venerdì 13 giugno 2014

[...]


All’inizio del secolo scorso, nella città bastò l’erogazione dell’acqua potabile e la canalizzazione delle fogne perché la mortalità infantile crollasse di quasi il 50 per cento. In occasione del 50° anniversario dell’unità, l’Italia poteva vantare alcuni numeri significativi:1364 comuni erano ancora senza acqua potabile e 4877 erano privi di fogne. Dal 1861 l’emigrazione era stata mediamente di 250mila unità l’anno, vale a dire che in mezzo secolo emigrò, prevalentemente attraverso l’Atlantico, circa un terzo della popolazione italiana.

L’Italia avrebbe potuto, senza necessità di capitali stranieri, migliorare la propria situazione economica e sociale, ma mancò, come solito, la volontà politica, ovvero l’interesse delle classi possidenti e dirigenti di promuovere anzitutto una riforma agraria che distribuisse le terre del latifondo. I governi non potevano farsene promotori se non alleandosi con i socialisti, poiché i partiti che li sostenevano erano espressione della grande proprietà. Preferirono invece le guerre coloniali, la conquista di scatoloni di sabbia, per usare l’espressione salveminiana.



Nel primo dopoguerra il fascismo avviò, per taluni aspetti, una modernizzazione del paese, ma non si sognò nemmeno di varare una riforma agraria. Da questo lato l’Italia restava quello che era sempre stata, un paese arretrato e feudale. Non si provvide nemmeno a creare una rete infrastrutturale che collegasse meglio la penisola e favorisse gli scambi. Caduto il fascismo e finita la guerra, la repubblica varò, certo non pacificamente, una riforma agraria che però giungeva tardiva e con tutte le contraddizioni tipiche delle riforme all’italiana. L’emigrazione non attraversava più in massa l’Atlantico ma si dirigeva verso i poli industriali del settentrione e del Nord Europa.

Seguirono alcuni decenni di rapido sviluppo economico e, in parte, anche sociale e civile, ma le riforme che servivano per rendere effettivamente moderno il paese furono frenate da veti incrociati delle forze politiche e sociali. Il ruolo egemone del partito cattolico e le resistenze del padronato sono ben noti, così come i motivi d’ordine internazionale. Ma anche la sinistra politica e sindacale ci ha messo del suo, non disdegnando compromessi e alleanze, al pari di tutte le altre forze politiche, con la criminalità organizzata.

Un esempio tra i tanti può essere indicato nella vicenda dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, laddove gli interessi locali erano rappresentati al più alto livello politico soprattutto dal ministro socialista Giacomo Mancini. Fu imposto un tracciato dell’autostrada interno alla Calabria (e non costiero) che non a caso presentava notevoli difficoltà e alti costi realizzativi. Il risultato è noto: due corsie stradali con tratti tortuosi e pericolosi, senza corsie d’emergenza, tanto che la UE (!!), ha imposto i lavori necessari per adeguarla agli standard di sicurezza, lavori che non sono stati ancora ultimati perché ogni cantiere aperto è fonte di guadagno per le imprese appaltatrici, non di rado legate alla criminalità.

Nulla è cambiato nel sistema clientelare e corruttivo dell’Italia di un secolo fa e in quella di oggi, se non la dimensione delle ruberie. Lo abbiamo visto con le vicende della cosiddetta Tangentopoli, lo confermano da ultimo la vicenda dell’Expo e del Mose di Venezia, quest’ultima un’opera inutile e assai pericolosa, realizzata esclusivamente a scopo di rapina nel mentre continua il saccheggio della città e la svendita ai privati del suo patrimonio.


A fronte di tutto questo la disoccupazione è a livelli altissimi, chi trova lavora deve accettare condizioni inimmaginabili solo vent’anni fa, a bussare alle mense di carità sono ormai circa due milioni di persone. Scrive un quotidiano oggi: “4 milioni e 800mila poveri, servono olio, tonno, carne in scatola, passata di pomodoro. E per i 400mila bambini sotto i 5 anni che vivono in quell’oceano di bisogno e disperazione servono alimenti per l’infanzia: omogeneizzati, latte in polvere”.

3 commenti:

  1. Serve una rivoluzione ecco quello che serve!
    Solo che ognuno di noi, viaggia in solitario.
    Saluti.

    RispondiElimina
  2. Leggendo "La storia d'Italia" di Indro Montanelli la situazione della penisola sembra immutata dal dopoguerra in avanti. Si potrebbero raccogliere alcune di quelle pagine per descrivere fedelmente l'Italia di oggi.
    Ma tanto adesso c'è Renzi.
    AG

    RispondiElimina
  3. Rivoluzione e individualismo sono un ossimoro. E' che buona parte del popolo nella storia recente dalla situazione economica postbellica ne ha tratto benefici e rinunciarvi diventa doloroso. Derive consumistiche a parte,l'edonismo è sempre esistito, ma come ogni cosa del mondo subisce il proprio degrado entropico (crapula, ubriachezza, droghe, stupro e altre
    descrizioni savonaroliane - rimangono trappisti e sannyasin,cubani e kibbutzniki come luce nel mondo ).

    La parola 'rivoluzione' è da un pò che subisce un'usura gergale ; oltre
    all'inquadramento economico, se manca una profonda predisposizione
    da parte di popolo e dirigenti (quelli futuri) non si va in senso contrario all'oggi ..... resta comunque un buon tema per Asimov e compagni.
    Ci alleniamo nella pars destruens e nella relativa mortificazione dei corbelli, di fatto è l'esercizio più facile, remunerativo, più che costante nel tempo.

    La Salerno/Reggio è diventata da anni 'il caso' da manuale, non mi addentrerei però in analisi tecniche, perchè la nostra orografia rappresenta comunque un grosso problema progettuale e la linea costiera ligure non mi sembra p.e.un'alternativa presentabile. Le opere pubbliche possono essere costose a fronte di reali difficoltà, definitive e ben realizzate ma certo non un bancomat per i regnanti.
    Se per caso vengono esposti esempi positivi la risposta è ' che non basta'
    e allora.......

    RispondiElimina