lunedì 22 febbraio 2016

Realismo borghese di una editorialista ottimista


La lettera di Andrea Seibel, editorialista di Die Welt, pubblicata da Repubblica (veicolata attraverso la “LENA” e dunque edita in tutta Europa), è molto interessante per comprendere il punto di vista di una frazione importante della borghesia. Il tema trattato è ben riassunto già nel titolo dell’articolo: Gli anni spensierati sono ormai finiti.

Gli anni belli e felici, scrive Seibel, sono stati quelli della caduta del Muro, evento che “significò la fine della mancanza di libertà. Significò giustizia e sovranità”, mentre ora siamo “indubbiamente in crisi”. La crisi, prosegue la giornalista, non è più un’opportunità. E che cos’è allora?



Ma prima di parlare della “crisi”, la Seibel tributa il pragmatico omaggio alla Russia di Putin: “Putin fa paura. Pare che non riesca a fare altro”. Con ciò la Seibel mette subito in chiaro da che parte sta, non che ce ne fosse bisogno, e si siede dalla parte della ragione, della libertà e della democrazia, che com’è noto hanno domicilio solo in occidente.

“Oggi la Russia o, meglio, la sua classe dirigente, mostra il suo volto più brutto. È il ritorno della vecchia politica di potenza del diciannovesimo secolo con i mezzi del ventunesimo, quella politica che non arretra dinnanzi alla violenza e alla guerra”.

Che la Russia non sia un esempio di democrazia è un fatto. Nemmeno l’Europa s’è per questo. E tantomeno gli Usa. Dimenticare poi cos’è avvenuto di recente ai suoi confini, è una deliberata omissione che falsifica il quadro degli avvenimenti. Tacere il fatto (ne davo notizia qui) che nel silenzio generale gli Usa, poche settimane or sono, hanno deciso di quadruplicare i propri stanziamenti militari nelle repubbliche baltiche e nei paesi ai confini con la Russia, non è né buon giornalismo né servizio di verità.

In un’intervista pubblicata due giorni or sono da Il manifesto, Noam Chomsky osserva:

Il bilancio della Difesa Usa per il 2016–17, approvato la settimana scorsa senza alcun dibattito a livello congressuale, quadruplica la spesa per rafforzare gli arsenali Nato e tutelare la “sicurezza” degli alleati dell’Europa orientale, ai confini con la Russia. Qual è il messaggio?
Certamente esistono rischi di un aggravarsi di scontri e tensioni strategiche strumentali tra i paesi appartenenti alla sfera d’influenza russa e le zone d’influenza americana. Ma gli Stati Uniti potrebbero mai accettare sui propri confini quanto sta avvenendo su quelli della Russia? Sarebbe pensabile un dispiegamento di missili Nato al confine con il Canada e il Messico? Verremmo tutti inceneriti.

E dunque, chi sta attuando, senza risparmio di mezzi e sprezzo dell’ipocrisia, la vecchia politica di potenza del diciannovesimo secolo con i mezzi del ventunesimo, quella politica che non arretra dinnanzi alla violenza e alla guerra? Chi sono i principali responsabili di quanto sta avvenendo in Medio Oriente e in Nord Africa? Gli Stati Uniti e l’Europa o la Russia? L’Iran o l’Arabia Saudita? E che dire della Turchia, paese Nato che aspira ad entrare nella UE, a proposito del popolo kurdo?

Anche l’ultima parte dell’articolo è dedicata alla Russia di Putin, paese autocratico e privo di modernità, scrive la giornalista tedesca, basta leggere “il toccante, commovente manifesto dell'attivista delle Pussy Riot”.


*

Scrive ancora Andrea Seibel:

L'Europa crede di essere senza confini, ma urta di continuo nei suoi limiti, anche in quelli della sua onestà e credibilità. La crisi di cui oggi siamo testimoni, si tratti della Brexit, dei profughi, della struttura interna dell'Ue, investe i fondamenti.
Quando Gerhard Schröder assunse la carica di cancelliere tedesco, fece una dichiarazione intelligente: "Non vogliamo cambiare tutto, ma fare meglio tante cose". Il criterio è la realtà, non l'idea o la visione. La politica deve essere pragmatica e a volte anche sgradevole, dura.

Tutto dipende da come s’interpreta la realtà e a chi vogliamo imporla, specie se con “dura e sgradevole” pragmatica germanica. La realtà in cui la borghesia vuole continuare a dominare è quella capitalistica (non ne conosce altre, se non bollate come “visionarie”).

Tra i suoi frutti la realtà mostra quelli di una “crisi di cui oggi siamo testimoni, si tratti della Brexit, dei profughi, della struttura interna dell'Ue, investe i fondamenti”. Si tratta degli effetti della crisi, che quanto alle cause la borghesia si guarda bene dall’indagarle. È pericoloso farsi illusioni, sostiene la giornalista, “le popolazioni dell'Europa vibrano e mormorano”, e “nessuna meraviglia che soprattutto in Germania, sempre alle prese con il suo ruolo e la sua storia, imperversi il pessimismo culturale”.

Forse in Germania si tratta solo di “pessimismo culturale”, ma in altri contesti europei esso si connota di una radice sociale: la stagnazione economica, disoccupazione di massa (soprattutto giovanile), sfiducia nella politica e zero prospettive per il futuro, taglio del welfare, crisi del credito, esplosione del debito, pauperizzazione di strati sempre più ampi di popolazione, insomma il solito rosario che accompagna le crisi capitalistiche, aggravato dal fatto che esse si ripetono ormai senza soluzione di continuità apprezzabile.

Tuttavia, Andrea Seibel, “come donna, come cittadina tedesca, come europea e giornalista si rifiuta di cedere allo scetticismo e all'allarmismo”. Anzi, si dichiara “un'ottimista senza illusioni”.

Vi è da osservare, preliminarmente, che ottimismo e pessimismo sono degli stati d’animo, e per una giornalista che si richiama insistentemente alla realtà, “dura e sgradevole”, e dunque a una realtà oggettiva, nelle sue parole si coglie una contraddizione.

Peraltro, come percepirebbe la propria situazione se invece di essere una donna/cittadina tedesca, fosse una donna/cittadina greca, portoghese, italiana; se non ricoprisse un ruolo da editorialista in uno dei più prestigiosi quotidiani tedeschi, ma fosse una lavoratrice precaria o disoccupata?

In tal caso, signora Andrea Seibel, lei vedrebbe l’UE e il sistema economico sociale vigente, quindi il suo presente e il nostro futuro, con uno spirito ancor più pragmatico, ancor più scevro d’illusioni, ma soprattutto da un punto di vista meno ottimista e borghese. Vedrebbe un mondo dove impera lo sperpero lucrativo a fronte di povertà crescenti e diffuse.

E allora forse farebbe capolino nel suo integro pragmatismo germanico il sogno di una società diversa e di una vita più umana. Andrea Seibel invece sogna un’Europa che non esiste: c’è solo un europeismo burocratico ed elitario che si è sostituito agli Stati nazionali non per evolvere nel senso e nello spirito tracciato e auspicato a Ventotene, ma sotto il segno degli interessi del capitale onnipotente. Consegneranno al futuro un’Europa dei nazionalismi, dei regionalismi, dei separatismi, dell’organizzazione mafiosa degli affari.

E non è vero nemmeno, come invece scrive Seibel, che “Nessuno può prevedere lo sviluppo dei prossimi mesi e dei prossimi anni. Ci sono troppi fattori imponderabili”. Si può agevolmente prevedere che nessuna volontà politica di quest’Europa dei burocrati potrà arrestare i processi disgregatori innescati dalla globalizzazione.


Il “ritorno della vecchia politica di potenza del diciannovesimo secolo con i mezzi del ventunesimo” poggia sulle medesime braci storico-oggettive che nel diciannovesimo secolo hanno posto le premesse per i grandi incendi del ventesimo secolo, e perciò si tratta delle stesse premesse economiche e imperialistiche da cui divamperanno i conflitti nel secolo che si è aperto.

5 commenti:

  1. Sul piano filosofico e culturale , sono rimasto molto colpito dalla acutezza delle analisi ma anche dalle novità portate avanti dalla Seibel.
    Ha tutte le carte in regola per essere dimenticata ed anche presto dalla Storia.
    Finalmente una, che riesce con il suo ottimismo a confutare Leopardi ,duecento anni dopo.
    Si sentiva il bisogno di una come la Seibel.
    Sono proprio ridotti male.

    caino

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  2. Ogni tanto, quando mi affaccio su questo blog a leggere simili articoli, per me è come se prendessi una boccata d'aria fresca bella ossigenata.
    Dai quotidiani cartacei e internettiani, leggo solo ciarpame ributtante, stronzate su stronzate.
    Complimenti per il suo indefesso impegno che trasfonde "nell'arma della critica".

    Luigi

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  3. Dimentivaco..per i patiti del genere..

    La Seibel mi pare una tizia alle prese con una ricerca ontologica che le permetta di scoprire un principio di verità che le riesca ad illuminare l'intelligenza.
    Uno sforzo spasmodico, non c'è che dire!

    caino

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  4. oramai sparare sugli europeisti Kantiani è un pò come sparare alla croce rossa, epperò se lo meritano chè per non vedere la guerra in europa bisogna essere proprio cecati

    cara europa, hai fatto della forzata e stretta convivenza tra vicini la tua forza, spingendoti ad inventare il modo di estrarre valore dalla nicchie sociali più riposte. ora quella che fu la tua forza ti porta alla tomba. anche se rantoli hai ancora la puzza sotto il naso!

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