mercoledì 23 settembre 2015

Quella volta che Lenin ...


Non ci sono più dubbi: è arrivato l’autunno. A confermarmelo un episodio inquietante che mi crea molta apprensione. Giudicate un po’ voi. La gattona che siede sopra la stufa di maiolica, serafica, questa mattina, mentre gli passavo davanti, ha aperto gli occhi e mi ha guardato. Fissandomi! Credetemi, è successo per davvero. Si dirà che non è poi un fatto così straordinario che un gatto seduto sopra una stufa spenta apra gli occhi e ti fissi a suo modo. Ah no? Un gatto bianco, con gli occhi sempre chiusi e un grande fiocco rosso, della Tuhn?

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A dire il vero mi è capitato un altro episodio del genere, ma nel quale non c’entra per nulla il felino della stufa, e forse sarà per questo motivo che quando leggo notizie sulle madonnine piangenti fredde lacrime, un po’ ci credo. Questo l’accaduto: su uno scaffale, discosto, a reggere una fila di negletti librini, sta un busto di Lenin. In lega di zama, cioè zinco e rame, proviene dalla Russia, anzi dall’Urss, come prova un biglietto scritto a mano in cirillico posto nel cavo interno. Ebbene, con mio comprensibile sconcerto, quel Lenin a volte piange. Si vedono proprio le lacrime uscire dagli occhi tartari e scendere giù per le guance, fino a bagnare lo scaffale. Non una gran cosa, ma è un fatto inequivocabile che si tratti proprio di lacrime.

Non sapendo a chi rivolgermi per un consulto, infine decisi di portare il busto dai compagni di Lotta comunista. Si sono fatti una risata, chiaro. Hanno detto che li stavo prendendo per il culo, testuale. Poi devono aver pensato alla pazzia perché insistevo e parlavo seriamente dell’accaduto. Per assecondarmi hanno detto che loro sono marxisti, materialisti atei, e che ai prodigi proprio non ci credono. Ad ogni modo, hanno accettato la mia proposta, ossia di tenere per qualche tempo sotto osservazione il busto incriminato. Immagino le battute di scherno che saranno seguite. Sennonché già il giorno dopo ho ricevuto una telefonata, dal tono allarmato, con la quale mi si invitava, senza aggiungere alcunché, a recarmi al più presto da loro.

È bene chiarire subito che il busto di Lenin non piangeva affatto, la cosa insomma non aveva avuto alcun oggettivo riscontro. Perfettamente asciutti gli occhi e le guance. E ciò smentiva, almeno fino a quel momento, quanto avevo raccontato. La mia sorpresa, come del resto il loro sbalordimento, è stata quella invece di vedere che il Lenin del busto aveva mutato la sua espressione. Non più quella originale, algida e severa, bensì l’espressione di un volto che sghignazza. Non so quali conseguenze politiche e teoriche abbia prodotto questo fatto tra i compagni di Lotta comunista, ad ogni modo il busto mi è stato restituito con la raccomandazione di mantenere il segreto fino a quando non fosse stata adottata a livello centrale una linea sul caso.


È passato qualche anno, il volto di Lenin è ritornato come prima, serio e senza lacrime. Dai compagni di Lotta comunista non ho più ricevute notizie al riguardo. Né mi mandano più il giornale.

5 commenti:

  1. Che burlone il signor Vladimir!

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    1. Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la nostra filosofia.

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  2. Il busto di Lenin che piange varrebbe da solo come formidabile soggetto di un grandissimo racconto, tale da lanciare l'autore nel firmamento letterario. Un racconto alla Buzzati, ma con una tonalità di ironica amarezza "politica" molto attuale.

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  3. Bella storia.
    Qualcuno dice che il soprannaturale non esiste, ma esiste l'ignoranza dell'uomo. Ma magari si sbaglia.
    E se gli portavi il gatto, a quelli di Lotta Comunista? Chissà come ti tornava indietro.

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  4. Peccato che non ci sia più Servire il Pollo.

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