giovedì 1 febbraio 2018

Non durerebbe dall’alba al tramonto



Non si può comprendere la storia antica se non si ha presente il rilievo che in quelle società aveva il lavoro di milioni di schiavi. Si calcola che su 60 milioni di abitanti, l’Impero romano impiegasse circa 10 milioni di schiavi. Il ricambio organico di questa massa richiedeva il cinque per cento di nuovi schiavi ogni anno, vale a dire circa 500.000 nuovi schiavi da allevamento diretto o da vivai esterni (*). Gli storici convengono che in Italia, tra la metà del I sec. e.c. ed i Giulio-Claudi, ci fosse fra i 30 e il 40 per cento di schiavi, ossia circa 2,5 milioni su una popolazione totale di 7,5 milioni.


Sono quelle riportate cifre non lontane dall’effettiva realtà storica, e può apparire perfino incredibile che Senofonte preveda di comprare per conto di Atene tre schiavi per ogni cittadino, ossia tra i 70 e i 90 mila schiavi! La sua intenzione è di acquistarli progressivamente, cominciando con un gruppo di 1.200. Non è la difficoltà a procurarsene molti di più in una sola volta che lo spinge a questa tattica, bensì la consapevolezza che acquistandone molti di più in una sola volta, i prezzi sarebbero aumentati a scapito della qualità (S. Bussi, Economia e demografia della schiavitù in Asia Minore ellenistico-romana, LED Edizioni Universitarie, 2001).

E tuttavia tali cifre sulla consistenza del fenomeno della schiavitù nell’antichità sono esigue e quasi risibili a confronto di quanto avviene nella nostra epoca, laddove, per fare un esempio, solo due grandi società di capitale impiegano quasi tre milioni di schiavi: nel 2016, la catena Walmart ha registrato 15 miliardi di utili con il lavoro di 2,3 milioni di schiavi, e Amazon un utile di 2,3 miliardi con l’impiego di 541.900 schiavi (settembre 2017).

Il totale degli schiavi messi direttamente a profitto in tutto il pianeta dal sistema capitalistico ammonta ad alcuni miliardi d’individui. L’entità del plusvalore estorto è enorme e alimenta da un lato l’accumulazione delle società capitalistiche stesse (la sola Apple ha una liquidità di 200 miliardi di dollari), e dall’altro stimola la stratosferica speculazione finanziaria (basata su quegli algoritmi che ormai producono il 66% degli scambi sulle Borse mondiali), nonché l’incremento della ricchezza di poche decine di migliaia d’individui (l’1% più ricco dell’umanità possiede più del restante 99%, secondo l’Oxfam).

A quest’ultimo riguardo, immaginiamo una comunità di villaggio costituita da 100 individui dei quali solo uno possieda una ricchezza maggiore a quella complessiva degli altri 99. Potremmo definire una simile comunità come liberale e democratica? E, soprattutto, quanto durerebbe la cosiddetta pace sociale in tale contesto senza la minaccia di finire di là delle sbarre e in assenza di una pervasiva azione manipolativa ideologico-mediatica? La pace sociale in una simile situazione non durerebbe dall’alba al tramonto di un solo giorno.

(*) L’affermazione di Max Weber secondo cui la guerra fu una caccia agli schiavi è da considerarsi valida per tutte le epoche dell’antichità (St. economica e sociale dell’antichità, Editori Riuniti, 1981). Viceversa, in epoca moderna le guerre servono, e non secondariamente, per risolvere il problema dell’eccedenza di forza-lavoro. Anche in epoca antica si poneva tale problema, specie in Grecia e nell’Asia Minore, ed era risolto abitualmente con l’esposizione dei bambini. Anche nella “democratica” Atene, ma in tal caso l’abbandono era discreto, mentre nelle regioni dell’Asia Minore era un fatto pubblico. Per contro, nell’Egitto greco-romano, dove la riproduzione servile svolgeva un ruolo importante, l’esposizione dei bambini era un fenomeno raro, e per gli schiavi nati in casa era vietata l’esportazione. 

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9 commenti:

  1. È sempre un piacere leggerla quando snocciola questi dati.

    G.M.

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  2. E a proposito di Amazon: http://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/hitech/2018/02/01/amazon-bracciali-per-monitorare-staff_fa03ebe6-9c7f-4fbc-b668-5bcee4346ebc.html

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  3. Olympe, con tutto il rispetto, a me questa storia dello schiavo non mi piace, non ti seguo

    l' orizzonte antico era veramente angusto, non che oggi vada meglio, ma è diverso, forzatamente universale ma universale

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    1. uh che bello: piove, posso risponderti

      il motivo che mi porta a dire quello, lo sai anche tu, è quello del lavoro sociale astratto, prodotto specificatamente capitalista e inesistente nel evo antico se non sporadicamente

      Lavoro sempre più estraneo e ostile ma che alla lunga renderà illegittimi il mantello identitario di professione o mestiere, nonostante questi ultimi tengano ancora duro. questo sta avvenendo persino fra i ceti intermedi, a cui è difficile oggi attribuire lo status di notabilato

      dannatamente universale avrei dovuto scrivere, l' orizzonte della liberazione globale comunque si fa largo attraverso le eccezioni -antagoniste allo stato attuale- di nazionalità, razza, corporazione, lobby, racket, casta, cordata ecc

      non è sufficiente, ma le prossime generazioni nasceranno avendo incorporato questa condizione

      come dire: il Capitale canta il proprio trionfo sovrapponendosi al moderno, cioè alla storia, e invece la ghiaccia riproponendo il loop di antichi servaggi classisti (e questo fai bene a rimarcarlo) ma quello che provoca non lo sa neanche lui

      epperò dal mio punto di vista parlare di schiavi, faraoni, feudalesimo ecc non paga, anzi in generale rimanda (non è il tuo caso ma ragionaci) al tempo di un capitalismo più temperato e meno destabilizzante per il corpo sociale il cui il ricordo, purtroppo, è ancora presente e fa da tappo alle nuove istanze

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    2. qui non posso puntare troppo su concetti marxiani quali lavoro concreto e lavoro astratto, e dunque sul duplice carattere del lavoro rappresentato nelle merci e simili cose. devo puntare a far capire che di là delle forme assunte dallo sfruttamento nella modernità (la dequalificazione, l'operaio massa, ecc.) e quelle che via via va assumendo, nella sostanza delle cose, l'operaio e il salariato in generale, sono schiavi della condizione capitalistica non meno di quanto lo fossero gli antichi schiavi. altrimenti qui non ti capisce più nessuno (o quasi).

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  4. Nella sostanza non c’è differenza tra il lavoro degli schiavi antichi e quello degli schiavi moderni.
    Se il lavoro non è finalizzato al benessere globale e sociale è puro e semplice SFRUTTAMENTO.

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    1. nella sostanza non c'è differenza nell'essere schiavi, c'è differenza invero nelle forme e nella qualità dello sfruttamento della forza-lavoro

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