sabato 23 agosto 2014

Della buona fede


Come è a tutti ben noto, quello che oggi chiamiamo Medio Oriente, oppure Vicino Oriente (includendovi l’Egitto e magari, assai più impropriamente dal punto di vista geografico, anche altri paesi della costa mediterranea), ha sempre svolto fin da epoche remote un ruolo strategico rilevantissimo, non fosse altro per essere stata quell’area, per tanta parte, culla della civiltà e necessario e insostituibile tramite tra ciò che chiamiamo Oriente e Occidente. Anche nei secoli successivi al 1492, contrariamente forse a ciò che più comunemente si crede, il Medio Oriente conservò grande importanza, tanto è vero, solo per citare un caso curioso, che la campagna napoleonica nel Vicino Oriente aveva per scopo, per ovvie ragioni antibritanniche, lo scavo, già tentato in passato, di quello che alcuni decenni dopo sarà il progetto esecutivo di Luigi Negrelli, sempre tanto contrastato dall’opposizione britannica.



Superfluo dire quale ruolo chiave assuma oggi in relazione alla presenza dei più grandi giacimenti petroliferi, ora anche al largo delle coste della Palestina (ne ho scritto qui , come solito in anticipo, ma chi si loda si sbroda). La minaccia che dal Medio Oriente viene a noi occidentali si chiama “fondamentalismo islamico”. È diventata tale e se ne parla e scrive diffusamente da poco più di tre decenni, poiché prima di quell’epoca l’islamismo non fu mai nella decadenza dell’Impero ottomano e in seguito un problema serio e della rilevanza odierna. Problematico fu il nazionalismo arabo, a partire almeno dal rigetto degli accordi segreti Sykes-Picot. Interessante a tale riguardo resta il romanzo autobiografico I sette pilastri della saggezza.

E, dunque, la prima domanda da porsi è per quale motivo sia fallito il nazionalismo arabo (più problematica l’idea panarabista, l’ultimo tentativo rimasto sulla carta fu quello di Gheddafi), lasciando spazio a quello che chiamiamo fondamentalismo islamico a partire, grossomodo da Khomeyni, considerato uno sciita eretico dal presunto Mahadi che all’alba del primo giorno di Muharram sequestrò la grande moschea della Mecca. In quel caso una rivolta wahhabita ma che trovò il favore nel risentimento delle minoranze sciite contro le politiche governative saudite, costrette a vivere in squallidi ghetti che sorgevano letteralmente sopra i campi petroliferi.

Le città e i paesi sciiti rimasero esclusi dalla ricchezza e dallo sviluppo che trasformarono il resto del regno saudita. A ciò si aggiunse il risentimento per il fatto che la Aramco aveva la pessima abitudine di riempire i pozzi petroliferi con l’acqua delle falde acquifere delle oasi sciite, pratica che provocò scarsità di acqua potabile e il prosciugamento dei canali d’irrigazione, ossia un disastro ecologico del quale non si occuparono gli ”ambientalisti” occidentali. Se la regione caratterizzata un tempo da una vegetazione lussureggiante si trasformò in una arida e polverosa regione di arbusti, ciò fu dovuto a questo.


Gli sciiti, inoltre, erano considerati eretici se non addirittura infedeli assoluti, esclusi dagli incarichi pubblici di prestigio e dell’esercito, e nelle scuole statali si insegnava ai loro figli che la loro setta islamica era diabolica invenzione … ebraica! Insomma, questi pochi tratti di una vicenda solo per sottolineare come, nascoste dietro il fondamentalismo di ogni religione, si trovino corpose motivazioni materiali e pratiche (con ciò non si vuole ad ogni modo sottovalutare l'aspetto ideologico, ma solo inquadrarlo nella opportuna cornice). Perciò parlare di guerre di religione (in riferimento al fondamentalismo sciita o dei loro avversari sunniti (l'Isis è un arcipelago di fanatismo sunnita) è solo fumo negli occhi, e certi professoroni ed editorialisti, prima di dire e scrivere sciocchezze, farebbero bene a documentarsi. Sempre presumendo la loro buona … fede!

2 commenti:

  1. «Per quanto ne so io, al-Qāʿida era originariamente il nome di un data-base del governo USA, con i nomi di migliaia di mujāhidīn arruolati dalla CIA per combattere contro i Sovietici in Afghanistan». Robin Cook ex-ministro degli Esteri britannico Robin Cook (laburista) - (dimessosi per protesta contro la partecipazione britannica all'invasione in Iraq)
    francesco

    RispondiElimina
  2. L'articolo, necessariamente sintetico, si potrebbe così parzialmente integrare con semplici spunti di ricerca:

    - Il primo vero tentativo di panarabismo fu quello di Gamal Nasser che relativamente alle questioni attuali, cancellò l'organizzazione dei Fratelli Musulmani, instaurando una situazione politica di tipo diciamo socialista (oltre alle foto d'epoca che ritraggono la maggior parte delle donne in abiti europei, i racconti degli amici attempati descrivono un Cairo molto differente dall'attuale - laico sarebbe comunque un termine azzardato). Per quanto riguarda i vari tentativi di panarabismo nel tempo, oltre a motivazioni politicoeconomiche, l'aspetto religioso è una componente essenziale. Peraltro per quanto concerne la mia esperienza nel Maghreb,c'è una assoluta intolleranza fra marocchini, algerini ed egiziani (l'interscambio di mano d'opera non esiste), e mi verrebbe da dire che una 'intesa corporativa' tra sfruttati sarebbe oggi come ieri impossibile. Oltretutto non si capiscono nella lingua.

    - E' interessante esaminare quello che precedette l'esperienza di Ruollah Khomeini, e mi riferisco alla situazione con Reza Pahlavi e quella di Mossadeq creatore della National Iranian Oil Company che tolse la concessione che lo scià elargì agli inglesi.Con la fine che fecero fare a Mossadeq.

    - In quanto all'impreparazione di alcuni commentatori, come ho sottolineato in un'altra recente occasione, essa è grande sotto il sole.
    E' già molto difficile avere un quadro obbiettivo in casa nostra, pretendere di averlo e/o spacciarlo tanto in questa situazione estremamente complessa per paesi e genti che solo fino a ieri non sapevano chi fossero, è perlomeno velleitario.
    Intanto cominciamo col dire che, come in altre fedi o ideologie, anche nell'Islam esistono le derive dogmatiche 'fondamentaliste' e tutt'altro da esse. Anni fa a Mashad in Iran mi è capitato di vedere molti kuwaitiani - che sono sunniti - in pellegrinaggio alla moschea di Imam Reza che è un santo sciita. Questo non toglie che il fatto religioso preceda quello economico nell'Islam e qualunque ipotesi sociopolitica.

    E' di ieri la polemichina (accennata su di un'altro blog) con il prof.Galli della Loggia, che sarebbe un semiequivalente giornalistico del nostro inossidabile avversario ideologico Eugenio Scalfari : il prof. per me è in buona fede autoreferenziale, fa parte di tutta quella pletora di commentatori che non si è mai occupata di questa parte del mondo e il Vicino Oriente l'hanno appena accostato sulla Treccani. Certo che come fecero Parise e molti altri all'epoca del Vietnam ed ancora oggi può costar caro - ma fa parte del vostro mestiere miei cari -.

    RispondiElimina