venerdì 27 giugno 2014

Prima o poi un altro Gavrilo lo trovano


Domani è l’anniversario dell’attentato di Sarajevo. Esattamente 100 anni fa, Gavrilo Princip, ormai rassegnato che il complotto per assassinare l’arciduca austriaco era fallito, per una serie di circostanze davvero singolari si trovò a dover rinunciare a sgranocchiare il suo panino per mettere mano alla pistola e con ciò creare il pretesto per l’ultimatum dell’Austria alla Serbia, cui seguì la scriteriata decisione di Nicola II di ordinare la mobilitazione e da qui l’escalation che porterà dritti al grande conflitto. Le premesse però, erano lì che aspettavano solo l’occasione giusta (il “caso”) per manifestarsi con inesorabile “necessità”.



Un secolo dopo, la questione Ucraina rischia di diventare il pretesto per un conflitto aperto tra potenze. Probabilmente non si arriverà a tanto, ma ciò segnala che la necessità storica è ormai pregna e troverà, prima o poi, l’occasione perché s'inneschi una nuova escalation guerresca. Lo conferma la notizia che proprio ieri il segretario di Stato americano, John Kerry, nel contesto della riunione dei ministro degli esteri della NATO ha emesso un nuovo ultimatum al governo della Russia, avvertendo che essa doveva dimostrare, "entro poche ore", di agire per porre fine alla rivolta in Ucraina orientale contro il governo filo-occidentale installato a Kiev o affrontare le conseguenze.

L’Europa s’è dimostrata un po’ meno decisionista, per ora, tanto che il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, ha parlato di una "de-escalation" in Ucraina e degli impegni che il presidente russo Vladimir Putin aveva fatto il giorno prima in una conferenza telefonica, a quattro vie, con il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande e il presidente ucraino Petro Poroshenko. Il ministro ha detto di sperare che le promesse della Russia sarebbero state adempiute "nei prossimi giorni". Nel frattempo è evidente che non vi è stata alcuna "de-escalation" della situazione in Ucraina e che la vicenda si sta trasformando in una grave crisi umanitaria, ignorata dai governi occidentali e da gran parte dei media.


Nell’indifferenza generale la città di Slavyansk – la cui posizione è strategica – è sottoposta a bombardamenti aerei e di artiglieria, manca l’acqua potabile e l’elettricità, in alcuni distretti anche il gas, ma soprattutto da oltre due mesi non riceve rifornimenti di cibo. I residenti hanno riferito che le famiglie che tentano di lasciare la città sono state respinte ai posti di blocco presidiati dalla guardia nazionale, nelle cui fila si contano numerosi nazionalisti e fascisti. L'Associated Press riferisce di "Migliaia di ucraini in auto al confine orientale nell’intento di fuggire verso la Russia, i quali affermano di sentirsi traditi dal loro governo e giurando di non ritornare mai". Il servizio di immigrazione della Russia riferisce che 90.000 ucraini hanno attraversato il confine per cercare rifugio da quando sono iniziati i combattimenti.

Non va dimenticato, nell’ambito della strategia di provocazione  Usa, che dal 2004 i più importanti membri della NATO hanno intrapreso la Quick Reaction Alert (QRA), ossia un’operazione di pattugliamento nei cieli di Lituania, Estonia e Lettonia, stabilendo basi aeree sul loro territorio in modo da consentire un rapido trasferimento di forze e armi verso l'Europa orientale (*). Un tempo la Russia era l'impero del male; ora che non c'è più il comunismo, gli Usa non tollerano che vi sia una Russia che non sia uno stato satellite come quelli europei.



(*) La RAF ha schierato quattro Typhoon in Lituania a fianco dei polacchi Mig-29 e F-16 danesi. La Germania si è offerta di inviare i Typhoon della Luftwaffe e la Francia ha offerto Mirage e Rafale.  La US Air Force ha schierato i suoi F-15C e poi altri F-15Cs, dodici F-16 insieme con gli Airborne Warning And Control System (AWACS) basati in Polonia.

6 commenti:

  1. credo che quello che potrebbe salvarci, o dilazionare l'arrivo di un nuovo Gavrilo, è che oggi gli interessi economici sono talmente intrecciati a livello globale che (forse) la guerra aperta non conviene a nessuno... (l'ottimismo è il sale della vita).
    Che ne pensi?

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    1. http://diciottobrumaio.blogspot.it/2014/06/in-una-tranquilla-giornata-destate-cosi.html

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    2. io però non riesco a immaginare uno scenario di conflitto globale in cui si combatta fisicamente in Europa.. mi sembra davvero improbabile. In questo senso, non credo convenga agli attori in gioco. L'Europa è un mercato, non un antagonista economico. Credo che lo scacchiere più importante sia quello asiatico (Russia compresa ovviamente).

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    3. l'europa seguirà le dinamiche e le sorti degli usa. ciò che oggi ci pare incredibile può diventare maledettamente reale in pochi giorni. ormai si parla di "stagnazione secolare", e vediamo bene che le contraddizioni stanno per esplodere in ogni momento. molto dipenderà dal clima sociale, dal progressivo impoverimento, dalla disperazione, dai grandi numeri insomma. ricordiamoci che per dare fuoco a un bosco basta poco.

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    4. Mi permetto di aggiungere che la risposta alla prima domanda sta proprio nella domanda stessa: l'intreccio di interessi (rigorosamente borghesi) non può non condurre alla lunga alla
      tracimazione della competizione dagli argini diplomatici.
      A meno che non crediamo ai recenti spot da Istituto Luce della Rai, dove la competitività capitalistica viene incoronata come santa protettrice della pace europea :-)

      Circa il "combattimento fisico", è sempre bene ricordare quanto droni e armamenti simili abbiano mutato nel profondo il concetto stesso di guerra: non più qualcosa di necessariamente legato ad un vasto consenso popolare, ma cataclisma subìto dall'alto.
      Nemmeno il piacere della diserzione è rimasto.
      E i droni, a ben pensarci, sono un'efficace metafora del Dominio in cui siamo immersi: una forza che vola alta, che non si fa neanche sfiorare.
      Unica possibilità: abbattimento.


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    5. condivido le osservazioni sulla rai, e del resto cosa aspettarci?

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