mercoledì 8 luglio 2015

Il Capitale di Marx? Una mostruosa cazzata


Quello che segue è un breve post un po’ “filosofico” preceduto da due concise considerazioni. Dopo tre post sulla crisi ellenica e il terzo temporale della giornata avevo bisogno di aprire le finestre su qualcosa di meno monotono.

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Abbiamo rinunciato a vivere per assicurare la sopravvivenza ad un’economia di rapina gestita da un’oligarchia finanziaria che oggi ci lascia due possibilità: la follia di distruggerci o la decisione di ricrearci.
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Se le contraddizioni eliminate con la fantasia non esistessero, non esisterebbero neanche le crisi. La crisi esiste perché esistono quelle contraddizioni.

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I più domestici economisti borghesi sostengono che Il Capitale di Marx è superato in quanto analisi di un “capitale” particolare ed attualmente inesistente, quello dell’Ottocento.

Per completezza bisogna anche dire che non sono pochi quelli che affermano con sicumera che Marx sarebbe stato superato dagli avvenimenti storici. E per superamento essi intendono, battendo la briscola sul tavolo, l’esempio del cosiddetto socialismo reale e dei suoi ingredienti. Di questi fossili del “fallimento” non è ragionevole occuparsi ora, s’incaricherà la storia con acconcia postilla.



Ieri osservavo a tale riguardo: la forma particolare e storico congiunturale entro cui operano le leggi fondamentali del modo di produzione capitalistico si modifica certamente, ma non si modificano le leggi stesse, in qualsiasi stadio dello sviluppo capitalistico esse operino.

In altri termini è necessario ribadire come Il Capitale, in quanto analisi dell’economia capitalistica, sia tutt’altro che superato e resti anzi l’unica base scientifica per analizzare e comprendere l’attuale società.

Dunque le analisi degli economisti borghesi non sono scientifiche? Esse possono corroborarsi di tabelle statistiche, di grafici e di complicati tecnicismi anglosassoni, farsi le seghe con ogni fatto e misfatto empirico, ma non vanno oltre una congerie fantasmagorica di dati e non riescono a dar conto del modo di produzione capitalistico in generale, delle sue leggi e delle sue tendenze, per non dire delle cause della crisi (*).

Il metodo scientifico per indagare a fondo sui fenomeni, si avvale di modelli teorici (concreto del pensiero) che, sebbene concepiti sull’osservazione empirica della realtà (concreto sensibile), riflesso approssimativamente esatto di questa, non sono affatto la realtà stessa, bensì la ricostruzione nel pensiero di essa.

Pertanto, la sostanziale differenza tra il metodo empirico d’indagine dei fenomeni e il metodo scientifico, risiede nel fatto che quest’ultimo, superando le forme particolari con le quali il fenomeno si presenta alla percezione spontanea, studia il sistema di relazioni interne ed esterne che stanno alla base della sua genesi e del suo sviluppo.

Per indagare oltre l’apparenza si avvale appunto di un modello teorico, di un sistema di concetti, mediante il quale formula ipotesi, sulla base delle leggi di movimento che regolano la natura del fenomeno, e successivamente le verifica ricercandone il riscontro o il contraddittorio nella prassi (**).

Ora, il metodo usato da Marx ne Il Capitale, si è valso di un'indagine che, raccolto e fatto proprio nei particolari il materiale preesistente, lo ha analizzato nelle sue diverse forme di sviluppo per coglierne l’interna connessione e, successivamente, esporne in chiave critica un modello teorico che rappresentasse adeguatamente il movimento reale dell’economia capitalistica.

Pertanto Marx non ci ha lasciato una teoria sul funzionamento del capitale nella società borghese di un dato periodo storico, bensì ha esposto la struttura e il funzionamento complessivo del modo di produzione capitalistico, ricondotto a modello teorico ideale, intendendo per “ideale” la traduzione e il trasferimento nella mente umana del fattore materiale.

Per tali motivi, oltre che per il riscontro oggettivo della realtà, le leggi fondamentali e storiche del modo di produzione capitalistico sono e rimangono leggi valide anche a distanza di più di un secolo da Il Capitale.

Chiarito questo punto, va rilevato come il metodo adottato da Marx gli consentisse le più ardite operazioni di pensiero, cioè di spingersi per via analitica fino agli estremi limiti del modo di produzione capitalistico, di simulare concettualmente, secondo procedure dialettiche (logiche e/o matematiche), il movimento intrinsecamente contraddittorio delle leggi generali del divenire capitalistico per carpire al futuro la loro forma divenuta (***).

(*) Se pensiamo che l’economia politica ha sino a questo momento cercato a tentoni di formulare la differenza fra capitale costante e capitale variabile senza riuscirvi con precisione, che non ha mai fatto distinzione fra plusvalore e profitto, né ha mai spiegato cos’è il profitto puro separato dai vari elementi che lo costituiscono che sono resi reciprocamente indipendenti, che dunque l’economia politica borghese non ha mai fatto un’analisi esauriente delle differenze nella composizione organica del capitale e ancor meno nella formazione del saggio generale del profitto, allora non deve meravigliare che essa non sia mai riuscita a trovare soluzione alla tendenza progressiva della diminuzione del saggio generale del profitto e farnetichi cose assurde in merito alle crisi.

(**) La legge non descrive il movimento della realtà immediata, ma piuttosto cerca di coglierne, oltre le forme, la sua “bronzea” necessità. Così come i “concetti” e le “categorie”, anche la legge è reale in senso mediato, e cioè riflette mediamente la realtà oggettiva. Un modello teorico riflette anch’esso solo in senso mediato il suo oggetto reale. Si chiedeva ironicamente Engels: “Forse la feudalità è stata mai corrispondente al suo concetto?”.

Per legge generale di un fenomeno s’intende la sua contraddizione principale espressa in categorie (ad esempio economiche: valore d’uso e valore di scambio; o fisiche: attrazione e repulsione) o simboli (ad esempio matematici) tra loro connessi secondo procedure logiche (o matematiche) materialistiche e dialettiche che ne spieghino il processo reale. Per analisi della tendenza – espressione peculiare della legge – s’intende lo studio simulato della contraddizione principale come processo, e cioè la sua dialettica quantitativa e qualitativa, nei suoi diversi stadi: dall’inizio alla fine.

(***) Forma divenuta non è semplicemente, come potrebbe apparire, la piena maturità della tendenza, bensì il suo rovesciamento dialettico, il suo esser divenuta, a causa delle sue contraddizioni, qualcosa d’altro.

6 commenti:

  1. Perfetto. Promossa.Saluti rossi.

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  2. In realtà ci sono fior di critiche alla teoria del valore di Marx, discrepanze che Marx stesso non era riuscito a risolvere fino in fondo (ed è per questo che gli ultimi due volumi del Capitale sono usciti postumi sulla base delle ricostruzioni di Engels). E' un argomento complesso, impossibile da trattare in un semplice post. Il fatto è che no, Il Capitale di Marx non è una cazzata, ma un'opera dell'ingegno umano con dei suoi propri limiti intrinseci. Non è una cazzata e non è un testo sacro. E', come tutte le cose umane, una via di mezzo.
    Sarebbe bello, a questo punto della storia umana, che il Capitale avesse tutte le risposte, tipo l'I Ching, ma chi le cercasse rischierebbe di rimanere deluso.
    Altra cosa è vedere il capitalismo avvitarsi su se stesso per i propri limiti intrinseci. Ma la soluzione al superamento di questa forma di produzione (ma si può ancora parlare di produzione e basta?) è ancora lontana.

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  3. "Ogni grande scoperta è utile solo se quello che la nuova legge riesce a prevedere supera le informazioni utilizzate." P. Feynman

    Mi piace questa definizione e mi pare si adatti a Marx.
    Una buona giornata, nonostante il caldo, ciao,g

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  4. Quello che asserisce Feynman vale per teorie vere ma incomplete. La diagnosi che da Marx del capitalismo è completa invece. Il capitalismo è sempre se stesso, ma lo è sempre in modo diverso: è un organismo vivente. Ma vivere significa morire. Feynmam fa l'eco a Popper, è evidente. Saluti rossi.

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  5. E' vero che Feynman, occupandosi di fisica, tratta teorie vere ma incomplete, ma nello specifico della proposizione riportata si riferisce più in generale al metodo della scienza e al suo riscontro empirico.
    Il fatto che Marx, partendo da informazioni e analisi già note all'economia classica, abbia scoperto delle leggi che superano la massa di informazioni e analisi disponibili, arrivando a prevedere le dinamiche interne di sviluppo del capitalismo, verificate poi nella pratica, mi pare che lo accrediti a pieno titolo nella sfera della scienza anche secondo la definizione che ne dà un fisico matematico.
    Non vedo proprio, invece, restando alla proposizione citata, echi di popper.
    D'accordissimo su quello che dici della completezza di Marx.
    Ciao anonimo, buona domenica a te e a Olympe.g

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