mercoledì 16 aprile 2014

Massimo



Ti sei mai posto, Massimo, la domanda: se fossi stato figlio di un operaio, quale carriera politica avrei fatta? Pensi che sarebbe bastato, per fare quella carriera, dimostrarsi fin da bambino “interessato a tutto e a qualsiasi cosa sapesse di politica” e dichiararsi “ateo”? Essere “spigliato” a scuola anche se non ti “applicavi” molto? Pensi che sia credibile che tu abbia rinunciato a laurearti “per non essere sospettato di favoritismi, poiché l'intellettuale del PCI Nicola Badaloni era diventato preside di Lettere e filosofia”? Pensi che essere figlio di un deputato e del segretario regionale del partito ti possa aver favorito un tantino? Io non ho alcuna difficoltà a riconoscere le tue non comunissime qualità, però senza esagerare. Quanti operai hai conosciuto, Massimo, nelle file dei parlamentari Pd, e quanti figli di operai hanno fatto parte dei vertici del partito? Insomma, essere considerato “figlio del partito“ ti ha reso più facile l’arrampicata, o no?

E a proposito di giustizia,
quante volte da segretario del partito, da presidente del partito, da presidente del consiglio, da vicepresidente dal consiglio, da ministro, da presidente del Copasir, da semplice parlamentare, hai fatto visita a un carcere? E, in tal caso, quali sono state le iniziative e i provvedimenti che hai promosso e adottato in relazione alla condizione carceraria. Hai almeno scritto una lettera di segnalazione a un ministro di giustizia? Almeno una letterina, lo spero davvero per te e soprattutto per la tua anima.


Tu, Massimo, un tempo ci dicevi di lottare in nome degli ideali del socialismo, e forse potevi far qualcosa o almeno provarci dalla tua altissima posizione per alleviare la situazione nelle carceri, e per rendere un po’ meno ingiuste le leggi, e tuttavia non hai fatto niente per cambiare. Poi, dichiarata morta ogni fregola di mutare l’esistente, sei convolato a nozze con i sacri valori del pragmatismo di mercato, e ora fingi meraviglia perché chi è ricco e potente la sfanga sempre. Non sei credibile, Massimo, lo sai bene che simili ingiustizie sono connotati della società di classe, sempre la stessa in cui chi è figlio di tanto padre fa carriera e chi invece è povero (non chi è "meno ricco") rischia la galera.

4 commenti:

  1. D'Alema potrebbe essere la personificazione della fine della sinistra italiana. Del resto lo dice anche Pintor nel bel dvd "Azione è uscire dalla solitudine" "Quando penso alla sinistra chi mi viene in mente? D'Alema" E l' analisi che segue è tagliente e di poche parole come sua abitudine....

    Chissà per D'Alema cosa vogliono dire parole come giustizia, socialismo. Nel disastro della sinistra italiana è stato un esecutore e una vittima al tempo stesso, ha avuto- come da educazione togliattiana- 4 se non di più parti nella stessa commedia facendo credere a chi regolarmente ci cascava che quella, cioè l'ultima, era la linea giusta e gli altri ovviamente non avevano né avrebbero mai capito nulla.
    Ricordo tre cose che mi sembrano significative:
    - il commento "la chiesa cattolica è il fatto nuovo di questo secolo" fatto a s.pietro durante il papato Woytila alla beatificazione di escrivà de balaguer.

    - il sostegno- anzi la beatificazione- dei "capitani coraggiosi" Gnutti e Colaninno per la scalata Telecom

    - il sostegno da presidente copasir a de Gennaro prima capo della polizia e uno dei principali artefici di Genova 2001.

    La sua condizione naturale è la gestione del potere costi quel che costi: ha preso tutto il peggio della tradizione del Pci e tutto il peggio del liberalismo e del "socialismo" dagli anni '80 in poi...

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    1. sai, alla fine ti chiedi se non avesse ragione lui, ma è solo questione di un attimo, quello in cui ti alzi al mattino e cerchi le ciabatte al buio

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  2. Confessioni: dopo la sconfitta alle elezioni del 1994 della gioiosa macchina da guerra, chiesi ad Occhetto di farsi da parte per il bene del Paese e del Partito. lo fece e venne eletto D'Alema.
    Me ne pentii poco dopo: il 2 Marzo 1998, in piena Bicamerale, con un gruppo di amici, scrissi una lettera che iniziava così: Signor D'alema, ormai è inutile chiamarla Compagno,.....

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  3. Su chi è D’Alema e sulla strada percorsa nel tempo non ci sono dubbi: l’appoggio non ce l’ha dagli operai ma dal denaro degli amici industriali del tacco.
    Sul fatto della componente familiare non c’è ancora dubbio: è utile anche conoscere la vita di molti dei nostri politici di qualsiasi parte appartengano ed è più o meno la medesima situazione, nel senso del livello familiare di provenienza non tanto la raccomandazione.
    Ho letto l’interessante articolo sulla fisica e le risposte ma non ho capito quasi niente, se non ho la possibilità di capire sarò sempre costretto a delegare a chi ne sa più di me. E si sa già come va a finire.

    Peppo

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