mercoledì 29 gennaio 2014

Rivoluzione


Ho letto con interesse, e come capita spesso anche con divertimento, questo post del mio amico Luca. Di là dello scherzo, provo a rispondere, con la mia aria seriosa, vaticinante e propedeutica, alla sua arguta provocazione.

Premetto di non avere idee definitive quasi in nulla, figuriamoci in merito alla rivoluzione prossima ventura, anche perché il tema della rivoluzione è stato per troppo tempo oggetto ideologico di cui s’è fatto molteplice (ab)uso.



È il passato che porta al futuro, ben sappiamo, ma non vedo (e credo di essere in nutrita compagnia) alcun fatto nuovo che possa far preconizzare una rivoluzione imminente, né qui e nemmeno altrove, se non come esito improvviso del tracollo globale della finanza e dell’economia; e tuttavia, anche in tal caso rimarchevole, è probabile che ad avvantaggiarsene saranno le forze reazionarie, almeno per un certo periodo.

Credo sia evidente che la sconfitta subita nel Novecento, sia da certe idee della rivoluzione non meno che dai regimi che da essa avevano tratto origine, possa dirsi irrevocabile. E finalmente. Ciò che ci troviamo di fronte è però un futuro assolutamente incognito, forse più di quanto sia accaduto alle generazioni degli ultimi due secoli.

Non m’interessa qui ripercorre le ragioni storiche che ci hanno condotto in questa situazione, ma mi sembra che ciascuno di noi, qualsiasi sia la sua posizione politica e ideologica, non possa negare ciò che è ineludibilmente contestuale, ossia che noi stiamo vivendo anzitutto un’illusione, ossia quella di uno sviluppo progressivo e continuo che non poggia su esigenze reali, bensì su quelle del profitto.

Questa non è semplicemente una questione di ordine antropologico, di distinzione tra bisogni primari e quelli considerati superflui, e simili infiniti discorsi, né tantomeno questione etica e morale. Si tratta di una questione eminentemente scientifica, la quale trova le sue ragioni nelle contraddizioni attuali, laddove i rapporti più semplici, casuali, che si dipanano miliardi di volte nella forma merce, portano nel loro sviluppo, necessario, a qualcosa di diverso. In altri termini, oltre un certo limite “capita qualcosa”, voglio dire che nella necessità e nelle sue leggi le cose cambiano, si produce un salto, una rottura, una discontinuità qualitativa, una rivoluzione!

Non chiedetemi dettagli, grazie.

  

7 commenti:

  1. […] Things fall apart; the centre cannot hold;
    Mere anarchy is loosed upon the world,
    The blood-dimmed tide is loosed, and everywhere
    The ceremony of innocence is drowned;
    The best lack all conviction, while the worst
    Are full of passionate intensity.

    […] But now I know
    That twenty centuries of stony sleep
    Were vexed to nightmare by a rocking cradle,
    And what rough beast, its hour come round at last,
    Slouches towards Bethlehem to be born?

    RispondiElimina
  2. Per capire che in Italia non ci sarà alcun salto basta sapere che il budget di Rai Fiction - la fabbrica televisiva di storie di preti, suore, carabinieri buoni e un po' scemi, poliziotti buoni, industriali buoni, insegnanti che anziché preoccuparsi dello stipendio da fame che prendono fanno indagini di polizia, e così via cazzeggiando - è di 200 milioni di euro. Lo share è altissimo.

    RispondiElimina
  3. Questo 'post' ma soprattutto le prime otto righe dello scritto di Luca Massaro, a mio vedere, non fanno una piega; ma forse il Sistema è blindato più per gli scampoli di consumi ai quali più o meno tutti siamo aggrappati che per gli scampoli di democrazia elargita.La ricreazione è finita.

    Ieri mi trovavo in un 'store' e osservavo i visi di alcuni ragazzi - bigianti - che stavano smanettando con sguardi tra l'attonito e perso verso megaschermi,tra una partita di pallone e un gioco di pirati.
    Ma chi dovrebbe fare in futuro il ribaltamento dello status quo, visto che adesso non è il momento ?
    I giovani pensanti che sapranno mille parole più degli altri e con una architettura neuronale ancora quasi integra dovrebbero farsi carico di
    quel nuovo proletariato ?
    Ci vorrà un interesse, dedizione e soprattutto una pazienza immensa.
    Speriamo.


    RispondiElimina
    Risposte
    1. Neanche il tuo commento fa una grinza, per quanto mi riguarda, essendo un (sedicente!!) "giovane pensante che sa mille parole più degli altri e con una architettura neuronale ancora quasi integra"... anche a me capita, ovunque, di provare le stesse sensazioni che dici tu! E' proprio questo che mi preoccupa. Se questo Sistema riuscirà a rimanere in piedi quel tanto che basta a traghettare le nuove generazioni di cervelli fritti (vedi i ragazzi bigianti di cui sopra) verso una vita (sussistenza) adeguate.. saremo finiti. Vivremo allora nella realizzazione concreta di un melange delle varie distopie che la letteratura sci-fi ci ha descritto così bene negli ultimi decenni. Vengono i brividi...

      Elimina
  4. Credo che una rivoluzione sia possibile quando nello stesso tempo chi è al governo non riesce più a governare mentre chi è governato non riesce più a vivere. E ormai al governo abbiamo degli esecutori bipartisan degli interessi del capitale globalizzato: la scelta è inutile.
    Si possono scegliere i tempi e in poca misura i modi delle "riforme". Quindi l'opposizione parlamentare è preclusa anche perché verrà confinata in spazi sempre più angusti.

    Dall'altra parte della barricata la fascia di persone che cominciano a sentire la morsa della crisi, della perdita di lavoro, di reddito di diritti si allarga sempre di più. Anch'io- che pure faccio politica attiva- spesso sono pessimista. Poi penso a piccole ma significative vittorie, a momenti in cui si sarebbe potuto alzare di più a testa ma non lo si è fatto. Per paura, per incapacità, soprattutto. Chi sta a sinistra viene da una sconfitta storica e da molte occasioni perse, ma disperare non serve.
    La fine della storia non è all'ordine del giorno, per fortuna, anche se pesano 20 anni di neoliberismo all'italiana che hanno prodotto qualunquismo, sfiducia, ignoranza.

    Ma la crisi dà anche terreno su cui lavorare, possibilità spesso insperate di ascolto, possibilità di sperimentare soluzioni fuori da un sistema che sta escludendo sempre di più.

    Siamo si in una fase da "socialismo o barbarie" ma occorre ricreare le condizioni per cui il socialismo torni ad essere una possibilità e l'unica è ricostruirsi socialmente. Dove si lavora, dove si abita, creando spazi, mutuo soccorso, terreni di intervento culturali , campagne che arrivino a chi non ha alternative e speranze da un sistema in cui magari ha creduto ma che ora lo sta riducendo alla fame

    RispondiElimina
  5. O Olympe, perché non hai pubblicato i versi di Yeats che volevo riportare (o è stato un errore di Blogspot)? E infine, su, rivelaci chi sono questi «fanatici dell’Apocalisse».

    RispondiElimina
    Risposte
    1. scusami, l'errore è mio, dopo aver letto non ho cliccato "pubblica".
      che ti frega dei fanatici? ce ne sono di tutti i tipi, basta cogliere fior da fiore su internet. ciao bello

      Elimina