venerdì 8 febbraio 2019

Locuste


Sono come le locuste, dove si posano fanno danni. Gentaglia improvvisata che non si rende conto delle conseguenze delle parole, dell'irritante atteggiamento, delle azioni condotte seguendo l’ego della propria mediocrità. Non c’è nemmeno da sperare nella loro rapida usura. D’altro canto, che la Francia giochi sporco contro l’Italia non è un fatto solo contingente, bensì un fatto storico.

Dopo la Rivoluzione, il punto debole della Francia, come del resto dei suoi nemici, fu la crescente difficoltà di finanziare la guerra. Il Direttorio aveva dovuto liquidare la carta moneta mediante default e ritornare al numerario. Anche se fosse riuscito a equilibrare il bilancio ordinario, restava sempre da alimentare la guerra, cosa che non si può fare se non con il credito.


Di questa situazione non ne furono colpiti soltanto la vita e il morale della nazione: la penuria indusse il Direttorio a sfruttare l’Olanda e ad estendere il proprio dominio in Italia e in Svizzera per farvi vivere i suoi eserciti. Scrive George Lefebvre: “Poiché la guerra nutriva l’esercito ed anche lo Stato, essa si creò un partito, che s’incarnò in  Bonaparte  (Napoleone, Laterza, p. 41).

*

Napoleone fu radiato per ben due volte dall’esercito francese, la prima con il grado di tenente (rischiò la diserzione, fu reintegrato poi con il grado di capitano, con il quale si distinse a Tolone), e una seconda rivestendo il grado di generale di brigata, nel 1795. Avendo rifiutato ancora una volta l’assegnazione ad un comando in Vandea, fu cancellato dal servizio effettivo e restituito alla condizione di semplice civile.

Nel maggio dell’anno prima, aveva presentato al Comitato di Salute Pubblica, tramite Augustin Robespierre (fratello del più celebre Maximilien), un piano preparatorio alla campagna di Piemonte. Gli argomenti sostenuti nel piano non erano molto diversi da quelli del convenzionale Philibert Simond (*), il quale descrive la penisola italiana come un luogo di grandi ricchezze e di facile conquista per la fragilità del suo sistema politico: “ […] nous avons besoin de nourrir nos armée”, era questo un obiettivo tutt’altro che secondario del piano d’invasione del Piemonte e dell’Italia (**).



Richiamato in servizio un po’ a caso, ma più probabilmente per la necessità, raschiando il barile, di trovare ufficiali per fronteggiare l’insurrezione dei monarchici contro il cosiddetto decreto dei due terzi del 12 Vendemmiaio (4 ottobre 1795), Bonaparte venne a distinguersi nella repressione con il leggendario (questo sì) cannoneggiamento degli insorti sui gradini della chiesa di Saint Roch e nella rue Saint-Honoré. Fu così che la morente Convenzione riconobbe in Napoleone il proprio salvatore e lo nomina generale di divisione. L’allora amico suo Barras lo ricorderà in seguito come una specie di Capitan Fracassa: “trascinava la sua grande Laquenée, un enorme cappello con un ciuffo di piume tricolore, gli angoli rovesciati, gli stivali arrotolati, e una spada più grande di chi la portava”.

Per farla breve, Bonaparte fu finalmente nominato comandante dell’armata d’Italia, in sostituzione, per dirla con Miot de Melito, di “uno dei più incapaci dei generali francesi”, cioè Barthélémy Schérer. Vi ebbe parte, in questa nomina, il solito Barras, già amante di Giuseppina Tascher de la Pagerie, vedova del ghigliottinato presidente dell’Assemblea Costituente, Alessandro Beauharnais, divenuta nel frattempo moglie di Bonaparte (***).

Un passo del proclama del nuovo comandante alle truppe dell’armata italiana recita: “Soldati, voi siete nudi, mal nutriti, il governo vi deve molto e nulla può darvi. La pazienza e il coraggio che dimostrate in mezzo a queste rocce sono ammirevoli; ma non vi procurano alcuna gloria; nessuna luce illumina. Io voglio condurvi nelle più fertili pianure del mondo. Ricche province, grandi città saranno alla mercé vostra; vi troverete onore, gloria, ricchezze”.


Talleyrand, già ministro degli Esteri della Convenzione e poi di Napoleone, ebbe a scrivere:

“Se a quell’epoca il Direttorio avesse voluto fare dell’Italia un boulevard per la Francia, avrebbe potuto, chiamando tutto quel bel paese a formare un solo Stato. Ma rimanendo lontanissimo da questo progetto, esso rabbrividì apprendendo che ci si occupava segretamente in Italia di fondere le nuove repubbliche in una sola, e vi si oppose con tutte le proprie forze. Il Direttorio voleva delle repubbliche, e questo lo rendeva detestabile agli occhi delle monarchie; ma non voleva che delle piccole repubbliche deboli per poter occupare militarmente il loro territorio con il pretesto di difenderle, ma in realtà per dominarle e nutrire le proprie truppe a loro spese, e questo lo rendeva detestabile agli occhi di quelle stesse repubbliche” (Mémoires du prince de Talleyrand, I, p. 265).

Neppure le truppe hitleriane perpetrarono in Italia un saccheggio paragonabile a quello delle truppe napoleoniche. Non solo opere d’arte, proprietà e valori di ogni specie, ma anche gli archivi di tutti gli stati italiani, non esclusi, com’è noto, gli archivi vaticani. A tale riguardo può essere di grande interesse, anche per le molte curiose notizie a latere, il recente lavoro di Maria Pia Donato, L’archivio del mondo. Quando Napoleone confiscò la storia, Laterza, 2019.

Un solo statista italiano, di lingua francese (!), seppe giocare la partita sul tavolo diplomatico con la Francia (e non solo).  

(*) Philibert Simond (1755-1794), prete, vicario episcopale e deputato del Basso Reno, gruppo della Montagna, ghigliottinato il 13 aprile 1794 accusato di far parte del presunto complotto (seconda cospirazione del Lussemburgo: 5-13 aprile).

(**) Jean Lambert Colin, L'éducation militaire de Napoléon, Paris, Chapelot, 1900 (disponibile in rete ma anche in edizione stampa più recente). Sulla sovrapposizione del piano di Napoleone e quello del deputato Simond, cfr. Luigi Mascilli Migliorini, Napoleone, Salerno editrice, 2014, cap. II, n. 52 a p. 459.

(***) L’incontro tra i due fu, come quasi sempre accade, dovuto al gioco imprevedibile del caso e meriterebbe di essere ricordato per il suo lato commovente, ma lascio al lettore curioso di scoprirlo per proprio conto; anticipo solo che c’è di mezzo una spada e il futuro viceré del Regno d'Italia).

7 commenti:

  1. Eccellente post e eccellente indicazione bibliografica (lodo la tempestività, non il contenuto che non ho ancora letto).
    [Se posso suggerire, andrebbe corretto "perpetuarono" in "perpetrarono"]

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    1. grazie della segnalazione, purtroppo non è l'unico errore procuratomi dalla digitalizzazione vocale e del quale mi accorgo solo ora

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    2. i rif. bibliografici nei miei post sono sempre ridotti al minimo, non sopporto gli articoli monumento d'erudizione (vera o più spesso presunta). su bonaparte poi la bibliografia è come noto sterminata, tuttavia i libri buoni non sono molti; le "memorie" dei protagonisti, quasi sempre in lingua originale, sono poco note ma sono anche le fonti migliori. e sono molto costose, purtroppo.

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    3. Su questo ho una cosa ovvia e una meno ovvia da dire. La cosa ovvia è che esistono le biblioteche. Lo dico per me, perché per tanti anni ho fatto come se non esistessero, e invece esistono.
      La cosa meno ovvia è Google Books e GooglePlay Libri. Contengono un numero eccezionalmente vasto di libri digitalizzati, generalmente provenienti da biblioteche americane o inglesi, e fra questi moltissimi testi italiani e francesi. Sono generalmente testi dei secoli precedenti il XX, soprattutto l'ottocento, e sono gratis.

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    4. per i testi francesi è meglio:
      https://gallica.bnf.fr/accueil/it/content/accueil-it?mode=desktop

      ma anche questa e altre non sono male:
      http://www.gutenberg.org/

      per il resto la biblioteca del congresso americano è il top

      grazie

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  2. Molto interessante, anche se lontano dai miei interessi attuali. Complimenti.

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