giovedì 5 maggio 2016

Di che cosa si duole Prodi e quelli come lui?


Sembra che il primo vero problema comune dell’Unione Europea sia quello dell’immigrazione. Al fondo però vi è un altro problema che sta minando la tenuta della UE, più ancora dell’arrivo in massa degli immigrati, e riguarda l’economia, il perdurare della crisi o stagnazione che dir si voglia, peraltro accompagnata da demenziali politiche di rigore (politiche anticicliche avrebbero comunque il fiato corto). La situazione bancaria e del credito in generale ne è solo un aspetto, rilevante, ma non la causa. Né, al contrario di quanto afferma Romano Prodi, la causa della crisi può essere ricondotta al sottoconsumo (*).

Innanzitutto ha prevalso un postulato economico che non ha alcun fondamento teorico scientifico, tanto è vero che è smentito anche dal punto di vista empirico. Che poi, per contro, sia un problema di banca centrale nazionale che emette moneta è un fatto che solo dei superficiali possono credere. È ciò trova clamorosa ma anche banale conferma con quanto succede da un quarto di secolo in Giappone, il quale ha una banca centrale che emette moneta e partecipa all’asta dei titoli pubblici, acquistandoli direttamente (90% dei titoli in mano ai giapponesi).

E sia chiaro che la soluzione della crisi, compresa quella bancaria (che può far saltare il tappo), non passa attraverso Francoforte (che non potrà fare “acquisti” all'infinito). La crisi è intrinseca alle leggi del capitalismo, peraltro un sistema economico che non ha nulla di sociale e non è riformabile, così come, del resto, il capitalismo etico propugnato da Bergoglio è solo un’illusione, tanto quanto quello che chiacchiera di decrescita. Stiamo andando a passi veloci verso la resa dei conti.

*



La scelta di un demagogo fascista come candidato di uno dei due maggiori partiti è la prova inconfutabile della fase avanzata della putrefazione della democrazia americana. La nomina imminente di Trump significa che una parte sostanziale della classe dirigente americana – quella che detta la linea alle plebi – ha concluso che la difesa dei suoi interessi richiede massiccia repressione politica all'interno degli Stati Uniti e guerra contro i concorrenti e nemici di là dei suoi confini.

La nomina Trump non è un evento episodico o accidentale. Si è radicata nella crisi prolungata del capitalismo americano che si riflette nel quadro storico democratico-borghese. La vittoria di Trump è il culmine di un processo che si è sviluppato nel corso di decenni. Un processo che incrocia la crisi europea e un quadro d’instabilità internazionale che non è esagerato definire grave quanto quelli che precedettero i due conflitti mondiali.

No, non c’è speranza di uscire da questa situazione senza traumi e tragedie, non entro le coordinate del capitalismo e del suo modello sociale.


(*) "Se continuiamo con la distruzione della classe media e l’accumulazione della ricchezza nella classe più elevata, che non consuma, costruiamo la stagnazione secolare". Per una critica di questa posizione “sottoconsumista”, da ultimo, leggi qui.


Del resto, dopo i patti fondativi della globalizzazione, il GATT, il GATS, il TRIPS e il TRIMS, delocalizzata la produzione, e dopo aver svenduto l’Imi, l’Ina, la Seat, le Poste, l’Ente tabacchi, la Telecom, le grandi banche – San Paolo di Torino, Banco di Napoli, BNL, Mediocredito Centrale – le imprese facenti capo all’Iri – Finmeccanica, Fincantieri, Fintecna, Iritecna ecc. – quindi l’energia, l’acqua e ora i trasporti, perché dolersi come fa quel finto tonto di Prodi dell’accumulazione della ricchezza nella classe più elevata?

9 commenti:

  1. Veramente ben scritto ed argomentato!

    caino

    meglio che parlare di Costituzione.

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  2. L'inversione di cause e effetti è una costante illogica di tutte le opinioni circolanti sulla crisi. Mi pare molto opportuno il ricorso all'esempio giapponese, che tutti si guardano bene dal citare (specialmente i neokeynesiani da operetta).
    Poi, sulle vere cause ci sarebbe da discutere, nel senso che il ricorso a un manuale di economia (posso chiamarlo così? disponibile a cambiare definizione) di un secolo e mezzo fa andrebbe filtrato attraverso gli sviluppi successivi, perché il plusvalore può oggi essere minusvalore, o comunque non l'unica ragione del profitto, essendo in dissolvimento la centralità del lavoro umano e la vecchia distinzione fra capitale variabile e capitale costante. Per metterla in termini pratici: se io produco senza manodopera, dove sta il plusvalore? Probabilmente posso trovarlo nel contenuto di lavoro che sta nei mezzi di produzione, ossia inglobando il capitale variabile in quello costante (che però sarebbe inadeguato chiamare costante). E se il c.d. capitale costante si riproduce senza apporto di lavoro umano, che faccio?
    Beninteso, sono solo domande.

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    1. Il capitale costante non produce valore ex novo, il suo valore viene trasferito nelle merci.
      Solo il lavoro, il lavoro immediato, vivo, produce valore.
      L’aumento della produttività del lavoro implica che la parte costante, in rapporto a quella variabile, tenda ad aumentare sempre più. Il punto è proprio questo: il capitale trova sempre più difficoltà a valorizzarsi, poiché il rapporto c/v è a sfavore di v. Anche laddove aumenti la massa del plusvalore, il suo saggio in rapporto al capitale complessivo tende a cadere.

      Questa è una legge che agisce nella sua tendenza come una legge di natura.
      Questa legge non l’ha inventa Marx, egli l’ha solo scoperta e descritta (tenendo conto, peraltro, delle controtendenze).

      Ad ogni modo:
      http://diciottobrumaio.blogspot.it/2015/04/perche-cala-il-prezzo-delle-uova.html
      http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/03/la-legge-piu-importante.html

      poi, volendo, si può leggere anche Marx di prima mano, cosa che non guasta. Beninteso, è solo un suggerimento.

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    2. Sento che c'è ironia, ma io sono serio. Vorrei che qualcuno rispondesse a domande semplici, tipo:
      - merce e servizi sono la stessa cosa, dal punto di vista della teoria marxista?
      - il profitto è uguale al plusvalore?
      - la teoria del plusvalore continua a valere quando le ore di lavoro umano tendono a zero, o c'è un range ragionevole di validità?
      - è concepibile il plusvalore negativo, ossia il minusvalore?

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    3. ho risposto molto seriamente alle prime domande. ora se ne pongono altre alle quali ho già dato risposte in passato nel blog e che sarebbe troppo lungo ripetere. del resto in un commento non si può riassumere, nemmeno per sommi capi, la critica all'economia politica sviluppata da marx.

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    4. Capisco che non si può dedicare un blog alle mie curiosità. però a quella del minusvalore non ha risposto neanche la prima volta. Oppure non me ne sono accorto.

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    5. cosa intende per minusvalore? se intende una quota minore di plusvalore le ho già risposto. ma lei ha letto i due post che le ho segnalato? che cosa vi ha capito? il tema è tutto lì.

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    6. Minusvalore? credevo fosse chiaro. Salario superiore al valore.

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    7. E' la disgrazia caricata sulle spalle dei lavoratori ad inizio crisi. Surplus di produzione, merci invendute, mancata copertura dei costi di produzione, lotta ai salari e ai diritti acquisiti dai lavoratori, pensionati e pure classe media.

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