sabato 18 marzo 2017

I danni collaterali del capitalismo


"Quando spariscono i contadini, vanno via i negozi, le scuole, le case cadono a pezzi, l'intera società scompare" racconta un contadino produttore di legumi e cereali nella regione di Poitiers.

È quello che chiamano “il mercato”, cioè il capitalismo. Piangerci non serve a nulla. La prima potenza agricola d'Europa – racconta Anais Ginori in una sua inchiesta su Repubblica – ha i piedi d'argilla, come la terra bagnata su cui cammina Pipet, allevatore da quarant'anni. Il modello produttivo che ha fatto grande la Francia è entrato in crisi. "La corsa al gigantismo ci ha ucciso" racconta Pipet. I redditi sono in picchiata: un terzo degli agricoltori guadagna appena 350 euro il mese. A nessuno interessa se l'anno scorso si sono contati 732 suicidi tra i suoi colleghi, un numero triplicato, anche se le cause dei decessi possono variare, non esiste una statistica ufficiale. Parla con pudore dei problemi economici che hanno portato alle tensioni in famiglia, al divorzio, alla decisione della moglie di trasferirsi con la bambina in un'altra regione. 

Sempre dall’articolo di Anais Ginori: «Attraversato un bosco, in fondo a una strada sterrata, Pipet ci mostra la stalla vuota di un amico, divorziato e solo come lui. I genitori erano fornitori del gruppo Lactalis. Quando sono subentrati i figli, hanno deciso di fare investimenti per allargare la produzione. Le cose non sono andate come speravano. Il silos nuovo di zecca è rimasto vuoto perché all'improvviso la speculazione sui cereali ha fatto raddoppiare i prezzi. Intanto, Lactalis ha abbassato le tariffe. Alla fine hanno dovuto chiudere, strozzati dai debiti».


Sono i danni "collaterali" del capitalismo.

8 commenti:

  1. No.
    Il contadino vende da sempre (diciamo in tempi storici) venduto i propri legumi al mercato.

    Ciò che ha stravolto gli equilibri e gli ecosistemi (sociali ed economici) non è il mercato ma la globalizzazione.
    L'internazionalizzazione, per dirla in termini sinistri, del mercato.
    Prendi fagiolini fatti in Burkina Faso con le condizioni del Burkina Faso e li vendi in Austria.
    Invece i fagiolini per Salisburgo li devono produrre i contadini del Salzburgerland. Lo farebbero al mercato.
    Appunto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. > venduto i propri legumi
      -> i propri legumi

      > Lo farebbero al mercato.
      -> Li venderebbero al mercato.

      Scritto di fretta. Scusate per errori e refusi.

      Elimina
    2. Aggiungo una cosa:
      indubbio che ci sia qualcuno che tenta la speculazione (i fagiolini del Burkina Faso o i prodotti fatti in Cina NON vengono venduti col ricarico e i prezzi del Burkina Faso o della RPC).
      Indubbio che le masse abbocchino e siano corresponsabili sostenendo il mercato speculativo coi loro acquisti.

      Ecco, il tecnico, l'operaio o l'ingegnere della Fiat che acquista una Subaru perché costa di meno o una VW perché di moda.
      Dopo tredici mesi è a casa in CI o licenziato.

      Altri meccanismi sono descritti da Jean Giono in Lettera ai contadini sulla povertà e la pace.

      Elimina
    3. Ma pensa, questi salariati ingrati...
      Osano pure ingrassare le tasche del padronato straniero se ciò procura loro risparmio!
      Ha proprio ragione Briatore: non solo "i poveri" non hanno mai creato lavoro, ma sono pure "corresponsabili" della sorte di questo sistema, che altrimenti viaggerebbe a gonfie vele.
      Certo, qualche aggiustatatina servirebbe per impedire a quei brutti puzzoni che in una economia di mercato osano pure speculare.
      Che fare, dunque...magari può venirci in soccorso la sharia, perché no?!
      Tra protezionismo, autarchia e isolazionismo...soluzione reazionaria per soluzione reazionaria...

      Elimina
    4. La speculazione è una relazione, prevede due parti e una transazione che esse operano, non esiste una speculazione monadica.

      Quindi è nella natura delle cose, è reale, che uno speculatore che non trovasse alcuna spalla nel proprio agire, in breve sarebbe a fare altro.

      Ancora: Briatore può essere ricco solo perché ci sono poveri, non può negare ciò che lo contraddistingue perché negherebbe se stesso.

      Alla goffa ironia che nega la realtà, si potrebbe rispondere con un trattato di sociologia assai efficace, per quanto poco intellettualoide.

      Infine, per rimanere ai fatti, è la dimensione ovvero la globalizzazione / internazionalismo che ha aumentato l'ordine di grandezza delle differenze in censo.
      I kompagni miliardari alla Zuckerberg o alla Soros sono diventati tali proprio per l'attività parassitaria globale.

      Ancora: storicamente gli islamici hanno utilizzato i kompagni per prendere il potere e poi li hanno fatti fuori. Bani sadr, Al Fatah, ci riusciranno in Egitto per prevalenza demografica, lo hanno tentato con Assad in Siria e non ci sono ancora riusciti, etc. .

      Capisco che per voi, la realtà che non si conforma alla vostra morale, sia sbagliata.

      Elimina
    5. 《La speculazione è una relazione, prevede due parti e una transazione che esse operano, non esiste una speculazione monadica.》

      Bravo, ha scoperto che il Capitale è anzitutto un rapporto sociale.
      La mia ironia sarà anche goffa, ma ho la netta impressione che non sia stata affatto colta nella sostanza.
      Quanto alla morale, mi creda: la lascio a chi pretende di educare i salariati su quelli che sarebbero i consumi buoni e giusti.

      Elimina
    6. Sul presunto buono e giusto e buffi corollari, su come hanno formato la morale, Nietzsche ha già spiegato tutto.
      Un rapporto sociale quindi, come ogni relazione, abbisogna di due parti. Se una parte non c'è, la relazione, la transazione, il rapporto sociale non esiste, non sussiste. A ciò non si sottrae neppure la speculazione.

      Il fatto che si imputi ad una parte la cattiveria all'altra una bontà ovviamente vernicia il paradigma ma non lo cambia. Come ogni morale, è una visione settaria e ipocrita, oltre che inefficace.
      Il fatto di vedere negli altri il male e negli adepti della propria fazione, marxista, compresa, i giusti, le vittime, etc. è comune. Può essere forse una momentanea consolazione psicologica e - peggio! - un giochino deresponsabilizzante, cosa che piace sempre molto alle masse e ben sfruttata dalle castalie che le sfruttano, a partire dai soviet vecchi e nuovi. Se rimane tale e non rompe il paradigma, rimane parte del problema.

      E' nell'ordine delle cose che il tecnico, l'operaio o l'ingegnere della Fiat che acquista una Subaru perché costa di meno o una VW perché di moda dopo tredici mesi sarà, se in nutrita compagnia, a casa in CI o licenziato.
      E' molto logico.
      Ed eticamente giusto.
      L'etichettarla come buona o giusta non cambia in alcun modo né la logica né la qualità del processo (tafazziano).
      E' sempre possibile creare delle sovrastrutture alquanto complicate per confondere non poche menti.

      Anche assumendo un'ottica economicista, marxista, è proprio la destinazione del proprio reddito che può indirizzare il feticcio economico (supposto che l'economia, il piano materiale, sia tutto il ché non è vero, altro assioma storto del marxismo).
      Certamente delocalizzare, trasferire la colpa è consolatorio e facile, da sempre di moda.

      Elimina
  2. Buoni e giusti per tentare inutilmente di tenere in piedi la baracca, s'intende.

    RispondiElimina