mercoledì 4 marzo 2015

Storia di un amore


Ci si può innamorare di un eunuco? Eccome, anche a una donna può capitare. Si può avere un’attrazione sensuale per chiunque, perfino per un personaggio mitologico (vedi Teresa d'Ávila), tanto meglio se è per un eunuco in carne e ossa, pur sprovvisto del corredo completo. E di una storia d’innamoramento tra una giovane donna e un eunuco, con epilogo singolare, dirò tra poco, dopo qualche riga su un interessante libretto, curato da Alessandra Brezzi, Note per un dono segreto, il viaggio in Italia di Shan Shili, che offre le impressioni di prima mano della moglie di uno dei primi diplomatici cinesi, Qian Xun.



L’invio di diplomatici all’estero si deve alle aperture verso l’occidente intervenute dopo il colpo di Stato (1861) di quella che sarà poi nota come l’imperatrice Cixi (1835-1908), ossia di colei che s’innamora del Piccolo An, un eunuco del suo harem. Il diario di viaggio di Shan Shili, scritto nella prima decade del Novecento, è assai diverso dai lavori di altri personaggi cinesi coevi, poiché i suoi commenti personali sono assai rari e il racconto è rivolto più a spiegare la grammatica culturale storico-artistica dell’occidente che a rendere conto delle suggestioni provocate dal contatto con un mondo in gran parte alieno.

Essa dimorò a Roma, tra il 1908 e il 1909, in via Palestro 32, presso l’allora Legazione di Cina, e si mosse alla scoperta dei tesori artistici e architettonici della neo-capitale italiana con uno spirito curioso e intraprendente. Curioso il modo in cui tratta la vicenda dei rapporti tra Napoleone e papa Pio VII, ossia del rapporto tra potere statale e religione, laddove dal suo punto di vista è irragionevole che un sacerdote s’impicci di questioni che non dovrebbero riguardarlo:

Di fronte vi è la tomba di Pio VII [chiaro che sta parlando del monumento funebre presente nella Basilica di san Pietro], il Papa che incoronò Napoleone, e che successivamente, non volendo rinunciare al potere politico, fu imprigionato da questi nel palazzo Fontainebleau a Parigi. Ho visitato il palazzo e ho visitato le numerose stanze dove fu rinchiuso […]. La lunga prigionia durò sette anni e, appena uscito, ricostruì la congregazione dei Gesuiti; si può ben immaginare quale fosse la sua indole!

Ed infatti l’Autrice del volumetto così commenta:

I suoi giudizi sull’operato del Papa, o sui comportamenti dei gesuiti in Cina e in Europa, sono sciabole affilate che feriscono il nemico e che trapelano di tanto in tanto tra le pagine dell’opera.

Peccato però che dell’opera siano riportati e tradotti solo alcuni brani. E veniamo a Cixi e al suo eunuco, così come la vicenda si racconta in un libro recentissimo di Jung Chang.

Bisogna anzitutto tener presente che le concubine dell’harem della Città proibita, qualunque fosse il loro grado e titolo, compreso quello di moglie dell’imperatore, non venivano mai in contatto, salvo in rarissime circostanze, con persone di sesso maschile che non fossero gli eunuchi del complesso residenziale. Quando morì l’imperatore Xianfeng (1860), Cixi non era la moglie dell’imperatore, ma una sua concubina. La moglie dell’imperatore si chiamava Zhen, e però Cixi aveva dato un erede maschio al monarca, ed era dunque questo bambino l’imperatore che succedeva al padre defunto e che raggiunta una certa età avrebbe assunto il potere. Nel frattempo la gestione in suo nome fu affidata a otto dignitari di corte.

Benché Cixi fosse la madre naturale del nuovo imperatore, essendo però una concubina non era riconosciuta come la madre ufficiale (nominalmente la madre del bambino era l’imperatrice Zhen), e dunque Cixi non aveva né alcun titolo e alcun potere politico. Contrariamente a una certa cinematografia, nella tradizione cinese, salvo delle eccezioni molto remote, la donne non potevano assumere il potere politico ed era impensabile potessero avere voce negli affari di Stato.
Sennonché l’imperatrice vedova Zhen e la concubina Cixi, contrarie alla politica perseguita dal defunto imperatore e fatta propria dai reggenti, strinsero un’alleanza politica e organizzarono un colpo di Stato con l’aiuto di un paio di principi, fratelli del defunto imperatore e anch’essi favorevoli ad un accordo con gli occidentali. Il putsch ebbe successo, il potere ufficiale restava prerogativa dell’imperatore bambino, ma fino alla sua maggiore età sarebbe stato d’ora innanzi gestito, col consenso dell’imperatrice Zhen e in accordo con i due principi, personalmente da Cixi, la quale aveva dimostrato la propria attitudine al comando e una visione politica non comune.  Anch’essa assunse il titolo di imperatrice vedova o vedova imperatrice (titoli intercambiabili).

Pur con tutti i piccoli comfort disponibili, la vita di corte dev’essere stata assai noiosa, specie per delle donne segregate a vita tra le mura della Città proibita, e in particolar modo se si doveva osservare per molti anni un lutto molto stretto. L’imperatrice vedova cominciò ad invaghirsi di un suo eunuco che, come detto, si chiamava Piccolo An. Come in ogni storia di questo tipo, viene raccontato che il Piccolo An era bello e sensibile, e ci posiamo senz’altro credere. Tutti sapevano che era il favorito, e anzi i sentimenti di Cixi travalicavano il semplice benvolere di una padrona per un servitore. I cortigiani nel 1869 s’accorsero del languore che struggeva Cixi e del fatto che essa non attendesse come prima agli affari di Stato. Un comportamento che lasciava intuire “una condiscendenza verso la ricerca dei piaceri”. E ciò, in un sistema rigidamente maschilista come quello, non poteva essere tollerato, nemmeno se l’interessata era l’imperatrice.

Gli eunuchi, tutti provenienti da famiglie molto povere, da bambini venivano condotti da un castratore specializzato, lo scopo era quello di farli entrare, dopo un intervento che non di rado si concludeva con la morte dello sventurato, come eunuchi presso la corte imperiale dove si sarebbero guadagnati più facilmente di che sopravvivere. L’intervento era peraltro molto costoso, tanto che servivano poi anni di servizio per ripagare il castratore specializzato. Per tale motivo la dolorosissima operazione veniva effettuata talvolta dagli stessi padri sui figli. A causa della menomazione soffrivano di incontinenza, la quale s’aggravava con l’età, ed erano costretti perciò a portare sempre pannolini.

Gli eunuchi erano considerati con sommo disprezzo da tutti, salvo dalle donne di corte che vivevano in contatto con loro. Rarissimi i casi in cui potevano uscire dalla Città proibita, e le punizioni subite potevano travalicare i procedimenti legali stabiliti, e bastava un nonnulla perché l’imperatore li facesse mettere a morte. Qianlong (1711-‘79) disse che “nessuno è più meschino e abietto di questi stupidi contadini”. Questo in sintesi il quadro generale della loro situazione.

Dovendosi predisporre gli abiti nuziali per Tongzhi, l’imperatore figlio di Cixi, il quale aveva raggiunto l’età di tredici anni, vennero incaricate le sartorie reali di Suzhou, ameno e rinomato centro serico non lontano da Shangai. Cixi pensò d’inviare il Piccolo An a sovraintendere alla confezione degli abiti, non perché ciò effettivamente servisse, poiché c’era già chi se ne occupava, ma per gratificare il suo innamorato con l’eccitazione di un viaggio. L’eunuco, con alcuni suoi famigliari e altri eunuchi che lo accompagnavano, avrebbe viaggiato lungo il Grande Canale e poteva addirittura festeggiare l’imminente capodanno a bordo dell’imbarcazione.

La cosa destò grande scandalo e unanime riprovazione nell’establishment cinese, tanto che quando l’imbarcazione arrivò a Shandong, il governatore Ding Baozhen, strenuo fautore della tradizione e delle norme consolidate, fece arrestare il Piccolo An e i suoi accompagnatori. Il governatore inviò un rapporto presso gli alti dignitari di Pechino segnalando la faccenda. Quando il rapporto venne letto dal rigido precettore dell’imperatore, contrario alle aperture in atto in quel frangente, questi esclamò: “Che soddisfazione! Che soddisfazione!”.  Tutti i funzionari di rango affermarono che il Piccolo An meritava la condanna a morte, sostenendo che aveva infranto alcune regole fondamentali.

Invero il Piccolo An non aveva infranto alcuna regola di sua sponte, egli aveva obbedito a un ordine dell’imperatrice vedova Cixi, perciò in tale presa di posizione vi è da rintracciare una motivazione politica che ha trovato un discutibile (per noi) pretesto per agire. Intanto Cixi, essendo parte in causa, si mosse tramite l’imperatrice Zhen, per far annullare il decreto di condanna capitale per il suo eunuco. Nulla valse però a far desistere il principe Chun, suo cognato, e gli altri dignitari, ostinati a far eseguire la condanna. E dire che Chun era stato il principe che prese parte al colpo di Stato che diede il potere a Cixi.

Cixi riuscì a trattenere il decreto di condanna a morte per un paio di giorni, sperando che qualcosa si smuovesse, ma vi si oppose un muro di assoluto silenzio. Fu pertanto costretta ad emanare il decreto. Il Piccolo An venne decapitato, assieme a sei eunuchi che l’accompagnavano nel viaggio, sua sorella e sua nipote con alcune musiciste furono esiliati come schiavi per le guardie di frontiera. Il cadavere del Piccolo An fu esposto per giorni nel luogo dell’esecuzione di modo che la gente vedesse che non aveva organi sessuali, in modo che il sospetto diffusosi, ossia che fosse l’amante dell’imperatrice, venisse a cadere.

Cixi cadde per un lungo periodo in uno stato di prostrazione e di quello che oggi potremmo comunemente chiamare esaurimento nervoso. Il principe Chun e altri maggiorenti, come scrive l’Autrice, “non si limitarono a uccidere l’amante di Cixi, bensì la misero in guardia su alcuni cambiamenti allarmanti che stava introducendo”. A me pare chiaro che nell’establishment vi fossero due fazioni, una favorevole agli accordi commerciali con l’occidente, e l’altra contraria. Quella favorevole prese il sopravvento e attuò le riforme che ritenne necessarie, mentre quella contraria alle aperture si astenne dal reagire perché ciò portava indiscutibilmente grandi vantaggi doganali ed economici, e tuttavia entrambe le fazioni non erano disposte ad andare oltre certe concessioni. E difatti, il processo di modernizzazione e apertura della Cina fu in massima parte sospeso.


Sui motivi adotti dall’establishment cinese per non mandare oltre la modernizzazione della Cina, ve ne’è uno, di primario rilievo, che riguarda l’impatto ambientale che avrebbe avuto l’industrializzazione sull’ambiente e il paesaggio. Questi maggiorenti erano senz’altro personaggi crudeli, ma avevano una spiccata sensibilità verso la natura (e la poesia), una sensibilità che gli occidentali in generale hanno poco, e che gli italiani in particolare hanno perduto totalmente o fraintendono con altro.

2 commenti:

  1. Sono contento che hai letto, e citato anche nel post precedente, il libro su Cixi che ha tradotto la mia compagna...così...casualità e piccoli piaceri. Sono lontano dalla civiltà, e solo scendendo saltuariamente in città ho accesso a internet per leggerti sempre più con ammirato stupore. un saluto g

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    1. ah, Elisabetta è la tua compagna! chissà quali conversazioni interessanti tra voi due. fuori dal mondo? da questo mondo! anch'io per quanto mi riesce, da sempre direi. un abbraccio

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