martedì 7 ottobre 2014

Lo stesso algoritmo



“Don’t waste time living someone else’s life. Stay hungry. Stay Foolish”

Di ciò che c’importa davvero, non si parla. Oppure se ne parla talmente tanto che alla fine ogni opinione vale zero. Ciò che cerca lo spettatore medio sono le rassicurazioni al proprio punto di vista, e i media sono pieni di punti di vista, altrimenti certe cose non si spiegherebbero.

Ad esempio, alla lunga l’ideologia dominante ha fatto propria la critica al lavoro e ha elaborato un paio di soluzioni: una per i tipi scaltri, ossia per quelli abbastanza lupi da aspirare a posizioni nella scala sociale in cui il lavoro prende la fisionomia di attività ludica. Puoi aspirare a fare lo speculatore di Borsa, oppure il venditore di cazzate di successo, o il politico (c’è solo l’imbarazzo degli esempi), quelle occupazioni che non sono lavoro e consentono di vivere nell’agio, con disponibilità di denaro, cocaina e scopate, ma puoi anche scegliere di essere più zen di così, vivere alla Casaleggio.

L’altra soluzione è per i tipi predisposti a credere alle loro stesse bugie, quelli che vogliono pisciare fuori dal vaso ma senza sporcarsi le scarpe. Cambiare il mondo quel tanto che corrisponda al modello che hanno in testa: sognano l’armonia, un capitalismo compatibile con il creato, in cooperazione perfino con la “buona finanza”. Loro sono degli illuminati, siamo noi che non capiamo il presente e soprattutto il futuro, quello degli algoritmi, per dirla alla Gilioli: ah, se Marx avesse avuto per mano gli algoritmi.


Ciò che cercano è un congruo sussidio, ma non come quello che propone Scalfari: pane, acqua e poco contorno. Frega un cazzo che il numero dei salariati nel pianeta sia mai stato più alto di oggi e le condizioni di lavoro peggiorino sempre più, questi qui vogliono abolire addirittura il diritto al lavoro, vogliono abolire un diritto che in questa società non esiste se non come obbligo assoluto. In queste proposte non c’è dimensione etica se non per misurare il loro ego, perciò questo modello asettico di capitalismo è complementare a quello orgiastico, del resto la fonte è la stessa, lo stesso algoritmo.

2 commenti:

  1. Algoritmo nel senso di ritmo del dolore?
    Aspettarsi che gli esseri umani arrivino a capire che quelli che usano, sfruttano, torturano in mille modi fisici e psichici per i loro scopi o il loro piacere sadico, e uccidono animali e altri esseri umani - aspettarsi che questi camminino sul ciglio di una voragine di un dolore psichico peggiore di quello delle loro vittime - aspettarsi questo è illusorio. Significherebbe chiudere gli occhi davanti alla realtà, alla storia dell'uomo, credere che Psiche non muoia mai, e invece non è così. Con gli psicopatici non resta che la difesa fisica, la contrapposizione totale, senza l'illusione di un recupero ad una psichicità che comprenda sentimenti che non sono più in grado di provare - è la vera alienità: nonostante l'aspetto fisico e i comportamenti che manifestano strumentalmente per essere confusi con gli altri umani, non sono più umani. Sono usciti dall'algoritmo della loro specie: provano solo dolore fisico, e non con l'intensità di chi unisce al dolore fisico quello psichico.
    Anche pensando questo si mantiene una ulteriore illusione? Cioè l'illusione che l'algoritmo della specie umana contenga la capacità del dolore di ritorno nel provocarlo ad altri umani e agli animali? L'illusione che contenga la tendenza innata a entrare in empatia con la gioia o il dolore di altri viventi? - Se così fosse, gli psicopatici sarebbero solo l'espressione più evidente di una caratteristica genetica dell'homo sapiens sapiens. E saremmo noi, i mutanti: e nel pensare questo mi rendo conto che c'è una spinta sociale verso questo dubbio, se non proprio certezza, che chi vuole giustizia sociale in fondo è un alieno. La mafia sarebbe la norma umana. Colui che si inginocchia davanti a inesistenze coltivate per millenni sarebbe la norma umana. Colui che accetta le guerre sarebbe la norma umana. Colui che accetta il sistema capitalistico sarebbe la norma umana.

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  2. Il pubblico ha così l’illusione di essere informato e se non capisce coltiva il proprio complesso di inferiorità. Del resto un punto di vista è la vista di un punto e il mosaico è infinito. L'universo rimane comunque indifferente.
    Tempo fa si è scritto qui di lettori ingenui che orienterebbero malamente il mondo. C’è una categoria parallela, quella degli telespettatori ingenui, altrettante mosche cocchiere.
    Si aspettano piazze pulite conoscendo in partenza l’ignavia degli spazzini oppure l’orrido menù servito puntualmente alle otto e mezzo. Non contenti dell’assalto catodico e metodico riversano acidità accumulate dove possibile, adesso non gli par vero anche nei ‘social’, pensandoli Hyde Park corners nostrani. La consuetudine da sicurezza: stesso canovaccio teatrale, medesimi attori, le postincazzature di sempre.
    Come i comunisti che investono in Borsa. Coerenze a bassa intensità.
    Ma quale cambiamento del mondo, se non si è capaci di iniziarlo neppure contro una banalità come lo share.
    E come faremo un domani con i furbi?

    Chissà se è vero che Steve Jobs, Chris Andersen ceo della Robotics, Evan Williams fondatore di Twitter con la consorte, tutti quanti controllano totalmente l'utilizzo dei gadgets elettronici dei loro figli perchè - dicono -hanno vissuto in prima persona i pericoli della tecnologia mentre condannano la dipendenza dai suddetti dispositivi. Anzi i Williams dichiarano persino di regalare ai figli molti libri. Stay calm Steve.

    I dirigenti giapponesi con Fukushima ci sono andati pesante, tutt'ora e in modo delinquenziale, ma mortificarli con Casaleggio come quintessenza del loro zen è troppo.

    Tempo fa la risposta su Giglioli l'avevo capita, ma i vari Giglioli alla betoniera li voglio ugualmente. Poi vediamo come cambiano i cazzeggi telematici.

    lr

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