mercoledì 23 novembre 2016

Previsioni del tempo



Quelli che dichiarano di non avere affinità elettive, se non con se stessi, i feticisti di una realtà che si confida solo con loro, ti spiegano per filo e per segno cosa accadrà dopo il 4 dicembre e riescono ad essere spiritosi nell’equazione secca tra le ragioni dell’uno e dell’altro. L’esito del referendum, concludono serafici, non avrà alcuna influenza sulla trasformazione del mondo. E su questo non ci piove, salvo il fatto che in caso passasse il progetto di Renzi di conseguenze ve ne sarebbero di sicuro per tutti noi, nel breve, medio e lungo termine. È già successo con la riforma del lavoro, quella a “tutele crescenti”, tanto per rammentare, dove a crescere sono le tutele dei padroni che licenziano quando termina l’effetto degli sgravi. Una rivoluzione, non solo renziana, che riguarda soprattutto le responsabilità del Partito democratico se i lavoratori hanno bassi salari, sono senza tutele e la povertà estrema è in aumento.
*



Di quanto possano essere decisive le leggi elettorali nel determinare la vittoria di uno schieramento politico o di un altro, ne abbiamo da ultimo un esempio nelle elezioni presidenziali americane, laddove la signora Clinton conduce nella percentuale del voto popolare con un margine di 1,3 per cento, 48 contro 46,7 per cento (*). Sui voti finora scrutinati (sembrerà inverosimile ma fino a qualche giorno fa c’erano ancora milioni di voti da scrutinare!), una maggioranza considerevole, 70,7 milioni, non ha votato per il signor Trump (altri 99 milioni si sono astenuti). Attualmente si contano 1.767.025 di voti in più ricevuti dalla Clinton, e alla fine del conteggio si dovrebbe sfiorare la cifra di quasi supererà due milioni di voti (non ditelo a Rampini sennò ci appioppa un secondo mattone). È questo il divario più marcato nel voto popolare nella storia delle elezioni americane tra il candidato eletto e quello perdente.

Aggiornamento: oggi 23 nov. i voti in più della Clinton ammontano a 2.014.621.


(*) Il saldo, 5,3 per cento dei voti, è andato al Libertarian Party, ai Verdi ed ad altri candidati, complessivamente con più di 7 milioni di voti, ma non si sono visti riconoscere un solo seggio.

20 commenti:

  1. [1/2]
    L'equazione secca tra le due ragioni, cara Olympe, personalmente la vedo eccome.
    Schiettamente e senza voler polemizzare, con la franchezza dovuta in dibattiti tra compagni, proverò a spiegarmi. Nel pieno rispetto delle sue convinzioni, stimolanti anche per le mie riflessioni.

    Non mi dilungheró sul profilo sostanziale dell'operato del bicameralismo perfetto: confido nel fatto che i lettori affezionati del suo blog abbiano ben chiaro il concetto di "comitato d'affari della borghesia".
    E rammentando che la legge del lavoro cui fa cenno (come tutte le precedenti; come tutte le leggi fiscali; come leggi elettorali incostituzionali; ecc...) sono state partorite da questo organo, nella sua attuale strutturazione, non vedo il motivo di approfondire.
    Mi sembra personalmente già evidente quanto sia controproducente richiamare alla lotta con le matite per la difesa di queste istituzioni i proletari, i salariati, i precari e tutti coloro che patiscono sulla loro pelle queste oscenità.

    Vorrei invece richiamare l'attenzione sul profilo tecnico della faccenda, spesso trascurato.
    I sostenitori del No fanno sovente leva sul "pericolo accentramento/concentrazione" del processo legislativo.
    Si scordano di dire che questo accentramento è già in atto da almeno due decenni.
    Tramite l'abuso della decretazione d'urgenza (tanto che si è reso spesso necessario l'intervento della stessa Corte Costituzionale); con questioni di fiducia poste a grappolo; con l'atavico "problema" delle iniziative di legge popolari riposte in un cassetto; con un parlamento ridotto allo zero in termini di iniziative di legge.
    Su quest'ultimo aspetto è interessante richiamare qualche dato. Nei primi due anni e mezzo della presente legislatura (governo Letta e primo anno e mezzo del governo Renzi), su più di 4000 iniziative di legge di membri del parlamento, ne sono state convertite in legge la mirabolante cifra dello 0,36% (zero virgola).
    Tanto per capirci: durante gli ultimi governi Berlusconi eravamo al 20% circa, e già qualche costituzionalista parlava di "semipresidenzialismo di fatto".
    Praticamente, oggi il 99,7% delle leggi approvate sono calate direttamente dall'esecutivo.
    Dal governo Monti in poi, il parlamento si è mostrato per ciò che è: un passacarte, al netto di tutta la retorica sulla'"assemblea legislativa" per la "sovranità popolare".
    Mi si dirà: è normale che la maggior parte delle iniziative di legge provenga dal governo sostenuto dalla maggioranza parlamentare.
    Sì risponderò, peccato che siano sotto gli occhi di tutti le modalità con cui si formano queste maggioranze, che giungono persino al punto di basarsi su una legge elettorale incostituzionale.
    Per la serie: il Re non solo è nudo, ma ci mostra bellamente ed impunemente il culo.
    Renzi sta solamente prendendo atto di una tendenza già consolidata, e lei sa meglio di me che non è casuale che questa impellenza di ridefinizione sorga ora, in un momento di accentramento e concentrazione di capitali.
    La stessa borghesia, propugnatrice del principio della "separazione dei poteri", sta mostrando nei fatti come il potere legislativo sia in realtà saldamente ricaduto sotto l'ombrello del potere esecutivo.
    Perché dovrei richiamare il proletariato, classe a cui appartengo, alla difesa di questo sistema, che ci ha condotto a tanto?
    Perché non dovrei invece mostrare le mistificazioni che da sempre stanno alla base del sistema istituzionale borghese, come quello di "sovranità popolare"?

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  2. [2/2]
    Apertamente autoritarie o falsamente democratiche che siano, le istituzioni rimangono borghesi.
    Il comune denominatore delle due proposte è la mistificazione per cui il parlamento rappresenterebbe gli interessi di quella massa indistinta definita "popolo".
    Pertanto, non ritengo che vendere qualche altra illusione alla mia classe sia salutare, tutt'altro.
    La paura di ciò che verrà, del vuoto, non può essere una motivazione per muovere una classe verso l'ennesima illusione.
    Soprattutto quando, di fronte, si ha una classe che, invece, ha mostrato storicamente di saper trovare sempre e con ogni mezzo il modo per ottenere gli obbiettivi che persegue. E penso incidentalmente al bellissimo articolo "Hitler al potere" che ha confezionato le scorsa settimana.
    Un esito negativo al referendum non avrà nemmeno l'effetto di rallentare la marcia della borghesia italiana in paranoia.

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    1. ritengo che senza la legge Acerbo, il fascismo avrebbe avuto ben altra sorte. ricordo che la legge passò grazie al decisivo numero degli assenti - ben 53 - che avrebbero potuto orientare in modo diverso l'esito del voto.

      La vicenda dell'Italicum e della riforma Renzi-boschi rammenta, per certi versi, l'iter della legge Acerbo.

      grazie per il commento.

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    2. senza il manganello il fascismo avrebbe avuto ben altra sorte. D'altra parte senza i bombardamenti alleati pure.
      Il fascismo è stata questione di violenza, nata con violenza, risolta (?) con violenza. Nel complesso la tragedia maggiore del secolo scorso. Senz'altro l'autobiografia dell'Italia. Sempre attuale, questo sì.

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    3. 《[...]
      Da tempo la nostra critica ha smascherata e disonorata la macchina parlamentare, e in bonaccia o in procella il nostro disprezzo le è stato dichiarato da dieci decenni almeno a questa parte.
      Non abbiamo sentito un ette di compassione quando il duce le ha minacciato il bivacco di manipoli, sebbene ci preoccupasse gravemente il pericolo della nostalgia che la ingenua, generosa classe operaia avrebbe nutrito per la ripresa dei ludi cartacei.
      Siamo lieti ora che gli antifascisti ormai padroni finiscano di disonorare il parlamento e scrivano le sue pagine più vergognose tra il morboso interesse degli snob delle tribune.
      [...]
      Legalità, civiltà, libertà, gridano le due bande opposte di mantenuti dalla scheda, e passano ai cazzotti oggi, al resto domani.
      Neutralità, pace, collaborazione tra capitale e socialismo, si grida da tutte e due le parti del fronte internazionale, dietro il quale entrambe le parti forgiano a più non posso armi feroci.

      Noi siamo certi che si ricostruirà il partito della classe lavoratrice, che sdegnando di nascondere i propri scopi nella teoria come nell'azione provocherà all'aperta lotta le forze sinistre del capitale mondiale, dando a quei gridi menzogneri la risposta rivoluzionaria: violenza, dittatura, guerra sociale.》

      [Amadeo Bordiga, Pagliacciate Parlamentari, 1949]

      La spiacevole sensazione di aver perso insegnamenti importanti dovuti a errori già compiuti.
      E la ancor più spiacevole sensazione che si dovrà ripassare dagli stessi errori per recuperarli.
      Semplice riflessione; nessun riferimento personale a lei, ovviamente.

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    4. Bordiga era un gigante.

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  3. Al di là dei due rovesci della medaglia, delle tattiche e delle strategie, entrambi notevoli e completamente condivisibili nella sostanza degli intenti...il grande piacere di dirgli no come piccolo antipasto, in attesa di poter poi regolare tutti i conti alla prima occasione, il più presto possibile.
    ciao,g

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    1. se so magnati tutto e arrivi te con gli antipasti... piccoli...

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    2. E anche qui ti sbagli.
      Solo x un esempio, l'italia è ancora uno tra i paesi con il più alto tasso di risparmi:
      "Secondo il Credit Suisse la ricchezza italiana delle famiglie è la terza al mondo"
      Per non parlare delle riserve auree (quarti nel mondo) e di molto altro.

      Forse dovresti essere tu a chiedere il permesso prima di presentarti.
      g

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    3. 6 per cento della ricchezza mondiale

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    4. allora siamo ricchi!
      ma... che c'entra la ricchezza qui? mi riferivo alla democrazia.
      Niente di personale.

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  4. [1] Concordo con Olympe ché sulla scia del più genuino leninismo richiama la necessità di esser presente in ogni contraddizione dell'attività, anche interna al campo borghese. Cosa che non riuscì a Bordiga che definì la marcia su Roma "una crisi parlamentare un po' mossa"; ma soprattutto non comprese l'importantissima, nonché, centrale tattica di fronte militare d'autodifesa con gli Arditi del Popolo, troppo impuri, trattando la situazione in modo astrattamente teorico e di principio, come ebbe a dire Vladimir Ulianov ( e lì si poteva contrastare il manganello). Anche il buon Trotskij richiamò il problema.
    Mordecaj

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  5. [2]
    Quest’intreccio di fermezza strategica e di lungimirante agilità tattica si operava, in Lenin, senz’alcuna forzatura della teoria, del programma, dell’impostazione complessiva. Per Lenin, la tattica era subordinata alla strategia, e non viceversa (come in Stalin). Lenin si oppose con altrettanta decisione a coloro che, in nome del “programma rivoluzionario”, ne ignoravano o respingevano le articolazioni tattiche (estremisti e settari), ed a quelli che dalle esigenze tattiche immediate, o a breve termine, si lasciavano indurre a trascurare o sminuire l’esigenza d’ un piano strategico (opportunisti, massimalisti).

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    1. bravo, Mordecaj. a volte è necessario fare il gioco di una delle fazioni contro l'altra. non è opportunismo, ma appunto come scrivi una questione tattica. poi alle elezioni politiche si fa sentire il peso dell'astensione, del rifiuto, come primo passo del costituirsi di un'opposizione di classe fuori dagli schemi dell'opportunismo e del riformismo. non più quindi semplicemente in chiave tattica, bensì strategica. nella situazione attuale non è possibile fare altro, bisogna necessariamente adeguare la risposta alle forze che si possiedono in una prospettiva di lungo periodo e in corrispondenza alle diverse fasi della crisi generale e storica del capitalismo.

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    2. compagni! che tattica è mai la vostra?
      A me pare chiaro si usi questo referendum non per vincere o perdere (nessuno crede a queste riforme) ma per dividere su temi pretestuosi.
      Andare a votare è illudersi che qui si vinca o si perda con una delle 2 squadre. Pensare addirittura di farsi arbitri è troppo. In realtà Renzi non può che vincere al di là del risultato (faceva benissimo a personalizzare). Non capire questo è non capire la strategia della borghesia.

      Matteo straparla, spesso ripete his master's voice. L'altro giorno l'ho sentito dire che se vota il 60% degli aventi diritto si vince. Concordo. Se poi lo scarto fra sì e no è minimo meglio ancora - aggiungo io. E' questo il punto politico.

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    3. Non ho certamente richiamato Bordiga come un santino, o un guru.
      Il suo operato politico non è stato esente da errori, così come quello di Lenin o Trotsky.
      Ho richiamato invece la sua concezione del parlamento borghese, che trovo lungimirante e persino in anticipo sui tempi.
      In un momento di evidente disaffezione del proletariato verso le istituzioni borghesi, in un contesto storico in cui la crisi capitalistica si dimena nelle sue contraddizioni ed è destinata a peggiorare, richiamare "tatticamente" la classe al voto del "meno peggio" mi sembra un errore.
      "Esser presente in ogni contraddizione dell'attività" è oggi, a mio avviso, prendere a sassate tutte le illusioni del recinto borghese, che già non godono di buona salute.
      Supponiamo che il 4 dicembre vinca il no.
      Tra 3/5/7 anni chi si troverà a governare avrà necessità di riformare ancora le leggi sul lavoro, tanto per fare un esempio. E lo farà con questo stesso sistema istituzionale (ci sono dubbi sul fatto che siano in grado?).
      Sarà allora interessante provare a spiegare ai proletari che al referendum, qualche anno prima, hanno optato per il "meno peggio".

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  6. "poi alle elezioni politiche si fa sentire il peso dell'astensione, del rifiuto"

    scusi, ma chi lo decide che votare no è tattica mentre astenersi alle politiche sarebbe strategia ? Ancora non si vuol capire che è impossibile trarre conseguenze pratiche dallo studio di Marx e di Lenin ? E infatti quando due marxisti provano a farlo, traggono conseguenze opposte una volta su due. E' un vero peccato, sareste anche simpatici se non pensaste di aver trovato il santo graal della politica.

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    1. invece quelli che la pensano come lei si trovano sempre d'accordo

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  7. m'ha detto Lenin che se queste riforme sono davvero così pericolose allora 'basta un sì' per mandarli davvero in corto circuito, aumentare le contraddizioni ecc.

    "sarei anche simpatico".

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  8. Al netto delle esigenze del lato interno delle cordate economico-politiche italiane, a mio avviso il referendum è sull' adeguamento ai diktat europei (con portavoce re Giorgio) e oscuramente gli elettori su questo si dividono: il quadro più vasto credo sia quello che pesa di più anche in questa occasione. Il Renzi di questi giorni, che non a caso ha voluto il referendum nelle settimane della finanziaria, che cerca di puntare i piedi con la commissioni europea manda il messaggio che noi si abbia una certa autonomia dalla linea del rigore del imperialismo a marca tedesca nel momento in cui "si riforma" (a cazzo ) perchè buono e giusto e non per pressione esterna: paradossi di una media potenza declinante. Il "no" di fondo si muove sullo stesso piano ma gioca più in difesa.
    Ma l' Italia ce l'ha tutta sta autonomia? E la riconquistata autonomia politica nazionale a noi serve a qualcosa? Prima di votare sì o no o astenersi credo sia la domanda da farsi, detto che oggi servirebbe più energia ("che sonnecchia") che dubbio.

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