mercoledì 31 agosto 2016

Il punto di collasso


Hanno destato una certa curiosità e molto sarcasmo le parole pronunciate da Sergio Marchionne davanti alla jeunesse dorée della Luiss. È stato commentato che ciò sarebbe “lo specchio di una classe dirigente che vede di fronte a sé un voto di protesta in grado di seppellire intere filiere di governo”. La questione è ben più seria e va oltre il voto di protesta e il non voto (questione che pure esiste). 

Marchionne sostiene, anche se le parole non sono esattamente le sue, che il capitale è interessato solo all’acquisto e allo sfruttamento della forza-lavoro; fuori dal rapporto di scambio e di sfruttamento il capitale, per sua natura, non coglie alcun interesse sul piano dei valori, della giustizia e delle compatibilità sociali. Bestemmia in chiesa, ma sa che ciò fa gioco alla sua religione.

Però “C’e’ una realtà là fuori che non deve essere trascurata”, ha affermato. E chi deve occuparsene? Lo Stato, le istituzioni, la società civile? Non lo dice espressamente ma è chiaro che a “ricostruire economie efficienti ed eque” dev’essere la “nostra società”. E per società non intende certo quelle con sede fiscale nei “paradisi” legalizzati dalla UE.



La classe dominante si rende conto che è sempre meno latente e invece sempre più manifesta, soprattutto presso le giovani generazioni, una tendenza all’inimicizia totale non solo verso il potere politico (con le sue intimidazioni e i suoi ricatti) e l’esausta democrazia, ma verso il sistema capitalistico stesso, percepito sempre più come dispotico e contrario alla vita.

Nella metropoli imperialista (*) la proletarizzazione e pauperizzazione della società, dove sempre più soggetti – soli e disarmati, orfani di ogni aspirazione – restano esclusi dal lavoro e da una relativa sicurezza sociale, è il problema. A livello delle coscienze si assiste a un mutamento radicale di percezione della realtà, ci si rende conto che questo sistema rende impossibile alle persone una vita “normale” (**).

La vecchia ideologia non regge più il livello delle contraddizioni e dello scontro, balugina qui e là perfino un’idea di “socialismo”. È il sistema economico-sociale nel suo insieme ad essere messo in questione, non più visto come il migliore tra i peggiori, e nemmeno come l’unico possibile. Il “non voto” è solo il primo passo, il silente cahier de doléance della nostra epoca.

Le élite s’allarmano e prendono posizione, il problema è grave e va affrontato e gestito prima che la protesta e il rifiuto esplodano nel cortile di casa diventando incontenibili e incontrollabili. E tuttavia è illusione vi possa essere politica riformistica “inclusiva” atta a “promuovere la globalizzazione al servizio dell’umanità”, come auspicano i feticci necrotropici alla Marchionne. Il problema non è politico, e questa illusione s’è già schiantata con la crisi.

È crisi generale-storica del modo di produzione capitalistico, non qualcosa che possa essere aggiustato con elemosine e buone parole. Nel divaricarsi di tutte le contraddizioni del divenire concreto del processo di valorizzazione capitalistico, tale processo segna l’esito implosivo ed autodistruttivo della formazione sociale capitalistica, il punto di collasso totale della materia sociale.

(*) Per metropoli imperialista intendo, in sintesi, il luogo privilegiato d’intersezione di tutte le contraddizioni, luogo di massima espropriazione, alienazione, dilacerazione e di concentrazione della violenza del sistema.


(**) «A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione.»

E per coloro che hanno sognato il comunismo realizzato in un paese solo e sulle ceneri del feudalesimo, il brano marxiano prosegue così:


«Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società. I rapporti di produzione borghese sono l’ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale; antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo che sorga dalle condizioni di vita sociali degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa formazione sociale si chiude dunque la preistoria della società umana.»

Il grassetto è mio, of course.

13 commenti:

  1. En avant! en avant! (il veggente una volta tanto ci prese)

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  2. A proposito di paradisi fiscali "legalizzati":
    http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-08-30/paradisi-fiscali-basta-andare-supermarket-154258.shtml?uuid=ADbA9JCB

    AG

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    1. raccomando di leggere l'articolo che AG gentilmente segnala.
      ciò mi conferma un sospetto, ossia che a certi livelli si sia deciso "qualcosa" in merito al problema. sarà solo fumo negli occhi?

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    2. Oh, oh. Chissà perchè il servo 24 ore dimentica fiat e l'olanda...

      g

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    3. s'è per questo ne dimentica anche altri
      ripeto: a certi livelli si è deciso "qualcosa" in merito al problema. su questi temi non credo alla casualità

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  3. E' il giorno dei dubbi sul giornale padronale:

    http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-08-31/come-salvare-matrimonio-democrazia-e-capitalismo-110343.shtml?uuid=ADkenhCB

    ciao.g

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  4. È crisi generale-storica del modo di produzione capitalistico
    di questo "capitalismo" e ne e' certamente in gestazione un altro come in tutte le precedenti " crisi del modo di produzione capitalistico " .
    Ed essendo ormai tutti daccordo ( marpionne incluso :-)) su questa crisi , e' su questo "bebè" e le relative " doglie del parto" che dovremmo focalizzare le nostre riflessioni
    ws

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  5. Gent. Olympe,
    vado fuori tema ma vorrei se si potesse che tu trattassi in modo elementare quanto accadde con G. Auriti magari in futuro.
    Ritieni un approcio possibile ai giorni ns?
    Grazie
    Roberto

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    1. commenterei volentieri ma non conosco le teorie di auriti
      ciò non esclude che in futuro possa occuparmene
      saluti

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