domenica 14 aprile 2019

Padri e figli



Ricevo da un amico questo pezzullo al quale faccio seguire un mio breve commento.

Alessandro Gilioli ha speso un'ora e mezzo per spiegare al figlio perché il comunismo non ha funzionato quando bastava dirgli che quei sistemi sociali non rappresentarono per nulla delle società comuniste. Avrebbe invece speso bene il suo tempo nello spiegare a suo figlio per quale motivo il capitalismo è entrato nella sua crisi storica generale e perché esso si rivela sempre più, nonostante certe apparenze, quale fondamentale ostacolo allo sviluppo sociale e umano.

Sempre che di ciò Gilioli sia convenientemente al corrente, ma dubito che le sue cognizioni e preoccupazioni oltrepassino i limiti di generiche problematiche relative ai cambiamenti climatici, al crescente pauperismo e simili (tutte tematiche sacrosante, s'intende). Desumo questa sua sostanziale noncuranza delle leggi che presiedono il processo storico capitalistico dal fatto che egli ritenga sufficiente una "tosatura" fiscale o altra riforma al fine d'impedire il divaricarsi delle contraddizioni del capitalismo stesso. Insomma, il capitalismo assunto come il minore dei mali, cioè dal lato più morale ed etico che invece dalle sue effettive contraddizioni e dinamiche storiche.

Tra qualche lustro, ma anche molto prima, il figliolo di Gilioli , al pari di molti altri, qualche interrogativo sul tema se lo dovrà riproporre comunque e per necessità di cose, e per allora dovrà cercare risposte diverse da quelle paterne se vorrà comprendere ciò che sta accadendo nella realtà effettiva.

Quanto al Gilioli padre, non si tratta di essere di sinistra radicale o riformista, ma semplicemente di non rimestare e spacciare i soliti truismi sul comunismo e il capitalismo, quindi di assumere verso queste questioni un atteggiamento serio basato sulla conoscenza. Ed è appunto a tal fine che consiglio chiunque di lasciar perdere simili questioni al telefono e di farsi convinto che nessuno può "uccidere", nemmeno in senso metaforico, il capitalismo, salvo il capitalismo medesimo.

5 commenti:

  1. Una sintesi davvero chiara, una sorta di istruzioni per l'uso nell'affrontare la questione con chiunque voglia capire e pertanto ponga domande.
    Ma è difficile tenere la linea.
    Perché se "non rappresentarono per nulla società comuniste", ci si espone alla facile considerazione che forse, se una idea non può incarnarsi nella realtà nel momento in cui esprime il massimo del suo potenziale, allora non è una buona idea. E si va sotto.

    Quindi bisogna aver pronta la contromossa efficace: la risposta al perché non furono società comuniste, e perché potrebbero invece  esserlo nel  futuro. Se non si hanno queste risposte, la persona la perdi, perché non potrà mai essere abitata da un'idea che non sente compiuta nella teoria.

    Puoi quindi terminare il manualetto in tal senso, con la stessa efficace, spendibile sintesi ?
    Perché è questo il punto nel quale ci si incarta facilmente, e non solo coi figli (io ne ho due adolescenti).

    Quando, per necessità di cose (come ben sottolinei), forzatamente si cercheranno impellenti risposte, quante più persone avranno già fatto certi passaggi, tanto più facilmente sarà raggiunta la massa critica sufficiente a gestire il cambiamento.

    Quindi grazie, se vorrai accogliere questa mia richiesta.

    Un abbraccio.

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    1. Intanto grazie per il franco commento.
      Rispondo che non ho risposte, ossia ideali bell’e pronti da realizzare. Seguendo quella strada sono già stati commessi fin troppi errori ed orrori. Marx giustamente osservava che “il comunismo è non uno stato di cose che deve essere instaurato, ma un movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”. Non esistono ricette pronte per la cucina dell’avvenire, tuttavia facciamo attenzione alla progressiva socializzazione dei processi produttivi, che crea le condizioni positive per un possibile nuovo ordine sociale di tipo più avanzato.

      E allora meglio perdere ascolto piuttosto che implementare idee avventuristiche che portano a sciagure personali e collettive, oppure, quando va meno peggio, a crisi esistenziali tipiche del piccolo borghese nevrotico che nel proprio orizzonte di vita non vede realizzarsi l’ideale perseguito nella propria immaginazione. L’unico eventuale consiglio che mi sento di dare e dunque di ripetere ancora una volta è di operare affinché sia fatta definitiva giustizia di tutte le illusioni e di tutti gli ottimismi, mostrando quanto profonde radici abbiano le contraddizioni capitalistiche, quanto instabile sia la prosperità, quanto insicura la democrazia, quanto incerto il progresso sociale sul fondamento delle attuali strutture. Quanto alle teorie, caro Giorgio, ogni epoca al momento opportuno produce i propri teorici.

      Un forte abbraccio.

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    2. Oltre che per il post, grazie per il botta e risposta.

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  2. La sola risposta è questa: la violenza, la sopraffazione e lo sfruttamento iniziano 12.000 anni fa. Non si può pretendere di ribaltare questa "inculcatio" nel giro di 100 anni e soprattutto con i mezzi di distrazione di massa di cui il Potere oggi dispone. In primis la mancata emancipazione che, col permanere dell'ignoranza-credulità-paura-odio, genera la guerra tra poveri. Tutti Tafazzi.

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