venerdì 3 ottobre 2014

Un selfie


«Proletari di tutti i paesi, unitevi!». Non c’è frase che apparentemente non sia più lontana dalla realtà di questa. Perché i proletari di unirsi pare non ci pensino proprio. Paradossalmente, ad unirsi contro i proletari è il capitale. E con quale innegabile successo ben lo vediamo. Eppure le stesse forze, le stesse leggi, che spingono il capitale a fare del pianeta un unico mercato, preparano la strada per quello che, come tendenza di fondo e come possibilità, potrà essere un nuovo internazionalismo proletario. Non subito, non ora, chissà.


Per ora prevale indubbiamente l’incertezza e nessun movimento si profila in tal senso. Già all’interno degli Stati nazionali il disorientamento e la frammentazione di classe sono palesi e predominanti. Pensiamo solo al fatto che oltre il 10 per cento dalla popolazione italiana è data da proletari e sottoproletari provenienti da altri paesi. E in Europa il fenomeno in certi paesi è anche più marcato. C’è chi coglie in questo un’epidemia sociale, ed è però una tendenza che nasce dalle contraddizioni della globalizzazione con cui fare i conti, contraddizioni di cui si serve in ogni caso il potere per dividere.

È inevitabile che le idee prendano corpo nel modo in cui vengono declinate dalla falsa coscienza della classe egemone, tanto più nel momento della rovina del capitalismo nel suo trionfo, tanto più in una fase in cui è vitale per la borghesia tenere sotto traccia i rapporti sociali antagonistici spinti ad un’intensità estrema ed ad una tumultuosa eccitazione dalla crisi.


Nessuna sorpresa dunque che tutti i linguaggi quotidiani siano diventati luoghi della falsa coscienza, che le reti della comunicazione sociale siano diventati luoghi d’elezione del pensiero reazionario, di genocidio della memoria e di controllo dei comportamenti, soprattutto di quelli potenzialmente antagonistici. Le parole non hanno più importanza, sono mutate di senso, cambiano natura oppure sono scomparse, inghiottite dal politicamente corretto, o assumono un contenuto effimero. Parole come sfruttati e sfruttatori, capitalismo, padronato, borghesia. I privilegiati sono diventati i lavoratori e i disoccupati, e a dar lezioni di etica ci pensano economisti e imprenditori dalle tribune televisive, laddove c’insegnano con la loro forbita eloquenza che solo l’uomo lucrativo è titolare di diritti in questa cazzo di società.

E del resto in ogni società la classe dominante ha interesse, essenziale e vitale, di stabilire i codici dell’attività riproduttrice dei rapporti sociali, di non lasciare spazio, se non sorvegliato e residuale, a qualsiasi forma di reale opposizione, di desiderio di futuro diverso. Ecco dunque perché noi percepiamo il futuro come un semplice prolungamento dell’adesso, ecco perché ci sembra di “vivere un tempo senza epoca”, come si duole Tronti. La memoria collettiva che la borghesia imperialista ha  costruito è tragicamente priva di futuro, la nostra vita è priva di futuro e inchiodata all’infinito presente dagli attuali rapporti sociali.

Tutto ciò che ci viene posto davanti è una realtà immodificabile, delle pratiche di riproduzione automatica di rapporti sociali intramontabili. Non esiste alternativa per questo sistema, non esiste l’”impossibile”. E tuttavia l’economia che ha ridotto l’universo alla sua sola dimensione, è ormai palesemente un meccanismo inceppato, anzi un meccanismo che genera sempre più aspre contraddizioni. La sua realtà non si è mai rivelata più spoglia di futuro. Per salvarsi non resta a questo sistema che la guerra o diffondere una pandemia senza precedenti. Alle masse lobotomizzate di quest’epoca – se non vorranno destarsi dall’ipnosi e riconsiderare tutto quanto in una luce nuova – non resterà che farsi un selfie nel momento in cui tireranno le cuoia.
  

9 commenti:

  1. sì, infatti, la giusta lettura è quella
    ciao

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  2. Si, bonanotte ! Si e' visto infatti nel 1914 come e' (e sempre sara' ) facile dividere i " proletarii " .

    Eppure allora gli operai tedeschi ed inglesi erano (quasi) simili in tutto , avevano gli stessi problemi , gli stessi sindacati, la stessa cultura , addirittura erano entrambi " sassoni" e pure "protestanti "; ma bastarono 4 giornalisti ben pagati a mandarli tutti in trincea a scannarsi tra loro per decidere l' organigramma del loro padronato...:-)

    figuriamoci quindi cosa sara' mettere insieme , non dico "lavoratori" europei e cinesi ,ma anche solo qui da noi i disoccupati italiani e i crumiri che i padroni hanno fatto ( e stanno facendo ) venire da fuori :-)

    La verita' purtroppo e' che l' analisi marxiana era ( e resta ) corretta ma la soluzione marxiana era ( e resta) sbagliata.

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    1. Non può essere sbagliata xchè Marx non parla mai di soluzione. Ma sono le interazioni fra gli elementi scoperti nell'analisi che portano inevitabilmente precise dinamiche. La cui risultante, peraltro, non ha mai dato x scontata.Come già avvenuto in altre epoche, infatti, le contrapposizioni possono sfociare nell'annientamento reciproco delle forze contrapposte.
      Ciao,g

      P.S. A volte, nellla storia, la fame diventa un buon collante...e dai e dai...hai visto mai?

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  3. Ultime fantastiche da Hong Kong:

    "Tafferugli tra manifestanti e abitanti filo-cinesi in un quartiere popolare. I giovani sono in contatto con Carrie Lam, numero 2 del governo. Aumentano le voci di coloro che chiedono una "normalizzazione" della protesta: "Il movimento non diventi anticapitalista" "

    Ecco, sì, non diventate anticapitalisti, mi raccomando. Io sto col governo cinese. Questi meritano solo manganellate a bischero sciolto.

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  4. Analisi lucida e complessiva, come sempre.

    E' proprio una prospettiva globale che manca, nelle pur giuste critiche a questo o a quell'aspetto della situazione che ci stringe drammaticamente, e nelle zoppicanti, frammentarie soluzioni proposte dall'uno o dall'altro dei "critici" che talvolta fanno capolino nei media.

    Hans

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  5. Ciao!

    Non perdo un post; anche se resto per lo più silente, continuo a meditarli e a confrontarmi col pensiero radicale e rigoroso che li illumina (e che stile! ora sferzante di sarcasmo, ora intensamente drammatico, ora stupendamente divagante pur nella sua asciuttezza).

    Se solo penso al me stesso di tre anni fa, trovo un'altra persona (una cosa fra tante, l'atteggiamento ancora idealistico che avevo nei confronti del voto e della democrazia formale): quando la prospettiva materialistico-dialettica è assunta con piena responsabilità e con la forza di non arrestarsi di fronte ai tabù, la visione del mondo cambia, radicalmente. Credevo di essere acuto nelle mie analisi e "di sinistra" nella mia visione del mondo, ma ero solo un bambino che correva dietro agli aquiloni.

    Hans

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