venerdì 6 marzo 2015

Né la Bibbia e né il Corano


Quando s’abbattono le statue di Akhenaton, quelle degli imperatori romani, oggi quelle di Lenin e di Saddam, lo scopo non è solo quello di rimuovere i simboli del passato regime. La distruzione delle immagini, o il rogo di libri, rientra nella lotta per l’informazione. Il silenzio è la condanna all’oblio.

I simboli e i testi di una data cultura sono la materializzazione di un sistema di comunicazione che svolge una determinata funzione di orientamento sociale. Selezionare immagini e testi che possono essere ricordati e quelli che devono essere distrutti e dimenticati, ma anche produrre e mettere in circolazione testi disinformati, inquinati e sostitutivi, equivale a controllare il flusso della vita sociale.

Quello della lotta ideologica è un aspetto importate della lotta per il potere e il dominio (*). Spesso, specie in passato, ha assunto le forme della disputa religiosa. Quasi tredici secoli or sono l’imperatore bizantino Leone III Isaurico pubblicò il suo celebre editto contro il culto delle immagini. Tale provvedimento possiamo attribuirlo a una data lettura e interpretazione delle scritture sacre, e tuttavia il suo scopo era anzitutto politico e va dunque inquadrato in quel contesto storico.



Il rapido avanzarsi dell’Islam trovava per motivi sociali e politici grande favore delle popolazioni del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale. L’Islam dal punto di vista squisitamente religioso si presentava come uno schietto monoteismo senza quelle dispute demenziali tra monotelismo e monofisismo, sulla doppia natura di Gesù e sulla Trinità, il culto dei santi. Vero che il culto delle immagini aveva origini antichissime nel cosiddetto paganesimo (salvo che nell’ebraismo), ma con il cristianesimo si era giunti ad adorare non solo le immagini della divinità ma anche a venerare vergini madri di ogni tipo e colore, santi decapitati e martiri arrostiti, reliquie d’ogni sorta. Per avere un’immagine esilarante di questo genere di delirante superstizione, ambientata in giorni a noi vicini, basta leggere l’ultima parte del Il Gattopardo.

Pertanto l’editto di Leone III aveva lo scopo pratico di contrastare l’avanzata degli islamici, e fu semplice trovare nelle scritture e nella summa teologica delle pezze d’appoggio per saldare dottrina e ragion di stato. Chiaro che l’editto, per motivazioni opposte, non fosse gradito e accettato dal Papa di Roma, il quale lo interpretò come una dichiarazione di guerra. Ed infatti anche dagli altri poteri presenti nella penisola fu accolto come l’occasione per affrancarsi da Bisanzio.  E fu guerra tra Occidente e Oriente.

Nulla di nuovo sotto il sole, direbbe Qoelet. Anche oggi la guerra tra Oriente e Occidente si traveste di panni ideologici, da un lato quelli vecchi del fanatismo religioso, dall’altro i nuovi crociati hanno aggiornato i loro simboli e parlano di libertà e democrazia. Tutto sommato la distinzione sta proprio in questo, tra i paesi nei quali le riforme democratiche borghesi sono compiute e quelli in cui non lo sono. E qui si apre il capitolo sulle cause e le responsabilità, ma né la Bibbia e né il Corano c’entrano.



(*) Oggi l’arma brandita dal dominio del capitale è l’informazione avvelenata e la censura. Nulla è più errato del ritenere che la società capitalistica, sempre più informatizzata, non conosca l’oblio. Nella sua determinazione ideologica di classe la nostra società, non solo a livello di senso comune, non comprende i meccanismi della censura, della falsificazione, della rimozione e dell’oblio. Tutto ciò che ci viene proposto dai media è inteso a rafforzare nella coscienza spontanea i programmi di comportamento ritualizzato e riproduttivo dei rapporti sociali capitalistici. Credo di avere offerto in un post di ieri a proposito della questione previdenziale un esempio di come si attua la rimozione dal discorso pubblico di un punto di vista antagonista. Non c’è più traccia nel discorso pubblico per idee di opposizione e di alternativa radicale a questo sistema economico e sociale.


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