lunedì 6 ottobre 2014

Teste di ... legno


Il presidente della Confindustria, Squinzi, asserisce che i padroni non esistono più ma ci sono soltanto lavoratori che svolgono lavori diversi, alcuni manuali più o meno sofisticati di primo o di secondo o di terzo livello ed altri, gli imprenditori ed i loro collaboratori, lavori di testa, dedicati a relazioni sociali e politiche, alla creatività aziendale (riporto testuale la prosa scalfariana).

Secondo il presidente della Confindustria, ciò che distingue i padroni dai lavoratori è dunque il tipo di lavoro che svolgono, se lo svolgono con le mani o con la testa. Che poi si tratti di mani dure e callose, di operai con o senza testa, oppure di imprenditori con mani di fata e la testona di cazzo, poco importa. Squinzi non ci dice, perché non ha interesse, ciò che distingue nell’essenziale il capitale dal lavoro, il padrone dallo schiavo. Eh sì, perché anche l'antico proprietario di schiavi faceva un lavoro di testa e di punta, mentre spettava allo schiavo la manualità e prenderlo in quel posto. Vedremo di capire da soli la differenza tra il lavoro e il sollazzo (*).



È di questi giorni un’altra definizione teorica essenziale per capire cosa passa per la testa di certa gente. Si tratta della definizione del cosiddetto salario nazionale da corrispondere a coloro che a decine di migliaia, secondo le intenzioni del governo, sarebbero licenziati in assenza dell’articolo 18. Scrive testualmente Scalfari:

Il governo sta pensando, e fa benissimo a pensarlo ed attuarlo, a compensare almeno i licenziati con appositi sostegni economici che rientrerebbero nella definizione di salario nazionale. Scarso ma sufficiente alla vita: pane ed acqua e poco contorno.

Non è uno scherzo, una boutade, sta scritto nero su bianco nell’editoriale di ieri. Mettiamoci per soprammercato, anche se apparentemente con intenzioni diverse, l’abolizione del diritto al lavoro così come proposta da tale Gilioli nel suo blog (o da tale Massimo Fini del quale dico in nota) e di cui ho già scritto qualche giorno fa (qui).

Non m’interessa fare delle considerazioni più o meno sarcastiche su personaggi del genere e su un clima generale che ci sta riportando indietro non di mezzo secolo, come sostengono alcuni, ma direttamente all’Ottocento. Ciò che m’interessa rilevare è che tutte queste chiacchiere hanno un solo ed unico scopo, ossia quello di nascondere ciò che di più essenziale vi è nel rapporto tra capitale e lavoro: l’estorsione del plusvalore. Che cos’è il plusvalore? È il valore del lavoro (pluslavoro) non pagato all’operaio. L’unico scopo che ha di mira il capitale è accrescere la parte di lavoro non pagata all’operaio, e, da parte dei suoi servi, di negare che ciò avvenga.


Sui motivi per i quali il padronato e i suoi corifei insistono sempre di più, ognuno può sviluppare le proprie riflessioni. Sempre posto che interessi qualcosa anche a noi oltre che ai padroni. Da parte mia osservo solo che Marx, presso questa canaglia, è vituperato e "superato" fondamentalmente per aver messo in chiaro, in modo scientifico ed inequivocabile, anzitutto proprio questa faccenda. 




(*)  « Per Marx il lavoro è 'l'essenza del valore' », scrive Massimo Fini, un giornalista tanto superficiale quanto stimato da un certo pubblico e del quale non varrebbe la pena di occuparsi se non appunto per la curiosità di certe sue affermazioni che un tempo il buon senso non avrebbe preso in alcuna considerazione.

Per Marx il lavoro – di per sé – non è necessariamente 'essenza del valore'. Per un semplice motivo: solo il lavoro che si scambia con capitale può diventare produttivo e perciò trasformarsi in valore. Perciò in Marx è fondamentale la distinzione dei concetti di “lavoro” e “forza-lavoro”, così come quella tra lavoro produttivo e improduttivo. Il progettista di una casa compie un lavoro produttivo, per quanto non si sporchi di malta e sulle mani non compaiano calli (inutile dirlo a Squinzi). Il lavoro di un chirurgo, per quanto la sua “essenza” risulti spesso utile, scambiandosi il suo lavoro con reddito e non con capitale, non produce alcun valore. Scrive al riguardo Marx:

Smith aveva sostanzialmente ragione col suo lavoro produttivo e improduttivo, ragione dal punto di vista dell’economia borghese. Ciò che gli viene contrapposto dagli altri economisti è o sproloquio (per esmpio Storch, Senior ancor più pidocchiosamente), e cioè che ogni azione produce comunque degli effetti, per cui essi fanno confusione tra il prodotto nel suo senso naturale e in quello economico; secondo questo criterio anche un briccone è un lavoratore produttivo poiché, mediatamente produce libri di diritto criminale; (per lo meno questo ragionamento è altrettanto giusto per cui un giudice viene chiamato lavoratore produttivo perché protegge dal furto). Oppure gli economisti moderni si sono trasformati a tal punto in sicofanti del borghese da volerlo convincere che è lavoro produttivo se uno gli cerca i pidocchi in testa o gli sfrega l’uccello, giacché quest’ultimo movimento gli terrà più chiaro il testone — testa di legno — il giorno dopo in ufficio (Grundrisse, MEOC, XXIX, p. 203).

Senza contare, e siamo al punto dolente, che se l’”essenza” di questo valore, cioè il lavoro produttivo, fosse pagata integralmente, addio ciccia!


5 commenti:

  1. Olympe, possibile che nessuno si chieda mai perché è stata abolita la Schiavitù?
    Sarà forse perché si vuole nascondere a sé stessi di essere i nuovi Schiavi?
    Noi siamo felici, noi siamo contenti, le chiappe del culo porgiam riverenti.

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  2. Parlando di lavoro vivo...
    Horst Neumann, capo del personale della Volkswagen, pare che affermi che i lavoratori dell'azienda in pensione fra 15 anni saranno sostituiti da robot:
    "Nell'industria automobilistica tedesca il costo del lavoro è superiore ai 40 euro all'ora, nell'Europa dell'est sono 11, in Cina 10....Oggi il costo di un sostituto meccanico per lavori di routine in fabbrica si aggira intorno ai cinque euro. E con la nuova generazione di robot diventerà presumibilmente ancora più economico. Dobbiamo essere in grado di sfruttare questo vantaggio economico".
    Le auto prodotte le compreranno i robots? Ah, ecco una soluzione degli economisti, tutti a fare i cosiddetti lavori della cura alla persona --> intendono per caso maggiordomi, prostitute/i e quant'altro?
    Saluti,
    Carlo.

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    1. a parte il fatto di chi le compra, ma così facendo il saggio del profitto cala ulteriormente, per la nota legge

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    2. E' evidente che per questi geni il plusvalore non è creato attraverso l' uso della forza-lavoro ma viene creato nella sfera della circolazione, con il discorso utilità marginale e altre storie. O forse è il premio dell'astinenza da consumo dei padroni? :-))
      Carlo

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  3. il problema è che non è facile spiegare che la merce non è il denaro. La circolazione ci inganna, dandoci l'idea che il denaro e il valore prodotto siano la stessa cosa. E' una distinzione molto più sottile di quello che sembra per l'uomo medio

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