martedì 25 agosto 2015

Dai francobolli ai derivati


Ogni qualvolta crollano gli indici borsistici, dopo essere stati gonfiati a dismisura per mesi e anzi per anni, scoppia il panico. Per rappresentarci la situazione, i giornali pubblicano foto di operatori di borsa disperati, stralunati, increduli e perfino a mani giunte invocanti un miracolo. Eppure se sono molti a perdere interessi e capitale, altri hanno guadagnato assai. Dove sono finiti dunque quei soldi? A chi dovesse rispondere esattamente invierò in premio due caramelle alla menta da ciucciare lentamente.

 Ciò che meraviglia è questa messa in scena della meraviglia stessa, lo stupore come fossimo di fronte a un fenomeno imprevisto e imprevedibile. Eppure la Borsa, nella sua essenza, funziona come una catena di sant’Antonio. Se poi vi stanno in culo i santi basta richiamare lo schema Ponzi. Questi, italiano trasferitosi in America, aveva cominciato le sue operazioni sfruttando i tassi di cambio. Non delle monete ma sul prezzo dei francobolli! Un geniale mascalzone, senz’altro. Se poi avete inclinazioni anglofone, potete chiamarlo schema Madoff. In buona sostanza si tratta della stessa puzza: francobolli, bulbi di tulipano, azioni e obbligazioni. Quello che conta non è il valore, ma il prezzo.

La pseudo-scienza economica, accademica e pubblicistica, non ha alcun interesse a fare chiarezza tra questi due concetti, valore e prezzo, e la loro concreta formazione e dinamica, del resto come per tutte le altre categorie economiche. Non è casuale che vi sia più chiarezza e trasparenza nella cabala che nell’economia.



C’è sempre qualcuno, interessato o in buona fede (?), disposto a giurare che no, la Borsa funziona diversamente, i suoi scopi sono diversi da quelli della mera speculazione, nobili e trasparenti. Lasciamoglielo credere. I piccoli investitori cinesi, indebitati, hanno finto di crederci per un bel po’.

Il panico globale, come nel giochino Ponzi, ha spazzato via oltre un trilione di dollari nei soli Stati Uniti, frantumando l’idea che le economie mondiali fossero in ripresa economica. E però stavolta a far saltare il tappo non sono più i derivati americani, ma il rallentamento della crescita economica in Cina, il crollo dei mercati finanziari e delle valute nei cosiddetti mercati emergenti, il continuo calo del prezzo del petrolio e di altre materie prime.

Il crollo dei prezzi azionari è espressione non solo della contingenza, non solo dell'incapacità e impossibilità dei governi e delle banche centrali di affrontare la situazione, come già si è visto troppe volte e da ultimo con il crollo di Wall Street e la recessione del 2008-2009, ma delle contraddizioni fondamentali del sistema capitalista.

Sta volgendo al termine un periodo aureo per i pescecani, il periodo in cui massicce infusioni di contante da parte delle banche centrali nei mercati finanziari, in combinazione con un assalto spietato agli standard di vita della classe operaia internazionale, ha prodotto un boom dei prezzi delle azioni, dei profitti delle imprese e della ricchezza della aristocrazia finanziaria pur in presenza di un marcato ristagno dell'economia reale.

Non è per nulla strano che alcun giornale italiano abbia ripreso un articolo pubblicato domenica nel New York Times: Investorsrace to escape risk in global bonds. Esso fa luce su un importante aspetto della crisi dei mercati d’illusioni mondiali, spiega che alcuni dei più grandi fondi comuni di investimento con sede negli Stati Uniti, tra cui BlackRock, Franklin Templeton e Total Return di Pimco, hanno massicciamente investito in titoli di Stato dei paesi emergenti il cui prezzo è ora crollato.

L'articolo (da leggere tutto!), posto che questi fondi hanno investito ingenti somme in una vasta gamma di obbligazioni rischiose ad alto rendimento (dalla Mongolia al Brasile) che non sono facili da rivendere in una situazione di crollo, paventa la possibilità molto reale che uno o più di queste grandi società di speculazione potrebbe finire in bancarotta se da parte dei loro clienti-investitori fosse richiesto il rientro del denaro (come sta già avvenendo) nel timore di non essere rimborsati. Un tale evento sarebbe paragonabile, se non peggio, al crollo di Lehman Brothers nel 2008.


E non si tratta dunque di una delle tante varianti dello schema Ponzi o comunque si voglia chiamare? Non si tratta dunque di un sistema che ha smantellato la propria struttura produttiva nei paesi di più antico sviluppo capitalistico per buttarsi nella speculazione pura? Ne leggeremo e sentiremo di belle, non appena gli esperti si toglieranno le infradito e metteranno la cravatta, comprese quella evergreen che i salari sono ancora troppo alti.

8 commenti:

  1. la vita è un inutile spreco di soldi.
    buon giorno, chief!

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  2. poiche' la "bolla del credito" non potra' che esplodere ( "more solito" in una guerra , temo :-( ) il quesito interessante di questa "crisi cinese" e' se essa sia controllata o meno, cioe' se essa segnali una mossa del governo cinese ( questo ircocefalo "capital-comunista" :-) ) o una sua perdita controllo .

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    1. Increddibbbile...ma vero!

      Il controllo di un'economia capitalista, di per sè anarchica e distruttiva, funziona in relazione al potere di scaricare tutte le perdite e i danni sul popolo. Inutile illudersi che crollerà da sola sino a quando non troverà un limite nella resistenza o ribellione delle classi subalterne.

      Così con i bond. Fino a quando potranno farseli pagare con porti, areoporti,sanità, ferrovie, scuole, partenoni del caso, e nel nostro colossei...che problema c'è? Solo quello di mettere uno tsipras o un renzi al posto giusto, e avere il dominio dell'informazione.

      I guadagni in borsa, come accenna Olympe a proposito dei derivati, si fanno sia che la borsa salga sia che la borsa scenda. Ed è ormai tecnicamente possibile e prassi normale, che in queste scommesse sui rialzi o ribassi sia sufficiente investire il 2% del controvalore delle azioni su cui si punta per avere come guadagno tutto il margine di rialzo o ribasso,
      Es. Per comprare o vendere un'azione del valore di 10 EU io devo anticipare solo 0,2 Eu. Ma se la compro e sale del 2% posso rivenderla intascando tutto il rialzo, cioè il 2% del suo valore, cioè 0,2 Eu, cioè il 100% del mio investimento.
      Lo stesso se la vendo e lei scende del 2%.
      Si può ben capire adesso perchè quello che importa attualmente nel gioco della finanza sono principalmente le oscillazioni dei prezzi delle azioni, non più solamente la loro crescita.
      Tornando all'esempio: con oscillazioni in giù del circa 6%, come ieri, chi ha venduto un'azione del prezzo di 10 Eu, anticipando solo 0,2 Eu, ne ha intascati 0,6, cioè ha guadagnato il 300%.
      Champagne e yatch a fiumi.

      E oggi si replica, comprando invece di vendere, e con quasi il 5% attuale di risalita lascio a voi il divertimento di fare i conti di quanto avreste guadagnato anche con solo 1.000 eu.
      Per farvi rodere ancora un po' di più, aggiungerei che in una giornata come oggi in cui l'indice della borsa si muove quasi del 5% un titolo del cazzo come digital bros sta salendo di più del 16%. Se io l'avessi comprato anticipando il 2%, i miei 1.000 eu sarebbero adesso 8.000, e al tavolo dell'happy hour avrei fatto un figurone con gli amici pagando per tutti :)


      Il primo market mover è la borsa di ny. la più grande, seguita da quella di londra, sempre ben allineata e in sintonia, e poi da quella di tokio, che spesso è il servo sciocco delle prime due.

      Per cui movimento, oscillazioni!
      Spariamo titoloni nei nostri giornali economici, tv e radio, su crisi esplosive o su riprese ormai avviate, il costo dei giornalisti, a fronte di questi guadagni, è quello della mancia ai camerieri.
      Ciao, g.

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    2. sui calcoli percentuali che hai fatto non metterei per nulla la mano sul fuoco, ad ogni modo ti sei meritato lo stesso due menta da ciucciare. ciao

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    3. per farla più chiara nei calcoli sostituire i 10 eu con 100 eu così il calcolo percentuale del 2% e seguenti diventano più leggibili
      inizio a ciucciare, ciao

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    4. Ah sì.
      nella frase " ha guadagnato il 300%" mi è scappato guadagnato al posto di realizzato ( la cifra accreditata sul conto al momento della chiusura della mia operazione di acquisto /vendita)

      Per completezza e usando questa volta 100 al posto di 10:

      poichè con 2 eu (solo il 2%) compro/vendo i diritti sulle variazioni di prezzo di un'azione del prezzo di 100 eu, se faccio un'operazione di acquisto, e quando l'azione sale del 6% ( cioè arriva al prezzo di 106), la vendo, a me spetta tutta la differenza fra il prezzo iniziale di 100 eu e quello raggiunto di 106 ( = 6 eu)

      il guadagno è quindi pari a
      6 realizzati (6% rialzo borsa) - 2 investiti ( 2% anticipato) = 4

      4 guadagnati su 2 investiti, è pari ad un guadagno del 200% il doppio di quanto ci ho messo.


      quindi se avessi investito (per chi non è market mover è più corretto dire scommesso) i soliti miei
      1.000 eu, cioè avessi comprato 500 azioni ( 1,000 eu : 2eu = 500 azioni ) avrei realizzato 3,000 eu (ogni azione sale di 6 eu x 500azioni = 3.000 eu)
      e guadagnati 2.000 ( i 3.000 accreditati sul conto a fine operazione ai quali per calcolare il profitto devo togliere 1.000 da me messi)

      Tutta questa operazione si può fare al contrario, cioè non acquistare ma vendere, e scommettere sulla discesa di un'azione, ma voglio evitare di peggiorarti l'emicrania con un altro esempio.

      Vorrei invece evidenziare la follia che permette di comprare/vendere i diritti sulle variazione dei prezzi solo al 2% del controvalore di mercato di un'azione.
      In questo esempio significa che se con 1.000 eu compro i diritti su 500 azioni ( a me un'azione da 100 costa 2, quindi 1.000 : 2 = 500 ), significa che con 1.000 eu sto muovendo un controvalore di mercato di 50.000 eu (500 azioni X 100 di valore di mercato di ciascuna = 50.000 eu).
      In pratica con mille ho i diritti sulle variazioni di prezzo su un controvalore azionario 50 volte tanto il mio capitale.
      Fai un po' le proporzioni con finanziarie e banche che muovono milioni e miliardi...ed eccoti spiegata un'altra ragione dell'ampiezza sempre più esagerata delle oscillazioni dei prezzi in borsa.

      tutto con pochi click - un miscuglio di informatica e formule matematiche - magie dei soldi come scriveva il nostro.

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  3. In realtà secondo me gli economisti odierni la fanno semplice, valore e prezzo sono la stessa cosa, valore d'uso e valore di scambio non sono in contraddizione, etc. etc.
    Da ridere, secondo me, l'esempio di Jevons (che credo piaccia ai moderni economisti) che dovrebbe smentire la teoria del valore di Marx, riassunto:
    un pescatore si tuffa in mare, e può tornare a galla portando con sé o perle o sassolini; la quantità e la qualità del lavoro svolto sono identici, dunque il prezzo dei due beni dovrebbe essere identico; ma sappiamo invece che il prezzo a cui può vendere i due tipi di beni sarà nettamente diverso, perché conta l’utilità che essi apportano più la scarsità. Un sostenitore della teoria del valore-lavoro dovrebbe ammettere che, se raccoglie sassi, il lavoro non genera valore.
    Non so se qualcuno vede il ridicolo di questo tipo di argomentazioni (e tanto per dire, la scarsità stessa è legata al lavoro, poi raccogliere sassolini che non servono a nulla e che chiunque può raccogliere o invece delle perle, e con lo stesso tempo di lavoro necessario poi, è un non-senso, il genio economista non ci ha pensato), però queste sono delle argomentazioni che fanno subito presa e che per chi è un pò pigro fanno sì che gli scritti di Marx vengano buttati direttamente in discarica, che in fondo poi sono troppo complicati, come dice Piketty. Uno che però non ha letto Marx, ma questi sono inutili dettagli da radical-chic da salotto.
    Saluti.
    P.S.: in realtà immagino che le argomentazioni alla Jevons indichino un'assenza di lettura di Marx, dato che ad esempio appena all'inizio del I libro del Capitale Marx dice:
    "..E, infine, nessuna cosa può essere valore, senza essere oggetto d'uso. Se è inutile, anche il lavoro contenuto in essa è inutile, non conta come lavoro e non costituisce quindi valore".
    Saluti,
    Carlo.

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    1. si possono raccogliere sassi con i quali poi costruirci qualcosa. si possono anche acquistare libri, come quello di Jevons, che non insegnano nulla, ma essi devono avere la forma di libri, cioè di oggetti d'uso.

      produce valore solo il lavoro che si scambia con capitale, e ciò prescinde dall'uso che viene fatto dell'oggetto d'uso (l'acquirente può, una volta acquistato l'oggetto d'uso, gettarlo in fondo al mare).
      Bravo Carlo, ciao.

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