martedì 1 settembre 2015

L'imprescindibile punto di partenza


Nel regno della confusione e del suo più eclatante fallimento, ritengo che una posizione bisogna assumerla se si vuole almeno tentare di tener alta la testa nel fango che ci assedia da ogni lato. Prendere una posizione contro l’attuale stato delle cose lo fanno in molti ormai; ma per me è fondamentale stabilire il punto di partenza che non può essere quello di una critica generica. Perciò mi definisco marxista, consapevole del rischio poiché molto spesso i marxisti assomigliano a quei gruppi che partono alla ricerca dello yeti e la cui indagine rischia di restare solo ipotetica. Non dunque una volontà di ripararmi dietro a una formazione di pensiero, ma il desiderio e il bisogno di comprendere la totalità da un punto di vista non omologato dal sistema, facendo tesoro di una concezione imprescindibile di ogni critica radicale e che poggia nel materialismo storico e ha per metodo la dialettica. A ben vedere, con i tempi che corrono, è un piccolo atto di rivolta. Se poi questa posizione, pur con tutti i suoi limiti e le inevitabili contraddizioni, esce dall’angustia del privato e dal pessimismo culturale, tanto meglio perché forse riesce pure utile.

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Riporto qui sotto un brano che trovo ben centrato e nel quale mi riconosco pienamente, tratto da un articolo di Robert Kurz segnalatomi dal sempre prezioso e amico Luca. Domani seguirà invece un mio post assai critico che avrà ad oggetto altre tesi contenute nello stesso articolo di Kurz.

I requisiti per un pensiero critico che si pronunci su questa problematica della società borghese [la crisi ecologica e la distruzione dell’ambiente, nota mia] senza il ricorso alla critica dell'economia politica (e che sia anzi in netta opposizione ad essa) sono stati preparati da tempo dal filone romantico e irrazionalistico e dal pessimismo culturale dell'ideologa borghese. Fin dagli inizi dell'industrializzazione, queste correnti di pensiero hanno ricondotto a diverse riprese tutti i fenomeni negativi dell'economia della merce e del suo processo di totalizzazione non alla forma che è il nucleo sociale del lavoro astratto, ma direttamente al lato materiale del processo lavorativo industriale, cioè alla scientificizzazione del ricambio organico con la natura [nel post di domani chiarirò i concetti qualora non fossero già chiari al lettore]. Alle scienze naturali e alla loro applicazione industriale come tecnologia moderna è stato intentato un processo ideologico. E' nata così nel pensiero borghese un'area del "pessimismo culturale", costituita da una moltitudine di singoli momenti e di correnti storiche (in parte in contraddizione tra di loro): dalla critica della produzione industriale come "opifici del diavolo" fino alla denuncia della scienza naturale tout court in quanto "ostile alla vita", dal rifiuto del pensiero scientifico bollato come "esangue" fino alla negazione della civiltà urbana come "deserto decadente dell'asfalto", dalla trasfigurazione e idealizzazione romantica o tardoromantica del medioevo alla neo-religiosità, dal biologismo e dal socialdarwinismo fino alle correnti antisemite, da Nietzsche alla filosofia della vita e all'esistenzialismo.


Quest'area ideologica aveva anche sviluppato una specifica critica del denaro, non certo derivandola dalla critica dell'economia politica e quindi della forma-merce o del lavoro astratto, ma da una critica incoerente e irrazionalistica dell'intelletto urbano, "calcolatore", "interessato", "non-eroico", "ebreo", "ostile alla vita" oppure "astratto", cui si attribuiva la colpa dell'autonomizzazione e della potenza desoggettivante del denaro. La critica del denaro poteva così apparire come parte di una critica della scienza e della civilizzazione moderne in quanto tali. Allo stesso tempo, essa era destinata a rimanere senza conseguenze, slittando verso il pessimismo culturale e la disperazione, nella misura in cui il denaro come determinazione formale sociale non veniva attaccato come tale, ma solo per l'importanza "inappropriata" e ipertrofica assunta nell'epoca moderna che "dà al denaro più di quanto è del denaro". Questa critica del denaro, reazionaria nel suo nucleo, in quanto critica della "cultura moderna" condotta dal punto di vista della natura puramente ideologico, non poteva nemmeno sfiorare il superamento effettivo del denaro, pensabile solo come momento del superamento del lavoro astratto e quindi della forma-merce in quanto tale. Questa critica rimaneva del tutto compatibile con il nucleo della determinazione formale sociale e quindi anche con la forma fenomenica del denaro, dislocandosi sul terreno innocuo e senza conseguenze di una critica ontologica della cultura.

13 commenti:

  1. Ma il brano in apertura e' sempre del kurtz?

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    1. La ragione per cui ho chiesto se era del kurtz, era perchè il brano in apertura, appariva scritto in corsivo e ora non piu'. Allora è farina del suo sacco? GRazie per la risposta e saluti.

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    2. è grazie a te che ho mutato stile carattere
      ciao

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  2. Cara Olympe,
    visto che siamo in argomento,mi permetto di segnalarti un pezzo di Mariano Tomatis sulle scienze Naturali e sul loro uso..e sul problema mai risolto della cosiddetta neutralita'.
    Il pezzo puo'essere letto sul blog dei Wu Ming ,Giap.
    A mio modesto avviso,qualsiasi fenomeno o novita',puo'essere letto e interpretato dal punto di vista della classe,sgombera il campo da tanti problemi,o paturnie "culturali" da "mode" ect,ect
    Mi scuso per il disturbo...

    caino


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  3. Curioso, attendo domani sperando che le critiche siano "costruttive", perché da quel poco che di Dio ho letto, Kurz è un grande.

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    1. salendo sulle spalle di marx non è difficile sembrare dei giganti

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  4. [di Dio non c'entra niente, errore di battitura tastiera telefono]

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  5. purtroppo robert kurz é morto ormai da tre anni. sulla sua scia, per cosí dire, consiglio, per chi non li conosce e a chi li conosce chiedo scusa, il canadese moshe postone e i tedeschi ernst lohoff e norbert trenkle, pur non sapendo se vengono tradotti in italiano (sarebbe comunque ora).
    franco valdes piccolo proletario di provincia

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  6. i pessimisti filosofici (Schopenauer, Leopardi, Nietzsche) me li leggo e a volte godo. Ahi voglia a dargli dell' irrazionalista a Nietzsche!
    non so dove andrà a parare Kurtz, di cui conosco solo le cose che girano in rete e sono un pò poco, ma mi pare abbia il vezzo di pigliarla alla larga senza poi fare centro

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  7. A proposito del suo personale intro, mi piace ricordare cosa scrisse un certo Peppino Impastato in un appunto datato 16 gennaio 1972: "il comunismo non è oggetto di libera scelta individuale, nè vocazione artistica; è una necessità materiale e psicologica"
    Peccato che la vita e il pensiero di questo militante comunista rivoluzionario, come si ostinano a definirlo i suoi vecchi compagni di lotta, siano stati "violentati" da chi ha deciso di ridurli ai più innocui e pacificati stereotipi dell'antimafia. Ora la figura di Peppino se la possono rivendicare tutti, pure Renzi! Vomito

    Giulia

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    1. com'è vero, purtroppo
      quando non possono esorcizzarli ne fanno dei santini

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