lunedì 18 gennaio 2016

Non possiamo guardare che con inquietudine


All’umanità, divenuta capace come non mai di volgere alle proprie esigenze le forze naturali, per la prima volta è data la possibilità non solo di comprendere la propria condizione ma di poterla cambiare secondo un progetto cosciente e razionale, ossia di diventare finalmente padrona delle condizioni della propria riproduzione, libera di emanciparsi politicamente, culturalmente e moralmente da rapporti sociali dati e dai limiti di classe. E che i tempi siano maturi è dimostrato dal fatto che sempre più l’aristocrazia venale proprietaria del mondo viene percepita per ciò che in realtà essa è: un anacronismo storico.

Per contro, negare la necessità di un radicale cambiamento in rapporto all’esistente, il pensare viepiù che il capitalismo, pur con tutte le sue contraddizioni, alla fin fine sta portando l’umanità a vivere in condizioni progressivamente migliori rispetto al passato, e che tale benessere raggiunto grazie all’aumento considerevole delle capacità produttive e allo sviluppo della scienza e della tecnologia ha portato l’allungamento della vita media, significa non rendersi conto che, pur a fronte degli innegabili risultati ottenuti, le nostre società stanno precipitando in drammatici cambiamenti, sociali e naturali, incontrollabili e irreversibili.




Il sistema capitalistico nelle sue dinamiche non sta realizzando alcun progetto di emancipazione universale, né la scienza e la tecnologia di per se stesse potranno realizzarlo. Ciò che è stato raggiunto, per molti aspetti rappresenta un limite oltre il quale le contraddizioni si vanno facendo viepiù esplosive. Assistiamo a una marcata divaricazione della forbice delle condizioni di vita e dei redditi, a un inasprimento dei sistemi di controllo e degli aspetti coercitivi, ad una pressione del dominio di classe che fa parlare apertamente di neobonapartismo, e ciò senza dilungarci sulla seria questione dell’inquinamento ambientale e della dissipazione delle risorse.

Peraltro, chi oppone alla necessità di un radicale cambiamento il problema della libertà individuale, che verrebbe negata o compressa nella dimensione universale dell’idea di uguaglianza, non punta ad altro che alla conservazione dell’esistente, equivocando la base stessa su cui fonda la libertà individuale. Sganciata da un percorso collettivo di emancipazione, la libertà individuale può esistere solo nella forma della separazione, con il rischio che qualunque accidente possa revocarla. E ciò, sia ben chiaro, senza negare che il progetto di emancipazione universale e l’idea di uguaglianza non contenga in sé delle contraddizioni, dei rischi di oppressione e violenza, come per altro palesa il lungo secolo che ci siamo da poco lasciati alle spalle.

Tuttavia, se guardiamo senza storpiature di parte alla dialettica della realtà storica, alla pluralità degli eventi spesso tragici che hanno portato infine all’emancipazione di popoli (dal colonialismo, per es..) e al riconoscimento dei diritti individuali (pensiamo però alla condizione dei neri americani, solo in parte risolta), ossia alla formazione della democrazia borghese fondata sulla triade illuministica, possiamo constatare attraverso quali violenze e orrori sia dovuto passare tale progresso umano, quanto sangue innocente è scorso per l’affermazione di quei principi che stanno alla base delle nostre libertà ancorché mistificate dai rapporti sociali in essere.


Se dunque il tentativo novecentesco di incastonare l’idea nella realtà, ossia di realizzare l’emancipazione umana e l’uscita dai rapporti sociali di classe in società semi-medioevali, è fallito tra totalitarismi e violenze, non per questo dobbiamo rinunciare per sempre alla doverosa necessità di ripensare il progetto di emancipazione e di libertà umana in forme nuove, in un quadro di possibilità di sviluppo completamente diverso. Anche perché, ripeto, il rifiuto di prendere consapevolezza di tale necessità, pur se sappiamo bene che la consapevolezza da sola non basta, lascia campo libero – come quotidianamente constatiamo – ad un declino sociale e umano che sembra non conoscere limiti e a cui non possiamo guardare che con inquietudine.

11 commenti:

  1. Organizziamo l'inquietudine ?
    Prima che l'angoscia ci ammazzi tutti.
    O no ?

    Caino

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  2. Come in tutti gli scritti veramente rivoluzionari, non si danno istruzioni, ma si accendono lampadine. Il presente post, per quel che mi riguarda, illumina un bel po'. Merci beaucoup.

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    1. con un così lusinghiero commento mi assumeranno all'enel
      sempre gentile, grazie

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  3. https://www.facebook.com/1639279296323889/videos/1669901973261621/

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    1. è una lotta isolata e destinata a perdere. se invece di rischiare di essere schiacciati da un camion andassero a trovare il padrone a casa facendogli un massaggino Shiatsu?

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  4. Credo che chi si accosta a queste note, a parte i diversi wattaggi, abbia la lampadina già accesa.
    Non per fare il pessimista a tutti i costi ma non lo sono altrettanto nel pensare ad una strenua volontà di emancipazione politica e sociale. Su quella culturale poi.....

    Senza ripescare nel trito 'bisogni primari e secondari' di buona memoria, le preoccupazioni maggiori per i nuovi arrivati nel cosiddetto capitalismo, mi sembrano il consumo di carne e il possesso degli accessori primari, mutande griffate comprese.

    Ogni tanto provo a diffondere alcuni articoli, desunti in qualche occasione anche da questa rubrica (non leggo più i giornali), ma le lampadine senza presa non si accendono.

    Rimane unicamente come speranza che la luce emanata da minoranze, bontà nostra, 'illuminate' rischiari il gregge.
    Prossimamente sarà opportuno affrontare il concetto di elite in relazione alla percezione delle sperequazioni mondiali: non confonderei l'invidia con la maturità di giudizio.
    Sursum corda.

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    1. Caro Anonimo (anche dai toni usati mi sembra di intuire il nome): complimenti per il commento, specialmente la tua ultima frase che compendia il mio discorso sull'illuminazione (nel senso che l'autore è uno dei pochi sulla piazza che non confonde le due cose).

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    2. Tu butta lì dei nomi poi ti spedisco la vincita sull'Arno.
      Frequento la rubrica a corrente alternata, e disponendo di un'attrezzatura economica devo accontentarmi di sfornare commenti di basso profilo.

      Ho già affermato che appartengo, per ora,alla corrente di pensiero che ritiene la perequazione economica e sociale non sinonimo automatico di quella intellettuale. Con tutto quello che ne consegue: teoria per teoria, quando alla fine della Storia i superstiti godranno del sole dell'avvenire, mi auguro che la pressione dell'ego degli intellettuali organici - i capi comunque ci saranno sempre - sia tarata ai minimi.

      Paul Valery ci suggerisce: " quando tra gli imbecilli e i furbi si stabilisce un'alleanza, state bene attenti che il fascismo è alle porte".

      Hasta luego companero.

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  5. Se ho letto bene Marx e via di seguito, le minoranze illuminatrici sono solo una necessità per dirla con Lenin, affinché le cose vadano in un certo modo, piuttosto che in un altro.
    Il resto si sta facendo da solo.
    Vedo però molta confusione nella luce illuminatrice , molta dis-unione e talvolta anche parecchi danni.

    Caino

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  6. a me pare che gli intellettuali si sono messi all'angolo da soli, non più capaci nè di studio nè di immaginazione, conniventi, formali anche quando informali

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