecco perché, senza farla lunga come gli autori dell’articolo, c’entra il prodotto interno lordo.

Gli autori, in risposta e come cardine dell’articolo, scrivono:

«Posto che il sistema capitalistico sia quello che più e meglio di tutti ha prodotto nel mondo crescita economica e riduzione della povertà, è giusto riflettere sulle critiche radicali al concetto stesso di crescita per come la intendiamo. Se cioè la crescita economica sia solo un fenomeno quantitativo, che porta con sé!anche molti mali, oppure se determini maggiore benessere, felicità e sviluppo umano. La risposta ruota attorno al significato delle tre lettere che misurano la crescita economica: pil.»

Il fatto che il sistema capitalistico sia “quello che più e meglio di tutti ha prodotto nel mondo crescita economica e riduzione della povertà”, nella sostanza come si può contestare?

Per la classe dirigente dell’antico Egitto, quello vigente allora era il miglior sistema sociale possibile, quello che produceva di più e meglio. Non si scorgeva ad esso alternativa plausibile. Se si vuole un esempio di elogio della schiavitù antica si deve leggere Engels!

«Solo la schiavitù rese possibile che la divisione del lavoro tra agricoltura e industria raggiungesse un livello considerevole e ciò rese possibile il fiore del mondo antico: la civiltà ellenica. Senza la schiavitù non sarebbero esistiti né lo Stato, né l’arte, né la scienza della Grecia: senza la schiavitù non ci sarebbe stato l’Impero romano. Ma senza le basi della civiltà greca e dell’Impero romano non ci sarebbe l’Europa moderna. Non dovremmo mai dimenticare che tutto il nostro sviluppo economico, politico e intellettuale ha come presupposto uno stato di cose in cui la schiavitù era tanto necessaria quanto generalmente riconosciuta (F. Engels, Anti-Dühring, II sezione, cap. 4)».

Quello stato di cose a conferma di un presente di opulenza che per pochi esiste ancora, ma non più come premessa di un futuro sviluppo sociale complessivo. Non si tratta di evocare i supposti terrori dell’anno Mille, ma le contraddizioni della nostra epoca, la certezza scientifica che così non può durare, che siamo alla fine forzata di un vecchio processo e di una società sempre più malata ma sempre più potente e distruttiva, che ha dappertutto creato un ambiente e uno scenario sociale ad immagine della sua malattia.

Le considerazioni da trarre, mettendo fine alle menzogne ideologiche, compresa quella che vuole la tecnologia risolutiva delle sempre più esplosive antinomie, non possono eludere il problema radicale, ossia quello della impossibilità materiale di esistenza d’un mondo che prosegue in tale movimento.

L’impossibilità di questo sistema di continuare su questa strada è già dimostrata da tutta la conoscenza scientifica, che non discute più se non della scadenza e dei palliativi che potrebbero, se rigidamente adottati, farla leggermente ritardare. Una tale scienza può soltanto accompagnare verso la distruzione il mondo che l’ha prodotta e che la possiede, mostrando così in modo caricaturale l’inutilità della conoscenza senza impegno sul tema del cambiamento sociale.


5 commenti:

  1. Risposte
    1. Hai ragione. Rivoluzionari da giovani, conservatori da vecchi

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  2. Chissà perché i panglossisti alla Steven Pinker e Youval Harari provengono dalle classi agiate del nord del mondo. (Peppe)

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  3. Chissà perchè gli Agnelli vorrebbero il Sole24ore...

    Roberto

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