venerdì 5 gennaio 2018

Vecchi marpioni



Fateci caso, le geremiadi sul “paese che invecchia” si levano prevalentemente da ultrasessantenni del circuito mediatico. Importa così poco cosa devono affermare quanto importa nulla il come. Avete mai ascoltato un’analisi degna di questo nome sulle cause del fenomeno? Da parte mia sento solo la vecchia pesantezza dell’uso di truismi.

Il caso paradigmatico è quello di Bruno Vespa, che ha esordito quale “artista” a soli 73 anni. Sempre sul pezzo anche i cugini Alesina & Giavazzi, che da quarant’anni ti chiedono di “lavorare un po’ di più”, possibilmente fino al momento di tirar le cuoia. Non ho mai visto degli economisti lavorare, al massimo trafficare.

È il momento della decadenza di quella superiorità sociale della borghesia fatta valere per secoli e che oggi porta molti a pensare e sempre più a dire cose che possono sconcertare. Il nichilismo è perentorio.

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Vengo a ieri sera, alla trasmissione della Dietlinde Gruber, silfide del giornalismo di frontiera che a soli 61 anni conduce una trasmissione per sei giorni la settimana, anche se per la pensione ne deve ancora fare di strada prima di eguagliare le marchette di Corrado Augias, nato quando in Italia non si cantava ancora “Faccetta nera”. Ospite di turno Massimo Bernardini, simpatico giovane di 63 anni, già sperimentato giornalista-saggista-biografo-conduttore tv e chissà cos’altro, che continuava a rimarcare: “siamo un paese di vecchi”.

E perché mai, chiedo, una coppia giovane dovrebbe fare dei figli? Con un lavoro precario, un padrone che ti può sempre licenziare, per convenienza o per semplice capriccio? Per pagare l’asilo nido centinaia di euro il mese, per far studiare i figli fino a 25 anni e poi vederli emigrare, oppure perché stiano sdraiati sul divano di casa in attesa che si avveri chissà quale chimera?

Sempre ieri sera, Dietlinde ospitava anche Carlo Freccero, maturo filosofo già della scuola epicurea di Arcore, che di anni ne ha fatti 70, cioè quanti ne compirà quest’anno – auguri – l’altro ospite, Roberto D'Agostino, che di piselli ne ha già sbucciati parecchi.

Prendiamo un altro caso, non quello del giovane (1956) di belle speranze Beppe Severgnini, il giornalista più telegenico dai tempi della Farinon Gabriella, ma quello di Paolo Mieli, spesso ospite dalla stessa Gruber. Ha 69 anni (portati male), è stato direttore de La Stampa e del Corriere della Sera, presidente di RCS Libri, dopo di che resta nel consiglio della stessa. Dirige per la Rizzoli la collana di saggi storici I Sestanti e per la BUR cura la collana La Storia - Le Storie. Attualmente collabora al Corriere della Sera scrivendo editoriali in prima pagina e recensioni nelle pagine culturali.

Tiene regolarmente un seminario sulla "Storia dell'Italia Repubblicana" presso la facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell'Università degli Studi di Milano. È membro del comitato scientifico della Fondazione Italia USA e della Fondazione SUM, legata all'Istituto Italiano di Scienze Umane.

E, come non bastasse, in ambito televisivo Mieli cura e presenta le puntate di La grande storia e gli editoriali di Correva l'anno, come pure la serie Italiani e L'Italia della Repubblica di Rai Storia. Insomma, su Rai Tre e Rai Storia è presente tutti i giorni e quasi a ogni ora del giorno, sia in prima battuta o in replica.

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Riassumendo: il loro affaccendarsi è molto gratificante e anzi di vero e proprio godimento, di grande visibilità, ben remunerato, al caldo o al fresco secondo stagione e temperamento, convinti che nessun altro vegliardo di 30 o 40anni saprebbe fare altrettanto o addirittura meglio di loro. Non è dunque vero, a giudicare da quanti presidiano lo schermo televisivo, che il nostro è un paese di vecchi, ma di giovani con molto cerone.


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1 commento:

  1. E visto che tribuna di questo "discorso" era ed è la "trasmissione" della signorina Gruber , non resta che amaramente constatare quanto gli "schiavi" pendano ancora da queste "labbra" padronali.
    ws

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