domenica 5 luglio 2020

Ciao, LUCA




Il premio Strega, leggo sul Domenicale, “non sempre individua i testi migliori, ma il riconoscimento dà un’idea dei gusti imperanti”.

Il mio non modesto disgusto preclude eccezioni.

*

Il mio caro amico Luca sarà forse sorpreso di apprendere che egli non è “esattamente quel che pensa di essere”, almeno geneticamente.

Se egli è apprezzato da chi lo conosce per essere anzitutto una brava persona (che non è poco), un simpatico e sensibile individuo dell’antropecene, poeta di valore alterno ma sempre godibile, tuttavia il suo nome allude a ben altro: è un essere unicellulare dal quale deriva tutto ciò che vive ed è vissuto. Infatti, LUCA sta per: last universal common ancestor. È la radice dell’albero di Darwin.

L’articolo di Arnaldo Benini, sul Domenicale, dal titolo Il buio delle nostre origini, recensione dell’ultima fatica tradotta in italiano di David Quammen (autore che questo spettabile blog ha ampiamente considerato in recente circostanza isterico-pandemica), tra l’altro ripropone all’attenzione di semplici lettori ma anche di ansiogeni spaventapasseri televisivi, un dato di non trascurabile entità: la resistenza agli antibiotici provoca la morte ogni anno di 700.000 bipedi discendenti da quel fatidico universal common ancestor.

Ragguaglio: 33mila decessi ogni anno in Europa (10mila in Italia) e quasi 880mila casi di disabilità. Il resto riguarda prevalentemente razze inferiori neri, meticci e altri, dei quali non vale la pena occuparsi nemmeno occasionalmente, che non fanno “odiens” e contratti.

Tutti gli esseri viventi sono imparentati tra di loro non solo per LUCA e per il codice genetico, ma per materiale genetico che passa da una specie all’altra: ecco dunque spiegati tanti enigmatici incontri ravvicinati di nostri simili comunemente rubricati nella categoria sociocoprologica di “stronzi”.

Il Bonini, a riguardo del libro di Quammen, dice che dalla sua lettura “c’è moltissimo da imparare”, tuttavia sostiene che in esso s’insiste troppo, parlando di 100 scienziati, “sulla loro vita privata, i loro vestiti, acconciature, baffi e barbe, case e uffici, viaggi, famiglie, mogli e mariti (quasi mai una o uno solo), automobili e motociclette e molto altro”. Un motivo in più per leggerlo!

L’albero intricato. Una nuova e radicale storia della vita, Adelphi, lire 50.345.

3 commenti:

  1. Però, chiamarlo Premio Strega fu, da parte di Maria Bellonci, un atto di rimarchevole autoironia.
    O forse no?

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  2. "Ve’ che non par che luca
    lo raggio da sinistra a quel di sotto,
    e come vivo par che si conduca!". (Inf. V)

    Innanzitutto grazie per la sorpresa e per il resto.
    Aggiungo solo che tale acronimo mi ricorda l'Antenato raccontato da Dawkins in un suo celebre volume da quale riporto una citazione di Mark Twain che in qualche modo connessa al nome, alla poesia, alla storia:

    «La storia non si ripete, ma fa rima».

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