mercoledì 9 settembre 2015

L'occhio strabico


Quando un tribunale dichiara nullo un atto, in genere un contratto, ebbene quel contratto è come se non fosse mai stato sottoscritto. Diventa, a seguito di quella pronuncia, “nullo”, appunto. È come se non avesse mai avuto luogo, non fosse mai esistito. Pensa un po’, hai acquistato un appartamento, il venditore è fallito, la curatela fallimentare chiede al tribunale la “revocatoria”, cioè la declaratoria di nullità del contratto di compravendita, e, se la richiesta viene accolta, quel contratto è come se non fosse mai avvenuto e l’acquirente rimane con le mosche in mano: senza soldi e senza immobile. I casi sono numerosi e non solo per quanto riguarda la compravendita d’immobili.

Questi sono gli effetti diretti di quando le pronunce di nullità hanno ad oggetto le “cose”; ma il discorso cambia quando simili pronunce hanno ad oggetto le persone e producono effetti diretti sul loro status e condizione. Ed è appunto il caso della dichiarazione di nullità del matrimonio.



Anche il matrimonio è un contratto tra due soggetti. I tribunali hanno il potere di scogliere i matrimoni, cioè di stabilire il divorzio tra i coniugi. In tal caso, però, non si tratta di “nullità”. Solo un tribunale “sui generis”, quello ecclesiastico, in base a norme – quelle del diritto canonico – sottratte a ogni determinazione “civile”, può dichiarare “nullo” il matrimonio. Nel gergo comune, un tempo ma ancor oggi, tale tipo di annullamento è detto “il divorzio dei ricchi”. Nei suoi effetti giuridici e pratici si tratta di qualcosa di diverso da un comune “divorzio”.

I coniugi, magari dopo anni di matrimonio e di convivenza, non di rado con figli, per dei loro motivi (in verità i più vari e spesso pretestuosi), decidono di rivolgersi al tribunale ecclesiastico per far dichiarare il loro matrimonio “nullo”, “non valido”, ossia come se non fosse mai avvenuto. La dichiarazione di nullità, ha effetti civili! E c’è un aspetto forse poco valutato, ossia che all’ex coniuge (che non si può più nemmeno chiamare così), siccome il matrimonio non è mai esistito pur essendo in realtà avvenuto, non spetta alcun assegno di mantenimento (e pure eventuali diritti ereditari vengono cassati).

Quale potere abnorme, sottratto a qualunque controllo dell’ordinaria giurisdizione e a ogni intervento da parte del parlamento, è stato concesso a un’organizzazione religiosa. Questo in forza dei Patti Lateranensi (di cui sono parte le norme del famoso Concordato di mussoliniana memoria) che De Gasperi e Togliatti non solo decisero di metterli in Costituzione, ma di sancirli tra i principi fondamentali, cioè immodificabili. In tale trappola ci hanno lasciato questi grandi statisti.

Tutto ciò fa parte della storia della dialettica mercantile, pilastro dello scambio politico. E, del resto, il matrimonio stesso fa parte della medesima logica dello scambio, così come ogni altro assioma sociale fa parte dell’economia.


In base alla stessa logica della purezza e della fluidità degli scambi, il Papa, confidando che l’occhio che regna nei cieli sa essere strabico, con motu proprio, come si conviene ai signori delle creature e delle cose, ha deciso di rendere più snelli e rapidi i procedimenti di “nullità matrimoniale”. Roma è in ogni caso il sismografo angosciato della temperie odierna. Non resta che attendere, in un prossimo futuro, i dati al riguardo, che non deluderanno certamente le “attese”.

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