domenica 16 marzo 2014

Indovina chi non viene a cena


Prima di parlare della cena con Eugenio Scalfari, credo necessaria una premessa (se la trovata noiosa e troppo astratta – cosa che non mi stupirebbe – passate direttamente all'ultimo paragrafo).

Marx, nella sua analisi scientifica del modo di produzione capitalistico, non ci ha detto semplicemente ciò che esso è – come fanno gli economisti borghesi –, ma perché; non ne ha dato conto secondo una mera descrizione dei fenomeni contingenti e locali della sua epoca, ma ponendo in luce le leggi fondamentali del suo movimento. È su tale presupposto teorico, su tali scoperte, che noi possiamo avanzare delle ipotesi generali sul futuro, e anzi già osservare, in negativo, la tendenza, necessariamente dialettica, dei fenomeni capitalistici nel loro sviluppo (che è poi quello che ha fatto Lenin nella sua analisi dell’imperialismo).



Pertanto, che le contraddizioni in sviluppo del capitalismo conducano a qualcos’ “altro”, non è l’effetto di una filosofia della storia ad hoc, di un’idea ossessiva dei marxisti, e nemmeno solo una possibilità reale che può verificarsi oppure no; questo processo di trasformazione, come detto, è già in atto e il fatto che diventi realtà non dipende dal caso, bensì dalla necessità.

Tuttavia non possiamo predire in anticipo le forme positive di dettaglio del passaggio da un modo di produzione a un “altro”, tantomeno possiamo stabilire l’evoluzione delle forme politiche determinate di tale trasformazione, anche perché in tal caso si tratterebbe di accreditare una visione deterministica e idealistica della storia, tratto tipico di un certo “marxismo” d’antan che accettava il materialismo storico ma non quello dialettico.

Con questo non voglio dire che dobbiamo restare passivi, dal punto di vista teorico e pratico, in attesa degli avvenimenti. E inoltre ci dobbiamo fare ragione del fatto che i vari socialismi reali così come si sono realizzati nel corso del XX secolo, hanno una grande responsabilità nell’impasse attuale. Ma posto questo fatto storico indiscutibile, va anche rilevato come le categorie della politica tout court e della rappresentanza soffrano della medesima malattia. E come in ogni malattia di questo tipo, sarà il tempo la miglior cura.


Credo con sempre maggior convinzione, oggi che i più sono convinti il mondo sia cominciato con loro, che bisogna riprendere il discorso da domande troppo presto liquidate come antiche e superate. E, del resto, ha ragione Scalfari nel suo editoriale di oggi laddove scrive che quelli d'allora "erano altri tempi e altre persone". Anche di quelle persone che non cenavano con lui. Ma questo, senza il forse, non accetterebbe mai di dirlo in positivo.

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