giovedì 12 maggio 2016

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La gente non aveva la più lontana idea di ciò che stava per accadere. In fondo i soli veramente ragionevoli furono i poveri, i semplici, che giudicarono subito la guerra come una disgrazia, mentre i benestanti non si tenevano dalla gioia, nonostante proprio loro avrebbero potuto rendersi conto molto prima delle conseguenze.


Katczinsky sostiene che ciò proviene dall’educazione, che rende idioti; e quando Kat dice una cosa, ci ha pensato a lungo.

4 commenti:

  1. Niente di nuovo sul fronte del capitalismo.

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  2. Io considererei di più la diversità. Non esiste un'unica "educazione". I poveri, più che non ricevere un'educazione, ne ricevono una molto diversa da quella che ricevono i ricchi, la quale è sì possibile che renda idioti, ma relativamente. Ossia solo in dterminati contesti e frangenti storici, come le fasi che precedono una guerra e che la determinano, o durante la stessa guerra. In quei frangenti, invece, l'educazione ricevuta soccorre molto più di prima i poveri, nel senso che essa, acquistando valore relativo, è per loro una risorsa molto più che nei cosiddetti periodi di pace. Faccio due banalissimi esempi.
    Storicamente le rivoluzioni popolari, quelle che hanno teso al miglioramento delle condizioni economiche e sociali degli ultimi, o almeno avrebbero voluto o dovuto, sono state spesso agevolate dal concorso di una situazione bellica. Ancor più banalmente si può poi richiamare l'esempio della sopravvivenza alla fame in una guerra: è noto che la strutturale dimestichezza e la maggiore consuetudine dei poveri con le produzioni alimentari, almeno in epoca moderna/industriale, han quasi sempre fatto sì che essi abbiano ovviato assai meglio dei borghesi alle carenze alimentari tipiche delle situazioni estreme di ogni guerra. E infatti i borghesi affamati furono le vittime abituali della borsa nera.
    In ambo i casi, fatti salvi altri fattori, secondo me ha inciso la netta diversità culturale. In particolare, la loro migliore capacità di adattamento al problema e la loro maggior capacità di sopportazione hanno determinato un gap favorevole, una volta tanto, ai diseredati. Purtroppo, in tutte le altre fasi dell'umana convivenza per loro le cose vanno diversamente, nel senso che, dopo le guerre, torna ad essere prepotentemente più preziosa e incisiva la disposizione pedagogica all'astratto e alla speculazione intellettuale, che è tipica delle classi più abbienti e che di tali classi è al tempo stesso produttrice e prodotto.

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    1. do questa lettura al brano:
      i ceti sociali istruiti, le classi medio alte, attraverso l'istruzione, avrebbero dovuto sapere di che cosa si trattava. tuttavia attraverso l'educazione, cioè l'istruzione e le idee dell'ambiente sociale in cui si muovono, assumono i caratteri propri del nazionalismo e dei suoi interessi, e ciò priva questi ceti sociali della razionalità necessaria per una valutazione obiettiva dei fatti.
      non bisogna trascurare che le forme ideologiche socialmente prevalenti sono sempre quelle dell'ideologia della classi dominanti

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    2. Sono d'accordo e non mi pare che una simile lettura contrasti con quanto ho scritto sopra. Il nazionalismo è la tipica ciclica follia esiziale, nel senso di folle esito del processo, la clava che si abbatte in modo decisivo a favore dell'opzione bellica, convincendo, dopo i folli, una marea di poveri fessi.

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