mercoledì 1 ottobre 2014

Averlo saputo per tempo ...


Il poetico Gilioli vuole sopprimere “il diritto al lavoro”, rivendicando con ciò la gratuità di beni e servizi primari. Peccato non averci pensato prima. Osserva che si tratta di distribuire al meglio il lavoro e la ricchezza prodotta. Vediamo se le due cose stanno insieme oppure fanno a calci nelle parti basse e a cazzotti sui denti.

Il lavoro, per chi non possiede mezzi propri di sostentamento e in una società divisa in classi, è anzitutto un obbligo assoluto, non già un diritto (chiedere dati all’Istat sulla disoccupazione). Per chi non possiede che le proprie braccia, tale obbligo si esprime in una sola forma, mascherata sotto varie denominazioni: lavoro schiavile, servile, subordinato, salariato, ecc.. Ognuno può scegliere la declinazione che più gli piace fino al punto di chiamare questa società liberale e democratica, la più adatta a sviluppare il talento e a garantire le pari opportunità.



Sopprimere il diritto al lavoro, come chiede Gilioli, significa anzitutto sopprimere il bisogno su cui regge la società borghese, e dunque il rapporto tra capitale e lavoro, tra comando e schiavitù (o altrimenti denominato, per esempio suggerisco: tra imprenditoria e maestranze suona fine, sindacalmente corretto e mediaticamente aulico).

Ci sarebbe poi da chiarire se il reddito cui allude Gilioli dovrebbe essere sufficiente a garantire ciò che è necessario all’operaio per vivere come uomo oppure quel tanto per sopravvivere come operaio, ossia come un individuo che propaghi l’umanità o invece come elemento stazionario di quella classe di schiavi che è la classe degli operai. È questo un punto essenziale più di quanto un borghese creda, e sicuramente sul tema i talk show ritornerebbero a livelli di share accettabili per i pubblicitari.

E bisognerebbe sancire di buon proposito, magari dando mandato al prof. Rodotà di scriverne la pecetta da inserire nei principi fondamentali della Costituzione, che il fine di questa società è appunto quello di destinare la maggior ricchezza alle sorti magnifiche e progressive dei salariati, magari sotto forma di stock options, di modo da attenuare le invidie tra ricchi e poveri. E così scopriremo finalmente che il proletario non vive solo come lavoratore, ma più o meno in ozio e bevendo sciampagna a carico dei profitti dei capitalisti. Oh, yes.

Per chi avesse frequentato pur di sfuggita certe letture, questo tipo di riforma del capitalismo mi ricorda da vicino quella proposta a suo tempo da un certo Proudhon, molto ammirato da Scalfari e da Craxi (ricordo una copertina in particolare proprio dell’Espresso).
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La proprietà dei mezzi di produzione è data nell’attuale società prevalentemente nel possesso privato di essi. Dal punto di vista sostanziale e giuridico, tale proprietà va sotto il nome di capitale. Lo scopo fondamentale del capitale è la sua valorizzazione. Il capitale esiste in quanto esiste la forza-lavoro: non esiste capitale senza il suo antagonista. Il capitale quindi è un rapporto sociale, di natura dialettica. Ed è da questa dialettica sociale che si genera il processo di valorizzazione. Chiedere al capitale, oltretutto in una situazione di depressione e di accentuata tendenza alla caduta del saggio del profitto, di cedere maggiori quote di plusvalore per mantenere in ozio i salariati, o comunque per farli lavorare di meno, è una proposta fuori dal mondo, almeno da quello dominato dalle leggi del profitto. A meno che Gilioli all’uopo non riesca a raggranellare cospicue risorse facendosele dare dalla Merkel.

Inoltre il capitale ha la necessità di estendere quanto è possibile lo sfruttamento del lavoro, non può accontentarsi del plusvalore relativo, punta al plusvalore assoluto per ragioni che Gilioli certamente ha studiato in gioventù. Che cosa significa in concreto? Si tratta di tutti i metodi che cercano di espandere, a parità di altre condizioni, il lavoro assoggettato al capitale. Tra questi il più classico è il prolungamento della giornata lavorativa, che consente di ampliare le ore di pluslavoro quando siano date e costanti le ore di lavoro necessarie alla riproduzione della forza-lavoro (lavoro necessario). Perciò andiamo, come dimostrano le evidenze quotidiane, dalla parte opposta rispetto a dove dice di andare Gilioli.

E allora, perché parlare di corda in casa dell’impiccato? Da che cosa nascono gli equivoci di cui s’ammantano le belle anime che vogliono sopprimere il carattere duro e puro del capitalismo e i suoi effetti più sgradevoli?

La borghesia ha tutto l’interesse a rappresentare il carattere sociale del processo di produzione nella materialità delle cose, e perciò spostare tutta l’analisi del processo capitalistico. In tal modo il capitale non viene analizzato nel rapporto sociale che produce plusvalore, ma nelle sue forme asettiche di investimento, eccetera, considerate come fonti diverse e autonome di “accrescimento”. E dunque anche il plusvalore e la sua redistribuzione sociale viene del pari analizzato nelle mere forme di tale “accrescimento”!


Credo dunque di aver spiegato dal mio punto di vista i motivi, per nulla inconsci, di certe sparate.

2 commenti:

  1. "Da che cosa nascono gli equivoci di cui s’ammantano le belle anime che vogliono sopprimere il carattere duro e puro del capitalismo e i suoi effetti più sgradevoli?"

    “Il capitalismo è il peggiore sistema sociale ad eccezione di tutti gli 
altri”. Nel peggio c’è però un aspetto che è la sua forza: consente
 con spassosa ironia, a tanti corifei del moralismo spicciolo e 
dell’uguaglianza utopica, roba da cui si tirano accuratamente fuori, di
 viverci sopra, lautamente.

    [...] cioè il buttar via la propria esistenza in un ufficio, in una fabbrica, in un cantiere.[...] scrive il dott.Giglioli nell'articolo in rimando.

    Bene dott.Giglioli, blogger (sarà un mestiere?), nel prossimo sistema sociale ci sarà una parte che passerà dalla betoniera alla tastiera mentre tu transiterai dalla tastiera alla betoniera.
    Caro Presidente Zedong, come avevi ragione.

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  2. non serve passare dalla dalla tastiera alla betoniera,si può restare alla tastiera a caricare ordini, fare fatture e stampare statistiche, non c'è tempo per la noia e non butterai via il tuo tempo, soprattutto non lo butterà via il padrone. vogliono abolire il diritto al lavoro, quando basterebbe abolire li potere di comandare sopra il lavoro altrui e con ciò stesso la proprietà privata dei prodotti del lavoro altrui. È il potere d'acquisto del capitale che nessuno può contrastare, ricordando che il capitale non avrebbe nessun interesse ad assumere gli schiavi se dalla vendita dell'opera di costoro non si ripromettesse di ricavare più di quanto spende in salari. Gilioli vuol dividere questo di più tra gli operai per poterli mantenere in ozio o farli lavorare di meno. è una buona idea, ma non può SVILUPPARSI PACIFICAMENTE e non potrà realizzarsi che IN MODO ANIMATO ...

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