lunedì 25 aprile 2016

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Nel divenire del modo di produzione capitalistico lo Stato ha, in stadi di sviluppo diversi, assunto forme diverse. Bonapartismo, fascismo, nazismo, democrazia, eccetera, riguardano la metamorfosi della forma-Stato e vanno lette in relazione al movimento contradditorio del capitale e alle fasi di sviluppo e di crisi che esso ha attraversato. Qualcuno, molto tempo fa, ebbe ad osservare che la democrazia è il migliore involucro per il capitalismo, cioè l'involucro più funzionale alla sua dittatura. E anche un uomo pacato e pragmatico come Ezio Mauro, di recente, si chiedeva se la democrazia non valesse solo per le fasi alte del ciclo economico.

Per rifarci al tema nei termini correnti della pubblicistica borghese, c’è da osservare che nemmeno i sistemi più democratici garantiscono alcuni dei più fondamentali diritti sociali, come per esempio il diritto al lavoro e ad avere un tetto, anche se talune Costituzioni stabiliscono un nesso tra libertà e giustizia sociale. Ciò che conta sono i reali rapporti sociali che tali Costituzioni vanno a formalizzare. E già il solo formale richiamo a tale nesso, come sappiamo, dà fastidio a molti laddove è dichiarata la prevalenza dell’utilità sociale rispetto al diritto di proprietà (vedi articoli 41 e 42 della Cost.).

La Costituzione borghese sancisce il diritto al lavoro, tacendo però le condizioni che sole danno a tale diritto un senso (*). In effetti essa non sancisce altro che l'operaio salariato ha il permesso di lavorare per la sua propria vita, cioè di vivere, solo in quanto lavora, per un certo tempo, gratuitamente, per il capitalista e quindi anche per quelli che insieme col capitalista consumano il plusvalore.

Tutto il sistema di produzione capitalistico si aggira attorno al problema di prolungare questo lavoro gratuito sviluppando la produttività e dunque prolungando in assoluto la giornata di lavoro. Pertanto ciò che viene taciuto è proprio il fatto essenziale che il sistema del lavoro salariato è un sistema di schiavitù, e di una schiavitù che diventa sempre più dura nella misura in cui si sviluppano le forze produttive sociali del lavoro, tanto se l'operaio è pagato meglio, quanto se è pagato peggio.

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L’automovimento di una formazione sociale è, in ultima istanza, determinato dallo sviluppo delle forze produttive nel loro rapporto dialettico di unità e di lotta con i rapporti di produzione e di scambio. La storia recente ha insegnato molte cose al riguardo, proprio le esperienze sovietica e cinese hanno fatto giustizia dei facili ottimismi sulla possibilità di una rapida modificazione dei rapporti sociali di produzione.

Se bastasse statalizzare per decreto i mezzi di produzione, ossia l’economia, il socialismo e il comunismo sarebbero fin troppo facili da realizzare. Dei limiti oggettivi impedirono che quelle società uscissero dal paradigma dell’accumulazione originaria e poi da una peculiare forma di capitalismo di Stato dove permaneva e vigeva la legge del valore.

È come se venuti finalmente a capo del mistero della schiavitù, gli schiavi invece di eliminare i rapporti sociali che li rendono schiavi si limitassero a sostituire la classe degli schiavisti con dei propri rappresentati che tali rapporti sociali non possono eliminare mutando semplicemente i rapporti di proprietà di cui sono espressione. In fin dei conti le rivendicazioni dei proletari russi e dei contadini cinesi erano già state realizzate in gran parte e meglio nei paesi capitalisti più avanzati.

Laddove sopravvive la forma-valore, regnano i rapporti di produzione effettivi, reali, che ne giustificano l’esistenza, ossia rapporti che sono ancora di tipo capitalistico. È ciò che è successo precisamente nei paesi così detti comunisti: non fondamentalmente per incapacità e cattiveria delle burocrazie di partito, ma perché erano ancora assenti le condizioni storiche oggettive indispensabili perché la produzione basata sul valore di scambio crolli e il processo di produzione materiale immediato venga a perdere anche la forma della miseria e dell’antagonismo.

(*) Richiedere, sulla base del sistema salariale, una paga uguale o anche soltanto equa, è lo stesso che richiedere la libertà sulla base del sistema schiavistico.

2 commenti:

  1. Non sono un costituzionalista, ma - ad occhio - non credo esista alcuna costituzione (neanche nella più bella del mondo) che si ponga questi problemi fattuali su come si "costituisce" il valore che fonda e muove lo Stato. Il generico "fondata sul lavoro" assolutizza una categoria dell'agire umano, il lavoro, il cui sfruttamento produce, appunto, un plusvalore che è appannaggio di una precisa classe sociale, quella che non lavora...

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    1. ho corretto tre errori di battuta, del resto non posso rimproverare la dattilografa d'eccezione che oggi s'è presa la briga di sostituirmi.

      i costituzionalisti non si pongono questioni concrete riguardo allo sfruttamento del lavoro. a loro interessa la forma disgiunta dalla sostanza dei rapporti. ai cinesi interessa la sostanza disgiunta dalla forma. è una vecchia questione ...

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