sabato 11 gennaio 2014

Povertà e ricchezza non sono casuali


Nel film di Sergio Leone, C’era una volta in America, vi è una scena, girata nella nursey di un reparto neonatale, nella quale avviene, da parte della gang, uno scambio tra i neonati nelle culle. Ai bimbi, inoltre, è tolto il cartellino con il numero d’identificazione. Alla casualità della nascita si aggiunge così l’arbitrio di questi scellerati. Ed è sintomatico di questo fatto proprio ciò che in tale occasione afferma uno dei protagonisti del film, il quale si sente come Dio nell’assegnare un numero a caso ai quei bimbi, segnatamente al figlio del corrotto capitano di polizia.

Per il singolo individuo nascere ricco o povero, in una clinica privata o in una capanna senza assistenza adeguata e acqua potabile, è un fatto assolutamente casuale. Nell’insieme, però, ricchezza e povertà non sono assolutamente dovute al caso ma seguono leggi economiche ben precise. Perciò è imprescindibile conoscerle per poterle fare agire secondo un piano e un fine determinato.

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A livello dei meccanismi di adattamento animale/natura e uomo/natura vi è una differenza qualitativa fondamentale. Nel primo caso si tratta di un adattamento del tutto passivo, laddove è la natura a condizionare il comportamento; nel secondo caso, l’adattamento è invece attivo, e si compie attraverso una modificazione della natura da parte dell’uomo, e dunque anche della natura stessa di esso. Perciò, sia detto tra parentesi, il suo comportamento non può poggiare semplicemente su elementi biologici, né la sua psicologia può essere spiegata essenzialmente sui comportamenti soggettivi, essendo i principi regolativi del comportamento anzitutto collegati al sociale. Ma anche questo secondo punto serve solo come premessa.

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Mai, nella storia dell’umanità, era accaduto che la produzione superasse ciò che si consuma, nonostante sprechi enormi e dissipazioni folli. Eppure, quasi un miliardo di esseri umani patiscono la denutrizione, e molti di più sopravvivono nella povertà più vera.

Questo fatto, nel suo complesso, non è casuale, bensì, come detto più sopra, è determinato dall’azione di specifiche leggi economiche che operano a prescindere dalla volontà dei singoli individui. Infatti, noi ben vediamo che, nonostante le roboanti dichiarazioni di politica economica dei leader politici, il complesso dell’economia segue il suo corso e i cicli economici si fanno beffe di ministri, economisti (per i quali, in sostanza, non la produzione ma la distribuzione è l’unico oggetto dell’economia politica) e idioti di supporto, i quali giocano, con le misure fiscali, a trasferire ricchezza tra classi e fasce sociali dando così l’illusione di occuparsi del bene comune.

Nel modo di produzione capitalistico l’economia non segue i bisogni e non produce merci per soddisfarli. Ciò che invece ci appare superficialmente avviene in realtà per cause del tutto incidentali, così come diviene casuale l’incontro tra la domanda e l’offerta di una specifica merce. Ciò che interessa il singolo capitalista, sia esso un individuo o una multinazionale, non è produrre merci per soddisfare “bisogni”, ma produrre merci per valorizzare il capitale, per fare profitti.

In ogni settore della pratica sociale si tende a procedere sulla base della conoscenza scientifica, ossia cercando di ordinare e controllare tali attività secondo i principi della conoscenza delle leggi fondamentali che governano i processi del mondo reale. Laddove nella pratica sociale il supporto della teoria scientifica diventa più labile e carente, si può star sicuri che prevalgono interessi molto forti. E dove l’interesse particolare è più forte se non nel caso della produzione? Ed è appunto la produzione che decide del rango e dell’influenza di tutte le altre attività, e i cui rapporti decidono perciò del rango e dell’influenza di tutti gli altri rapporti.

Ecco allora che laddove l’economia politica, come scienza, deve anzitutto obbedire e salvaguardare gli interessi del capitale e della classe sociale che lo incarna, essa si volgarizza in frasi apologetiche e concetti privi di valore scientifico, per quanto s’ammantino di formule matematiche e statistiche.

Nell’economia capitalistica tutto il processo è lasciato alla “mano invisibile”, ossia, nell’insieme, ai rapporti di produzione che si formano indipendentemente dalla volontà e dalla coscienza degli uomini, e in tal modo è assente il controllo cosciente e secondo un piano delle forze della natura e della materia sociale. Laddove interviene il legislatore è non già per favorire l’interesse sociale complessivo, ma le dinamiche capitalistiche del profitto.

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Il passaggio dall’anarchia del modo di produzione capitalistico a un modo di produzione laddove, nella conoscenza delle leggi dell’economia e nelle possibilità legate a questa conoscenza, gli uomini possano decidere del proprio destino, non potrà svilupparsi pacificamente. E tanto più tale processo tarderà e sarà ostacolato, tanto più la nostra condizione sarà degradata e molto più sangue scorrerà.

7 commenti:

  1. Il modo di produzione capitalistico è basato su coordinate scientifiche di teoria economica - così sostengono gli economisti di settore - e le periodiche crisi sono il prodotto perverso del suo funzionamento. Se ricchezza e povertà, come viene qui sostenuto, seguono leggi naturali, egoismo + invidia sono altrettante componenti consustanziali del fenotipo
    con le quali bisognerà fare sempre e comunque i conti.

    Pertanto non auspicando ,pur rimanendo pessimista, una crisi cruenta (dove si vedrà),ci si augura che l'eventuale successiva prospettiva escatologica dovrà innescare un cambiamento antropologico e di varietà genetica.
    Però nutro gran fiducia nella realtà entropica del nostro Sistema - chiuso - che saprà cosa farne di noi.
    E poi come dice Maria Gouze - alias Olympe de Gouges - : 'J'ai tout prevu, je sais que ma mort est inevitable'

    saluti
    L

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  2. Un bel film, acuto e divertente, che si può associare al tema introduttivo è "Una poltrona per due". (C'è una scommessa se sia la biologia o l' ambiente nel quale si vive a determinare l'agire e le abitudini)
    Se non l'hai visto te lo consiglio, anche per la descrizione molto reale dell'ambiente finanziario.
    Buona serata!gianni

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    1. divertente. hanno consumato la pellicola con le repliche.
      buona serata a te. ciao

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    2. Son contento che tu l'abbia visto.

      Lì c'è la descrizione molto precisa di uno dei meccanismi base che sta all'origine della speculazione finanziaria. L'invenzione delle "vendite allo scoperto" ha cambiato il mondo della borsa e della finanza. Con questo meccanismo si sono permesse (all'inizio solo ad una cerchia ristretta di operatori mentre ora lo puoi praticare con qualsiasi piattaforma di trading) vendite e acquisti di titoli di borsa senza avere il denaro corrispettivo del valore trattato, rimandando il conteggio delle operazioni dopo un certo tempo prestabilito. All'inizio era a fine mese, poi dopo tre giorni, adesso ci sono mille varianti - sorrette dall'implementazione di formule matematiche e dallo sviluppo dell'informatica e di internet - che permettono di fare tutto ciò in tempo reale.
      Ciò ha prodotto l'effetto di slegare i guadagni dall'effettiva crescita economica, nel tempo, della ditta in cui tu investivi comprandone le azioni. Se la ditta cresceva, il suo valore aumentava, e così quello dei titoli da te acquistati. Ora questo è diventato secondario. Tu puoi guadagnare anche se la ditta va male, perchè guadagni sulle variazioni di valore sia in positivo che in negativo. E tutto è legato al tempo in maniera inversa. Perchè un valore di un'attività reale cresca, è necessario il tempo dell'investimento, della produzione, dello sviluppo, della vendita sul mercato.Ora il guadagno (stratosferico) aumenta più le variazioni (sia in aumento che in discesa) sono ampie e veloci. Perciò, per la borsa, sono più importanti variazioni continue e più ampie possibili, piuttosto che una crescita tranquilla e costante nel tempo.
      Questo meccanismo sovrasta la produzione e ne detta una parte rilevante dello sviluppo. La frenesia di acquizioni, vendite, accorpameti è molto influenzata da tutto ciò.
      C'è una bella affinità con ciò che Marx descrive della dinamica delle crisi di sovrapproduzione (non ricordo, come al solito, dove). In pratica, quando le banche intervengono nel ciclo, anticipando i capitali per estendere la produzione prima che il prodotto sia venduto, e che la ditta abbia effettivamente i soldi necessari (ricavati dalle vendite dei suoi prodotti) per aumentare la produzione comprando altre materie prime, macchinari e forza lavoro.
      Questo facilita, e amplifica, la produzione senza la relazione certa del tempo necessario per assorbire le merci sul mercato.
      Troppe merci sul mercato, vendite a rilento, ditte che si trovano in difficoltà nel ripagare i prestiti delle banche = fallimenti, crisi, disoccupazione.
      Fin che dura!
      ciao,gianni

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    3. P.s. Dimenticavo: questo meccanismo è applicato non solo alle azioni, ma ad ogni merce/attività trattata sul mercato. Dalle materie prime alle valute, etc. etc.

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    4. La cosa più tragicomica di tutto questo circo, è che il castello di carte è costruito, messo in movimento e alla fine realizzato con profitti o perdite, con soldi non loro! Clinton ha permesso di abolire la divisioni tra banche di deposito/prestito e le banche d'investimento finanziarie. Con i nostri depositi giocano! (oddio nostri? con i miei in realtà ci possono fare ben poco). Quando vincono si tengono i guadagni, quando perdono la Fed, la Bce, i cittadini pagano.
      Ancora, non bastandogli mai, da anni, al solito l'america per prima, obbligano i lavoratori ad investire in queste roulette i fondi accantonati per le pensioni.
      Le crisi saranno sempre più globali e devastanti.
      Gli effetti coprono una gamma di possibiltà: dalla rivoluzione, alla dittatura delle multinazionali.
      Ma, anche a volerla guardare da un punto di vista unicamente probabilistico, prima o poi, anche scimmiescamente, provando e riprovando, questo sistema sarà superato.
      ciao, gianni

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  3. Parli del diavolo e ne spunta la coda:

    Banche Ue alla prova stress test:
    il buco potenziale è da 1000 mld
    http://www.repubblica.it/economia/2014/01/18/news/eurobarometro_stress_test_banche-76258382/?ref=HRLV-4
    gianni

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