giovedì 29 gennaio 2015

Radikalenerlass


Si parla molto della crisi della politica, delle istituzioni, dello scadimento morale e, per tagliar corto, del disagio sociale profondo che ha molti motivi nell’economico ma che la difficile situazione materiale spiega solo in parte. Per quanto riguarda la crisi della politica mi pare evidente che ciò che è venuto maggiormente a mancare nel tempo è il legame con la cultura, e dunque l’influenza del sapere sul potere. Ho già accennato al fatto che non c’è leader politico degli ultimi decenni denotato di una caratura intellettuale tale da essergli riconosciuta unanimemente, e nessuno di loro ha prodotto alcunché di significativo sul piano teorico-scientifico, al massimo ci si occupa di cinema e di vini. E, del resto, di quale cultura stiamo parlando oramai? E, in fondo, a chi interessano queste cose?


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Uno degli aspetti dell’approccio idealistico alla storia è quello di concepirla come una lotta tra bene e male e come se essi fossero sempre netti e contrapposti. Per contro, anche nel caso della storia del Novecento, pur non indulgendo a un tout comprendre et tout pardonner, si tratta invece di analizzarne gli aspetti da un punto di vista obiettivo e non emotivo.

Oggi possiamo parlare della sorte toccata agli Elvezi ad opera di Giulio Cesare con il distacco che ci viene, sia sul piano dei sentimenti personali che su quello della valutazione storica, dal lungo tempo trascorso da quegli eventi. Sarà così in futuro anche per la Shoah? Non credo, poiché a tenere viva la memoria di quegli eventi concorre preponderante un fattore storico-politico che nel caso citato degli Elvezi e così di molti altri, semplicemente non c’è.

E tuttavia non è un caso che già oggi noi vediamo come la celebrazione della Giornata della Memoria sia un fatto prevalentemente retorico, soprattutto presso gli adulti, segno che in generale della Shoah in fondo non importa molto e anche la commozione è più cosa del momento. Già a parlarne due giorni dopo c’è il rischio di richiamo per essere andati “fuori tema”.

Siamo veramente certi che nel nostro odierno atteggiamento, in Europa, nei riguardi degli immigrati non vi sia traccia di quello stesso atteggiamento mostrato verso gli ebrei? O anche solo per riferirci a eventi più recenti e al nostro paese ci ricordiamo di quell’atteggiamento generale che si manifestò, pur in una situazione sociale e politica assai diversa, nei riguardi degli immigrati meridionali?

Furono poche decine di migliaia i tedeschi che presero parte direttamente alla persecuzione antiebraica, mentre tutti gli altri rimasero indifferenti, pur sapendo o sospettando ciò che stava accadendo. E quante e quali voci si levarono in Italia quando furono emanate nel 1938 le leggi razziali, quale posizione ebbe a prendere il mondo della cultura di allora, quello economico, quello cattolico?

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E della persecuzione contro i comunisti o presunti tali, chi se ne ricorda? Non ci fu solo un Berufsverbot nella Germania nazista, c’è un Berufsverbot anche per la Germania democratica, laddove se sei comunista non puoi avere un impiego pubblico, e se ne fottono delle condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo, in tal caso se la cavano con una mancia. E c’è pure un Radikalenerlass, per le idee considerate un po’ troppo radicali.


C’è in internet un brevissimo ma ben documentato saggio scritto dagli studenti di lingua italiana di un liceo svizzero che penso valga la pena di essere letto. È interessante visitare anche il sito del liceo per vedere com’è organizzato. Un’occhiata anche alla voce: liceo pulito.

4 commenti:

  1. la maggior parte rimase indifferente anche durante la rivoluzione bolscevica, no?

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  2. Furono poche decine di migliaia i tedeschi che presero parte direttamente alla persecuzione antiebraica, mentre tutti gli altri rimasero indifferenti, pur sapendo o sospettando ciò che stava accadendo. E quante e quali voci si levarono in Italia quando furono emanate nel 1938 le leggi razziali, quale posizione ebbe a prendere il mondo della cultura di allora, quello economico, quello cattolico?
    Scusi se aggiungo ancora qualche parola alle precedenti, scritte ieri così a braccio (ma non così de panza, alla fine) da contenere, come vede, anche qualche errore di sintassi. L'ipotesi è che quella contro gli ebrei fosse una guerra, anche se condotta con mezzi abbastanza inusuali (ma forse non del tutto inediti), pensati soprattutto per le caratteristiche del popolo ebraico (spiegate fra l'altro, in un suo vecchio post): hanno (o si danno) un'identità forte, ma sono fisicamente dispersi in migliaia di piccole comunità in tutto il mondo. Se questa ipotesi potesse essere dimostrata, renderebbe oziose – mi permetta – le valutazioni su quanti e quali furono i “volenterosi carnefici” di Hitler: furono quanti e quali servivano, con mogli, madri, figli (io riporto sempre tutto alla dimensione “domestica”) che, magari, erano anche contenti perché questi, che erano pur sempre soldati, non erano stati mandati lontano e rischiavano molto meno di chi era al gelo dell'URSS o alla sete dell'Africa. Che abbiano avuto, dopo, difficoltà ad ammetterlo è ripugnante, ma non sorprende: Le ripeto che io sono ancora in attesa della confessione di chi ordinò la strage di Sant'Anna di Stazzema, ho sentito parlare di piloti alleati che non hanno mai ammesso di aver sorvolato Dresda e, se avesse perso la guerra, chissà se il pilota dell'Enola Gay avrebbe avuto un nome e un cognome (magari, per conservargli meglio l'anonimato, non avrebbe avuto un nome nemmeno il suo aereo). Noi persone comuni, è doloroso ammetterlo, non possiamo conservare tutto questo spirito critico, tutta questa autonomia di giudizio proprio perché su di noi, anche senza addentrarci nella psicologia e negli psicologhemi, grava il peso della realtà, delle necessità quotidiane. Quanto agli intellettuali, mi sembra che i luminosi esempi del mondo di oggi chiariscano ogni dubbio: anche allora c'erano carriere universitarie, contratti con gli editori, libri non letti per principio e letteratura di consumo (tanto più in Germania, dove già da un po'... un tedesco filologo, di quelli/ che mostran che il legnaggio e l'idioma/ tedesco e il greco un di' furon fratelli,/anzi un solo principio, e che fu Roma/ germanica città...). Il nodo da sciogliere, per me, è quello della creazione del nemico di allora (perché – anche - gli ebrei?) e dei silenzi di oggi (perché si parla solo degli ebrei?). Saluti, Ale

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  3. “In fondo a chi interessano queste cose?” C’è probabilmente un fondo retorico nella domanda.
    Forse poco o tanto interessano gli stessi ai quali è rivolta indirettamente; è evidente però che il livello di istruzione dei medesimi è generalmente di uno standard medio alto. Diventa una sorta di partita di giro.
    Da un lato non ci sono più o si assottigliano le élite, politiche in particolare, nel senso di persone in possesso sia di buoni strumenti intellettuali sia del potere per usarli, che si vogliano mettere in discussione (l’impegno per qualche galantuomo rimasto, nell’attuale brodo politico assomiglia ad una missione kamikaze), mentre dall’altro la società di massa non vuole cultura, ma svago. In Italia, ma non solo, dove l’alfabetizzazione culturale è a livelli da quarto mondo, la televisione è il vero driver intellettuale.Tout se tient.
    Qualcuno ha scritto che spesso l’uomo di intelletto (“questo risibile quinto stato”, annotava Giorgio Manganelli) è più che geloso del suo supposto sapere e del ruolo che ne deriva; pertanto risulta incline a distillare lo scibile acquisito non per ottenere un materiale setacciato da tracce di impurità, ma per dare conferma della distanza che lo separa dal lettore. Ragion per cui la divulgazione è per lo più oggi operazione bassamente editoriale, la cui unica finalità è il soldo, l’immediato tornaconto economico o poco altro. Viceversa l’eccellenza divulgativa è un fiore raro.

    Del resto senza riferirci a tonnellate di congressi e indagini Istat già ampiamente masticati, qualunque prof. di scuola media è in grado di dare un quadro esaustivo delle ‘risorse umane’, per le università siamo all’aneddotica. Le eccellenze ci sono, quelle che non scappano si devono pagare carta e toner con contratti universitari da outsourcing di servizi.

    C’è però una contraddizione che confesso mi è sempre andata stretta, e cioè che gli intellettuali seppur proletari magari comunisti, anche quelli che stanno rientrando dal sentiero di Ho Chi Minh, il muratore ai loro figli non sono disposti a farglielo fare. Oggi, magari, ma obtorto collo. Coerenze a bassa intensità. Il mercato, ahimè.

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  4. ....e i libri di storia dicono poco o nulla sulle leggi anti-socialiste del 1878
    AG

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