sabato 23 gennaio 2016

Basterà avere un po’ di fiato


È un privilegio avere un lavoro precario e sfruttato, ma sono centinaia di milioni quelli che non hanno nemmeno questo tipo di privilegio, i più poveri tra i poveri. Ad ogni modo la guerra condotta dal capitale riguarda tutta quella umanità sul cui sfruttamento e sulle cui sofferenze fonda il processo di accumulazione capitalistico. I terroristi che ne sono a capo, che hanno dalla loro parte il denaro, i media di cui sono proprietari e la forza della legge, si sono riuniti in un loro covo in Svizzera (e dove sennò?). Non hanno bisogno di pezzi di carta e di timbri per circolare, non c’è frontiera o barriera che li possa fermare, anzi, viaggiano con jet privati o di Stato e sono accolti con onori e protetti in alberghi e residence extra lusso.

Ma anche per questa classe di parassiti e di orchi sta per suonare la campana a morto. Essi vedono bene che l’introduzione di nuove tecniche e tecnologie produttive crea la condizione per una sempre più vasta e stagnante disoccupazione, e ciò è in opposizione con le condizioni oggettive che fin’ora hanno garantito la stabilità sociale, il loro potere e sicurezza personale.



È l’ardore stesso con il quale il capitale è costretto a ridurre la parte variabile (salari) in rapporto al capitale costante per aumentare il plusvalore estorto, a determinare una situazione che sembra un paradosso (*). In altri termini, essendo la creazione di plusvalore (e qui si dovrebbe introdurre il concetto di plusvalore relativo ma lasciamo stare per semplicità) l’impulso e il contenuto assoluto dell’agire del capitale, in definitiva un contenuto assolutamente misero e astratto (l’accumulazione di ricchezza come scopo a sé), esso ha la necessità insopprimibile di sviluppare le tecniche e la tecnologia per produrre quanto più plusvalore possibile.

Una prima legge: la produttività del lavoro deve dare il massimo di prodotto con il minimo di lavoro e, quindi, la riduzione delle merci il più possibile a buon mercato. È questa una legge a cui nel lungo periodo non può opporsi nemmeno il monopolio, e cioè spiega nell’essenziale la caduta dei prezzi! Questa prima legge si rende effettiva solo implicando un’altra legge, secondo cui la scala della produzione non è determinata secondo bisogni dati, bensì, all’opposto, la massa del prodotto è determinata dalla scala della produzione sempre crescente prescritta dal modo di produzione stesso.

Vediamo di rendere la cosa in termini commestibili anche ai seguaci di quell’asino di Latouche. Lo scopo della produzione capitalistica è quello che ogni singolo prodotto contenga quanto più lavoro non pagato possibile, e ciò è raggiunto solo con la produzione per la produzione. Inoltre, muta la scala sociale dei mezzi di produzione impiegati, e muta tanto maggiormente quanto più è sviluppata la produttività sociale del lavoro. È quella capitalistica una produzione che non può vincolarsi a un limite predeterminante e predeterminato dei bisogni. L’andare oltre questo limite implica la crisi, come quelle di sovrapproduzione, eccetera. Non potete farci nulla, coglioni.

Non c’è nulla di misterioso in queste leggi economiche, così come nella legge sulla caduta tendenziale del profitto, la quale può essere espressa con la più semplice aritmetica. Una legge – scoperta da Marx – che ha, come le altre, la stessa forza e valenza di una legge di natura. Mano a mano che procede la sostituzione di lavoro vivo con lavoro passato, si determina una situazione in cui il sempre maggiore investimento non trova più remunerazione sufficiente, ossia adeguata valorizzazione (**). Una tendenza alla quale il capitale cerca di far fronte in molti modi, ma invano. E ciò è dimostrato, tra l’altro, dall’inarrestabile fuga dei capitali dalla produzione verso la circolazione e la speculazione finanziaria, così come dal gigantesco processo di concentrazione e centralizzazione dei capitali stessi.

Il capitalismo, considerato dal punto di vista storico, è il punto di passaggio necessario per ottenere forzatamente, a spese della maggioranza, la creazione della ricchezza, cioè delle forze produttive incondizionate, che sole possono costituire la base materiale di una libera società umana. Sulla penuria non si costruisce un bel nulla. Siamo giunti dunque, nonostante tutte le apparenze possano mostrare il contrario e malgrado le chiacchiere sulla fine della storia, delle ideologie politiche e delle classi sociali, a una nuova fase: quella di una rivoluzione tecnica e tecnologica che sconvolgerà sempre più da cima a fondo l’intero assetto sociale, una rivoluzione dalle conseguenze imprevedibili e d’inedita portata storica.

Questa rivoluzione è in atto, e per verificare se racconto balle, non si tratta di avere fede e speranza infinita, basterà avere un po’ di fiato.

(*) La vera e propria funzione specifica del capitale come capitale è la produzione di plusvalore, la quale non è altro che l’appropriazione di surplus-lavoro, appropriazione del lavoro non pagato nel processo di produzione effettuale, che si espone, si oggettualizza, come plusvalore.


(**) Come la merce è unità immediata di valore d’uso e di valore di scambio (valore), così il processo di produzione, che è processo di produzione di merci, è unità immediata di processo lavorativo e processo di valorizzazione.

6 commenti:

  1. Possiamo stare tranquilli noi in Italia, il CEO di Apple ha appena detto che "il limite è il cielo.
    Probabilmente si riferiva al fatto che in un futuro prossimo si potrà dialogare con i morti tramite un App.
    L'unico problema per Apple è a chi vendere prodotti ,quando saremo tutti morti.
    Probabilmente ha già un accordo in tasca con Pietro e Belzebù,(tangentina)in questi casi mica si va tanto per il sottile ,etica e Mercato sono cose diverse.

    Caino

    Ps Il prossimo Nobel per l'economia probabilmente sarà assegnato ad un cabarettista. Mi pare del tutto evidente.

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  2. Lo spirito umano soffre di una carenza intellettuale fondamentale: per fargli comprendere il valore di una cosa, bisogna privarlo di quella cosa. E non è la libertà.

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  3. So tutti amici quando se magna.
    Pochi quando c'è da sparecchià.

    Dopo la lezione, intervallo.:-)

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  4. la globalizzazione si è resa necessaria anche come controtendenza alla contrazione di una base produttiva via via più miserabile -e alla speculare espansione del terziario avanzato.

    solo che le cose non vanno proprio lisce, gli enormi apparati sociali recentemente entrati nel salotto buono del capitalismo mondiale cercano di affrancarsi rapidamente dai bassofondi delle produzioni a basso valore aggiunto.

    è un' ipotesi, ma forse il processo è stato più rapido, l' espropriazione finanziaria meno efficace, di quanto immaginato ai tempi del uruguay round quando le multinazionali basate in USA facevano la fila per portare l'assemblaggio delle produzioni nei paesi emergenti.

    è questione di tempo affinchè la nuova e più vasta base produttiva mondiale ricominci a contrarsi, solo in Cina hanno bisogno ogni anno di almeno 20 milioni di nuovi posti di lavoro, di mettere a valore 20 milioni di contadini diplomati e appena inurbati.

    a mio modo di vedere è la sovrapproduzione di capitale, che è solo un altro aspetto del contenuto del post, la parola che a Davos è taboo

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    1. come ben sai la sovrapproduzione è anzitutto sovrapproduzione di capitale

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