lunedì 16 gennaio 2017

Riprendere in mano la nostra storia



Invito a leggere questa intervista ad Alain Badiou segnalatami da una persona che stimo. Personalmente i filosofi francesi mi hanno sempre provocato l’orticaria (non sono però migliori quelli nostrani), ma in questo caso credo di essere sostanzialmente d’accordo con le riflessioni di Badiou, soprattutto con l’affermazione: “il marxismo è il solo pensiero generale che possa illuminare il mondo contemporaneo ed essere alla base di una nuova politica. Tutti i concetti importanti di Marx sono molto più veri oggi che ai suoi tempi”.



Questa posizione, di per sé chiara e comprensibile, non inamidata da astrazioni d’ordine “filosofico”, implica in realtà la necessità di essere precisata. A cominciare dal concetto di “marxismo”, e poi, a seguire, per quanto riguarda i cosiddetti “concetti importanti” di Marx. Su Marx registro una generalizzazione, in quanto Badiou riduce le “leggi” scoperte da Marx a meri “concetti importanti”. Non è proprio la stessa cosa, non se detta da Badiou. Forse in un’altra occasione dirò di più su questo punto.

Badiou, citando Lenin, sottolinea anche un’altra cosa importante: “O la rivoluzione impedirà la guerra, o la guerra provocherà la rivoluzione”. Non sono d’accordo sulla subordinata. I tempi sono cambiati, nessuna guerra provocherà la rivoluzione. Un nuovo conflitto generale potrà provocare delle rivolte, non la rivoluzione. Se non in seconda battuta, e cioè su ciò che resterà, sulle macerie. Una rivoluzione nella vita delle persone imposta dalla drammatica necessità di sopravvivere con ciò che resterà.

La cosa più urgente da fare, a suo tempo, non è stata fatta. E ora purtroppo diventa sempre più tardivo il fare i conti con il passato, ossia con lo stalinismo, il maoismo e insomma con la vecchia concezione del potere cosiddetto “comunista”, con la dura epopea di quelle burocrazie, con il concetto stesso di rivoluzione, e sul totale travisamento di Marx. Servirebbe anzitutto riprendersi in mano la nostra storia, ciò peraltro consentirebbe di poter svolgere meglio la critica del capitalismo, senza scheletri negli armadi, e fare i conti con le sue catastrofi di ieri e di oggi (*).

Badiou, inoltre, dice che bisogna “capire che la tecnica è da oltre tre secoli la zona decisiva per l’appropriazione capitalista: dalla macchina a vapore alle centrali nucleari, dalla lanterna magica alla televisione, dal gioco delle carte ai Pokémon”.  Sui rischi della “tecnica” scrisse già molto il dimenticato Lewis Mumford, ed è da segnalare anche l’ultimo saggio curato da Renato Curcio (L’egemonia digitale, Sensibili alle foglie) sui limiti che si dovrebbero imporre all’impiego delle tecnologie. Tuttavia, se è pur vero, seguendo anzitutto Marx, che nelle tecnologie si interiorizzano i rapporti di produzione, ossia dei valori impliciti, è altrettanto vero che il lavoro potrà essere liberato (non solo dallo sfruttamento capitalistico!) solo per mezzo del progresso tecnologico.

Quanto alla solita tirata contro internet, non mi va di aggiungere nulla. Passerà.


(*) So che la cosa farà arrabbiare qualche lettore, però conto sul fatto che i miei lettori sono pochi e dunque ancor meno quelli che si arrabbieranno. Personalmente nutro più dubbi che certezze sulla bontà della rivoluzione d’Ottobre. Penso in buona sostanza, forse non solo col senno di poi, che Julij Cederbaum avesse ragione e Vladimir Ulianov torto. Non si trattò di una diatriba estetica. Ed è questo fatto, tale critica, che segna la mia distanza dalle organizzazioni dei “professionisti della rivoluzione”. Quella rivoluzione divise l’Europa dalla Russia, precluse a quest’ultima, dopo la rivoluzione di Febbraio, uno sviluppo diverso, e alimentò speranze e illusioni che ebbero certamente un ruolo nel fomentare la reazione fascista. Rischiò addirittura di far vincere la guerra agli imperi centrali, cosa che poco si racconta.

23 commenti:

  1. Io, per quel che conta, penso peggio di Curcio (e della sua inspiegabile e inspiegata avventura finita comunque con l'editoria; e 'sti cazzi, permetta) che di Lenin. Sono tra i Suoi più affezionati lettori, ma su questo punto ho sempre avuto grande difficoltà a seguirLa, perché anche se attribuisco all'URSS la "colpa" della Seconda guerra mondiale (ho sempre pensato che la Rivoluzione d'ottobre abbia scatenato il panico nel mondo e che tutti, ma proprio tutti, da Hitler fino a Truman, abbiano considerato l'URSS come il vero nemico) mi sento di dover ringraziare se non Stalin almeno Zukov della sconfitta del nazismo e l'URSS del cosiddetto "trentennio magico". In più, una considerazione direi tattica: se tutte le volte che si parla della Rivoluzione, della nostra Rivoluzione, si deve specificare che l'unica volta che c'è riuscita l'abbiamo fatta male lo stesso... La saluto, Ale

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    1. non mi riferisco alla IIGM ma alla prima, infatti richiamo gli imperi centrali. ciao

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  2. E che male ci sarebbe stato se vincevano gli imperi centrali?
    (Vedasi al proposito il romanzo di Guido Morselli)

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    1. non ti veniva altro a proposito del post?

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    2. Sarò franco. Il tema di tecnologia e rapporti di produzione è per me di grande interesse. Sono invece per me scostanti altri tuoi ricorrenti riferimenti. Lenin agì in tempi non maturi? Può darsi. Ma la rivoluzione la fece. Quella degli anni '70 fu invece una parodia, finita di fronte a un bicchiere di acqua salata.

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  3. scusi, Olympe, Marx era anche un attivista e dirigente politico, giusto ? E per cosa lottava se non per la rivoluzione ?

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    1. quale scritto di Marx confermerebbe che il medesimo fosse favorevole ad una rivoluzione di quel tipo in Russia?

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    2. immagino nessuno. Ma ciò non toglie che egli predicava (e lottava concretamente) per la rivoluzione, pur non specificando di che tipo dovesse essere e quali obiettivi concreti dovesse darsi. Non pensa che proprio questa indeterminatezza sia stata il suo grande limite come politico ? E' difficile negare che la rivoluzione russa sia stato un tentativo legittimo (anche se forse non l'unico possibile e legittimo ) di dare concretezza al suo anelito rivoluzionario e alle sue teorie. Secondo me, poi, la rivoluzione è fallita solo perché la direzione economica (sia essa di un'azienda o di uno stato) è incompatibile con la democrazia. A quanto pare è impossibile per gli uomini lavorare liberamente insieme. Che ne pensa ?

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    3. Senza scomodare la storia e l'antropologia, che a quanto pare non ti sono molto simpatiche, vai a vedere Marinaleda.
      g.

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    4. @anonimo g.

      ecco, bravo, hai trovato la strada verso il socialismo. E' un vero peccato che non ci fossi tu a consigliare Stalin, sarebbe stata tutta un'altra storia.

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    5. Come se la storia dipendesse dai consiglieri. Meglio che lasci stare le cose che non conosci.
      Soprattutto se non hai nemmeno quel minimo di umiltà necessario a informarti.
      g

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  4. gentile Olympe, potrebbe indicare qualche riferimento bibliografico per approfondire la diatriba tra Martov e Lenin?

    --- liebewasdutust

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    1. nel II vol. della St. del socialismo, ed. riuniti, 1974, dalla pag. 504 si può trovare quanto basta. anche in wikipedia:
      https://ru.wikipedia.org/wiki/Меньшевики

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    2. Nella vita esiste il CASO.
      La Rivoluzione russa avvenne per caso, ed anche se non c’erano le condizioni ottimali(industrializzazione diffusa, capitali e tecnologie), riuscì a sopravvivere agli attacchi interni ed esterni. Lenin dimostra un grande pragmatismo:” In uno Stato capitalistico, capitalismo di Stato significa capitalismo riconosciuto e controllato dallo Stato a vantaggio della borghesia e contro il proletariato. Nello Stato proletario, viene fatta la stessa cosa a vantaggio della classe operaia e allo scopo di resistere alla borghesia ancora forte e di lottare contro di essa. E' ovvio che dovremo cedere molte cose alla borghesia e al capitale straniero. Pur non snazionalizzando nulla, cederemo ai capitalisti stranieri miniere, boschi, pozzi petroliferi, per ottenere in cambio prodotti industriali, macchine, ecc... per ricostruire in tal modo la nostra industria. [...] Dobbiamo pagare per la nostra arretratezza, per la nostra debolezza, per quello che impariamo, per quello che dobbiamo imparare. [...] Che cosa ci costringe a fare questo? Nel mondo non ci siamo noi soli. Viviamo in un sistema di stati capitalistici. Da un lato ci sono i paesi coloniali, che non ci possono ancora aiutare, dall'altro i paesi capitalistici che sono nostri nemici. [...] Non nascondiamo, ammettiamo anzi con tutta franchezza, che le concessioni nel sistema del capitalismo di Stato significano pagare un tributo al capitalismo. Ma noi guadagniamo tempo, e guadagnare tempo significa guadagnare tutto, specie in un'epoca di equilibrio, in cui i nostri compagni stranieri si preparano seriamente alla rivoluzione; e quanto più seriamente sarà preparata, tanto più sicura sarà la vittoria. Ebbene, fino a quel momento saremo costretti a pagare un tributo”. Lenin (Lenin 1921b).
      Nasce la NEP che deve servire agli esperti sovietici per acquisire le tecniche di management e nozioni tecniche dall'Occidente avanzato. La Nep dà slancio all'industria, al commercio e all'agricoltura. Poi Lenin muore e arriva Stalin. Ma la Storia non si fa coi Se…

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  5. "abbiamo detto sempre nettamente che questa vittoria non sarebbe stata durevole se non fosse stata sorretta dalla rivoluzione proletaria in occidente, e che la sola valutazione giusta della nostra rivoluzione poteva esser fatta soltanto dal punto di vista internazionalista". Lenin, 1920.

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  6. Dovrebbe essere ormai chiaro che la "rivoluzione d' ottobre " fu il seguito della "rivoluzione ( colorata) d'aprile "andata a male ",dove cioe' i " comunisti" equivalenti tattici degli odierni "islamisti " ma ideologicamente molto meglio organizzati e diretti seppero mettersi "in proprio" e riprendere il completo controllo dell' impero ex-zarista che nei piani dei soliti "gnomi" doveva finire come irak , libia e siria di oggi.
    Quindi , lenin prima e stalin dopo furono dei giganti rispetto a tutti i "rivoluzionarucoli" che li hanno succeduti ( curcio compreso) se non altro per aver avuto successo e costruito qualcosa di REALE che ha sconvolto il mondo.
    Perche' il problema e' che " tra il dire e il fare c' è di mezzo il mare" ed è sulle ragioni del SUCCESSIVO crollo che andrebbe indagato più a fondo.
    ws

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    1. concordo. Ma è proprio per evitare di indagare queste ragioni che si imbastisce questo divertentissimo gioco di società di dar lezioni (100 anni dopo!) a chi la rivoluzione l'ha fatta davvero. Dimenticando, tra l'altro, che l'esperienza sovietica non è durata pochi anni e che avrebbe avuto tutto il tempo per emendarsi degli eventuali errori.

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  7. Nessuno può dire con certezza cosa sarebbe successo se la linea di Martov fosse risultata maggioritaria. Lenin e i bolscevichi davano per imminente la rivoluzione in Germania, e le decisioni di aprile risentirono di questo evento incombente. Perché appunto, come già scritto da qualcuno, solo se internazionalizzata la rivoluzione poteva avere successo nel medio-lungo periodo.

    Non dimentichiamoci inoltre che il governo provvisorio voleva continuare la guerra; e che ci fu nel frattempo (se ricordo bene ad agosto) il complotto controrivoluzionario di Kornilov … Bene dunque fecero i bolscevichi a reclamare la fine della guerra e a cosiderare inadatto il governo provvisorio.

    La rivoluzione d’ottobre era una necessità (e come tale inevitabile). Dopodiché, c’è stata l’aggressione dei “bianchi” e tutto il resto, fino a Stalin e alla conseguente estromissione, anche fisica, della “vecchia guardia bolscevica” dal potere e dalla società sovietica, fino alla definitiva normalizzazione con le purghe del ’36-37 …

    Pur con le sue contraddizioni, la rivoluzione d’ottobre è stato un evento notevole e decisamente importante, e non solo per i russi (che certo ne beneficiarono in termini di alfabetizzazione eccetera). Si pensi, ad esempio, alla spinta anti-coloniale a cui diede vita, o alle rivolte operaie e proletarie in diverse parti d’Europa, Italia compresa (il biennio rosso) … Quante conquiste dei proletari in occidente risentono di quella spinta?

    Ma, lo ripeto, possiamo solo immaginare cosa sarebbe successo se Martov ... Semplici esercizi di immaginazione, nient’altro. Io, ad esempio, ogni tanto mi diverto ipotizzando uno sviluppo diverso dopo la morte di Lenin, ad esempio supponendo che il suo famoso “testamento” fosse stato recepito e dunque Stalin estromesso … Ma sono solo “giochi linguistici” …

    Sono trascorsi 100 anni dalla rivoluzione del 1917. I cambiamenti intercorsi in questo periodo sono tali da farmi pensare che un evento del genere non si ripeterà mai più. Anche solo per il fatto che le interconnessioni esistenti oggi (tra stati, settori produttivi, persone, reti, eccetera) caratterizzeranno l’eventuale prossima rivoluzione come immediatamente internazionale. Che poi succeda prima d’una guerra, immediatamente dopo o sulle macerie, non lo so. So solo che oggi, e ben più che allora, una rivoluzione è più che mai necessaria.

    Se, a questa necessità, si aggiunge la possibilità insita nello sviluppo delle forze produttive (davvero notevole) e l’evidente contraddizione con i rapporti di produzione (che si riflette anche nel terreno delle differenze sociali e nella crisi delle istituzioni), allora … Peccato che manchi del tutto la soggettività rivoluzionaria, quel rappresentarsi PER SÉ della classe che avrebbe da guadagnare dallo scatenarsi di quell’evento così salutare …

    Icaro

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    1. Se la linea di Martov fosse risultata maggioritaria, forse Lenin avrebbe sposato l’ereditiera americana incontrata a Capri.

      Il governo provvisorio era sicuramente inadatto, ma non intendevo auspicare il suo mantenimento in vita. Ho voluto solo dire ciò che ho scritto altre volte: in un paese semifeudale, sicuramente isolato (contare su una rivoluzione comunista in Germania fu solo illusione), una rivoluzione comunista non avrebbe avuto successo. La rivoluzione d’ottobre portò agli esiti che ben conosciamo proprio perché non fu una necessità, ma una possibilità scaturita dall’eccezionalità della situazione.

      Una rivoluzione è un semplice possibile, può accadere o non accadere, essa, se accade, non accade per necessità ma solo casualmente. Se infatti accadesse per necessità, se la comparsa del possibile fosse retta dal principio che esso deve accadere per necessità, allora questa comparsa sarebbe determinata non come un semplice possibile, ma già come una necessità. Questo sarebbe determinismo, non dialettica.

      Nessun dubbio che la rivoluzione d’ottobre è stato un evento notevole e decisamente importante, e non solo per i russi. Ma lasciamo perdere le storielle sulla alfabetizzazione. Meno di un secolo fa solo un italiano su 100, fuori dalla toscana, parlava l’italiano, e sappiamo bene quanti sapevano scrivere. Non fu necessaria una rivoluzione comunista per l’alfabetizzazione dell’Italia. In tal senso ha fatto molto di più la repubblica e la televisione.

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    2. Inevitabile in quella situazione, non in assoluto. Le inevitabilità e le possibilità si misurano sempre con una situazione concreta e con gli sviluppi che si vogliono imprimere. Per fermare la guerra, la rivoluzione era l’unica strada … Inevitabile in questo senso.

      Il mio ultimo capoverso richiama la soggettività rivoluzionaria, senza la quale la possibilità non può concretizzarsi … Se ritenessi la rivoluzione un inevitabile, me ne starei sulla riva del fiume ad aspettare il cadavere di Monsieur Le Capital …

      Per il resto, d’accordo. E l’idea di Lenin con l’ereditiera è un ottimo spunto drammaturgico …

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    3. all'ex museo Museo della Rivoluzione, ora Museo della Storia Contemporanea della Russia, è esposto un biglietto di viaggio di sola andata per l'America ...

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  8. forse Lenin avrebbe sposato l’ereditiera americana incontrata a Capri.

    ma non era già sposato con la krupskaja ?

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